Project C.A.R.S.


Qui si parla di un gioco che potrebbe rivoluzionare il genere delle corse automobilistiche, e alzare l'asticella per i progetti futuri.
Sì, perché Project C.A.R.S. è particolare in ogni senso, visto che già nella sua fase alpha pare essere superiore ai vari Gran Turismo, NFS e ai game della Codemaster.
È unico nel suo genere perché è il primo progetto della piattaforma World of Mass Development, creata per realizzare videogame prodotti dagli stessi giocatori anziché da un vero e proprio publisher.
Questo cosa significa? Che è possibile iscriversi sul sito ufficiale e comprare dei pacchetti, come se fossero delle azioni, di valore differente, e si diventa ufficialmente parte integrante del progetto e anche sviluppatori.
Questo perché i giocatori che hanno investito soldi possono provare le nuove release non appena vengono sfornate, a patto di dare subito un feedback sui bug e suggerimenti su possibili miglioramenti. Ai giocatori  potrebbe anche capitare di poter parlare direttamente con gli sviluppatori e presenziare anche ai loro meeting. La cosa più stupefacente poi è che quando verrà pubblicato ufficialmente - il termine è un nebuloso 2013 - il 30% dei ricavi saranno suddivisi fra gli utenti finanziatori.
Da quello che si vede dagli screenshots e dai trailer che girano nella rete, pare veramente molto bello, e, a quanto dicono gli sviluppatori di Slightly Mad Studios, gli stessi dei due episodi di Need for Speed: Shift, sarà possibile guidare numerose tipologie di auto, nella maggior parte delle piste mondiali, con grafica mozzafiato e con una sensazione di guida che accontenterà i giocatori anche più diversi, dagli arcade più incalliti agli amanti della simulazione di guida.
Sempre da notizie pescate in rete sembra che il progetto abbia suscitato l'entusiasmo di molti, visto che pare che Slightly Mad Studio sia riuscita a raccimolare poco più di mezzo milione di euro in pochi mesi. Non pochi per lo sviluppo di un gioco con i controcazzi.
Per il momento l'unica versione disponibile è quella per PC, ma gli sviluppatori assicurano che saranno rilasciate anche versioni per PlayStation 3, Xbox 360 e Wii, ma ancora non ci sono notizie concrete a riguardo.
Se i presupposti sono questi, si prosetta uno dei migliori giochi di guida mai realizzati.
Attendiamo fiduciosi.

Il tempo per scrivere


Come ho già ribadito centinaia di volte, fino alla nausea, dispongo di poco tempo, e quel poco che mi rimane preferisco usarlo per la mia famiglia e per i cazzi miei, cioé giocare ai videogiochi, leggere e guardare film.
Di tempo per scrivere ne rimane ben poco e chi come me ha velleità di scrittore, sa bene che i tempi e i modi sono soggettivi, ma comunque c'è bisogno di concentrazione e calma.
C'è chi preferisce scrivere con musica di sottofondo, conosco colleghi che non riescono a scrivere se non hanno un pezzo hard rock che spacca le casse, altri musica classica, alcuni addirittura la radio con pubblicità annessa. Fa da sottofondo, diciamo. Altri si devono isolare, in una stanza ermeticamente chiusa e insonorizzata. Io, negli anni, ho imparato a farlo nei luoghi più impensati, in qualsiasi condizione, anche metereologica, con risultati altalenanti.
Dire di non avere tempo per scrivere è una scusa banale. Il tempo lo si trova per fare qualsiasi cosa, lo si ruba un po' qua e po' là, o lo si sottrae a qualcosa che preferiremmo fare, come giocare. Il discorso è: ha senso continuare a scrivere se deve essere un dovere e non un piacere? Mmh, forse è esagerato considerarlo un dovere, ma è anche vero che per pigrizia mentale preferisco mettermi a giocare o al limite a leggere, piuttosto che riprendere in mano un manoscritto che magari non guardo da qualche mese.
Non ho il blocco dello scrittore, intendiamoci, non nel senso classico, quelle poche volte che mi siedo davanti alla pagina bianca, riesco a partire e scrivere. È solo pigrizia mentale.
Quindi smetterò di scrivere?
Bella domanda. In realtà c'è sempre una vocina nella testa che mi rompe le palle tutti i santi giorni e mi fa sentire in colpa perché nemmeno quel dì ho combinato qualcosa. Quindi i casi sono due: o prima o poi smette da sola, o per farla smettere mi rimetterò a scrivere seriamente.
Tra l'altro non è che sono privo di idee, anzi, ho in cantiere diversi progetti, che però sono tristemente fermi, tra cui anche l'editing dell'ultimo romanzo che ho scritto e tra poco uscirà in self-publishing un romanzo tutto nuovo che ho scritto nel 2010.
Quindi le bocce non sono proprio ferme ferme, ma rischiano di diventarlo se non mi do una scossa a breve.
Ai posteri l'ardua sentenza, scriveva Manzoni nel suo 5 maggio, il tempo ruba i contorni a una fotografia, cantava Renato Zero, tempus fugit recitava un verso nelle Georgiche di Virgilio, e quindi, chiudendo il giro la risposta finale è: vedremo.

Dr. House - ottava stagione


Martedì 24/04 su mediaset è partita l'ottava serie del Dottor House.
Io, non avendo abbonamenti e connessioni internet decenti, me lo sono sciroppato su Canale 5, subendo le interruzioni pubblicitarie, inevitabili per una televisione commerciale, ma che comunque spaccano le balle.
Dopo questa simpatica premessa, apro dicendo che a me il personaggio piace molto, anche se la ripetizione reiterata del modulo investigativo, paziente con malattia sconusciata, indagine con metodo scientifico aggressivo che quasi ammazza il paziente, soluzione dettata il più delle volte da caso, mi aveva a lungo andare irritato e quindi diverse puntate delle serie precedenti me le sono perse.
In questa ottava House ritorna dopo averla combinata grossa nel finale della settima stagione, cioè dopo essere entrato in casa della Cuddy sfondando la facciata con l'auto mentre la dottoressa, il suo nuovo fidanzato e altri ospiti, tra cui Wilson, stanno cenando con gaiezza.
Ritroviamo House in prigione alle prese con i problemi legati alla condizione di detenuto, questo però non gli impedisce di essere caustico e antipatico, tratti della personalità del dottore che hanno fatto la fortuna della serie e funzionano anche in questo contesto. I dialoghi sono gustosi, divertenti come lo sono sempre stati, e il fatto di vedere House al di fuori del suo solito ambiente, rende la prima puntata davvero interessante, nonostante ci sia sempre un'enigma medico da risolvere: un detenuto che sembra abbia il Lupus, e invece non è quello, e House manda suggerimenti ai dottori dell'infermeria, tra cui una giovane dottoressa molto attraente (e qui la sospensione dell'incredulità viene un po' meno), e poi tra varie ipotesi riesce a capire che malattia ha, tipo Vattelapesca fungina.
Nella seconda puntata House torna nel suo ambiente naturale, nel fittizio ospedale universitario di Princeton-Plainsboro, nel New Jersey. Però, sorpresa, il direttore sanitario è Foreman, la Cuddy non c'è più, e sono spariti anche tutti i suoi assistenti storici. A loro posto una sola assistente filippino-coreana di nome Chi Park, che House inizià a trattar male dal primo secondo, c'è ancora Wilson, di nuovo in contrasto con il dottore e un pelo incazzato perché gli ha spezzato un polso nell'incidente che l'ha portato in galera e ovviamente c'è la solita matassa da sgarbugliare su cui nessuno riesce a capirci niente e quindi hanno chiamato lui. Come al solito combinerà disastri e riuscirà a capire che cos'ha il paziente (in questo caso solo dei polmoni che devono essere trapiantati) grazie a un'intuizione dell'ultimo secondo, dettata dal caso.
Vabbe', comunque funziona ancora, nonostante il solito giochetto, perché il catalizzatore è lui, con la sua complessa personalità e l'iterazione con i personaggi che gli gravitano intorno che lui tratta come pezze da piedi e che comunque devono riconoscere il suo genio, loro malgrado.
Questo prime puntate mi hanno soddisfatto, anche perché non avevo letto nessuna anticipazione e sono arrivato vergine alla soglia. Davvero interessante la prima, nel contesto della prigione, più classica la seconda, ma con innesti emotivi e scenette gustose a cui la serie ci ha abituato.

Re-Volt


Re-Volt è un gioco di corse che simula gare di automobiline telecomandate ed è dannatamente divertente.
Uscito nel 1999 per PC e per le console di quel periodo (PS, Nintendo 64 e Sega Dreamcast), stupì per la grafica dettagliata, la fluidità di guida e, appunto, il divertimento da far fischiare i denti. Tra l'altro è pure un Abandongame e lo potete scaricare a questo indirizzo
La fisica del gioco è eccezionale, semplificata nei primi livelli per avere più trazione e stabilità in curva, man mano che si vincono campionati e si passa di livello, la difficoltà aumenta ed è più semplice scodare o andare in testacoda. Il divertimento sta nell'affrontare le varie piste che si snodano attraverso livelli dettagliati e impegnativi. Inoltre più si va avanti e più di possono sbloccare nuove auto più performanti. La figata è che, nonostante siano passati più di dieci anni, questo titolo ha ancora un sacco di fans, e quindi, su vari siti ufficiali e non, si possono trovare modification, piste e auto create dagli utenti, grazie anche ai comodi tool editor.
Il divertimento non si limita solo a guidare l'automobilina, il bello è che possono essere equipaggiate di armi, che si raccolgono lungo la pista attraversando icone a forma di fulmine. Alcune di queste armi sono molto utili, altre divertenti da usare, alcune micidiali. C'è il lanciamissili, di solito uno o 3, con cui colpire gli avversari, una sfera gigante di ferro da far rotolare sulla pista, i gavettoni, l'olio, che se disseminato in punti strategici fa delle vere stragi. Il black-out generale che ferma tutte le auto per una manciata di secondi, il falso fulmine, che se attraversato, invece che fornire un'arma, fa saltare in aria l'auto e la scossa elettrica che ferma le auto se si avvicinano troppo.
All'inizio del 2000 la Acclaim Entertainment, la software house sviluppatrice del gioco, aveva annunciato l'uscita di Re-Volt 2 per l'estate dello stesso anno, ma in realtà non è mai uscito. Nel 2006 la Throwback ha acquisito i diritti di proprietà di Re-Volt ed altri giochi della Acclaim, facendo uscire 2 spin-off: RC Revenge per PS1 e RC Revenge 2 per PS2.
Negli anni sono uscite diverse release e patch tra cui la più significativa 1.2 che migliora diversi aspetti del gioco tra cui anche il multiplayer.
Insomma se vi piacciono le corse e le automobili telecomandate, ma soprattutto se cercate un sano divertimento gratis, non potete non provare questo Re-Volt.

A volte ritorno - John Niven


Capita ogni tanto di trovare un libro che ci fulmina, ci prende talmente tanto da volerlo leggere a prescindere da quello che ci eravamo prefissati per la giornata.
È successo questo: giornata di riposo dal lavoro per recuperare il sabato, vado a trovare un mio amico che ha una libreria, mi faccio un giro e come al solito riesce a piazzarmi qualche libro, con la sua innata skill da venditore. Non ci casco sempre, altrimenti sarei in bolletta, con una casa ricolma di libri, come in effetti già è, ma se dovessi comprare ogni libro che ritengo necessario, avrei bisogno di qualche centinaio di mq in più. Comunque, dicevo, riesce a piazzarmi due libri e uno di questi è appunto questo, di cui me ne aveva già parlato bene.
Nei giorni successivi, complice anche un turno di telelavoro con diverse pause, inizio a leggerlo e non riesco a smettere. In poco più di due giorni lo finisco. Ecco questo vi da l'idea di quanto mi sia piaciuto questo libro.
La trama è quanto di più banale ci si possa aspettare: il ritorno di Cristo sulla terra per rimediare ai nostri errori ed è un fricchettone che suona rock e fuma marijuana, mentre Dio è un simpatico demiurgo. Le banalità però finiscono qui. Dio ritorna da una breve vacanza di una settimana, che in termini temporali per la terra sono circa 400 anni e trova un disastro. Se ne era andato in pieno rinascimento e si ritrova un mondo sull'orlo del baratro. Per rimediare manda di nuovo suo figlio sulla terra, nonostante Gesù non ne sia molto felice, visto com'era andata l'ultima volta.
Lo stile è semplice, immediato. La storia ha una parvenza di spensieratezza e leggerezza che in realtà nasconde una critica feroce ad ogni aspetto della nostra società e in particolare alle religioni.
A volte ritorno è dissacrante, divertente, illuminante, sarcastico, irriverente, fa riflettere su molti aspetti del nostro tempo e per di più intrattiene e ti cattura fino alla fine.
Alcune critiche mosse alla storia è che troppo infarcito di canne e parolacce, anche Dio non disdegna di tirare qualche saracca. A me non ha dato fastidio, fa parte del contesto, è il gergo corrente, la maggior parte della gente, me compreso, infarcisce il discorso di parolacce, a volte senza rendersene conto; diciamo che in questo aspetto riflette la realtà.
Questo libro è scritto con intelligenza e sagacia, e i personaggi creano un'immediata empatia. soprattutto perché alcuni, come i santi e le gerarchie celesti, sono attualizzati e umanizzati. L'idea che il Creatore sia appunto solo un creatore, e che non voglia essere adorato, è tanto semplice quanto efficace e viene riassunto in unico messaggio che aveva lasciato a Mosé: fate i bravi. Invece le interpretazioni degli uomini su quel che voleva dire Dio hanno travisato il messaggio a favore di quelli che volevano manipolare la mente delle masse.
Poche volte accade che io non veda l'ora di riprendere in mano un libro per vedere come va a finire, per godere della compagnia dei personaggi e della storia.
Consiglio a tutti questo romanzo.

Supernatural


È una seria molto cafona, lo so.
Eppure...
Avevo iniziato a guardarla dalla prima serie, dalle prime puntate e non mi pareva granché. Solita baracconata con dentro stereotipi horror banali triti e ritriti.
Poi mi è capitato di rivederla dalla terza stagione e mi ha preso, puntata dopo puntata e mi ha portato fino alla fine della quinta.
A mio parere è stato un crescendo, passando dai soliti vampiri/licantropi e quant'altro a qualcosa di più strong come angeli e demoni, senza Dan Brown, arrivando fino a Lucifero.
Inoltre, i due protagonisti hanno anch'essi subito un'evoluzione caratteriale che li ha resi più umani e meno cacciatori spietati, senza macchia e senza paura. Nelle serie sono entrate anche le problematiche legate alla famiglia Winchester: il legame dei due fratelli, così diversi e per questo complementari, l'amore/odio verso il padre e il passato oscuro di Sam.
Questa evoluzione è frutto del lavoro di scrittura degli autori che evidentemente sono cresciuti con la serie, creando anche delle puntate assurde e grottesche, comunque divertenti, in cui prendono in giro la serie e i personaggi, con degli espedienti narrativi spiritosi e, a volte, spiazzanti. Pian piano quindi quell'effetto da corte dei miracoli delle prime due stagioni sfuma nella terza per poi virare in modo brillante all'inizio della quarta.
Vi dico solo che io le ultime tre stagioni me le sono riviste 2 volte di seguito. Lo so che potrei sprecare il mio tempo con delle serie più serie :).
Ora ci sarà qualcuno che mi consiglierà di guardare i Soprano, Doctor Who, Torchwood, Malimba e Lilliputziani e Vattelapesca. Ma, capitemi, sono in un periodo strano, in cui non dispongo di mezzi tecnologici adeguati, e Supernatural l'hanno data su RAI4 in loop per due volte di seguito, e quindi me lo sono sciroppato tutto. Era diventato un cazzo di appuntamento fisso.
Certo, alcune trovate rimangono ancora da film di serie Z, ma in quanto a divertimento non c'è che dire.
La consiglierei a un amico? E perché no, soprattutto se appassionato del genere, tanto di vaffanculo ne ho presi abbastanza e poi se è un vero amico capirà la mia disperata situazione.

Bioshock Infinite - Anteprima


Non potevo non interessarmi a questo titolo, visto quanto mi sono piaciuti Bioshock e Bioshock 2.
Lo sviluppo è tornato in mano a Irrational Games e a Kevin Levine, mente geniale del primo titolo ed ex impiegato della Looking Glass Studios, quella di Thief, tanto per dirne una. I ragazzi di Boston hanno scelto di non uscire come Bioshock 3 proprio perché il titolo si discosta totalmente dal mondo di Rapture e si sposta in una nuova locazione fisica e temporale. Non più gli abissi marini, ma il cielo e il 1912 al posto di fine anni '50. In partenza doveva chiamarsi Project Icarus poi hanno optato per Infinity. Il titolo è dato in uscita per PC, Xbox e PS3 per  ottobre di quest'anno.
Il gioco è ambientato su Columbia, citta volante, gioiello della ingenieria statunitense, orgoglio di un emergente potenza economica, che ben presto si trasforma in incubo, perché sparisce tra le nuvole, senza lasciare traccia.
Il giocatore è chiamato a prendere i panni di Booker DeWitt, ex agente della Agenzia investigativa Pinkerton, invitato a Columbia per salvare Elizabeth, una giovane donna quivi imprigionata fin dall'infanzia. Fra i due si creerà un immediato feeling che permetterà al giocatore di sviluppare nuovi poteri e permettere ai due di fuggire dalla città volante che non è messa proprio bene e sta cadendo letteralmente a pezzi. I poteri saranno i "Vigors" e i "Nostrum", che sostituiscono i plasmidi e i tonici di BioShock 1 e 2. I primi serviranno ad attivare poteri come la telecinesi, la manipolazione elettrica o il controllo degli animali, mentre i secondi aumenteranno passivamente alcuni parametri come la forza del giocatore o la sua resistenza ai danni. Il giocatore non potrà combinarli tra di loro e quindi dovrà prenderne sempre di nuovi rubandoli o trovandoli in giro per la città. Oltre ai poteri le armi disponibili allo stato attuale sono il fucile da cecchino, fucile a pompa, revolver magnum, la mitragliatrice, il lancia missili e il rampino.
Come era logico supporre, anche i nemici sono cambiati radicalmente, non più Big Daddy o Big Sister, ma un cazzutissimo avversario chiamato Handyman, costituito da pezzi meccanici e mani di ceramica durissima pronta a spezzare qualsiasi cosa, nonché il collo del povero Booker, perché gelosissimo di Elizabeth.
Handyman non è l'unico nemico coi controcazzi, avremo a che fare anche con Songbird, protettore di Elizabeth, misterioso uomo-uccello che cercherà di recuperare la donna, credendo che sia stata rapita dal giocatore.
Siren è uno spettro-negromante che quindi resusciterà i morti, poi ci saranno i cittadini impazziti che sostituiscono i Ricombinanti equipaggiati con armi varie e alcuni anche con poteri paragonabili ai plasmidi, poi bot malfunzionanti e il sinistro Boys Of Silence, una bambino con la faccia deformata chiusa in una maschera di ferro, con ha l'abilità di sentire ogni movimento, in quanto cieco; il giocatore dovrà scegliere se affrontarlo oppure aggirarlo.
Il motore del gioco sarà nuovo e non mutuato dai precedenti capitoli e quindi mi aspetto mirabolanti scenari e roba da strapparsi le mutande.
Ok, mi pare di aver detto quasi tutto. Le anticipazioni mi sembrano belle sugose, pare ci sia molta ciccia sul fuoco e quindi c'è da aspettarsi davvero molto da questo titolo.
Se sarà bello anche solo la metà dei suoi fratelli, mi fa già pregustare il suo arrivo sugli scaffali dei negozi, mentre se eguglierà o supererà i lavori precedenti, allora c'è da aspettarsi un capolavoro assoluto.

I videogiochi stimolano la creatività?


Pensando al sottoscritto la risposta è sì. O perlomeno, più che la creatività, la fantasia, diventando cibo per la mente, non esattamente come i libri, ma con un impatto visivo maggiore (ovvio).
Chiaro che dipende anche dalla tipologia di videogioco. Tetris intrattiene e diverte, poi morta lì, invece qualcosa di più evoluto come un buon GDR, un ispirato FPS, un gioco a turni, un RTS, o un'avventura grafica con i controcazzi stimolano eccome. Ci sono fior fior di ricerche che dicono che la combo occhio-mano, la risoluzioni di intricati enigmi, la pianificazione di tattiche di guerra, l'organizzazione sociale, politica ed economica di alcuni titoli e il numero di informazioni elaborate, fanno lavorare l'encefalo a pieno regime.
Come ogni cosa, sentite da che pulpito, anche i videogiochi vanno usati con moderazione, come spiego anche in questo post: i videogiochi fanno male? Altrimenti si possono raggiungere alienazioni negative, alterazione della percezione della realtà e micosi inguinali.
Ultimamente poi, in modo sempre più significativo, dai videogiochi si pesca a piene mani per fare film più o meno riusciti e si producono libri ispirati direttamente da essi, che in alcuni casi sono anche ben scritti e divertenti.
Alcuni poi sono veri e propri capolavori per quanto riguarda trama, personaggi e atmosfera, e si adattano perfettamente alla trasposizione cinematografica. Penso ad esempio a Bioshock, di cui è stato annunciato un  diretto da Gore Verbinski e prodotto da Universal, e al libro scritto da John Shirley dal titolo Rapture. Questo autore, solo per dirne alcune, con la raccolta di storie brevi "Black Butterflies" ha vinto il Bram Stoker Award e ha scritto la prima stesura della sceneggiatura de "Il Corvo". Ne parlano bene di questa trasposizione, vi faro sapere quando la leggerò.
Tirando le somme credo proprio che i videogiochi stimolino la corteccia cerebrale, che sia creatività, fantasia, velocità di pensiero, elaborazione dati e quant'altro ne traggano benefici. Ovviamente, essendo la stimolazione molto più immediatata e interattiva di un testo scritto, va assunta con moderazione.
La funzione educativa può essere svolta anche da dei videogiochi, come dai libri e, come i libri, possono essere brutti e cattivi, disdicevoli, oppure fantastici, divertenti e far riflettere.
Sono chiaramente cose diverse, e portano a stimoli differenti. Credo che l'esperienza di un buon libro e molto diversa da quella di buo gioco, il primo può suscitare emozioni che l'altro non stimola e viceversa.

Max Payne 3 - Anteprima


Atteso per il 18 maggio di quest'anno dopo vari rinvii, questo nuovo capitolo della saga del poliziotto maledetto di New York, pare dover stupire un'altra volta, come stupì alla sua prima uscita nel 2001, prendendo voti alti a man bassa da qualsiasi testata giornalistica di settore e da tutti i siti di videogames, nonostante il budget ridotto della piccola software house finlandese Remedy.
Il successo era dovuto soprattutto alla trama ben studiata, al profilo psicologico del protagonista, alla giocabilità, ma, soprattutto, al bullet time, tecnica usata anche nel film Matrix. Praticamente quella visualizzazione che consente di vedere ogni momento della scena al rallentatore mentre l'inquadratura sembra girare attorno a velocità normale. Chiaro, no? Molto divertente per far fuori carrettate di nemici lanciandosi a pesce, di lato, alla Bagianna o come il ballo del mattone.
Non è, come i predecessori, svilupata dalla software house scandinava e non è nemmeno scritto dal creatore della serie Sam Lake, anche se la Remedy supervisionerà tutto quanto (speriamo bene). Quindi tutto sarà in mano ai ragazzi della Rockstar Vancouver.
Nel terzo capitolo il buon Max non lavora più nella grande mela, ma nella sicurezza privata di una famiglia di San Paolo do Brasil, guardia del corpo di Rodrigo e Victor Branco. La situazione precipita quando la moglie di Rodrigo viene rapita proprio quando era sotto la protezione di Max, il quale dovrà prodigarsi a suon di pallottole per ritrovarla e salvarla.
Il bullet time, ovviamente, sarà ancora presente, ma ci sarà anche un nuovo sistema di coperture e quindi toccherà al giocatore decidere se usare il rallentamento o coprirsi dietro qualche banco dei pesci, ma pare che ogni copertura potrà saltare in coriandoli di polvere e pallottole, grazie all'avanzato motore di distruzione degli ambienti di gioco.
Max oltretutto potrà afferare i nemici usarli come scudo umano o come asciugapiatti.
Sarà implementato anche l'Environmental Bullet Time. Che, se ho capito bene, mentre intorno a Max esplode l'universo, lui potrà continuare a sparare liberamente cercando di evitare tutto quello che potrebbe cadergli addosso.
Ci sarà anche la Bullet Cam, cioè la telecamera che si sgancia dalla visuale in terza persona per seguire l'ultimo proiettile sparato, fin dentro il corpo del bersaglio. Feature per cecchini onanisti.
Rispetto ai titoli precedenti, che praticamente si sviluppavano sempre di notte, o perlomeno era sempre scuro, nevicava o pioveva, nel 3 si avrà l'alternarsi del giorno e della notte.
E, suonino le fanfare, sarà presente anche il multiplayer.
Ok, ho detto tutto? Probabilmente no. Speriamo solo che i ragazzi canadesi facciano un buon lavoro e ci regalino un ennesimo capolavoro, o perlomeno che tengano fede alla buona qualità dei loro prodotti e sfornino qualcosa di coinvolgente e divertente come lo sono stati i primi due capitoli della serie.

Evolution GT


Gioco uscito nel 2006 e sottovalutato da molti. Io affermo con fierezza che mi ha divertito molto e soprattutto che ogni tanto lo reinstallo e ci rigioco con gusto.
L'unico problema è superare quella mezz'ora di tutorial con Gabriele Tarquini che tutte le volte che lo rigiocate vi dovete risciroppare e che vi rispiega da capo, il sorpasso, la scia, la frenata e cazzi e mazzi. I programmatori, 'sti maledetti, non hanno pensato che qualcuno volesse rigiocare o ripartire dall'inizio? Cazzarola, mettetela una modalità senza tutoriale e senza il pelatone che ti spiega come guidare (forse è stata rilasciata qualche patch, o qualche pio giocatore ha messo in rete un eseguibile senza tutorial, ma io non l'ho trovato).
Ok, superato questo ostacolo si entra nel gioco vero e proprio e la figata è che è uno dei pochi giochi che trattano le corse come un gdr, è un gdr di corse, praticamente.
Vabbé, non è come D&D, ma da pivello si progredisce guadagnando punti esperienza e pian piano si aumentano le varie skill, su svariati circuiti e con diverse auto da guidare.
Vi dico solo che ci sono svariati scenari europei, dai tracciati cittadini di Milano, Firenze, Londra, Berlino, Barcellona, ai percorsi extraurbani della Costa Azzurra e delle Highlands scozzesi, senza dimenticare autodromi reali come Hockenheim e Donington.
Inoltre ci sono un sacco di auto. Per citarne alcune: Bugatti, Pontiac, Vauxhall e le più conosciute marche mondiali.
Per aumentare di livello ovviamente si devono raggiungere degli obbiettivi e raccimolare punti nelle varie gare proposte, sorpassando, sfruttando la scia, evitando incidenti e facendosi beffe degli avversari. Più diventiamo bravi, più i costruttori ci vorranno nella loro scuderia e potremmo scegliere quella che più ci contraddistingue come stile di guida.
Poteva essere uno dei miei giochi preferiti se solo avesse contato tra le sue modalità quella custom, o un modello di sviluppo di gioco più aperto e meno schematico, in cui fosse stato possibile creare la propria scuderia ed evolvere all'infinito con campionati veri e propri e non con poche gare per concludere un livello o una stagione.
Ok, sono io troppo esigente o sognatore.
GT Evolution comunque è un buon gioco, molto divertente se amate il genere e consigliabile anche a chi non ci si cimenta quasi mai, anche perché lo stile di guida, pur avendo un'egregia fisica e dinamica, è tendenzialmente arcade e non simulazione.

Mezzanotte di Dean Koontz


Uno dei primi lavori di questo autore che, non lo nascondo, è uno dei miei preferiti, pur avendolo criticato diverse volte per alcuni libri un po' stonati e sopra le righe, sia per personaggi non credibili, sia per trame troppo stampalate, trovo sempre il suo stile piacevole e alcune delle sue trovate geniali.
Questo Mezzanotte all'inizio pare essere un remake de L'isola del Dottor Moreau di H.G. Wells, ma è comunque l'esempio lampante di come un tema sviscerato in tutte le salse possa essere comunque interessante se dato in pasto a un autore di talento.
Con le trame di Koontz raramente ci si annoia, anche, se devo dire la verità, all'inizio ho fatto fatica a ingranare con questa, ma poi alla lunga i tratti salienti che contraddistinguono i romanzi dell'autore californiano vengono fuori. E quindi si passa a un crescendo di emozioni, azione, colpi di scena e suspense, fino all'epilogo che lascia senza fiato
Ogni tanto il caro Dean ci da troppo dentro di personalità con i suoi personaggi, forse per creare quell'empatia tanto importante per catturare l'attenzione del lettore. Devo dire che qui non accade, anche se all'inizio ci si perde un po' tra i veri personaggi a corredo della storia, ma poi tutto fluisce che è una bellezza.
Insomma un altro romanzo da consigliare tra gli innumerevoli sfornati da questo autore.

Come scrivere un romanzo di successo


E ve lo devo dire io?
Di romanzi ne ho scritti diversi ma nessuno di successo.
Però vi posso dire cosa potrebbe servire in Italia per avere perlomeno qualche chances di vendere qualche milione di copie :)

1 - Essere un personaggio televisivo
2 - Essere un personaggio famoso
3 - Essere un calciatore
4 - Essere un cuoco anche mediocre e scrivere un libro di cucina
5 - Essere amico di un amico, di un amico di uno che lavora in Mondadori
6 - Avere commesso un delitto efferato e scrivere dalla cella

Ok, non tutti possono esserlo.
E allora?

1 - Avere fatto Italiano alle elementari, oppure assumere un ghost
2 - Essere un comico di Zelig
3 - Essere un ex cabarettista riciclato
4 - Conoscere il Cavaliere o sua figlia
5 - Scrivere una cosa qualunque e farsi invitare da Fabio Fazio

Difficile anche questo, a parte il punto 1.
Ok, vediamo per una volta di fare le persone serie. Il problema è se siete degli scrittori di genere e non vi va di seguire le mode, volete scrivere quello che vi pare senza farvi influenzare dalle meccaniche di mercato, siete senza speranza. L'unica è una botta di culo.
Se invece il vostro intento è di scrivere un romanzo per vendere tante copie e non avete scrupoli, peli sullo stomaco e sulla lingua e vi mettete il Vicks sotto il naso per non sentire certi odori, allora magari si può fare qualcosa.

1 - Valutare la moda del momento (Vampiri vegetariani, Crociati, libri di cucina, oppure un mix di questi 3)
2 - Scrivere il libro (qui può essere utile il punto 1 di prima), o clonare qualche ebook scaricato a gratis o con pochi euro 
3 - Fare un editing sommario o non farlo del tutto
4 - Capire cosa cercano gli editori e che genere pubblicano
5 - Scrivere una presentazione accattivante o pagare un vip per metterci la firma e/o raccomandazione
6 - Inviare manoscritti a tappeto secondo i metodi richiesti dagli editori
7 - Farsi raccomandare da qualcuno
8 - Avere una botta di culo
9 - Accendere un cero in chiesa e pregare molto
10 - Attendere con fiducia

Sono un inguaribile ottimista, vero? Be', se ci riuscite fatemi sapere e vi compro una raccomandazione.

Mass Effect 3


Chiudere una trilogia non è mai un compito semplice, e farlo per un gioco dalla trama complessa e sfaccettata come Mass Effect è stata probabilmente un'impresa.
I fan, dopo il secondo capitolo, aspettavano con trepidazione questo nuova avventura del simpaticissimo comandante Shepard per chiudere il cerchio e vivere tutti felici e contenti.
Così non è stato, il nuovo lavoro di BioWare ha deluso la maggior parte dei fan, soprattutto quelli votati al RPG e meno all'azione, tendenza che si era già riscontrata nel secondo capitolo. Nel terzo questa tendenza è molta più marcata e diventa praticamente un gioco di azione pura.
Forse la brama di monetizzare ha accelerato i tempi di uscita di questo titolo e, si sa, la fretta è cattiva consigliera, e i risultati si vedono.
Oltretutto il finale ha deluso praticamente tutti e ha sollevato un gran polverone di proteste, talmente soffocante che la software house ha dovuto lavorare alacremente per rilasciare un bonus pack denominato Extended Cut con un nuovo finale per calmare un po' gli animi. Dall'incazzatura era nato persino un movimento chiamato Retake Mass Effect, che aveva portando avanti una petizione per richiedere allo sviluppatore di realizzare appunto dei finali alternativi. In più in questi giorni BioWare ha rilasciato una patch per Xbox e PS3 che fa praticamente crashare le console, per la felicità dei possessori di dette periferiche.
Il gioco non è una delusione completa, ma va detto che in alcune sessioni ci sono delle pecche grafiche che manco il commodore64 e poi essendo votato all'action è diventato molto più frenetico rispetto ai precedenti e si è sempre lì a scappare da una parte e l'altra della galassia per sfuggire ai Razziatori, a sacrificare compagni e a cercare alleati per liberare la Terra. Inoltre molte cose sono state semplificate, come ad esempio l'esplorazione planetaria, anche la cittadella è stata depotenziata a Luna Park. Tutto questo a favore, a mio parere, di una più aggressiva politica di mercato volta a coinvolgere di più gli utenti delle console a sfavore di quelli dei pc, magari più orientati a giocare con gli RPG.
Quindi un'occasione persa per fare bella figura. Quindi, anche se nella casse della BioWare sono arrivati diversi dollaroni, questa storica software house a mio avviso ha perso molto lustro agli occhi di tutti gli appassionati del genere.

Poesia o non poesia? (2)


Ora che ho ricominciato ad aggiornare il blog quotidianamente, sto riflettendo sulla pianificazione degli argomenti da pubblicare giorno per giorno. La cosa mi diverte per il momento e quindi non mi pesa. Visto che sono troppo volubile, può anche darsi che fra qualche settimana, ora o giorno, mi rompo e non pubblico più niente.
Per questo, riallacciandomi al post di più di un anno fa Poesia o non poesia?, mi domando se sia giusto, in un ottica di post su letteratura, videogiochi e cazzi miei, continuare a postare poesie.
Al di là del fatto che il periodo in cui ne scrivo non è mai costante: possono passare mesi in cui non produco nemmeno una sillaba e mesi in cui ne sparo fuori una decina, magari più di una al giorno.
Ispirazione, forse, o raggi gamma, chi lo sa.
La tentazione di aprire un altro blog di sole poesie mi stuzzica ancora, ma so che, vista la mia altalenante produzione, starebbe mesi in stallo. O forse mi spronerebbe a tenerlo aggiornato, chissà.
Sarebbe più giusto in un blog di poesia non rimanere solo e coinvolgere gente, valutando secondo il gusto personale quelle meritevoli di pubblicazione. Anche questa idea mi gira da un po' nell'encefalo malato, ma la mia paura è di perdere entusiasmo durante il tragitto, come con alcune delle cose che ho fatto in passato.
Dopo un anno ancora ci sto riflettendo e i dubbi non sono spariti, anzi sono aumentati.
Ribadisco che scrivere poesie mi diverte e mi coinvolge. Stavo meditando anche di portare avanti questa nuova tecnica personale che ho inventato (credo, magari in passato qualcuno l'ha già fatto) della Sillabazione Progressiva.
Che cosa?
Ecco alcuni esempi:


Una cagata? Un'idea geniale? E chi lo sa.
Magari potrebbe essere un buon spunto su cui aprire un nuovo blog di poesia e sfidare altri autori a scriverne.

Thief 4


Per chi non conoscesse la serie, Thief è un videogame di genere azione/avventura dove il giocatore impersona il ladro Garrett, in un mondo steampunk con contaminazioni fantasy.
Praticamente questo gioco ha contribuito alla nascita di un genere nuovo, cosiddetto stealth. Sì, perché sostanzialmente bisogna essere silenziosi come gatti e invisibili a occhio umano. Per cui si cammina nell'ombra, si ascolta ogni minimo suono per capire dove sono i nemici e dove ci si può nascondere e si agisce con agilità e furbizia.
L'atmosfera è eccezionale e cala il giocatore in un mondo tenebroso e violento pieno di nemici e missioni da compiere. La storyboard poi è curatissima con decine di personaggi che gravitano intorno al protagonista e una trama degna di un ottimo romanzo di genere.
Io ho giocato poco con il secondo Thief II: The Metal Age (2000) e molto con Thief: Deadly Shadows (2004), che rimane, a mio modo di vedere, il migliore in assoluto.
Vi dico solo che questo è uno dei pochi giochi che mi hanno fatto saltare sulla sedia per lo spavento e sudare per la tensione. Sì perché la maestria dei programmatori nell'uso delle luci e dei suoni è fenomenale, e spesso ci si trova al buio con fantasmi urlanti o ragni giganti di cui si intuisce la presenza, ma non si riesce a vedere e colpire.
A quanto pare la Eidos canadese sta sviluppando il quarto capitolo, chiamato appunto Thi4f, dal 2009, e si dice sia in uscita per la fine di questo anno. Eidos ha dichiarato, un anno fa, che visto che Deus Ex: Human Revolution era entrato in fase gold, il team di sviluppo di Montreal avrebbe iniziato a lavorare al quarto capitolo della saga.
Sul sito ufficiale non ci sono informazioni rilevanti e si può solo discutere iscrivendosi al forum. Speriamo bene, anche perché sarebbe un peccato sprecare una così ghiotta occasione di portare di nuovo al successo un titolo che merita sotto ogni punto di vista.

Lo Stagno di Fuoco - Daniele Nadir


In questo periodo in cui ho veramente poco tempo per leggere e lo faccio appena ho quelle pause fisiologiche e di tranquillità che la mancanza di tempo di questo periodo mi regala come piccole perle. Non c'è niente da ridere e le battute si possono sprecare, o forse sì, c'è da ridere, ridete pure e io continuo a leggere in questi luoghi appartati.
In questa situazione problematica non posso leggere tutto quello che capita sotto le mie grinfie senza operare delle scelte precise. Se un libro, anche se meritevole, o segnalato da diversi amici, blogger, funghi fluorescenti e nani da giardino, mi risulta indigesto dalle prime pagine, lo ributto nel mucchio e ne piglio un altro.
Un volta non era così, cercavo di arrivare fino in fondo, anche se la storia, lo stile, i personaggi o lo scrittore mi risultavano antipatici.
Quindi è sempre bello quando pescando a caso, trovi nelle pile di libri che ricoprono la casa, qualcosa di meritevole, ovviamente secondo il mio modestissimo parere.
Si tratta di questo Lo Stagno di Fuoco, di un autore italiano che non conoscevo, pubblicato nientemeno che da Sperling & Kupfer.
La storia tratta della fine del mondo e del Giudizio Universale.
Genere fantastico, insomma, con presupposti non originali, ma stimolanti. E la scrittura e briosa, elegante, divertente, coinvolgente. Gli argomenti vengono affrontati con leggerezza, senza pesare troppo sul lettore, ma con cognizione di causa, perché si vede che l'autore ne sa, ma tiene la sua bravura al margine del campo visivo.
E quindi il malloppo di 800 pagine scorre discretamente veloce.
Difetti?
C'è da dire che forse alla lunga ci si perde un po' tra i vari cambi di prospettiva narrativa e i molti personaggi che compongono il quadro. Forse snellirlo un po' non gli avrebbe fatto male, qualche centinaio di pagine in meno, una sfoltita qua e là di arditi periodi e sfronzolanti avverbi non farebbe male, soprattutto a partire da un certo punto del libro in poi, come se l'editor (o chi per esso) si fosse stancato e avesse mollato il colpo.
Tutto questo però, come già anticipato, è compensato dal potere immaginifico dell'autore.
Io probabilmente sono influenzato dall'argomento trattato, che mi tira dentro tantissimo, ma questo libro mi ha divertito e appassionato.
È una lunga cavalcata, ma vale la pena.

Editore o Self-Publishing?


In questi mesi ho pubblicato nel circuito di Simplicissimus tre titoli della mia vasta produzione di opere letterarie :).
Questo mi ha fatto riflettere sul mio futuro di autore e della continua ricerca di un editore onesto con cui pubblicare i propri manoscritti, il tutto condito dall'estrema difficoltà di trovare, tra quelli che hai prescelto, qualcuno che ti voglia nella sua scuderia o che perlomeno abbia il tempo di leggere quello che gli hai inviato.
Per di più bisogna districarsi tra le varie modalità richieste da ogni editore, perché c'è chi non vuole l'email, chi solo il cartaceo, chi accetta l'email ma vuole solo le prime 20 pagine, curriculum letterario, sinossi e presentazione, chi vuole tutto il malloppo ma non ciclostilato, eccetera, eccetera. Io da tempo mi sono fatto un bel foglio excel con riepilogo per ogni editore e me la cavo così.
Pubblicare con un piccolo/medio editore di quelli onesti da soddisfazione, ma la fatica profusa per tutto l'iter a volte mi fa desistere da inviare pacchi cartacei ad alcuni che so già che non mi considereranno. L'editore mi darà forse più visibilità e avrò in mano il libro fisico, che  fa sempre una certa scena, ma...
Già, c'è un ma. A livello pratico, cioè in termini di diffusione e visibilità, forse il gioco non vale la candela ed è meglio pubblicarsi da soli tramite il self-publishing che ormai imperversa un po' dappertutto. Ad esempio, tramite Simplicissimus si entra in un circuito di decine di store online che hanno la facolta di decidere se vendere o meno il nostro prodotto. Ovvio, questo non da la sicurezza di vendita, bisogna far sapere al pubblico che questi ebook esistono e poi sperare che si inneschi un tam-tam che porti l'opera all'attenzione del web.
Chiaro che il fatto di pubblicare da sè le proprie opere non da alcuna sicurezza di avere tra le mani, per l'utente finale, un prodotto di qualità, ma credo che il mercato in questo senso si autoregoli da solo e chi ha scritto una fetecchia, o non ha curato l'editing e l'impaginazione dei propri testi, alla lunga venga escluso.
Quindi sto sinceramente valutando l'opzione di pubblicare solo ebook tramite questi circuiti di autoproduzione, come già fanno diversi scrittori e blogger italiani (mi viene in mente la scelta di Alex Girola con i suoi ottimi ebook), ovviamente editati in modo professionale e impaginati da chi lo sa fare.
Aggiungo infine che alcune opere che ho ancora nel cassetto, ma pronte per essere lanciate sul mercato, hanno una difficile collocazione in termini di genere, e quindi forse è meglio seguire la strada del self-publishing.
La mia pecca è la promozione, non sono capace di farmi pubblicità e diffondere il verbo, forse per umiltà, ma ritengo che sia solo pigrizia.
Vediamo come vanno i tre titoli pubblicati come ebook, anche se non sono opere prime.
Il tempo sarà il mio maestro.

Il principe della nebbia - Carlos Ruiz Zafon


Carino, scorrevole e dimentacabile.
Uno dei primi romanzi scritti da Zafon, un libro per ragazzi, godibile, dove si intuisce lo stile che lo contraddistinguerà, e che qui risulta troppo lineare, forse per essere più digeribile ai giovani lettori.
Riproposto da Mondadori con la solita furbizia, sull'onda lunga del successo dell'autore, a 16 euro, con una copertina accattivante e con un font bello grosso così da assicurare quelle 200 pagine che altrimenti sarebbero state settanta.
Si può anche evitare di comprarlo, costasse 10 o 12 lo consiglierei appunto a dei ragazzi o solo a chi ama profondamente questo autore, ma in questa veste, e soprattutto, con 16 euro da spendere, si può comprare qualcos'altro di più stimolante.
Poi, intendiamoci, la storia in sè non è niente male, si lascia leggere, è divertente e ti porta fino alla fine senza che te ne accorgi, anche perché a buon ritmo di lettura, la fine arriva presto.
Insomma, vedete voi, prendetelo in biblio o fatevelo prestare se proprio lo volete leggere.

Doll in love - le prime pagine


PRIMA PARTE (Come una visione)

1.
E' come una visione; lei è là, nella vetrina di quel negozio strano, e Lorenzo, seduto nella sua Rover Mini in attesa che il semaforo scatti sul verde, è stato folgorato da quella apparizione. Prima l'aveva intravista con la coda dell'occhio, poi attratto da quel miraggio, si è sporto dal finestrino per ammirarla. E' così bella, invitante, con quella pelle color alabastro e quelle labbra carnose, rosse e irriverenti.
Vorrebbe scendere dall'auto ed entrare nel negozio, ma non ha il coraggio necessario per farlo: si vergogna. La fortissima attrazione comunque resta e sa che prima o poi dovrà entrare là dentro e incontrarla.
Il semaforo scatta sul verde, ma lui rimane imbambolato a guardarla. Le automobili dietro di lui cominciano a suonare i clacson e lo riportano bruscamente alla realtà. Lascia la frizione troppo presto e la Mini inevitabilmente si spegne.
"Coglione!!" grida il tizio dietro di lui.
Lorenzo fa girare freneticamente la chiave dell'accensione e dopo un paio di singulti secchi la Mini si mette in moto. Alcune auto lo hanno superato di fianco e una signora anziana gli ha pure mostrato il medio.
Stavolta lascia la frizione in modo più cauto e riesce a ripartire. Nello specchietto, oltre al conducente dell’auto che lo segue che lo guarda come se volesse strangolarlo, vede scomparire il negozio dietro il semaforo screpolato.
E' quasi tentato di svoltare all'incrocio per tornare indietro e ripassare davanti alla vetrina per guardarla ancora, ma si sente stupido anche solo a pensarlo. Tra i palazzi grigi che scorrono ai lati dei finestrini riesce a scorgere il cielo grigio a sua volta, talmente simile agli edifici che quasi fa fatica a distinguerli.
Torna a guardare la strada e le auto che sembrano litigare per mangiare un pezzo di asfalto in più. Lui guida piano, ascoltando il brontolio malato della sua Mini. Davanti agli occhi ha ancora l'immagine del negozio, le forme sinuose della ragazza, la sua pelle e le sue labbra. Non può fare a meno di pensarci, quella visione gli si è insinuata dentro come un male incurabile, un'ossessione che non riesce a scacciare e che la sua anima brama.
Arrivato davanti al palazzo dove abita, parcheggia l'auto al solito posto e scende. Alcuni bambini stanno giocando a pallone sul marciapiede e sicuramente gli centreranno la Mini un centinaio di volte. Vorrebbe dir loro di stare attenti, ma sa già che lo prenderebbero a male parole, ormai non c'è più rispetto, non c'è più l'educazione di quando era piccolo lui. Una volta sua madre gli aveva tirato uno schiaffo in bocca per aver mancato di rispetto alla nonna.
Quei ragazzi invece dicono già delle brutte parole, li ha sentiti dalla finestra della cucina, e alcuni già fumano e bevono birra.
Quindi è meglio non dire niente. Lorenzo tira dritto a testa bassa, prende le chiavi di casa e apre il portone. Una pallonata sfiora la sua auto e va a colpire il fanale di quella dietro. Non produce danni, ma poco c'è mancato. Lorenzo sospira ed entra nel edificio.
Controlla la posta, ma non c'è nulla, non c'è mai nulla, a parte le bollette da pagare. La vecchia del primo piano è già sulla porta a controllare chi è entrato.
"Buongiorno, signora Vadessi", la saluta.
Lei mastica la sua dentiera e fa finta di non averlo sentito. Lo guarda dall'alto in basso e poi rientra in casa. Probabilmente pensa di lui quel che lui pensa dei bambini là fuori.
Lorenzo fa le sue scale due alla volta, in modo regolare, finché non arriva al secondo piano. Ci sono altri tre appartamenti oltre al suo. Due sono vuoti ormai da parecchi mesi mentre uno di quelli di fronte alla sua porta di casa è occupato dalla sorella della signora Vadessi: la signorina Parnini, che ha tenuto il nome da ragazza perché non si è mai sposata. E' uguale alla Vadessi, fatta eccezione per il fatto che lei invece è meno sfacciata della sorella e osserva sempre gli intrusi dallo spioncino della porta.
"Buongiorno, Signora Parnini", intona Lorenzo guardando la porta e fa un mezzo inchino. Lui la chiama Signora invece di Signorina, per rispetto alla sua anzianità.
Le due sorelle, pur abitando nello stesso palazzo, non si incontrano mai: vuoi per il fatto che sono anziane e fanno fatica a spostarsi, ma soprattutto perché non si sono mai sopportate e pare che ne dicano di cotte e di crude una dell'altra. [...]

Morte di un perdente - le prime pagine


1.
Sei morto, Mark. Sotto i riflettori crudeli di quel parcheggio. Quella luce arancione rendeva tutto così irreale, e la pioggia che scendeva impietosa, bagnandoti la pelle giallognola. 
Sei morto. Dicono che ti sei suicidato, che la vita ti era diventata troppo pesante. Non ci credo, Mark. Eri troppo sensibile, eri troppo attaccato a me, fratello.
Ti hanno ammazzato, ne sono sicuro e scoprirò chi è stato.

2.
Martedì mattina. Esco di casa e piove ancora. Ho dimenticato il cappello e la pioggia mi bagna i capelli. E’ fredda, gelida come il ghiaccio che mi sta stratificando il cuore, sto venendo da te, Mark, al tuo funerale. Cammino lungo il viale che tante volte abbiamo percorso insieme e mi ricordo che dicevi che se un giorno fossi morto volevi essere sepolto vicino ad uno di quei cipressi. Invece ti stanno calando in una voragine nera senza ritorno.
In chiesa siamo una decina. Nostra madre non c’è, forse non sa nemmeno che sei morto. Il prete parla di te come se ti conoscesse, in realtà solo io so chi sei. Tutti dicevano che eri un rifiuto della società, ma eri mio fratello. Prendo in spalla la tua bara: non pesa nulla; negli ultimi tempi eri diventato il fantasma che ora sei.
Al cimitero siamo ancora meno. Non conosco nessuno dei presenti. Non m’importa. Il prete esprime tutta la sua compassione per te; sembra irritato: un chierichetto gli tiene un ombrello sopra la testa, ma la pioggia è talmente fitta che si bagna comunque.
Poi ti calano nella terra; la pioggia scivola sul legno come per lavare via le tue colpe. Poi la terra: una vangata, poi un’altra, e tu scompari col tuo triste involucro di legno che sarà tuo compagno per l’eternità.

3.
Non ho molta voglia di lavorare stasera. Mi siedo al piano e incomincio a strimpellare. Mario mi guarda male, sa che sei morto, ma non gli interessa. Gli interessano gli incassi del bar e poi non gli sei molto simpatico, soprattutto da quando hai spaccato quella bottiglia di whisky in testa a Marta.
Nemmeno lei è venuta al tuo funerale. Eppure ti ama talmente tanto.
Canto una vecchia canzone, la voce esce come al solito e le dita scorrono veloci sui tasti.
Mario sorride: è soddisfatto.
Suono e canto, finché non so più da quanto tempo lo sto facendo. Alzo gli occhi sull’orologio: è passata solo un’ora. Faccio una pausa. Mario sembra approvare. Il pubblico mi applaude: ci sono una decina di coppie.
Mi siedo al bar; non ho voglia di bere il tuo whisky, Mark, quello che ti ha ucciso coi farmaci. Ma tu non sei stupido, sapevi che quel cocktail era letale. Non t’immagino a ingurgitare sonniferi a suon di scotch e per di più sulla tua macchina vicino alla spazzatura di quel supermarket.
Ordinò una minerale, credo che per un po' farò a meno dei superalcolici, almeno per un giorno o due.
Ritorno al piano, faccio un paio di virtuosismi, ma Mario mi tira un’occhiataccia. Cominciò a cantare, dopo un po’ alcune coppie se ne vanno e poi dopo qualche ora il locale è vuoto. Canto l’ultima canzone per me e per te, poi mi alzo e torno al bar. La voglia di bere è tanta, ma mi ricordo le tue dita grigie strette al collo della bottiglia e il tuo corpo steso tra l’immondizia
Mario mi dà la mia parte dell’incasso; ha sempre il broncio quando mi deve pagare. Preferirebbe suonassi gratis, per puro spirito artistico, ma io non sono un artista.
Torno a casa a piedi. Piove ancora e l’acqua mi va fin quasi alle ossa.
Guardo la tua stanza da letto, in disordine e con odore di chiuso, il letto disfatto e i tuoi vestiti sparsi sul pavimento. Solo adesso provo un po’ di nostalgia di te, del tuo sorriso e della tua ira da postsbornia.
Mi spoglio, faccio un bagno e mi accendo una sigaretta seduto nella vasca. E’ la prima dopo parecchie ore. Assaporo tutta la sicurezza che mi trasmette. Sto a mollo quasi mezz’ora e quando esco dalla vasca assomiglio ad un roseo pesce panciuto.
Quando mi metto a letto, cercò di dormire, ma non ci riesco. Tento di leggere quel libro che sto sfogliando da quasi due anni, ma è tutto inutile. Mi alzo, prendo un sonnifero, lo stesso che t’ha ucciso, e lo butto giù con un po’ di whisky, lo stesso che t’ha ucciso. Appoggio la testa sul cuscino e m’addormento come un bambino.

Il nuovo Sim City: dal 1989 al 2013


Il primo Sim City uscì nel 1989 e spopolò, perché era semplice e geniale, immediato nel gameplay e dannatamente divertente. Poi uscirono, con alterne fortune, SimCity 2000, SimCity 3000, SimCity 4, lo spin off Streets of SimCity e SimCity Societies. Quest'ultimo una delusione totale perché troppo vicino al mondo dei Sims che non a quello del gestionale vero e proprio, e poi troppo semplice.
Ora i programmatori della Maxis da qualche anno che stanno lavorando alla nuova versione che uscirà nel 2013, che si chiamerà, guarda un po', proprio Sim City e che promette di essere uno dei giochi di gestione cittadina migliore di tutti i tempi.
Da quello che si legge in rete e sui giornali specializzati, sarà sorprendente: mosso da un motore che terrà conto di milioni di variabili e che farà interagire ogni singolo aspetto del mondo simulato, a partire dal abitante, fino alla macrogestione territoriale. Inoltre l'aspetto multiplayer, praticamente ignorato o quasi assente in passato, assumerà un aspetto importante per lo sviluppo della propria città di quella degli utenti connessi.
Sarà possibile specializzare le proprie città cioè farle diventare un polo industriale, turistico o commerciale, secondo le proprie inclinazioni e addirittura sulla stessa mappa creare diverse città con specializzazioni diverse e farle interagire così da rendere la propria nazione autosufficiente.
A giudicare poi dalle immagini e dai video, la grafica sarà molto dettagliata e funzionale per far intendere subito a un primo sguardo quel che sta accadendo ai vari impianti e zone. Inoltre sarà possibile, come già accadeva in passato, giocare a più livelli, includendo il sottosuolo, con la gestione della rete idrica e dei trasporti sotterranei.
Insomma il Sim City del 2013 è carico di promesse, che spero vengano mantenute, perché in quel caso sarà uno dei miei giochi di punta per l'anno che verrà.
Non resta che aspettare.

Ebook Doll in love e Morte di un perdente

A partire da oggi 5 aprile 2012 sono disponibili sul circuito di Simplicissimus, oltre a La prigionia del cielo,anche Doll in love e Morte di un perdente. Anche questi due titoli a solo 0,99 euro.
Oltre all'immediata disponibilità su Ultimabook.it, l'e-shop di Simplicissimus, potrebbero apparire anche negli store 9am.it, AppleStore, biblet.it, bol.it, bookrepublic.it, deastore.com, omniabuk.com, store.ebookgratis.it, ebookizzati.com, ebookvanilla.it, ilgiardinodeilibri.it, ibs.it, ebook.it, KindleStore, lafeltrinelli.it, libreriafantasy.it, librisalus.it, libreriauniversitaria.it, mediaworld.it, mrebook.it, pilade.it, edizionilpuntodincontro.it, libreriarizzoli.corriere.it, ultimabooks.it, speedybook.it, submarino.thecopia.com, thefirstclub.net, unilibro.it, webster.it.

Europa Universalis 3 - Rome Vae Victis


Il rapporto con tutta la serie di Europa Universalis è sempre stato di amore e odio. Amore perché è uno strategico, con i controcazzi, con una mappa immensa, con una profondità di gioco notevole e meccaniche mai viste. Odio per via delle troppo variabili e opzioni di cui tener conto e per via di una certa staticità e pazienza che bisogna avere nell'attendere che accada qualcosa, soprattutto prendendo nazioni piccole e poco competitive.
Appunto, direte voi, ma in fin della fiera è quello che a me piace fare: prendere una nazione del menga e portarla a diventare un impero, un po' come faccio da decenni con la serie Total War in quasi tutte le sue incarnazioni.
In EU è ben più complesso il discorso, ma perdendo tempo in edicola ho trovato questo Rome con espansione Vae Victis e il mod Magna Terra. Per molti questo add-on di EU è una fetecchia immonda, per me invece, soprattutto con la modification Magna Terra che aumenta la dimensione della mappa e di conseguenza le nazioni con cui è possibile giocare e interagire, una figata.
Meno complesso dell'originale e per questo più giocabile, con la giusta dose di diplomazia, commercio, fortuna e mossa azzardata, si può costruire un impero partendo da una fetecchia. Certo, non prendendo nazioni sperdute in capo al mondo con valori indecenti, ma magari, sparo a caso, la Macedonia, o Sparta. In questi giorni sto appunto giocando con quest'ultima e nel giro di un paio di secoli ho conquistato tutta la Grecia, parte della Turchia e sto sforando verso l'Asia. Conquistando piccole nazioni cazzute, senza alleati e creando casus belli ad hoc per sottometterle al mio volere. Così adesso sto competendo alla pari con Roma e l'Impero Seleucide che è vasto quasi mezza Asia.
Comunque, in fin della fiera, per me è un signor gioco ed è divertente sta lì a pianificare e a veder fiorire il proprio impero, se si è giocato nel giusto modo, e incazzarsi se si viene spazzati via.

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