Le porte dell’ospedale si spalancano con un tonfo assordante, dalla voragine esplode una lettiga circondata da tre paramedici.
“Uomo. Incidente d’auto. Generalità sconosciute. Ha perso molto sangue. Fratture multiple ad arti superiori e inferiori, forte trauma cranico, probabili lesioni anche alla spina dorsale!” grida quello al centro della triade.
L’uomo sulla barella è una maschera di sangue, ha il collo immobilizzato da un collarino ed è tenuto inchiodato da cinghie di cuoio.
Al richiamo dell’infermiere, uno stormo di medici si avvicina alla lettiga.
“Sapete il nome?” chiede il primo dei dottori all’unica donna della triade. La ragazza ciondola la testa per dire di no, anche se ha già ribadito all’entrata il concetto. Il dottore controlla i riflessi delle pupille, scuote la sua di testa e ordina:
“Portatelo subito in sala operatoria 2, quest’uomo deve essere operato d’urgenza.”
Allora via. Vola su un altro ascensore, un altro corridoio e, dopo 2 minuti e 33 secondi, eccolo giunto a destinazione.
I chirurghi si lavano fino ai gomiti e ancor più su, poi indossano i loro camici verdi, come la speranza. Gli aiutanti di campo attaccano il paziente a duemila macchine e gli infilano milioni di sonde nel corpo già devastato dall’incidente.
L’anestesista non deve nemmeno far contare fino a dieci, il paziente è comunque molto collaborativo.
Arrivano i chirurghi, si fanno infilare i guanti dagli aiutanti, con le braccia a simulare un candelabro. Poi dentro a giocare con carne, sangue e ossa. Spostano di qui, asciugano di la, cauterizzano, incidono, tagliano e, soprattutto, asportano.
L’intervento dura quattordici ore. I chirurghi, oltre a ricucire il cranio e cercare di rimestare nel giusto modo il cervello, hanno dovuto ricomporre un paio di fratture veramente brutte.
Il corpo del neo operato viene trasportato in una stanza singola con vista sul vasto parcheggio in asfalto drenante, stracolmo di auto distribuite senza distinzione di ceto sociale.
Nonostante il duro lavoro dei medici, le sue condizioni rimangono disperate. È in coma irreversibile, probabilmente non si risveglierà mai e ha subito danni molto gravi al cervello, tanto da averlo trasformato in un vegetale.
Inoltre nessuno conosce la sua identità.
[CONTINUA]
“Uomo. Incidente d’auto. Generalità sconosciute. Ha perso molto sangue. Fratture multiple ad arti superiori e inferiori, forte trauma cranico, probabili lesioni anche alla spina dorsale!” grida quello al centro della triade.
L’uomo sulla barella è una maschera di sangue, ha il collo immobilizzato da un collarino ed è tenuto inchiodato da cinghie di cuoio.
Al richiamo dell’infermiere, uno stormo di medici si avvicina alla lettiga.
“Sapete il nome?” chiede il primo dei dottori all’unica donna della triade. La ragazza ciondola la testa per dire di no, anche se ha già ribadito all’entrata il concetto. Il dottore controlla i riflessi delle pupille, scuote la sua di testa e ordina:
“Portatelo subito in sala operatoria 2, quest’uomo deve essere operato d’urgenza.”
Allora via. Vola su un altro ascensore, un altro corridoio e, dopo 2 minuti e 33 secondi, eccolo giunto a destinazione.
I chirurghi si lavano fino ai gomiti e ancor più su, poi indossano i loro camici verdi, come la speranza. Gli aiutanti di campo attaccano il paziente a duemila macchine e gli infilano milioni di sonde nel corpo già devastato dall’incidente.
L’anestesista non deve nemmeno far contare fino a dieci, il paziente è comunque molto collaborativo.
Arrivano i chirurghi, si fanno infilare i guanti dagli aiutanti, con le braccia a simulare un candelabro. Poi dentro a giocare con carne, sangue e ossa. Spostano di qui, asciugano di la, cauterizzano, incidono, tagliano e, soprattutto, asportano.
L’intervento dura quattordici ore. I chirurghi, oltre a ricucire il cranio e cercare di rimestare nel giusto modo il cervello, hanno dovuto ricomporre un paio di fratture veramente brutte.
Il corpo del neo operato viene trasportato in una stanza singola con vista sul vasto parcheggio in asfalto drenante, stracolmo di auto distribuite senza distinzione di ceto sociale.
Nonostante il duro lavoro dei medici, le sue condizioni rimangono disperate. È in coma irreversibile, probabilmente non si risveglierà mai e ha subito danni molto gravi al cervello, tanto da averlo trasformato in un vegetale.
Inoltre nessuno conosce la sua identità.
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