Le Stelle (6)

È così, porca la miseriaccia. È sparito, scomparso, volatilizzato. Proprio come la sua amica iniettatrice maledetta.
Le infermiere, mezze addormentate, non si sono accorte nell’immediato che i parametri si erano praticamente azzerati.
Hanno pensato che fosse morto, ma giunte sul posto si sono trovate una bella sorpresa. Tutti i tubi e gli ammennicoli vari staccati e lui, puff, sparito.
“Avvertite la polizia,” ordina subito Pedrazzi - il sonno ormai completamente sparito - e fa partire di nuovo l’allarme silenzioso.
“Dottore, ma come ha fatto… “
“Non lo so, era praticamente morto, adesso c’è in giro un uomo morto che cammina.”
L’infermiera non coglie l’allusione carceraria, alza un sopracciglio e poi sparisce per chiamare le forze dell’ordine.
Il paziente aveva indosso solo un camice dell’ospedale. Qualcuno deve averlo visto vagare per i corridoi e uscire dall’ospedale. Forse è nascosto da qualche parte. Forse si è riavuto dal coma (anche se per Pedrazzi è una cosa impossibile da ipotizzare) e adesso è svenuto in un ripostiglio di scope.
“Cercatelo in ogni dove,” intima alle altre infermiere e poi si incammina svelto verso il posto di guardia.
Vito Catozzo si sta estraendo del materiale ignoto dalla unghie con un’altra unghia smangiucchiata. Una scena raccapricciante.
“Salve.”
“Buongiorno, dottore.”
Continua a spulciarsi le unghie, come se fosse l’attività più naturale del pianeta.
Pedrazzi simula un colpo di tosse, giusto per mantenere alta la soglia di attenzione. In effetti sembra funzionare perché la guardia smette di rimirarsi con lussuria le unghie e punta il dottore.
“Non è per caso che ha visto passare un tizio con solo il camice dell’ospedale addosso?”
“In effetti sì.”
Il primo impulso è quello di strangolarlo, poi di fargli ingoiare un intero flacone di barbiturici.
“E non l’ha fermato?”
“Avrei dovuto?”
Il dottore è al limite, ha la faccia paonazza e delle vene pulsanti sulla fronte, ma è inutile alterarsi con questo tizio, proprio non c’arriva a livello encefalico.
“E per caso ha visto dove è andato?”
“Mi dia pure del tu, dottore.”
“Dove cazzo è andatooooo!!!?”
La guardia sembra stupita dalla reazione a dir poco aggressiva del dottore. Spalanca tutto lo spalancabile sulla faccia e assume un’espressione tra il perplesso e lo stizzito.
“Si calmi, dottore.”
“Dove?”
Quello che legge sulla faccia di Pedrazzi sembra convincerlo che non è il momento di tergiversare.
“È uscito semplicemente dalla porta principale.”
“Lei è un idiota, lo sa?”
“Io posso denunciarla.”
“Certo, lo faccia e io la denuncio per negligenza, razza di imbecille.”
La guardia questo lo capisce, perché sbianca e ammutolisce. Pedrazzi muove verso l’uscita, ma intuisce che è inutile. Apre comunque la porta, da uno sguardo fuori e non vede niente. Solo una gradazione di nero che fuma verso il violetto nel cielo e le luci gialle della rampa che porta al pronto soccorso.
Sconsolato torna dentro. Il paziente misterioso ora si è trasformato nel fuggiasco misterioso, il fatto che si sia alzato dal letto e abbia potuto sparire nella notte ha dell’incredibile.
Non tanto per l’incompetenza della guardia, ma per il fatto che solo qualche ora prima era in bilico sul baratro della morte.
Il suo turno è ormai finito da ventidue minuti. Molla tutto nell’armadietto degli spogliatoi e cerca di sparire prima che le domande della polizia possano fermarlo. A quelle risponderanno le infermiere e al limite lo potranno rintracciare il giorno dopo. Ora, nonostante la stanchezza, ha voglia di bere una bella birra ghiacciata.
L’aria del primo mattino è frizzante, gli solletica le narici e lo fa sentire vivo e meno disperato.
A quell’ora nella grande città ci sono comunque ancora dei pub aperti, e lui sa già in quale si recherà.
Si concede un timido sorriso e sale sulla sua Camaro azzurra.
[CONTINUA]

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