Panico da autostrada

I primi tempi in cui guidavo avevo il terrore dell'autostrada e dei lunghi viaggi.
In realtà ancora adesso permane in minima parte, ma si è attenuata con il tempo e con il fatto che ogni giorno per andare a lavorare devo fare quasi trenta chilometri autostrada, sessanta se contiamo anche il ritorno. Viaggiare in aereo poi non ne parliamo.
La fobia era alimentata dai granelli di vetro dei parabrezza ai bordi delle strade, dalle lapidi nelle statali e nelle provinciali, dalle tracce di pneumatici, dai rimasugli degli stessi, dai frammenti di plastica dei parafango.
Immaginavo nella mia testa malata di vedere tutte le vittime degli incidenti passarmi davanti, come in una terribile processione, o di vederli là dove hanno perso la vita, spappolati, o bruciati vivi. Pensa un po' che allegria.
Tutto questo per spiegare che ogni tanto i libri vengono generati anche dalla paure più profonde. Riversate su carta forse vengo esorcizzare e forse no.
Di certo a me è servito affrontare di petto ogni giorno il viaggio verso il lavoro.
Questa fobia ha dato vita la romanzo Tombe d'Acciaio.

Lo scrittore perfetto

Non mi atteggio a professore perché non lo sono e mi inchino alla sapienza di chi sa giostrare con le parole come se fosse un giocoliere.
Io in realtà sono un artigiano della scrittura, che ha iniziato per passione, un autodidatta che si è formato con la lettura e con tanta scrittura.
Non sono laureato in lettere, o in filosofia, e sono sempre più convinto, con l'andare degli anni, che per essere un bravo autore questi titoli non servano, anche se aiutano nel costrutto della sintassi e nell'impostazione strutturale di tutta quanta l'opera. Ma se sei una pianta secca, al limite scriverai una bella lista della spesa.
Non posso affermare di essere diventato un bravo scrittore, non sono io a doverlo giudicare e comunque i giudizi non sono mai oggettivi per quel che riguarda i creativi. Anche se scrivi una fetecchia assoluta, ci sarà qualcuno che ti apprezza, anche se spero, che siano in maggioranza i detrattori.
Perché questo sfogo? Mmh, perché ancora oggi mi capita di sentirmi in imbarazzo di fronte alla mia ignoranza su determinati argomenti, oppure quando faccio degli errori banali, o sparo un refuso che poi non riesco a trovare.
E non dovrei. Non siamo perfetti. Nessuno lo è, nemmeno lo scrittore o l'editor più bravo. E in effetti incomincio ad accettarmi così come sono, e sto notando che anche i miei lavori ne giovano. Nel senso, non è che adesso non faccio più errori, ma sono più rilassato e diciamo che non ho più quella sensazioni di inadeguatezza se sbaglio a infilare una virgola.
Certo, bisogna sempre tendere al miglioramento e cerco di impegnarmi in questo, ma di certo non posso pretendere di essere il maestro della grammatica. Il mio intento è scrivere una storia che diverta chi la legge, creare un universo credibile (worldbuilding, parola tanto cara a Alessandro Girola :P) e personaggi con un certo spessore.
Il resto è importante, ne sono conscio, ma è un mio limite, probabilmente proprio per mancanza di formazione scolastica adatta.
Credo di essere sempre stato bravo nel generare storie, quelle che prorompono dalla mia ribollente fantasia.
Quindi aspettatevi tanta roba per il futuro :).

PS: un 10 e lode a chi indovina a quale telefilm appartiene il professore della foto :)

La caratterizzazione dei personaggi

Quanto mette di sé lo scrittore nei personaggi che crea?
Io credo che qualcosa del proprio io venga sempre travasato nella caratterizzazione dei profili, immagino sia inevitabile. Certo, dipende molto anche da che tipo di narrazione e di stile si utilizza. Con PoV in prima persona è possibile che questa probilità sia più evidente, con narratore onniscente tenderà allo zero.
Si tenga ben presente che sono tutte mie ipotesi. Sta nella bravura dell'autore e nella capacità di immedesimazione dello stesso saper creare un personaggio che non gli somigli per niente. Ci vuole un po' di abilità da attore, altrimenti i nostri protagonisti saranno tutti piatti e fatti con lo stampino. Chiaro che sarà più semplice calarsi nei panni di una persona del proprio sesso e più arduo essere credibile nella strutturazione di un personaggio di sesso opposto, o anche di un età molto lontana dalla propria, o un animale, o un oggetto inanimato.
Personalmente credo di essere riuscito, in varie occasioni, a creare personaggi diversi dal mio carattere, con tratti anche palesemente opposti ai miei. Riflettendoci però penso che a un mio personaggio non farei mai dire o fare cose che ritengo troppo stupide o stereotipate, a meno che non lo imponga il copione.
Insoma non sentirete mai un mio personaggio, anche donna, lamentarsi del tempo, perché personalmente lo ritengo inutile, perché il tempo metereologico non si può cambiare e non ci si può far nulla. È un mio limite, sicuramente.
Un personaggio ben delineato che crea empatia con il lettore è un buon punto di partenza per generare un ottimo romanzo.
Ci sono alcuni autori che tratteggiano alcuni particolarità rifacendosi a persone che conoscono, ma io preferisco non farlo, per non immedesimarmi troppo in quella persona e rischiare di renderlo non funzionale alla storia.
Ammetto di aver utilizzato alcune volte questo escamotage e in effetti non sono rimasto pienamente soddisfatto del risulto.
In buona sostanza bisogna sempre cercare di renderli reali, come se fossero in carne e ossa e non personaggi fittizi, di carta, altrimenti avremo fallito.

Quake 2 - 1997

Ho un passato da netgamer, ho giocato a Quake2, Quake3, Counterstrike e poco altro. Sono poi passato agli MMORPG, anche se sostanzialmente ho giocato solo a World of Warcraft.
Ho iniziato appunto con Quake2. Gioco della Id Software del 1997, secondo capitolo di una fortunata serie.
Per quelli che non lo sanno, io, Davide Cassia, sono stato il primo dipendente di NGI, NetGamers Italia, che ai tempi si proponeva come core business appunto il gioco online, offrendo server in cui giocare ai vari giochi multiplayer di grido di fine secolo. Quake2 in quel momento era il titolo che andava per la maggiore e io ho iniziato così la mia mediocre carriera di netgamer.
Il single player di Quake2 ha la solita trama dei primi titoli della casa, cioè, sei un marine, sei catapultato in una base aliena, devi fare fuori tutti i nemici e nel frattempo anche distruggere l'impero del male extraterrestre.
Godibile, ma anche dimenticabile. L'IA degli avversari era più che buona e anche le ambientazioni non erano male.
La vera forza di Quake2 era, come già anticipato, il multiplayer, con decine di modification dedicate, dal tutto contro tutti, in una confusione di sangue e corpi mutilati, il Deathmatch, al Capture the Flag, principe del gioco di squadra, al Duel, vero è proprio confronto con le skill avanzate dei netgamer di allora.
Poi in quegli anni sono uscite vari mod custom generati dagli utenti. Alcuni veramente divertenti, altri un po' più incasinati e con una curva di apprendimento e abilità troppo alta, da scoraggiare i newbie (nuovi pivelli giocanti).
Ah, quanto mi sono divertito in quegli anni. A vederlo adesso Quake2 rispetto a giochi di nuova generazione fa quasi tenerezza, anche se ai tempi, il suo motore grafico fu sfruttato per diversi altri sparatutto in prima persona.
Mantiene comunque il fascino di tutti i giochi della ID, anche se, a mio parere, come atmosfere, ambientazioni e livelli, nonostante sia più datato, DOOM rimane a tutti gli effetti migliore.

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