Il dottor Savio Pedrazzi è il medico a cui è stato sbolognato il caso misterioso. I chirurghi hanno fatto il loro lavoro d’elite e poi sono tornati nel loro olimpo.
Ha parlato solo con uno degli affettatori, che gli ha illustrato a grandi linee come è andato l’intervento, in che condizioni è arrivato il paziente e in che stato è uscito dalla sala operatoria.
La situazione non è delle più rosee: mister sconosciuto è in coma irreversibile, ha subito danni devastanti al cervello, ha diverse fratture multiple ed emorragie interne che sono state stabilizzate in tempo record. Ha perso molto sangue e ci sono volute dodici sacche di plasma per raggiungere un livello decente di circolazione sanguigna.
Ora i valori sono stabili, ma rimane comunque in vita grazie alle macchine a cui è attaccato. Non respira autonomamente e gli è stato asportato anche un rene che era spappolato. Insomma, un puzzle ricomposto alla bene e meglio.
Pedrazzi controlla i valori, li segna su una cartella che poi riattacca ai piedi del letto. Guarda il paziente, con la testa fasciata e metà del corpo coperto da bende qua e là macchiate di rosa. L’ipnotica sonorità del ritmo cardiaco, il sospiro meccanico dell’ossigeno e il silenzio inquietante delle stanza, che avviluppa il corpo come un sudario.
Quest’uomo è già morto, pensa tristemente Pedrazzi, scuote la testa ed esce dalla stanza che ormai gli pare solo una precamera mortuaria.
[CONTINUA]
Ha parlato solo con uno degli affettatori, che gli ha illustrato a grandi linee come è andato l’intervento, in che condizioni è arrivato il paziente e in che stato è uscito dalla sala operatoria.
La situazione non è delle più rosee: mister sconosciuto è in coma irreversibile, ha subito danni devastanti al cervello, ha diverse fratture multiple ed emorragie interne che sono state stabilizzate in tempo record. Ha perso molto sangue e ci sono volute dodici sacche di plasma per raggiungere un livello decente di circolazione sanguigna.
Ora i valori sono stabili, ma rimane comunque in vita grazie alle macchine a cui è attaccato. Non respira autonomamente e gli è stato asportato anche un rene che era spappolato. Insomma, un puzzle ricomposto alla bene e meglio.
Pedrazzi controlla i valori, li segna su una cartella che poi riattacca ai piedi del letto. Guarda il paziente, con la testa fasciata e metà del corpo coperto da bende qua e là macchiate di rosa. L’ipnotica sonorità del ritmo cardiaco, il sospiro meccanico dell’ossigeno e il silenzio inquietante delle stanza, che avviluppa il corpo come un sudario.
Quest’uomo è già morto, pensa tristemente Pedrazzi, scuote la testa ed esce dalla stanza che ormai gli pare solo una precamera mortuaria.
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