Dopo le celebrazioni di rito e i festeggiamenti per la vittoria, giunse infine la consacrazione di Santità.
Il vincitore doveva morire per entrare a pieno titolo nel ruolo appena assegnatoli. La morte non doveva avvenire con un martirio, ma per spontanea volontà del vincitore. Naturalmente, se quest’ultimo avesse declinato l’onore di morire, non sarebbe stato proclamato Santo e, anzi, allontanato dalla chiesa per disonore.
Quindi Marello non aveva altra scelta, non voleva certo essere ricordato come il Disertore, ma come San Marello. E poi tutti i partecipanti erano ben consci della loro sorte se mai avessero vinto la finale.
Fece il suo ennesimo ingresso sul palco Ermio Tricomestro.
“Bene, signori e signore, è giunto il momento dell’estremo sacrificio, l’atto con cui il nostro vincitore verrà proclamato Santo e potrà ascendere al cielo come tale. Come ogni anno ho avuto l’onore di preparare il composto che farà addormentare il nostro vincitore senza dolore e sofferenze inutili.”
Una valletta mezza nuda portò al centro del palco un tavolino con bottiglia e calice. Nel vetro trasparente ribolliva un liquido violaceo che lanciava ogni tanto dei fumelli.
“Eccolo! Il composto chimico che io personalmente ho miscelato e sarò sempre io a consegnare nelle mani del vincitore il calice estremo.”
Ermio si avvicinò al tavolino, versò alcune dita del composto nel calice e fece avvicinare Marello al centro della scena.
“Ecco! Marello Pompidore da Salerno, d’ora in avanti sarai ricordato come Santo Marello!”
Gesto solenne e il calice fu nelle mani del cardinale. Marello lo alzò al cielo, fumante e trionfante. La folla esultò e applaudì, adorante.
In un sol sorso il liquido venne assunto. Il tavolino sparì e venne portato sul palco da due ragazze più nude di Eva il letto marmoreo mortuario su cui doveva trapassare il Santo.
Marello salutò per l’ultima volta il pubblico che ora era tutto per lui, si stese sul letto e morì
[CONTINUA]
Il vincitore doveva morire per entrare a pieno titolo nel ruolo appena assegnatoli. La morte non doveva avvenire con un martirio, ma per spontanea volontà del vincitore. Naturalmente, se quest’ultimo avesse declinato l’onore di morire, non sarebbe stato proclamato Santo e, anzi, allontanato dalla chiesa per disonore.
Quindi Marello non aveva altra scelta, non voleva certo essere ricordato come il Disertore, ma come San Marello. E poi tutti i partecipanti erano ben consci della loro sorte se mai avessero vinto la finale.
Fece il suo ennesimo ingresso sul palco Ermio Tricomestro.
“Bene, signori e signore, è giunto il momento dell’estremo sacrificio, l’atto con cui il nostro vincitore verrà proclamato Santo e potrà ascendere al cielo come tale. Come ogni anno ho avuto l’onore di preparare il composto che farà addormentare il nostro vincitore senza dolore e sofferenze inutili.”
Una valletta mezza nuda portò al centro del palco un tavolino con bottiglia e calice. Nel vetro trasparente ribolliva un liquido violaceo che lanciava ogni tanto dei fumelli.
“Eccolo! Il composto chimico che io personalmente ho miscelato e sarò sempre io a consegnare nelle mani del vincitore il calice estremo.”
Ermio si avvicinò al tavolino, versò alcune dita del composto nel calice e fece avvicinare Marello al centro della scena.
“Ecco! Marello Pompidore da Salerno, d’ora in avanti sarai ricordato come Santo Marello!”
Gesto solenne e il calice fu nelle mani del cardinale. Marello lo alzò al cielo, fumante e trionfante. La folla esultò e applaudì, adorante.
In un sol sorso il liquido venne assunto. Il tavolino sparì e venne portato sul palco da due ragazze più nude di Eva il letto marmoreo mortuario su cui doveva trapassare il Santo.
Marello salutò per l’ultima volta il pubblico che ora era tutto per lui, si stese sul letto e morì
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