Credo di averlo affrontato in altri post, e altri blogger l'hanno sviscerato per bene giungendo a conclusioni sicuramente più intelligenti delle mie. Ma nel ciclo del dove, come, quando, mi mancava appunto il perché.
Fin da quando ero piccino ho sempre avuto un'attrazione fatale per le parole, le lettere. Mi affascinavano queste piccole bastarde; sorta di mattoncini che potevano essere rigirati a piacimento per formare parole di senso compiuto, ma anche senza senso, come alcune mie poesie.
Ho iniziato con piccoli racconti, poi poesie, poi il primo romanzo e poi ho pensato di essere uno scrittore, e ne ho scritti una decina.
Ma perché lo faccio? Perché lo facciamo?
Molti dicono che lo fanno per se stessi. In parte è vero, per me la scrittura è un modo per sfogarmi, per comunicare al mondo quello che sono, quello che penso, la mia essenza. Ma chiaramente questo non mi basta, sennò tutti gli scrittori sarebbero dei vergatori di diari e non degli esibizionisti. Lo facciamo anche perché in fin della fiera vogliamo creare qualcosa di bello, e, in fondo, sentirci dire quanto siamo bravi.
Il problema è che spesso le aspettative vengono disattese, soprattutto all'inizio o quando si apre a un occhio più esperto e non solo ai parenti e agli amici.
Bisogna avere l'umiltà di comprendere i propri limiti, avere il coraggio di confrontarsi e cercare di crescere. Questa roba qui l'avrò scritta e detta circa seicentomila volte, ma è sempre una gran bella frase e mi si cariano i denti ogni volta.
Scrivere per me è una necessità. Sento di non aver adempiuto al mio dovere, al mio posto nel mondo se non scrivo e se non creo storie e plasmo universi.
Sì, c'è quella parte di me che vuole essere adulata per quanto ho fatto. Sentirmi dire quanto sono bravo, ecc, ecc. Salvo che poi i complimenti mi imbarazzano tantissimo e preferisco sentire delle critiche costruttive al posto di mielosi samelecchi.
Scrivo perché sento che devo farlo, c'è qualcuno che mi pungola le chiappe e la coscienza e mi fa sentire in colpa se non lo faccio.
Scrivo da quando ho imparato a farlo e non credo che smetterò tanto presto, a meno che non mi mozzino le mani, o mi incasinino l'encefalo.
Scrivo perché ne ho bisogno.
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