La Spada di Lehar

Dopo il primo fortunato romanzo, ho mollato il colpo per un po' dedicandomi ad altro. Tipo la gnocca, ad esempio.
Ho sempre avuto velleità da poeta e ne ho scritte migliaia, la maggior parte custodite in un quadernetti schifidi con pagine bisunte. Erano terribili, soprattutto quelle amorose. Ho già detto altre volte cosa penso della poesia: bisogna essere molto bravi e ispirati, altrimenti non si crea altro che aria fritta. Sono sempre del parere che la poesia è a stato d'animo del momento e molto soggettiva. In tutti questi anni ho sperimentato molto e alcuni dei miei lavori li potete trovare anche su questo blog.
Nel periodo di tempo tra il primo e il secondo tentativo di stesura di un capolavoro ho anche scritto racconti, ancora molto acerbi e pure troppo horror.
Ma non rinnego nulla, sono fasi della crescita di uno scrittore e non si finisce mai.
Mi cimentai in un secondo romanzo dopo cinque anni da Lo Scettro del Potere, con un nuovo fantasy. All'epoca avevo diciannove anni, quindi un po' più maturo, ma non troppo. Frequentavo la 4a superiore (sono stato cannato un paio di volte, per la gioia dei miei detrattori) e invece di seguire le lezioni scrivevo a mano sui fogli coi buchi. I professori mi credevano molto diligente perché prendevo sempre appunti.
Ricordo che la penna aveva la china verde, forse perché mi ricordava un'edizione de La Storia Infinita in mio possesso con l'alternanza di storia tra colore rosso e verde.
Il genere era sempre fantasy, il titolo La Spada di Lehar e il plot era praticamente identico al precedente: questo importante cimelio viene rubato dalla citta di Versilia (sì, come la famosa regione toscana) e viene incaricato un solo uomo di recuperare l'oggetto. Tale Alexander, cavaliere di belle speranze, accompagnato dal suo fido falco di nome Kagi. In realtà il falco è un uomo trasformato da una maledizione in uccello, ma non si trasforma di notte e non ha una relazione con Alexander, non temete. (cit. Ladyhawk, per chi non se lo ricordasse).
Alexander inoltre possiede dei poteri ESP: telecinesi, telepatia (ma solo con il falco) e sa fare anche di conto. Tra mille periperzie (e ripeto, mille) riuscirà a portare a termine il compito assegnatoli.
È il primo romanzo che ho concluso. Si nota un evoluzione nello stile rispetto allo Scettro - e vorrei anche vedere - e una certa proprietà di linguaggio. I personaggi, seppur stereotipati, hanno comunque una caratterizzazione discretamente riuscita. Per il resto, a parte i poteri ESP, è un fantasy classico.
Anche questa imperdibile opera risiede in un angolo sperduto del mio appartamento, nel suo raccoglitore ad anelli originale, con le pagine scritte fitte fitte a mano, con inchiostro verde.
Anche questo non vedrà mai la luce del sole, se non dietro assegno milionario, oppure sarà pubblicato postumo (aspetta che mi tocco).
La prossima volta vi parlerò di Pallida Luna, secondo romanzo concluso e decisamente oribbile.

Lo Scettro del Potere

Come potete notare dalla mia Bio estesa il primo romanzo che ho scritto è stato un fantasy dal sibillino e ambiguo titolo: Lo Scettro del Potere.
È una schifezza immonda ma, per certi versi, affascinante. Avevo quattordici anni, avevo appena finito di leggere Il Signore degli Anelli, quello di Tolkien, avete presente? :)
Ecco, quando si dice leggermente influenzato, penso a questo romanzo.
Come si potrebbe intuire dal titolo, parla di questo oggetto magico che dona grande potere a chi lo possiede e un giorno, ahimé, viene sottratto al proprietario del momento che investe 4 dei suoi più valorosi cavalieri nella ricerca del colpevole e dell'oggetto sottratto.
In realtà c'è un forte sospetto che il colpevole sia il malvagio Arcano, potente stregone e cattivone da far cagliare il latte.
I 4 partono e vanno incontro a mille (e dico mille) avventure e peripezie. Il bello del libro sono le canzoncine che cantano lungo il tragitto... vi ricorda qualcosa?
Mi ricordo che iniziai a scriverlo con una macchina da scrivere economy che dopo trenta pagine aveva già finito il nastro e io continuavo imperterrito a battere sui tasti anche perché i caratteri erano comunque distinguibili dal bianco della carta, che, badate bene, non erano fogli di una risma normale, ma fogli di quadernone con i buchi, così da poterli inserire facilmente in un raccoglitore ad anelli.
Ma quanto ero advanced?
Pensate che per un certo periodo spalmavo la china sul nastro, lo riavvolgevo e continuavo a scrivere, le prime 4 pagine erano leggibili, e poi si ritornava alla velatura di carattere. Infine, sconfitto, iniziai a scrivere a mano, con una calligrafia quasi indecifrabile. Quando mi decisi a comprare un nastro nuovo mi era già stufato di scrivere il mio capolavoro.
Questa pietra miliare della letteratura è rimasta incompiuta e sepolta per decadi nella cantina dove vivono i miei genitori.
Poi un giorno, facendo pulizia, ecco riapparire (magicamente, oserei aggiungere) il raccoglitore. Non potevo credere ai miei occhi. La prima pagina era una sorta di copertina con un disegno osceno dello scettro tutto colorato e una frase che non dimenticherò mai e che ritorna spesso nei miei incubi: il potere non è quello che hai nelle mani, ma ciò che hai nelle mente.
Fantastico.
L'ho preso in mano, l'ho spolverato (coff, coff) e ho letto le prime pagine... Terribile.
Questo può farvi capire che i predestinati sono ben pochi. Si può avere il fuoco sacro della scrittura dentro, ma non avere gli strumenti adatti. Bisogna avere una santa pazienza, continuare a provare, scrivere, scrivere, leggere, leggere, ma, fondamentale, confrontarsi con altri autori e non solo con mamma, papà e la zia Adalgisa.
Sì, l'ho menata parecchio con 'sta storia del confronto, ma, ribadisco, è una tappa fondamentale per chiunque voglia scrivere qualcosa di decente. Essere predisposti ad accettare le critiche, essere umili (ma non troppo) e non farsi scoraggiare dai rifiuti.
Concludo dicendo che il raccoglitore ora è custodito in un luogo segreto, nessuno dovrà mai vedere quello che Davide Cassia scrittore era in embrione...

Legion

di Scott Stewart
Horror
USA 2010

Sony Pictures

Ormai privo di fiducia nell'operato dell'umanità Dio si prepara ad inviare i suoi angeli, guidati da Gabriele, sulla Terra per compiere la punizione divina. In questo contesto, un gruppo di persone, coadiuvato dall'Arcangelo Michele ribellatosi alla volontà punitrice di Dio, dovranno proteggere a tutti i costi una donna incinta Charlie, che porta in grembo il nuovo Messia, colui che può dare una nuova speranza alla Terra.

Premetto che non conoscevo la trama, non ho letto nessuna recensione e quindi non sono partito prevenuto. Forse per questo che il film mi è in parte piaciuto, anche se in alcuni passaggi ho sentito stridere le unghie sulla lavagna del mio encefalo.
Tendenzialmente il succo della trama è che Dio si è stufato della razza umana e vuole resettare tutto, come quando mandò il diluvio, ma stavolta lo fa in modo creativo, rendendo i deboli dei pupazzi a molla posseduti.
Uno dei suoi arcangeli non ci sta, Michele (nel film maicol, naturalmente), e disobbedisce perché crede ancora negli uomini e soprattutto in uno che deve nascere da una povera disgraziata che manco lo vuole. La mangiatoia con il bue e l'asinello è una tavola calda sperduta nel deserto del Nevada su una strada dimenticata da... da lui no, comunque un posto infimo che, bando all'originalità, si chiama Paradise Falls.
Mi chiedo sempre perché questi eventi biblici e catastrofici per Hollywood debbano quasi sempre accadere negli USA, forse per non pesare troppo sul budget, o forse perché è lì che si concentra tutto il male del mondo?
Comunque, al di là di come la si voglia interpretare, il film non è malaccio e ha i suoi momenti di gloria e brivido. Un carrozzone di fucili a pompa e automatici, di scontri epici tra creature soprannaturali e sangue a secchiate. Poi ci sono quelli un po' stereotipati come scene da L'Esorcista con gente con denti da squalo che cammina sulle pareti e azzanna colli, un bambino posseduto che parla con voce baritonale, oppure il protettore del Salvatore che è prima uno sfigato mollaccione e poi diventa Rambo.
Nonostante questi difetti, il film rimane in piedi, per un buon ritmo e discreta originalità. La trama è a tratti banale, finale telefonato, personaggi un po' debolucci, ma nell'insieme, con qualche cerotto qua e là, tiene, diverte, intrattiene.
Lo so che su questa cosa dell'intrattenimento la meno parecchio, ma, per me, questo deve fare un film, cercando di sorprendermi, e, guarda un po', anche divertirmi.
Legion ce l'ha fatta, non sempre, ma comunque sui titoli di coda ho pensato: vabbeh, dai, niente male in fin della fiera.
GIUDIZIO: 3 su 5

USAM Luglio - Classifica Finale

Eccoci!
Dopo lungo e appassionato scontro tra i giurati (adesso, come al solito, cerco di scrivere qualcosa di divertente) a suon di galline senza testa e mozzarelle bianche dal sapore azzurro (spassoso, nevvero?), siamo giunti a deliberare.
Ecco la classifica finale:

1 - Pigghiacristiani di Alfredo Mogavero
2 - Con il verbo lontano dal soggetto di Marco Caudullo
3 - Il Primo di G. Vanderban
3 - L'Altro lato del triangolo di Matteo Carriero
4 - Testa, coda, lisca di Antonino Alessandro

Alfredo si aggiudica la quinta vittoria in USAM e diventa un po' come il Brasile nei mondiali di calcio. Complimenti a lui e agli altri quattro. Grazie a tutti per la partecipazione. Ci si vede nell'edizione bollente di Agosto.
Ciao!

p.s.: ah, c'è un 3° posto a parimerito, giusto per correttezza.

Senza Tregua di Dean R. Koontz

Anno: 2010
361 pagg.
Sperling & Kupfer

Acclamato autore di bestseller, Cullen Greenwich - per tutti, Baloo - sa di essere fortunato. È un uomo di successo e fa quel che più gli piace al mondo. Sua moglie Penny, creatrice e illustratrice di fiabe, è il grande amore della sua vita. È padre di un brillante genietto di sei anni, Milo, detto Shining, e proprietario di un fedelissimo bastardino che si chiama Lassie. Un'esistenza invidiabile... finché il suo libro non viene stroncato sul più diffuso quotidiano nazionale. Parenti e amici gli raccomandano di non farsi amareggiare da quell'unica voce contraria in un coro di lodi, anche (e soprattutto) se firmata dal temutissimo e invisibile Shearman Waxx...


I libri di Koontz come quelli di King li compro a scatola chiusa, non perché pregno di sicumera sulla beltade dell'opera, ma perché sono affezionato a questi autori e in secondo luogo per velleità da collezionista.
Come già riferito nelle recensione de Il Bravo Ragazzo, ci sono romanzi di Dean che ho amato e altri che non sono nemmeno riuscito a finire, dipende sempre da quanto esagera a calcare la mano sui personaggi e su situazioni stravaganti.
Anche in questo Senza Tregua ci va giù abbastanza pesante, nel senso che i personaggi hanno quell'eccezionalità tipica delle sue trame. Quindi ecco il bambino intelligente più di un adulto, genio dell'elettronica, la madre bellissima, tutta di un pezzo, intelligente e scaltra, il protagonista un po' imbranato ma colmo di valori umani. L'antagonista cattivo cattivo supportato da altri cattivoni tutti muscoli e armi fumanti.
Ok, al di là di questo, la storia funziona, e, se si accettano le eccezioni, i personaggi risultano divertenti e carismatici. In più il tessuto narrativo è adrenalinico, tiene incollati alle pagine in modo febbrile fino alla fine.
Ecco, appunto, la fine. Se si è fatto uno sforzo per accettare i personaggi, allora si dovrà accettare anche le soluzioni superscientifiche che sfociano nel paranormale. A Koontz fa sempre un immenso piacere spararcele dentro e cercare di spiazzare il lettore, solo che stavolta la cosa è telefonata fin dall'inizio, non tanto la trovata scenica, ma che prima o poi arriverà, e proprio da quel determinato personaggio.
Va bene, ok, ha i suoi difetti, sembra quasi impossibile non trovarne in un romanzo di Koontz, comunque a parer mio il romanzo funziona, soprattutto perché ti tira dentro come una aspirapolvere verticale.
Tutto sommato i personaggi sono piacevoli e interagiscono tra di loro divertendo il lettore. I dialoghi sono spassosi, intelligenti e, a volte, commoventi. Quindi, se siete dei fan di questo autore, vale veramente la pena leggerlo. Se non lo siete, comunque vi intratterrà piacevolmente, soprattutto se volete qualcosa di non troppo impegnativo, magari spaparanzati su una spiaggia assolata.
Giudizio: 3 su 5

Daybreakers - L'ultimo vampiro

di Michael e PeterSpierig
Fantascienza/Horror
USA, Australia 2009
Sony Pictures

Nel 2019 un virus ha trasformato la maggior parte degli esseri umani in vampiri, i pochi esseri umani non contagiati vengono tenuti in vita come riserve di sangue. Ma la razza umana è destinata all'estinzione e la carenza di sangue inizia a scatenare feroci guerre tra diverse nazioni per il controllo del sangue...

Mi è capitato tra le mani e tra i canini questo ennesimo film sui vampiri, che vanno tanto di moda di questi tempi. La richiesta arrivava dalla mia dolce metà, quindi non potevo esimermi dal vederlo.
Sono sempre stato affascinato dalla figura del vampiro, dopo aver letto Dracula di Bram Stoker e tutto ciò che ha sfornato la letteratura e il cinema prima dell'avvento di Stephenie Meyer.
L'ho menata spesso con le aspettative che si ripongono al momento della visione, ma è lì che a volte sta il limite di giudizio (del tutto soggettivo, lo ammetto), la sottile linea che separa la delusione dalla sorpresa.
Mi è successo anche con questo film. Caricato di pregiudizi, preconcetti e filtri mentali sulla trattazione dell'archetipo vampiro contemporaneo, mi aspettavo qualcosa di già visto e trattato. Io preferisco di gran lunga i vampiri che ricalcano l'archetipo e non mi piacciono quelli che cercano di edulcorarli e renderli più umani, come quelli che bevono il sangue di animali o brillano alla luce del sole.
I vampiri di questa pellicola in realtà ricalcano molti dei tratti caratteristici: ovviamente bevono sangue, non riflettono negli specchi, si bruciano alla luce del sole, sono immortali, sono non-morti, sono freddi, ecc, ecc.
Quello che forse ha di originale è il punto di vista con cui viene affrontato l'argomento: in futuro non troppo lontano i succhiasangue diventano la razza dominante con gli umani ridotti al 5% della popolazione la scarsità di sangue si porta dietro problemi politico sociali non indifferenti. La multinazionale che gestisce il sangue e gli umani come mucche da mungere è alla ricerca da tempo di un surrogato del sangue per ovviare a questo problema (come in True Blood), ma la soluzione non sembra praticabile.
Irritante la figura del protagonista, il vampiro buono, che non beve sangue, perché trasformato con l'inganno, perché non ha rinnegato la sua umanità e che si prodiga ad aiutare gli umani a sconfiggere i suoi simili. E poi non so quanto abbia pagato il cartello dei tabacchi, ma oltre a essere snaturato dal contesto come vampiro, fuma anche come un vulcano islandese.
Anche i comprimari a volte sembrano un po' troppo sopra le righe, ma d'altronde pretendere personaggi credibili in un flim di fantascienza/horror forse è troppo di questi tempi (o no? boh).
Al di là dei difetti sopra citati, il carrozzone sta comunque in piedi, sia per via del contesto in cui è inserito, sia perché il tessuto narrativo è strutturato bene, godibile e caciarone al punto giusto. Non stonano nemmeno le secchiate di sangue versato in molte scene del film (d'altronde non stiamo parlando di educande) e le decine di esplosioni e pire vampiresche.
Che vi devo dire? Io l'ho trovato comunque piacevole, vuoi per le bassa aspettative già citate, vuoi perché comunque il suo sporco lavoro di intrattenimento lo fa.
L'ennesimo film sui vampiri che forse avrebbe meritato qualche incasso in più rispetto ad altri che spopolano in questo periodo, ma forse proprio per questo non ha attecchito.
Giudizio: 3 su 5

USAM: I finalisti di Luglio

Eccoci qui, in ritardo e ritardati (bella battuta questa, la facevo già alle elementari). Non è colpa mia, all'Isola dell'Elba non avevo connessione, mi si è fulminato il portatile e mi hanno pure rubato un peluche a forma di Silente.
Comunque, ecco i finalisti
- Il Primo di G. Vanderban
- L'Altro lato del triangolo di Matteo Carriero
- Pigghiacristiani di Alfredo Mogavero
- Testa, coda, lisca di Antonino Alessandro

Bene! Grazie a tutti per la partecipazione e complimenti ai finalisti.

Il Porto degli Spiriti di John A. Lindqvist

Marsilio, 2010
494 pagine

Isola di Domarö, Svezia. Anders e Cecilia si conoscono da quando sono ragazzini, ora sono sposati e hanno una bellissima bambina, Maja. Un giorno come un altro, durante una passeggiata fino al faro di Gåvasten, accade una disgrazia: Maja scompare. Nessuna traccia sulla neve, nessun indizio a cui aggrapparsi, nessun testimone, Maja è semplicemente svanita nel nulla. Alcuni anni dopo, Anders, ormai alcolizzato e separato dalla moglie, torna sull’isola, e lì ritrova il vecchio amico Simon, un illusionista in pensione, e la sua compagna Anna-Greta. E mentre ricorda i bei tempi, con Cecilia e Maja accanto a lui, iniziano ad accadere cose molto strane: incendi improvvisi, cadaveri ritrovati in mare, apparizioni di persone che credeva morte. E forse Maja, proprio sua figlia, che cerca di comunicare con lui…

Ho comprato e poi bevuto questo romanzo dopo aver letto le recensioni di Elvezio e Silente. Probabilmente il primo mi picchierà per averlo messo così vicino al secondo. Oltre a questo avevo visto anche il film Lasciami Entrare, tratto da un romanzo di questo autore. Pellicola che mi aveva colpito molto per semplicità, impatto emotivo e originalità.
Comunque, non è facile fidarsi dei gusti di chicchessia, figurarsi di questi due loschi indidui, ed è vero che l'impatto che ha un romanzo su chi lo legge è sempre soggettivo e, a volte, influenzato dalle aspettative.
Non sono bravo come quei due a scriver recensioni, le mie sono solo impressioni, perché sono sempre stato poco analitico e sempre troppo emotivo. Per cui non mi dilungherò su disamine tecniche e balistiche. Dico solo che questo libro mi è piaciuto, ma son dovuti passare un paio di giorni perché lo capissi. Quando, iniziato un nuovo romanzo, ho sentito la mancanza dei personaggi di Lindqvist, è questo è sintomatico. Nonostante il protagonista mi stesse un po' sulle palle, ma questo è un problema mio, sono riuscito, prima con calma, poi sempre più velocemente, a sorbirmi le 496 pagine.
Ho ammirato lo stile, semplice ed efficace, la sagacia nel gestire i flashback e il tessuto narrativo, prima confondendo il lettore, poi portandolo pian piano, quasi dolcemente, verso la fine, a districare tutti i fili e a lasciarlo con il fiato corto e con la sensazione di non aver capito bene tutto (ma questo sono sempre io, un po' tardo dopo aver compiuto i 40).
Ho sempre ammirato la capacità di mostrare il male nella sua semplicità, e il terrore che nasce da ciò che è incomprensibile, perché più grande di noi, perché imperscrutabile e a un livello di esistenza indifferente alla vita umana. Ed è così che appare in questo romanzo e Lindqvist è bravissimo nel tratteggiarlo con poche e leggere pennellate, come se stesse dipingendo una casa col fumo che esce dal camino, l'albero e la mucca.
Poi l'atmosfera. Per noi che siamo gente di pianura, navigatori esperti di città, il mare ci fa sempre un po' paura . . . ehm, scusate. Leggere di luoghi affascinanti come l'isola di Domaro, posto sperduto nell’arcipelago meridionale della regione chiamata Roslagen, a nord di Stoccolma, difficile da trovare sulle mappe, è qualcosa che rapisce la mente e il cuore. Luoghi che forse non vedrò mai posso viverli leggendoli nella vivida immaginazione dell'autore.
Al di là di tutto questo, credo che certi libri si possano leggere con superficialità, senza approfondire, mentre ad altri bisogna porre più attenzione, scavare per rompere il ghiaccio della superficie e lasciare fluire la meraviglia.
Allora si può essere soddisfatti. Ammetto di aver dovuto rileggere certi passaggi, soprattutto quando l'ho finito e avevo capito poco o niente.
Quindi in fin della fiera giudico questo romanzo un'esperienza narrativa importante, e, nel mio caso, formativa. Un libro difficile, impegnativo (almeno per questa povera anima), ma soddisfacente sotto ogni punto di vista.
Giudizio: 4 su 5

Prometeo e la guerra - 1935 di Alessandro Girola

Ho avuto il piacere di fare la conoscenza di Alex McNab aka Alessandro Girola perché gli è venuta l'insana idea di leggere uno dei miei romanzi pubblicati su lulu, Tombe d'Acciaio (è un ebook gratuito, e non è l'unico. Scaricate, scaricate. Leggete, leggete, e, se volete, commentate).
Ha scritto una recensione dell'opera sul blog (Il Blog sull'orlo del mondo), e gli è pure piaciuto. Così ho iniziato a leggerlo e a linkarlo al mio di blog. E ho scoperto che è completamente pazzo, ma di quella pazzia creativa che un po' gli invidio, soprattutto per quanto riguarda gli argomenti che riesce a sfornare ogni giorno.
Sto divagando, come al solito.
Alex ha pubblicato recentemente Prometeo e la Guerra 1935, primo di una trilogia ucronica dieselpunk (non vi spiego cosa significa, cercatelo su wiki) il cui seguito sarà appunto 1936 e 1937.
Cosa dire per non sembrare di parte? Che la trama è spettacolare, profonda, dettagliata, ben argomentata, intrigante, coinvolgente, e via così. Badate, questa sviolinata non è per ricambiare il favore, se il libro mi avesse fatto schifo, l'avrei detto, ovviamente avvertendolo della rece negativa. Invece mi ha sorpreso in positivo. Alex ha creato un mondo alternativo molto credibile, in cui eventi storici non accaduti hanno dato vita a un continuum temporale diverso da quello che conosciamo, ridisegnando l'Europa in modo diverso e mettendo come superpotenze la Germania e l'impero Austro-Ungarico. Non voglio dirvi di più per non rovinarvi la sorpresa. Niente di super-orginale, per la verità, ma sfido chiunque a scrivere un romanzo originale di questi tempi.
Quello che coinvolge dell'autore è lo stile, semplice, diretto, senza troppi fronzoli, funzionale alla trama, ma non per questo povero, anzi, spesso il linguaggio ricercato e raffinato danno quel valore aggiunto che non stona. È scorrevole, godibile, senza esercizi di stile inutili per far vedere che sa scrivere, perché è questo che viene fuori. Alessandro Girola sa scrivere, e anche bene. Si vede che ha scritto e letto tanto, nessuno potrebbe produrre una storia come questa senza avere alle spalle tanta gavetta e tanta esperienza.
E qui non posso fare una riflessione, seppur, spero, breve. Ci sono diversi talenti come Alex, ne sono sicuro, perché frequentando il forum di XII ed essendo promotore del concorso USAM, Una Storia al Mese, incontro molti autori, e alcuni di loro sono davvero bravi e talentuosi. Certo, non ci vogliono solo queste due skill per essere pubblicati da grandi e medi editori, ma mi fa riflettere sulla crisi dell'editoria italiana e quando poco si sforzi e si concentri sui talenti di casa nostra.
Ok, scusate.
I personaggi sono un altro punto forte dell'opera. Delineati con maestria, con caratterizzazioni robuste, dialoghi convincenti, intelligenti e mai fuori luogo. Una cosa che mi ha dato un po' fastidio e il coinvolgimento di personaggi storici realmenti esistiti nella trama e altri di fantasia, ma riconoscibili nella letteratura mondiale. Ma è solo una mia opinione, che non riesco nemmeno ad argomentare perché è solo una sensazione narrativa mia.
Cosa dire di più? Spero che Alex mi perdonerà per questo guazzabuglio di impressioni che io chiamo recensione, ma volevo dire la mia. In un contesto di centinaia di libri deludenti, pagati fior di quattrini, c'è un personaggio come lui (non è il solo) che mette in download gratuito le sue opere, che hanno una qualità decisamente superiore a certe vaccate che si trovano in libreria. Io il libro l'ho comprato, ma non perché sono figo, solo perché mi piace ancora leggere il cartaceo. Sono vecchio.
Non vedo l'ora di leggere il seguito e di essere coinvolto ancora di più dalla realtà alternativa creata da Alex.
Ve lo consiglio anche se non vi piace il genere.
Giudizio: 4 su 5

-> link all'ebook gratuito

Codice Genesi - The Book of Eli

di Albert e Allen Hughes
Fantascienza
USA 2010
01 Distribution
In un futuro non troppo lontano, un uomo attraversa in solitudine la terra desolata che un tempo era l'America. Intorno a lui città abbandonate, autostrade interrotte, campi inariditi - i segni di una catastrofica distruzione. Non c'è civiltà, né legge. Le strade sono in mano a bande che ucciderebbero un uomo pur di togliergli le scarpe, o per un po' d'acqua...ma anche senza motivo. Ma non possono far nulla contro questo viaggiatore. Guerriero non per scelta ma per necessità, Eli cerca solo la pace, ma se viene sfidato elimina gli avversari prima ancora che si accorgano dell'errore fatale che hanno commesso. Non è la propria vita che difende così ferocemente, ma la speranza per il futuro; una speranza che porta con sé e protegge da 30 anni ed è determinato a realizzare...
Appena iniziato il film, in questa ambientazione post-nucleare, la desolazione, i sopravissuti deformi, bruciacchiati, le radiazioni e quant'altro, mi è sembrato di stare dentro l'ambientazione di Fallout e in particolare di Fallout 3. Cazz'è, direte voi. Be', è un videogioco molto figoso ambientato dopo una guerra termonucleare, solo che partita negli anni della guerra fredda. D'altronde è difficile ambientare una scenografia post-nucleare senza radiazioni, desolazione, ecc, ecc.
Il film parte trent'anni dopo il conflitto, con un Denzel Washington tutto nero, (bella scoperta), barbuto e pure un po' invecchiato. Che caracolla nel deserto nucleare e ammazza tutti manco fosse Matrix, con spadone e fucile a pompa. E lui porta il verbo, nel senso che porta con se una delle poche bibbie rimaste sul pianeta. Sì, sono state bruciate tutte perché taggate di malaugurio.. nel senso... è stato il Verbo, secondo gli uomini, a scatenare il conflitto. E come dargli torto, aggiungo io, di mia spontanea volontà.
Comunque, a parte il supererore antierore, tutto dedito a portare a Ovest la parola di Dio, il film tutto sommato non è niente male. Un mix di cose già viste, Mad Max, Equilibrium, e altri di cui non mi viene il titolo.
Però... sarà per l'ambientazione, saranno per gli attori (Gary Oldman che va il cattivo è fantastico come sempre), ma qualcosa da non buttare c'è. Al di là della trama abbastanza intuibile e scontata (a parte alcuni colpi di scena, non sorprendenti, ma simpatici), e dei personaggi un poco stereotipati (credo di averlo detto in altri 5 o 6 recensioni, ma che ci volete fare?), il filo narrativo tiene incollati al video e gli attoroni fanno il resto, rendendo il film perlomeno decente. La gnocca di turno non sfigura (Mila Kunis) e tutto sommato il baraccone rimane in piedi.
Mi ha divertito, lo ammetto, anche se ho storto il naso in alcune scene e in altre ho dovuto tapparlo, ma le luci e le ombre si mescolano creando una sorta di grigio chiaro che quasi non dispiace all'occhio.
Giudizio: 3 su 5

Vita da Scrittore (1)

Quando ho iniziato a pensare seriamente al Mestiere dello Scrittore? Troppo presto. È stato amore e poi disamore e poi ancora amore. Non vi dirò che ero un bambino prodigio, perché non è vero. Ho imparato a leggere come tutti in prima elementare. Ho imparato a scrivere, come tutti, sempre lì, in prima elementare. Con le difficoltà di tutti i bambini normodotati. Però le lettere, proprio i simboli intendo, mi affascinavano. La loro morfologia e come si intersecavano a formare parole e frasi di senso compiuto.
Ho iniziato a scrivere poesie a otto anni. Componimenti veramente ridicoli. Ricordo bene però che i miei compagni già mi guardavano male, non so se per incomprensione, invidia o pena. A dieci composi un poesia dal titolo La Città e la maestra l'appese in classe. Tutti a dirmi, bravo, bene, fico, ma rimaneva sempre l'impressione di due anni prima. Alcune di quei componimenti li lessi persino in un evento dedicato alla Polenta, pensate un po', ma non riporterò qui quello che scrissi, per imbarazzo e perché potrei essere bollato e condannato a vagare in un mare bollente di polenta per l'eternità. O forse magari erano dei capolavori, chissà. La poesia non si può giudicare oggettivamente, secondo me.
E dire che in Italiano non è che andassi poi così bene, anzi, a volte venivo pure cazziato dalla maestra, che non si capacitava che fossi così bravo a scrivere poesie e facessi poi degli errori banali nella stesura dei temi. Forse ho sbagliato mestiere e dovevo fare il Poeta, boh. Comunque ricordo bene che quella stessa maestra provò a farmi scrivere anche delle scenette per il saggio, con risultati pessimi. Probabilmente sperava che fossi un enfant prodige.
Due anni dopo scrivevo i miei primi racconti. Horror. Banali. Superficiali. Ero un fan accanito di King e del fantasy. Mi ammazzavo di libri-game e ne avevo scritto persino uno, sui quadernoni dei compiti delle vacanze, con tanto di mappe e disegni.
Sapete qual era il problema? Io ai tempi pensavo che tutti facessero queste cose. Che tutti scrivessero: racconti, poesie, ecc, ecc. Poi ti confronti con i tuoi coetanei e scopri, che sì, alcuni lo fanno, ma per la maggior parte è una perdita di tempo persino leggerli i libri.
Be', per me non lo è. E un po' mi intristisce pensare a quali meraviglie si perde chi non si immerge in un libro. Non dico scrivere, perché mi sono reso conto con gli anni che non è semplice per tutti come lo è per me, ma è così che va il mondo. C'è chi è bravo a cesellare, chi a fare le madonne di ghiaccio e chi a modellare riproduzioni manga con la lingua. Ognuno ha la sua skill. Io non mi stanco a scrivere.
Badate bene, non ho detto che so scrivere, ma che mi viene naturale. È un bisogno. Uno sfogo, un passione. E non sta a me giudicare se quello che scrivo sia una schifezza o meno.
[CONTINUA]

La Morte ci sfida - Joe R. Lansdale

Titolo: La Morte ci Sfida
Autore: Joe R. Lansdale
Anno: 2008, 192 pag.
Editore: Fanucci
Un guaritore indiano lancia la sua maledizione per vendicare l'assassinio della moglie: un'epidemia semina la morte tra gli abitanti di Mud Creek, facendoli diventare degli zombi. A risolvere la situazione ci penserà il reverendo Jebidiah Mercer, armato di fede e di un revolver calibro .36.
Probabilmente ho sbagliato a iniziare con La Morte ci Sfida, il mio primo Lansdale. Leggiucchiando recensioni qua e là, dopo averlo finito, mi accorgo che per molti non è una delle sue opere migliori. Complice forse il fatto anche di una non troppo riuscita traduzione, a quanto mi par di capire.
Ebbene, non è che questo romanzo non mi sia piaciuto. Mi ha intrattenuto piacevolmente per qualche giorno. Sì, perché non è lunghissimo e scorre via che è una bellezza.
Forse scorre troppo. Nel senso che è troppo veloce, non gira intorno a un sasso nemmeno a morire, e dire che di morti e zombie ce ne sono a bizzeffe (questa ve la spiego con calma in un'altra vita)
Comunque, tutto è troppo frenetico, una scena via l'altra, e neanche tanto imprevedibili. Sapevo già cosa sarebbe successo dopo, e non chiamatemi indovino. Forse troppo scontato, forse perché scritto nel '86 e buttato fuori nel 2008 da Fanucci.
I personaggi, forse proprio per lo stile scelto dall'autore, non spiccano, volano via nel vento della successione degli eventi, e quasi non rimane nulla della loro caratterizzazione, forse un po' stereotipata.
Quindi per questo vi dico che forse ho sbagliato a iniziare con questo, perché dovrei insistere con questo autore, tutti mi dicono di farlo, e lo farò.
Al di là dei difetti sopra elencati, ho comunque apprezzato la storia e lo stile, che in alcuni passaggi si intuiva.
Probabilmente non il miglior Lansdale, anche se non posso giudicare ancora l'autore, non prima di aver letto qualcosa d'altro, ma in fin della fiera da questa opera avrei voluto di più.
Giudizio: 2 su 5

2012 - The Movie

di Roland Emmerich
Fantascienza
durata 158 min.
Canada USA 2009
Sony Pictures
2009: Lo scienziato Adrian Helmsley viene informato dal suo collega indiano Satnam Tsurutani di un anomalo fenomeno solare che causa una forte emissione di neutrini. Ma essi, anziché attraversare la materia, hanno subito una trasformazione atomica che causerà in breve tempo il surriscaldamento del nucleo terrestre. La fine del mondo preannunciata dai Maya è vicina.
Dire che 'sta storia del 2012 ce l'ha fatto blu con i contorni amaranto e dir poco. Quel che succederà, succederà e chissenefrega, anche se a parer mio ci sarà un cambiamento globale nella riproduzione dei criceti.
Sto divagando. Come al solito. Scusate.
L'ho visto, lo ammetto. Ci sono sere in cui non sai che dvd infilare e ti ritrovi questo tra le mani, e che fai? Non infili?
Allora eccoci qui immersi in un mondo di retorica e banalità. 2012 the movie è il classico film catastofrico, tutto effetti e buoni sentimenti, con l'eroe che si salva sempre per il rotto della cuffia, che salta con un limousine (proverbialmente auto manovrabile come un gatto di marmo) in mezzo a tocchi di crosta terrestre che saltan su come cavallette, che riesce a decollare con un bimotore mentre esplode un vulcano grande come la Padania. Mi domando se ne sentisse il bisogno e ... rifletto.
In fin della fiera comunque mi son divertito. Anche a vedere un'arca sbattere contro il cucuzzolo dell'Everest, e vedere il premier italiano pregare in Vaticano mentre il cupolone arrota tutti i fedeli. Se dimentichi la trama, i personaggi mooolto originali, la melassa da carie di alcune situazioni, il film è spettacolare, è un gran baraccone che fa rumore più di tutte le vuvuzelas dei mondiali del Sudafrica e, alla fine, intrattiene, che forse era il suo scopo primario e non certo quello di fare filosofia.
Detto questo, non me la sento di dargli più di 2, perché un film non può essere solo questo, e poi fa media, perché effetti 5, trama 1, personaggi 1.
Quindi, se non avete niente in programma per la serata, siete annoiati e volete vedere qualcosa che non interroghi troppo il vostro encefalo, guardatelo pure, sennò scegliete qualcosa di un po' più impegnativo.
Giudizio: 2 su 5

Intervista a Daniele Picciuti, vincitore della XXV edizione di USAM

Intervista a Daniele Picciuti, vincitore della XXV edizione di USAM con il racconto Il trono d'ossa.

Davide Cassia: ciao Daniele, complimenti per la seconda affermazione in usam. Il racconto vincitore, Il trono d'ossa, sembra far parte di un progetto a più ampio respiro. È così o è solo una mia impressione?
Daniele Picciuti: in effetti è così, anche se ancora non ho delineato completamente il progetto. Quando ho scritto Il trono d'ossa avevo in mente proprio questo: dare il via – ma dovrei dire "continuare", visto che è il secondo episodio con gli stessi personaggi – a qualcosa di importante, anche se non ho ancora deciso se tirarne fuori un'antologia di racconti che faccia perno su questi strampalati personaggi, o farne un vero romanzo. A questo penserò prossimamente.

Davide: è un racconto fantasy che vuole un po' rompere gli schemi del genere. Li hai pianificati a tavolino o ti sono venuti naturali durante la stesura del racconto?
Daniele: Il trono d'ossa è in realtà un sequel de Il mistero delle vergini morte, racconto che ha ottenuto un buon piazzamento in una scorsa edizione di usam. Per risponderti devo prima parlare di quest'ultimo. Quando ho buttato giù Il mistero delle vergini morte volevo semplicemente discostarmi un po' dal fantasy classico, metterci un po' di grottesco in mezzo, così per renderlo divertente. Non mi ero ancora reso conto delle potenzialità dell'idea che avevo avuto. Poi, dopo i positivi riscontri ottenuti con quel racconto, ho deciso di far tornare Lacero e Violata, questi due folli anti-eroi affetti da un misto di sadismo e psicopatologia. Così posso finalmente rispondere alla tua domanda: sì, ho pianificato. Perché sapevo cosa volevo fare stavolta. E ci sono andato giù crudo. Sangue, efferatezza, erotismo, ironia. Nel fantasy. Non so se sia già stato tentato un esperimento del genere, ma ciò che è venuto fuori dal connubio tra la mia mente e la tastiera del pc mi ha soddisfatto in pieno.

Davide: ho notato che ti piace spaziare in diversi generi letterari. Ce n'è uno che preferisci e quale ti viene meglio?
Daniele: non so dirti se ho un genere preferito. Amo il fantasy perché mi dà la possibilità di creare storie con ambientazioni e creature così incredibili e complesse da farne una realtà a sé stante. Non è una fuga dalla nostra realtà, sia chiaro: si tratta di trasporre le conoscenze che ho di questo mondo in quel mondo fantasy per renderlo ancora più vivido.
Amo l'horror perché ho modo di giocare con le emozioni mie e del lettore: spaventare, creare ansia, angoscia, non è per niente facile e ogni volta per me è una sfida che affronto con entusiasmo. Quanto alla fantascienza, forse è il genere a cui sono meno avvezzo, poiché mi mancano solide basi scientifiche, ma quando ho una buona idea non aspetto altro che buttarla giù.
E sì, decisamente mi piace spaziare. Trovo sia utile sia da un punto di vista esperenziale, per la propria crescita individuale, sia dal quello – molto più terra terra – del puro divertimento. Mi piace cambiare, passare dal fantasy classico a un elaborato come Il trono d'ossa, per poi spostarmi all'horror, alla fantascienza o – come ho fatto in occasione della vittoria a usam di dicembre – narrativa pura. Una cosa che in genere faccio è inserire temi a sfondo etico o sociale nei miei racconti, anche in quelli fantasy. Cose come lo sfruttamento delle risorse, il rispetto per gli animali e per la vita in genere – nonostante eventuali squartamenti! –, la lotta per i diritti sociali, il tema del razzismo e così via. C'è da dire che non lo faccio sempre, ad esempio ne Il trono d'ossa non c'è nulla di tutto ciò, ma c'è un motivo: nel mio immaginario, scrivere il contrario di tutto ciò in cui si crede, significa ironizzare su ciò in cui non si crede.
Lacero e Violata uccidono, compiono massacri, vivono di emozioni forti, e anche se alla fine le cose girano a loro favore, il mio scopo e dissacrare il concetto di malvagità in modo da renderla divertente. Questo ci tengo che venga capito.

Davide: perché secondo te in Italia, al di là dei soliti noti, il fantasy è considerato un genere di serie B, solo per ragazzi o al massimo per adolescenti?
Daniele: tasto dolente. Credo che in parte qualcosa stia cambiando, anche se il processo sarà lungo e travagliato. Mancano editori coraggiosi che abbiano la presenza d'animo di osare e affidarsi al talento di molti autori emergenti. Ma qualcuno ce n'è. La stessa Edizioni XII sta facendo un ottimo lavoro in questo senso. Poi c'è sempre il solito discorso, che ormai suona come una frase fatta ma che non si può non citare: gli italiani scrivono più di quello che leggono. Non solo: gli italiani prediligono gli autori stranieri. Credo però che anche qui le cose stiano cambiando. Internet sta aiutando molto in questo senso e credo – spero – che l'avvento degli e-book possa dare un'ulteriore smossa a questa stasi che dura da veramente troppo tempo.

Davide: che opinione hai degli editori che chiedono un contributo per la pubblicazione?
Daniele: questa è una ferita ancora aperta. Io sono uno di quelli. Sì, hai capito bene. Uno di quegli autori che ci sono cascati. Qualche anno fa non c'era ancora tutta l'informazione che c'è adesso. Allora giravano altre voci, si diceva che per pubblicare "bene" dovevi o essere già famoso o dovevi pagare. Famoso non lo ero, perciò... Oggi non lo rifarei, e per fare ammenda del mio errore ho messo scaricabile in e-book il romanzo per il quale all'epoca sborsai qualche centinaia d'euro. Di fondo credo che non sia corretto. O meglio, credo occorrerebbe una legge su questo, qualcosa che differenzi il tipo di attività svolta: l'editore pubblica per vendere opere d'ingegno del suo autore. L'editore a pagamento vende il servizio di pubblicazione all'autore. Ecco, se ci fosse chiarezza su tale distinzione di ruoli, forse scemerebbero anche le polemiche che spesso si leggono in giro sui vari forum.

Davide: pensi che gli autori di oggi siano influenzati maggiormente da altri scrittori o dalla televisione e dai film?
Daniele: bella domanda. Penso che, rispetto al passato, le serie tv e il cinema giochino una parte da maestri nella questione. Anche perché di cose buone ultimamente ne sto vedendo diverse. Serie tv come Lost, Battlestar Galactica, Flash Forword, True Blood, Heroes... come si fa a non trarre spunto dalle loro trame? Il problema, semmai, è il contrario: ormai è stato sfruttato quasi tutto. Difficile è fare ciò che ha fatto la Rowlings con Harry Potter. Per questo credo – spero – che Il trono d'ossa sia un buon lavoro. Senza neanche farlo apposta, ho creato qualcosa di nuovo.

Davide: secondo te ci sono libri che possono cambiare la vita?
Daniele: questo dipende dall'individualità di ognuno, dal proprio bagaglio culturale ed esperenziale. Posso dirti che IT di Stephen King ha cambiato la mia. Mi ha spinto tantissimo verso l'horror quando leggevo pochissimo. In fondo è così che nasce lo scrittore Daniele Picciuti: a parte le storie che inventavo da ragazzino, i primi veri lavori sono tutte storie horror.

Davide: pensi di essere migliorato nello stile e nell'approccio alla scrittura grazie alla palestra di usam? (puoi dire tutta la verità :))
Daniele: assolutamente sì. Ne parlavo proprio qualche giorno fa con un amico. Gli dicevo come, rileggendo cose vecchie oggi, io sia diventato incredibilmente critico verso me stesso. Il confronto con gli altri autori, le critiche che si ricevono, aiutano a crescere. Il mio stile è cambiato molto, credo di averne un discreto controllo oggi, cosa che non avevo in passato. Ma c'è ancora tanta strada da fare.

Davide: hai mai pensato alla scrittura come una professione?
Daniele: eccome. Tutti i giorni. E ogni volta mi sveglio sudatissimo nel mio letto. Ecco qua: l'ironia torna a galla. Ora scusami. Devo buttar giù qualche appunto sulle prossime scelleratezze di Lacero e Violata!

Capitalism Plus

Capitalism è un business simulator uscito nel 1995 e scritto da Trevor Chan e la sw house Enlight. Nel 2001 è uscito il secondo capitolo, ma non mi acchiappato come il primo e, soprattutto, come la versione plus uscita agli inizi del 1996.
La bellezza per me, come sempre, è l'alto fattore di rigiocabilità, con creazioni di scenari random altamente customizzabili.
Si inizia prendendo in mano le redini di un'azienda con mire da multinazionale. Nel gioco free lo scopo è quello di dominare ogni settore, dalle materie prime al prodotto finito. La longevità sta anche nel numero di prodotti, un centinaio, mi pare, dal pollo al desktop computer.
Ogni prodotto ha variabili di qualità a seconda delle parti di mondo dove lo si vuole vendere (qualità media locale e conoscenza del prodotto) e fisse (materie prime, tecnologia). Attraverso la ricerca e la formazione della manodopera si potrà aumentare la qualità, naturalmente anche cercando la miglior materia prima con cui produrre.
Lo schema di produzione è molto semplificato, anche il modello economico non è complesso, ma è comunque divertente.Oltre a tirare a campare battagliando con altri competitor (fino a 10) sui prezzi, c'è anche da stare attenti al mercato azionario, perché, a seconda di come avremo impostato il gioco, avremo una determinata percentuale di azioni della nostra società e, prima o poi, le altre multinazionali tenteranno la scalata. La ficata è che può succedere anche il contrario, fino ad arrivare a fare fusioni su fusioni e creare un mostro a mille teste. Anche il modello azionario è molto easy: sha poche e ferree regole antitrust, facilmente aggirabili però facendo qualche magheggio.
Oltre al game free, esistono anche scenari in cui bisogna subentrare in situazioni difficili e risolverle oppure soccombere.
Il gioco free può durare veramente tanto, perché arrivare a dominare ogni settore è un compito arduo e spesso lo si raggiunge acquisendo tutte le compagnie presenti nel gioco. Chiaramente questi obbiettivi si posso cambiare all'inizio rendendo più o meno complessa la partita. La longevità è stata ulteriormente migliorata con la versione plus dove sono stati introdotte nuove classi di prodotti e alcuni accorgimenti sulla ricerca a sul multiplayer.
Fico anche entrare nella lista dei billionarie superando gente come Bill Gates o il sultano di vattelapesca.
Anche questo giochillo è ormai un abandon, quindi lo trovate facilmente scaricabile in rete. Vi consiglio, se siete interessati, di iniziare subito da Capitalism Plus.

Mine Vaganti

di Ferzan Ozpetek
Commedia
durata 110 min.
Italia 2010
01 Distribution

Tommaso Cantone risiede a Roma da diverso tempo, dove ha avuto modo di crearsi una sua indipendenza e vive alla luce del sole la propria omosessualità. Dopo parecchio tempo fa ritorno nella sua terra natale, il Salento, dove viene a confrontarsi con i borghesi genitori e una società bigotta. I Cantone sono una famiglia numerosa e bizzarra, nota a Lecce come proprietari di un grande pastificio industriale. Tommaso dovrà fronteggiare la soffocante madre Stefania, con il padre, Vincenzo, deluso dalle scelte di vita del figlio, con la sorella Elena, che aspira ad una vita migliore rispetto a quella di casalinga, e con il fratello maggiore Antonio, che il padre vorrebbe venisse affiancato da Tommaso nella gestione del pastificio. Del numeroso clan dei Cantone fanno parte anche l'eccentrica zia Luciana e la nonna, imprigionata nel ricordo di un amore perduto, ma con una sua dolente e comprensiva saggezza. Tra segreti, liti e colpi di scena, il soggiorno in famiglia di Tommaso si protrarrà più del previsto.
Non mi sputate, fosse per me questi film non li vedrei. Ma ho una fidanzata, e non posso sempre propinarle morti ammazzati, alieni amaranto e bambini che vedono la gente morta. Suona come una giustificazione, ma no... no, che andate pensando!
E poi non è perché sono uno scrittore maledetto, molto dark, un poco pulp, che non posso vedere 'sti film. Intendiamoci. State calmi.
E quindi eccoci qua. L'ho visto, e come tutti i film da cui non ti aspetti un cazzo, ti piace. Premetto che ho visto quasi tutti i film di Ozpetek e Le Fate Ignoranti e La Finestra di Fronte per me sono stati una sorpresa in positivo, un po' meno Saturno Contro.
Questo Mine Vaganti affronta un tema difficile e complesso come quello dell'omossessualità, sviscerandone alcuni aspetti, luoghi comuni, paure, fobie, incomprensioni, ecc, ecc.
Grandi tavolate di gente e famiglie che bevono e si strafogano, attori che ormai sono di famiglia per il regista e che comunque fanno la loro porca figura. Tra scene strappalacrime, gag divertenti e momenti di riflessione, il film scorre via piacevolmente.
Niente di eclatante, non vi allarmate, però si lascia guardare e due ore scarse passano piacevolmente.
Se riuscite come il sottoscritto a farvi sorprendere anche da questo tipo di commedie, allora guardatelo.
Se siete tutti zombie e vampiri dandy succhiameloni, allora lasciate perdere.
GIUDIZIO: 3 su 5

La Prigionia del Cielo


Lei è nel bosco
Vestita di bianco
Trasparente

Ricorda la vita
Ricorda la morte
Prigioniera tra cielo e terra

Qualcuno la vede
Qualcuno la sente
Nelle testa e nel cuore

Qualcuno muore
Guaendo come un cane
Qualcuno uccide
Vendicando il sangue

Un dipinto che grida
Un sogno che scompare
Una poesia mai scritta

Race Manager?

Mi domando e dico perché sia così difficile buttare fuori un manageriale di corse con i controcazzi.
Sono passati ben 10 anni da F12000 manager della EA, che era decente, ma troppo legato ai marchi e a quel periodo e senza nessuna possibilità di customizzazione.
In passato ci sono stati giochi come Formula One per zx spectrum, poi Gran Prix 1 e 2 e F1 manager pro, tutti con i loro difettucci, dovuti alle poche potenzialità del periodo o a scarsa vena creativa dei programmatori.
Ultimamente è uscito un gioco indecente, il titolo era, aspetta, ah, RTL Racing Team Manager. Inguardabile, programmato probabilmente dai ragazzini delle medie.
Mi domando perché, ordunque, non sia mai uscito un titolo degno di nota e, a quanto ne so, non ce n'è nessuno in vista. Probabilmente quegli scienziati del marketing hanno fatto le loro belle valutazioni e hanno visto che non ne vale la pena. Forse perché tra i programmatori non ci sono appassionati del lato manageriale delle corse. Forse è più proficuo fare giochi di corse e non giochi dove si deve decidere le strategie, ecc, ecc.
Per quanto riguarda il mercato: boh, sono perplesso. Insomma, se vai a vedere online ci sono fior fiore di webgames che simulano le strategia di una scuderia, non necessariamente di formula 1. Saranno tutti stronzi quelli che ci giocano? Non sono dei potenziali acquirenti di un gioco del genere fatta come dio comanda?
Io non chiedo molto: qualcosa di supergiocabile, complesso, supercustomizzabile, a partire dalla scelta dei circuiti, macchine, piloti, regole, ecc, ecc :)
Lo pagherei, orpo se lo pagherei.
E invece no, maledetti programmatori, mi tocca giocare ancora con gli emulatori dos e quelli dello spectrum :(

Racconti in gara - USAM Luglio

Temevo una scarsa affluenza questo mese, visto che siamo a Luglio, ma, come al solito, vengo piacevolmente smentito e la XXIX edizione di USAM ha raggiunto il limite massimo di 15 racconti in meno di dieci ore.
Ecco la lista dei partecipanti:

- Testa, coda, lisca., di Antonino Alessandro
- Carta, di Ida Sanfilippo
- Il Segreto, di Marcello Gagliani Caputo
- Freaks, di Stefano Pastor
- Treno nella notte, di Alberto Priora
- L'autogrill, di Luca Pagnini
- Il primo, di G.Vanderban
- Duo, di Alessandro Bricchi
- L'altro lato del triangolo, di Matteo Carriero
- Con il verbo lontano dal soggetto, di Marco Caudullo
- Pigghiacristiani, di Alfredo Mogavero
- Vestita di sangue, Daniele Picciuti
- Pomeriggio d'estate, di Cristina
- Una storia già sentita, di Salazer
- Karma, di Andrea Viscusi

In bocca al lupo a tutti i partecipanti!

Vuoi vedere anche...

Related Posts with Thumbnails