Quello che vado a presentarvi è un racconto apparso sulla antologia XII, da cui è poi nato il progetto editoriale che ne prende il nome.
Vargo Marian è appunto un cinico, un investigatore privato che non crede a nulla se non a se stesso e alla sua pistola. Dovrà ricredersi su alcune sue convinzioni e verrà coinvolto, suo malgrado, in qualcosa di misterioso.
Vargo Marian è appunto un cinico, un investigatore privato che non crede a nulla se non a se stesso e alla sua pistola. Dovrà ricredersi su alcune sue convinzioni e verrà coinvolto, suo malgrado, in qualcosa di misterioso.
1.
Era una notte piovosa, la pioggia rigava i vetri sporchi del mio ufficio. L’acqua formava figure ambigue scivolando verso il basso e i lampioni arancione riflettevano ombre rossastre sulla parete di fronte alla scrivania ingombra di cartelle ammuffite. Erano posate da mesi lì a prendere polvere.
Era una di quelle giornate intense, in cui avevo sprecato la maggior parte delle ore a trastullarmi con un vecchio videogioco in cui dovevi sparare a tutto quello che si muoveva in una Los Angeles invasa dagli alieni.
Avrei potuto inserire il contenuto di quelle cartelle nel database in cui registravo tutti i casi, ma sono pigro di natura e comunque la catalogazione digitale mi ha sempre annoiato. Stavo sparando in faccia ad un alieno vestito da poliziotto, quando qualcuno bussò alla porta. Era strano che qualcuno bussasse, anche perché sotto la targhetta col mio nome c’era scritto chiaramente di annunciarsi suonando il campanello. Lanciai un’occhiata alla telecamera a circuito chiuso e vidi un uomo calvo con un impermeabile beige e un ombrello nero appoggiato sul polso destro. L’ombrello stava allagando completamente il pianerottolo.
Attivai l’interfono. “È un po’ tardi per ricevere clientela, non le pare?” dissi al visitatore notturno.
“Me ne rendo conto,” convenne l’uomo calvo incurvando impercettibilmente gli angoli della bocca, “ma ho un caso urgente da sottoporle.” Aveva un tono da lord inglese, come se fosse un maggiordomo di alto rango.
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