Il Papa (9)

Pedrazzi rimane a bocca aperta per due minuti netti. Poi quando sente la lingua raffreddarsi, richiude le fauci, si stropiccia gli occhi e cammina verso il punto dove sono scomparsi.
Non c’è nessuna traccia del loro passaggio, a parte un’impronta di scarpa nella sporcizia del luogo. Nessun odore di zolfo, azoto o polvere magica, solo quello pungente della spazzatura. Nessun residuo di materia astrale, niente di niente.
Sono semplicemente andati via, proprio come avevano detto. Se è un gioco di prestigio, è riuscito maledettamente bene. Smuove un po’ i sacchi della spazzatura, facendo scappare qualche ratto, in cerca di una botola o qualcosa di simile, ma non trova nulla.
Deve realmente credere a tutto quello che gli hanno raccontato? Pare proprio di sì. Forse è impazzito, o forse no. Perché deve escludere a priori che esistano forme di vita extraterrestre?
Esce dal deposito. Il rettangolo di cielo che si scorge nel vicolo è terso, nemmeno una nuvola turba il suo azzurro lucido. Pedrazzi s’incammina sconsolato verso la sua Camaro. È ancora là, in sosta vietata. L’attenzione della polizia municipale giunta sul posto è tutta per la Ford fiesta contro il palo della luce.
Pedrazzi non li degna nemmeno di uno sguardo. Attraversa la strada in stato di trance e le auto lo schivano come un birillo. Miracolosamente raggiunge la chevy, apre lo sportello e si accomoda.
La radio sta rumoreggiando. Non ricorda di averla accesa. Ironia della sorte, sta suonando Figli delle Stelle di Alan Sorrenti.
Pedrazzi scuote la testa, avvia il motore e veleggia verso casa.

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