Recensione di Inferno 17 di Massimo Vassallo
Recensione di Massimo Vassallo:
È un giallo, è un thriller? Sì, diciamolo: è un serial-thriller.
Il nuovo romanzo di Davide Cassia ha il pregio di riuscire ad ammorbidire la naturale sospettosità indagatrice del lettore, attraverso una vicenda che si sviluppa in modo piuttosto lineare fino a quattro quinti della narrazione, per poi renderla temporalmente, drammaticamente, molto efficacemente ciclica.
Quando sei lì che non sai più cosa aspettarti, ma comunque credi, in fondo, che da qualche parte del tuo subconscio la spiegazione tu l'abbia trovata, ecco che Cassia usa il Tempo per chiarire ogni cosa. Su questo punto non dico di più, perché è risolutivo di parecchi misteri, capirete ciò che intendo solo leggendo il libro.
Di Cassia avevo già letto due romanzi ("Tombe d'acciaio" e "Morte di un perdente"), nei quali l'Autore tratta i suoi personaggi in modo piuttosto "comprensivo". In "Inferno 17" si ritrova questa condiscendenza verso il protagonista e nei confronti di altri personaggi minori, ma solo fino a un certo punto del romanzo. Poi il cambio di rotta è brusco, ben congegnato, efficace psicologicamente e, lo dico da lettore, persino efferato.
È un serial thriller italiano, come ambientazione e atmosfere ma anche come verosimiglianza nostrana che si trova nei rapporti umani, nei dialoghi dell'infermiere Paolo e soprattutto nei suoi proni rapporti di lavoro con il personale amministrativo della clinica dove viene assunto per occuparsi del misterioso paziente della camera 17.
Il suo carattere, di uomo orgoglioso ma pavido, nel complesso un "realista-ribelle" - o anche un uomo di saldi principi che non riesce come tanti di noi a concretizzare -, è a mio avviso tratteggiato da Cassia con sensibilità e grande bravura.
Sono contento di aver letto Inferno 17, che, lo affermo molto umilmente e solo dal mio modesto punto di vista, mi ha dato la misura di una crescita effettiva delle capacità dell'Autore nel costruire le proprie storie.
Questo è un romanzo che sorprende, e di questi tempi non è cosa da poco.
È un giallo, è un thriller? Sì, diciamolo: è un serial-thriller.
Il nuovo romanzo di Davide Cassia ha il pregio di riuscire ad ammorbidire la naturale sospettosità indagatrice del lettore, attraverso una vicenda che si sviluppa in modo piuttosto lineare fino a quattro quinti della narrazione, per poi renderla temporalmente, drammaticamente, molto efficacemente ciclica.
Quando sei lì che non sai più cosa aspettarti, ma comunque credi, in fondo, che da qualche parte del tuo subconscio la spiegazione tu l'abbia trovata, ecco che Cassia usa il Tempo per chiarire ogni cosa. Su questo punto non dico di più, perché è risolutivo di parecchi misteri, capirete ciò che intendo solo leggendo il libro.
Di Cassia avevo già letto due romanzi ("Tombe d'acciaio" e "Morte di un perdente"), nei quali l'Autore tratta i suoi personaggi in modo piuttosto "comprensivo". In "Inferno 17" si ritrova questa condiscendenza verso il protagonista e nei confronti di altri personaggi minori, ma solo fino a un certo punto del romanzo. Poi il cambio di rotta è brusco, ben congegnato, efficace psicologicamente e, lo dico da lettore, persino efferato.
È un serial thriller italiano, come ambientazione e atmosfere ma anche come verosimiglianza nostrana che si trova nei rapporti umani, nei dialoghi dell'infermiere Paolo e soprattutto nei suoi proni rapporti di lavoro con il personale amministrativo della clinica dove viene assunto per occuparsi del misterioso paziente della camera 17.
Il suo carattere, di uomo orgoglioso ma pavido, nel complesso un "realista-ribelle" - o anche un uomo di saldi principi che non riesce come tanti di noi a concretizzare -, è a mio avviso tratteggiato da Cassia con sensibilità e grande bravura.
Sono contento di aver letto Inferno 17, che, lo affermo molto umilmente e solo dal mio modesto punto di vista, mi ha dato la misura di una crescita effettiva delle capacità dell'Autore nel costruire le proprie storie.
Questo è un romanzo che sorprende, e di questi tempi non è cosa da poco.
Ghostbusters: il videogioco.
Apro TGM di Natale e rimango a bocca aperta. La sotware house Terminal Reality sta sviluppando da più di un anno Ghostbusters.
Sì, avete capito bene. Un gioco tratto direttamente dal film degli anni '80, e che, per chi non lo sapesse, e anche il mio film preferito.
Chi mi conosce bene sa che spesso ne citò frasi scassando i maroni a tutti quanti.
In realtà ne era già uscito uno ai tempi dello spectrum48 e del commodore64, ma, ovviamente, non poteva sfruttarne le potenzialità spettacolari.
Leggendo l'anteprima su The Game Machine, il gioco pare avere tutte le caratteristiche per diventare uno dei best sellers del... 2009.
Sì, perché l'uscita è prevista per fine 2008.
Io sarò sicuramente uno dei primi ad acquistarlo.
Chi mi conosce bene sa che spesso ne citò frasi scassando i maroni a tutti quanti.
In realtà ne era già uscito uno ai tempi dello spectrum48 e del commodore64, ma, ovviamente, non poteva sfruttarne le potenzialità spettacolari.
Leggendo l'anteprima su The Game Machine, il gioco pare avere tutte le caratteristiche per diventare uno dei best sellers del... 2009.
Sì, perché l'uscita è prevista per fine 2008.
Io sarò sicuramente uno dei primi ad acquistarlo.
Hillary Clinton e le rughe.
C'é poco da stare allegri, siamo comunque nell'era dell'immagine.
La povera Hillary Clinton non può nemmeno essere un po' stanca per via della massacrante campagna elettorale statunitense che subito i Democratici le danno contro, scrivendo che è vecchia, macilenta e, soprattutto, che è una donna.
A questo siamo arrivati.La povera Hillary Clinton non può nemmeno essere un po' stanca per via della massacrante campagna elettorale statunitense che subito i Democratici le danno contro, scrivendo che è vecchia, macilenta e, soprattutto, che è una donna.
Un politico non è quello che sa fare o quello che dice, ma come appare.
Noi in Italia non abbiamo certo da stare allegri, il Berlusconismo da impero mediatico ci scassa le palle da diversi anni.
C'è da riflettere e non davanti a uno specchio.
Aldilà (3)
Gianni sta saltando sulle reti elastiche del luna park e si diverte talmente tanto che pompa un po' troppo con i suoi polpaccioni pelosi e schizza fuori dal recinto.
Da un'altezza di quattro metri precipita sul chiosco dei gelati di Frate Belogario macchiando inevitabilmente di sangue il gianduia.
Muore.
Si ritrova in un tunnel buio. In fondo vede una luce. Corre verso di essa, sfocia nel suo candore.
Davanti a lui vede un uomo con una folta barba e un enorme mazzo di chiavi in mano.
"San Pietro!" esclama entusiasta Gianni.
"See, te piacerebbe, eh?"
"E allora?"
"Vie' co' me, bello."
Il tizio lo porta davanti alla porta di una cella, la apre: dentro c'è una ciclette attaccata a una dinamo.
"E mo' te tocca de pedala', amico. Su in paradiso hanno un sacco di luminarie."
Da un'altezza di quattro metri precipita sul chiosco dei gelati di Frate Belogario macchiando inevitabilmente di sangue il gianduia.
Muore.
Si ritrova in un tunnel buio. In fondo vede una luce. Corre verso di essa, sfocia nel suo candore.
Davanti a lui vede un uomo con una folta barba e un enorme mazzo di chiavi in mano.
"San Pietro!" esclama entusiasta Gianni.
"See, te piacerebbe, eh?"
"E allora?"
"Vie' co' me, bello."
Il tizio lo porta davanti alla porta di una cella, la apre: dentro c'è una ciclette attaccata a una dinamo.
"E mo' te tocca de pedala', amico. Su in paradiso hanno un sacco di luminarie."
Hannibal Lecter - Le Origini del Male
Premetto che ho amato Thomas Harris sin dalla prima lettura, cioé Il Delitto della Terza Luna, uscito poi più tardi con il nome di Red Dragon. Conseguenziale quindi la lettura di Il Silenzio degli Innocenti (senti ancora gridare gli agnelli, Clarice?), capolavoro editoriale e cinematografico indiscusso, e poi Hannibal. che sinceramente mi aveva lasciato delle perplessità e poi questo HL - le origini del male.
Ci sono stati vari giochi di prestigio nella collocazione cronologica della vita del famoso cannibale, nel '86 uscì il romanzo Red Dragon antecedente al Silenzio e portato al cinema nel 2002, nel '88 fu la volta appunto del romanzo Il Silenzio degli Innocenti diventato film nel '91, poi Hannibal nel '99, film nel 2001 e infine Le Origini uscito nel 2007 in entrambe le versioni.
Ora, calma, un po' d'ordine. L'ultimo è il primo, e parla della vita del giovane Lecter, poi abbiamo Red Dragon, poi Il Silenzio e infine Hannibal. Al cinema hanno fatto di meglio, prima Il Silenzio, poi Hannibal, poi Red Dragon e ultimo Le origini.
Bene, mi sono incasinato un po' anch'io, ma era giusto per fare chiarezza anche nella mia testolina confusa.
Devo dirvi sinceramente che sono partito prevenuto avendo già letto diverse recensioni e commenti non proprio lusinghieri. E un film ti sorprende quando non ti aspetti nulla.
In realtà è godibile, per me che ho seguito tutta la saga, anche se non mi ha convinto del tutto. In primis l'attore che ha ricoperto il ruolo del protagonista: Gaspard Ulliel. Non che non abbia apprezzato la recitazione, ma, a mio modo di vedere, non era giusto per la parte, sembrava un pesce fuor d'acqua, e anche perché mi ricorda vagamente un mio conoscente che fa il cuoco.
Ciò influisce su tutto il film, soprattutto nelle parti violente, non sembra reale, si nota la recitazione e questo direi che non riesce a far calare lo spettatore nella storia. Ulliel ha la faccia da bravo ragazzo e la parte dello psicopatico cannibale non gli si addice, punto.
Per il resto: grande atmosfera nella vecchia Europa del dopoguerra, storia magistralmente raccontata, grazie a una regia ispirata.
L'unico appunto che vorrei fare al caro Thomas è che questa voglia di spiegare le origini di un personaggio ormai diventato un mito, dettata sicuramente da propositi letterari (ma anche da rumore dei dollari che cadevano nelle sue tasche), ne ha ridefinito i confini, secondo me ridimensionandolo.
Ho provato la stessa sensazione di quando George Lucas ha cercato di spiegare la forza con quella boiata dei midiclorian.
Forse non se ne sentiva il bisogno.
Ora, calma, un po' d'ordine. L'ultimo è il primo, e parla della vita del giovane Lecter, poi abbiamo Red Dragon, poi Il Silenzio e infine Hannibal. Al cinema hanno fatto di meglio, prima Il Silenzio, poi Hannibal, poi Red Dragon e ultimo Le origini.
Bene, mi sono incasinato un po' anch'io, ma era giusto per fare chiarezza anche nella mia testolina confusa.
Devo dirvi sinceramente che sono partito prevenuto avendo già letto diverse recensioni e commenti non proprio lusinghieri. E un film ti sorprende quando non ti aspetti nulla.
In realtà è godibile, per me che ho seguito tutta la saga, anche se non mi ha convinto del tutto. In primis l'attore che ha ricoperto il ruolo del protagonista: Gaspard Ulliel. Non che non abbia apprezzato la recitazione, ma, a mio modo di vedere, non era giusto per la parte, sembrava un pesce fuor d'acqua, e anche perché mi ricorda vagamente un mio conoscente che fa il cuoco.
Ciò influisce su tutto il film, soprattutto nelle parti violente, non sembra reale, si nota la recitazione e questo direi che non riesce a far calare lo spettatore nella storia. Ulliel ha la faccia da bravo ragazzo e la parte dello psicopatico cannibale non gli si addice, punto.
Per il resto: grande atmosfera nella vecchia Europa del dopoguerra, storia magistralmente raccontata, grazie a una regia ispirata.
L'unico appunto che vorrei fare al caro Thomas è che questa voglia di spiegare le origini di un personaggio ormai diventato un mito, dettata sicuramente da propositi letterari (ma anche da rumore dei dollari che cadevano nelle sue tasche), ne ha ridefinito i confini, secondo me ridimensionandolo.
Ho provato la stessa sensazione di quando George Lucas ha cercato di spiegare la forza con quella boiata dei midiclorian.
Forse non se ne sentiva il bisogno.
Serata Magica
Non capita spesso di divertirsi com'è successo ieri sera. Non che io abbia partecipato a festini sadomaso o lancio della spugna contro il rettore. Ho semplicemente presentato la serata di presentazione del romanzo Melodia dell'amico Daniele Bonfanti.
Non è la prima volta che lo faccio, e mi gusta parecchio fare l'anchorman, sparando ogni tanto qualche battuta per far sorridere la gente. Ho presentato altre serate di Daniele, quest'anno, per promuovere L'Eterno Sogno, - il suo primo romanzo - con fortune alterne.
Ieri sera però è successo qualcosa di magico. La gente era veramente coinvolta. Questo per merito sicuramente della qualità più che ottima del romanzo, del sottofondo pregevole di basso di Francesco A. Lanza e della sapiente lettura di Daniele e Luigi Acerbi.
La serata di solito si svolge in questo modo: breve ouverture di personalità locale (assessore, sindaco, capo degli alieni, ecc), poi attacco io presentando l'autore, il libro e poi passo la parola a Daniele, il tutto più o meno improvvisato. Daniele spiega un po' il pezzo che presenterà, poi i due lettori si alzano in piedi e a turno decantano brani del libro. Dopo questa fase, io mi trasformo in intervistatore e faccio delle domande a Daniele, anche queste quasi sempre improvvisate. Alla fine della mia performance, passo la parola al pubblico e qui di solito c'è un imbarazzo generale e nessuno parla.
Ieri sera, amici, il pubblico ha snocciolato la bellezza di una decina di domande, suddivise in due sessioni di intervista. È stato piacevole, perché si capiva che erano coinvolti dalla lettura e soprattutto dalla vita e dal mestiere dello scrittore.
Daniele poi è bravissimo a spiegare il suo lavoro, il suo modus operandi e tantissime altre cose che la gente gli chiede.
Alla fine, rinfresco con spumante, dolcetti e panettone, che non guasta mai.
Ah, dimenticavo: abbiamo venduto tutti i Melodia presenti sul banchetto XII. Un successone!
È stato emozionante. Sono cose che fanno bene all'anima. Spero che nelle prossime presentazioni ci sia anche solo la metà della partecipazione che ho avuto il piacere di vedere ieri.
Buone letture a tutti!
Ieri sera però è successo qualcosa di magico. La gente era veramente coinvolta. Questo per merito sicuramente della qualità più che ottima del romanzo, del sottofondo pregevole di basso di Francesco A. Lanza e della sapiente lettura di Daniele e Luigi Acerbi.
La serata di solito si svolge in questo modo: breve ouverture di personalità locale (assessore, sindaco, capo degli alieni, ecc), poi attacco io presentando l'autore, il libro e poi passo la parola a Daniele, il tutto più o meno improvvisato. Daniele spiega un po' il pezzo che presenterà, poi i due lettori si alzano in piedi e a turno decantano brani del libro. Dopo questa fase, io mi trasformo in intervistatore e faccio delle domande a Daniele, anche queste quasi sempre improvvisate. Alla fine della mia performance, passo la parola al pubblico e qui di solito c'è un imbarazzo generale e nessuno parla.
Ieri sera, amici, il pubblico ha snocciolato la bellezza di una decina di domande, suddivise in due sessioni di intervista. È stato piacevole, perché si capiva che erano coinvolti dalla lettura e soprattutto dalla vita e dal mestiere dello scrittore.
Daniele poi è bravissimo a spiegare il suo lavoro, il suo modus operandi e tantissime altre cose che la gente gli chiede.
Alla fine, rinfresco con spumante, dolcetti e panettone, che non guasta mai.
Ah, dimenticavo: abbiamo venduto tutti i Melodia presenti sul banchetto XII. Un successone!
È stato emozionante. Sono cose che fanno bene all'anima. Spero che nelle prossime presentazioni ci sia anche solo la metà della partecipazione che ho avuto il piacere di vedere ieri.
Buone letture a tutti!
Wicked XIImas!
XII vuole farvi gli auguri, ma a modo suo. Fino al 6 gennaio, chiunque acquisti dei libri dallo XII Shop riceverà anche dei piccoli doni, unici.
Storie inedite, una per ciascun libro, dagli autori del Primo Catalogo. Storie che non vedrete da nessuna altra parte, dedicate alle feste... da un punto di vista diverso.
Avete già acquistato dei nostri libri? E allora le regaliamo anche a voi.
Per le feste, donate una storia che attende di essere letta. Regalate a voi e ai vostri amici un wicked XIImas!
Storie inedite, una per ciascun libro, dagli autori del Primo Catalogo. Storie che non vedrete da nessuna altra parte, dedicate alle feste... da un punto di vista diverso.
Avete già acquistato dei nostri libri? E allora le regaliamo anche a voi.
Per le feste, donate una storia che attende di essere letta. Regalate a voi e ai vostri amici un wicked XIImas!
SimCity Societies
Sim City uscì per la prima volta nel 1989 su varie piattaforma, tra cui l'Amiga dove lo giocai per la prima volta. Il concept di gioco era semplice: essere il primo cittadino di una città virtuale e gestirne i diversi e molteplici aspetti. In quegli anni ebbe un successo enorme e venne replicato con i vari seguiti, SimCity 2000, 3000 e SimCity 4.
Negli anni cambiarono diverse cose, furono implementati livelli aggiuntivi di difficoltà fino a farlo diventare un gioco veramente complesso e impegnativo.
Poi nel 2000 arrivarono i Sims. Una vita virtuale, un tamagochi riproposto in centinaia di versioni. L'idea era semplice e sfondò soprattutto in quella fascia di giocatori non hardcore.
Questa ricerca della fascia dei giocatori casuali si notava soprattutto nella semplicità e immediatezza del gioco, a discapito della profondità e della giocabilità.
Purtroppo gli sviluppatori di SimCity Societies hanno pensato a questo nuovo prodotto della saga proprio con questi parametri di mercato, facendolo diventare una simlandia su vasta scala.
Il risultato è che è troppo semplice, poco intrigante, completamente privo di quella profondità e complessità di gioco che caratterizzavano i precedenti titoli della saga. È molto accattivante esteticamente, proprio bello da vedere, con centinaia di edifici simpatici, ma manca di mordente.
Per far tornare i conti in SimCity 4 bisognava sudare sette camicie, ma poi alla fine si aveva la soddisfazione di veder le cose girare per il verso giusto. In Societies tutto è troppo semplice, immediato, i soldi fioccano subito ed è troppo facile costruire la città, senza troppa complessità. Insomma sembra tanto il giocattolino dei Sims, tutti felici e colorati.
Sinceramente mi aspettavo di più. Mi ha deluso. Capisco questa scelta di virare verso un pubblico più vasto, il pubblico di The Sims, ma, a mio parere, un gioco che poteva avere un gran potenziale è stato rovinato da questi aspetti troppo fumettosi e troppo tamagochi.
Peccato.
Negli anni cambiarono diverse cose, furono implementati livelli aggiuntivi di difficoltà fino a farlo diventare un gioco veramente complesso e impegnativo.
Poi nel 2000 arrivarono i Sims. Una vita virtuale, un tamagochi riproposto in centinaia di versioni. L'idea era semplice e sfondò soprattutto in quella fascia di giocatori non hardcore.
Questa ricerca della fascia dei giocatori casuali si notava soprattutto nella semplicità e immediatezza del gioco, a discapito della profondità e della giocabilità.
Purtroppo gli sviluppatori di SimCity Societies hanno pensato a questo nuovo prodotto della saga proprio con questi parametri di mercato, facendolo diventare una simlandia su vasta scala.
Il risultato è che è troppo semplice, poco intrigante, completamente privo di quella profondità e complessità di gioco che caratterizzavano i precedenti titoli della saga. È molto accattivante esteticamente, proprio bello da vedere, con centinaia di edifici simpatici, ma manca di mordente.
Per far tornare i conti in SimCity 4 bisognava sudare sette camicie, ma poi alla fine si aveva la soddisfazione di veder le cose girare per il verso giusto. In Societies tutto è troppo semplice, immediato, i soldi fioccano subito ed è troppo facile costruire la città, senza troppa complessità. Insomma sembra tanto il giocattolino dei Sims, tutti felici e colorati.
Sinceramente mi aspettavo di più. Mi ha deluso. Capisco questa scelta di virare verso un pubblico più vasto, il pubblico di The Sims, ma, a mio parere, un gioco che poteva avere un gran potenziale è stato rovinato da questi aspetti troppo fumettosi e troppo tamagochi.
Peccato.
The Number 23
Ho amato Jim Carrey in Truman Show e in Se mi lasci ti cancello (orribile traduzione di Eternal Sunshine of the Spotless Mind), e, diciamocelo, non sfigura nemmeno qui, in un film definito horror, ma che in realtà è un thriller.
È pur vero che da un momento all'altro ti aspetti che spari fuori una delle sue facce di gomma o una delle sue battute demenziali, ma il talento c'è, e si vede. Peccato che The Number 23 sia supportato da un plot incerottato, con espedienti narrativi incomprensibili e un po' forzati.
Il protagonista, l'accalappiacani Walter Sparrow, incomincia a essere ossessionato dal numero - che pare possa essere riconducibile a qualsiasi cosa, anche alla lista della spesa di Zio Paperino - quando la moglie (per caso, eh) gli regala un libro con lo stesso titolo del film. Inizierà qui la sua ossessione, Sparrow si riconoscerà nel protagonista del libro, il detective Fingerling (guardacaso interpretato dallo stesso Jim Carrey). Tutta questa faccenda lo porterà a sfiorare la follia, fino al finale adrenalinico ma non troppo.
In realtà il film non mi è dispiaciuto, in un certo senso coinvolge. Lo spettatore vuole vedere come la matassa verrà sbrogliata e rimane incollato allo schermo. Peccato che alcune soluzioni risultino forzate, come se in fase di scrittura qualcuno si fosse distratto.
Una sceneggiatura che poteva essere potenzialmente buona risulta discreta per via di questi espedienti che mi hanno lasciato un po' perplesso.
Lasciatelo perdere se non siete appassionati del genere
È pur vero che da un momento all'altro ti aspetti che spari fuori una delle sue facce di gomma o una delle sue battute demenziali, ma il talento c'è, e si vede. Peccato che The Number 23 sia supportato da un plot incerottato, con espedienti narrativi incomprensibili e un po' forzati.
Il protagonista, l'accalappiacani Walter Sparrow, incomincia a essere ossessionato dal numero - che pare possa essere riconducibile a qualsiasi cosa, anche alla lista della spesa di Zio Paperino - quando la moglie (per caso, eh) gli regala un libro con lo stesso titolo del film. Inizierà qui la sua ossessione, Sparrow si riconoscerà nel protagonista del libro, il detective Fingerling (guardacaso interpretato dallo stesso Jim Carrey). Tutta questa faccenda lo porterà a sfiorare la follia, fino al finale adrenalinico ma non troppo.
In realtà il film non mi è dispiaciuto, in un certo senso coinvolge. Lo spettatore vuole vedere come la matassa verrà sbrogliata e rimane incollato allo schermo. Peccato che alcune soluzioni risultino forzate, come se in fase di scrittura qualcuno si fosse distratto.
Una sceneggiatura che poteva essere potenzialmente buona risulta discreta per via di questi espedienti che mi hanno lasciato un po' perplesso.
Lasciatelo perdere se non siete appassionati del genere
Melodia di Daniele Bonfanti
Quando si intraprende la lettura di un romanzo di una persona conosciuta, per di più un amico, è sempre difficile essere obbiettivi. Perché si pensa sempre a chi l'ha scritto, che c'era lui dietro la tastiera, davanti al monitor e non si viene coinvolti dalla storia.
Non è successo. Melodia mi ha catturato, mi ha trascinato nella trama e io mi sono lasciato cullare docilmente. Daniele Bonfanti non è uno che gira troppo intorno alle parole, alla trama, ai fatti. È diretto, preciso, pulito, senza inutili fronzoli ad arricchire il testo. E questo mi piace, anche se un po' all'inizio disorienta, soprattutto per chi è abituato a leggere tomi alla Stephen King.
Mi era già successo con la sua prima opera, L'Eterno Sogno, in cui faticavo a carburare, per poi, comunque, farmi catturare dalla trama. In Melodia si nota il processo evolutivo dello scrittore, la maturità d'autore, anche se qualcosa dello stile giovanile rimane, in positivo, naturalmente.
In questo romanzo sono condensate decine di idee che potrebbero costituire benissimo altrettanti romanzi, ma Daniele ha saputo amalgamare il tutto con invidiabile maestria, portando a conoscenza del lettore teorie nemmeno tanto fantascientifiche, in un insieme di generi che tengono legato l'occhio alla pagina. C'è il mistero, l'orrore, la fantascienza, il giallo, il thriller, in un caleidoscopico intreccio che lascia senza fiato fino alla fine, in cui il mistero della Melodia viene rivelato.
Ok, penserete voi, il tuo giudizio non è obbiettivo comunque, perché è un tuo amico, il romanzo fa parte del catalogo della tua casa editrice e quindi è logico che ne parli bene.
D'accordo, ma io vi consiglio comunque la lettura di questo romanzo.
Non ve ne pentirete.
Non è successo. Melodia mi ha catturato, mi ha trascinato nella trama e io mi sono lasciato cullare docilmente. Daniele Bonfanti non è uno che gira troppo intorno alle parole, alla trama, ai fatti. È diretto, preciso, pulito, senza inutili fronzoli ad arricchire il testo. E questo mi piace, anche se un po' all'inizio disorienta, soprattutto per chi è abituato a leggere tomi alla Stephen King.
Mi era già successo con la sua prima opera, L'Eterno Sogno, in cui faticavo a carburare, per poi, comunque, farmi catturare dalla trama. In Melodia si nota il processo evolutivo dello scrittore, la maturità d'autore, anche se qualcosa dello stile giovanile rimane, in positivo, naturalmente.
In questo romanzo sono condensate decine di idee che potrebbero costituire benissimo altrettanti romanzi, ma Daniele ha saputo amalgamare il tutto con invidiabile maestria, portando a conoscenza del lettore teorie nemmeno tanto fantascientifiche, in un insieme di generi che tengono legato l'occhio alla pagina. C'è il mistero, l'orrore, la fantascienza, il giallo, il thriller, in un caleidoscopico intreccio che lascia senza fiato fino alla fine, in cui il mistero della Melodia viene rivelato.
Ok, penserete voi, il tuo giudizio non è obbiettivo comunque, perché è un tuo amico, il romanzo fa parte del catalogo della tua casa editrice e quindi è logico che ne parli bene.
D'accordo, ma io vi consiglio comunque la lettura di questo romanzo.
Non ve ne pentirete.
Intervista su Promesse d'Autore
Sul blog Promesse d'Autore è apparsa magicamente un'intervista al sottoscritto, in cui si parla, ovviamente, del mestiere dello scrittore, dello scrivere e del futuro dei libri.
Fiondatevi a leggerla!
Fiondatevi a leggerla!
Editori a pagamento: la polemica in rete.
Vorrei dire la mia riguardo l'editoria a pagamento, visto che in questi giorni ho letto notizie su vari blog di querele da parte di case editrici nei confronti di gente che esprimeva il proprio giudizio su questo fenomeno.
Ebbene, io ci sono passato. Ho pubblicato i primi tre romanzi della mia carriera a pagamento. È stata una mia scelta, un'esperienza, ho letto il contratto e scelto di pagare.
Per quanto riguarda l'editore citato in alcuni di questi articoli, anch'io sono stato catturato da quel box rosso e ho spedito i miei manoscritti. Ho ricevuto una proposta editoriale, per scoprire che era a pagamento, e ho deciso gentilmente di declinare, visto le passate esperienze.
C'è da dire che l'annuncio apparso su vari quotidiani non specifica che la pubblicazione di autori emergenti è con compenso e questo è quantomeno subdolo.
La pubblicazione con contributo non ha nessun valore. Anzi, è oltremodo denigrante per l'autore e per la percezione che può averne un eventuale pubblico.
Tu paghi, quindi ti pubblicano a discapito della qualità stessa dell'opera. E nessun editore "tradizionale" ti prenderà mai in considerazione se hai pubblicato con contributo.
La verità è questa. Pura e cristallina. Un editore a pagamento non è altro che uno stampatore, un printer on demand come ormai se ne trovano a decine in rete. Non da nessun valore aggiunto.
Se un editore credesse veramente a un autore valutato, allora lo pubblicherebbe senza chiedergli nulla, anzi, cercando di tenerselo come un investimento. Ma per questi "editori" il business è prender soldi dai grafomani, dagli imbrattacarte e non puntare sulla diffusione della cultura.
È importante saperlo. Se volete pubblicare un romanzo e non trovate un editore, ma volete comunque vederlo in forma di libro, allora, a questo punto, usate un print on demand, che fa quello che chiedete immediatamente e il prezzo lo fate voi.
Non credete alla chimera della pubblicazione facile. Chi vi chiede soldi punta solo al vostro portafoglio e non al vostro talento, presunto o reale che sia.
Per quanto riguarda l'editore citato in alcuni di questi articoli, anch'io sono stato catturato da quel box rosso e ho spedito i miei manoscritti. Ho ricevuto una proposta editoriale, per scoprire che era a pagamento, e ho deciso gentilmente di declinare, visto le passate esperienze.
C'è da dire che l'annuncio apparso su vari quotidiani non specifica che la pubblicazione di autori emergenti è con compenso e questo è quantomeno subdolo.
La pubblicazione con contributo non ha nessun valore. Anzi, è oltremodo denigrante per l'autore e per la percezione che può averne un eventuale pubblico.
Tu paghi, quindi ti pubblicano a discapito della qualità stessa dell'opera. E nessun editore "tradizionale" ti prenderà mai in considerazione se hai pubblicato con contributo.
La verità è questa. Pura e cristallina. Un editore a pagamento non è altro che uno stampatore, un printer on demand come ormai se ne trovano a decine in rete. Non da nessun valore aggiunto.
Se un editore credesse veramente a un autore valutato, allora lo pubblicherebbe senza chiedergli nulla, anzi, cercando di tenerselo come un investimento. Ma per questi "editori" il business è prender soldi dai grafomani, dagli imbrattacarte e non puntare sulla diffusione della cultura.
È importante saperlo. Se volete pubblicare un romanzo e non trovate un editore, ma volete comunque vederlo in forma di libro, allora, a questo punto, usate un print on demand, che fa quello che chiedete immediatamente e il prezzo lo fate voi.
Non credete alla chimera della pubblicazione facile. Chi vi chiede soldi punta solo al vostro portafoglio e non al vostro talento, presunto o reale che sia.
Subsonica - Concerto al forum di Assago 07/12/2007
Ritornare al Forum di Assago (ora Datchforum) dopo 5 anni e questa volta per assistere a un concerto mi ha evocato ricordi agrodolci. Sì, perché lì ci avevo lavorato, e duramente oserei aggiungere, per allestire insieme ad altri pazzi una delle megalan più vaste che si siano mai viste in Italia: Ngi Lan 2002.
Per chi di voi non sa cosa sia una Lan, ebbene, sono una serie di pc collegati in una rete locale (che poi possa uscire o meno in internet questo è a scelta di chi la mette in piedi), quindi comunicanti. Per far cosa, direte voi? Per giocare, naturalmente, in multiplayer. L'esperienza passata era stata entusiasmante ma oltremodo sfiancante. Pensate, avevo persino manovrato un muletto per portare dentro due bancali di Red Bull.
Ieri sera ci sono tornato per il concerto dei Subsonica, da spettatore, insieme alla mia dolce metà e altri amici. Organizzazione impeccabile, pubblico tranquillo, anche perché io ero abituato a ben altri concerti (quelli di Vasco, per intenderci).
Ora di inizio 21, naturalmente è iniziato con più di mezz'ora di ritardo, ma che ci vuoi fare, sono artisti.
Partenza con una versione unplugged di Tutti i miei sbagli. Bello, ma non tutti hanno apprezzato. Poi subito un pezzo del nuovo album L'Eclissi: Veleno. Brano veramente tosto, molto ritmato, molta elettronica, come da sempre ci hanno abituato i Subsonica.
Poi il secondo pezzo, il singolo che gira adesso nelle radio: La Glaciazione. Qui i ragazzi hanno voluto un po' esagerare, perché è il brano del momento, distorcendo un po' troppo e i vari strumenti sembravano sovrapporsi senza essere armonici, ma comunque la maggior parte degli spettatori gridava e saltava e nemmeno ci faceva caso.
I Subsonica sono pura energia, niente da eccepire, sparano adrenalina a cannonate, con quasi tutti i pezzi, tranne naturalmente quelli più lenti e melodici. La scenografia del palco poi rispecchia a pieno questa loro tendenza, con giochi di luci psichedeliche molto coinvolgenti da bruciarti le cornee e qualche diottria. Il suono un po' sporco, a volte troppo pompati i bassi, a volte qualche strumento prendeva il sopravvento. Il problema è sicuramente anche l'acustica del forum.
I ragazzi sanno farsi voler bene, sanno far ballare e poi, soprattutto, valgono a pieno il prezzo del biglietto, solamente 20 euro. Ci sono artisti, tipo Ligabue, che al forum si fanno pagare quasi 60, e per me, è un furto. Al di là della fama indiscussa del cantante di Correggio, e posso anche pensare che lui abbia più tecnici al seguito, più sicurezza, più tutto, ma 60 euro, amici miei, sono veramente tanti e io mi sono rifiutato di assistere al suo concerto.
Ritornando ai Subsonica, devo dire: bravi, una buona gestione dello spettacolo e della scena, anche se forse due pause, seppur brevi, spezzano un po' troppo e fanno calare l'adrenalina e l'entusiasmo del pubblico.
I brani del nuovo lp mi sembrano ottimi, alcuni li ho sentiti ieri sera per la prima volta e quando un pezzo ti piace al primo ascolto vuol dire che ti piacerà di più al secondo. Approvo la loro gestione del pubblico e quel po' di umiltà che non guasta mai rispetto ad altri artisti.
Se apprezzate la loro musica, dovete prima o poi andarli a vedere dal vivo.
Ne vale la pena.
Per chi di voi non sa cosa sia una Lan, ebbene, sono una serie di pc collegati in una rete locale (che poi possa uscire o meno in internet questo è a scelta di chi la mette in piedi), quindi comunicanti. Per far cosa, direte voi? Per giocare, naturalmente, in multiplayer. L'esperienza passata era stata entusiasmante ma oltremodo sfiancante. Pensate, avevo persino manovrato un muletto per portare dentro due bancali di Red Bull.
Ieri sera ci sono tornato per il concerto dei Subsonica, da spettatore, insieme alla mia dolce metà e altri amici. Organizzazione impeccabile, pubblico tranquillo, anche perché io ero abituato a ben altri concerti (quelli di Vasco, per intenderci).
Ora di inizio 21, naturalmente è iniziato con più di mezz'ora di ritardo, ma che ci vuoi fare, sono artisti.
Partenza con una versione unplugged di Tutti i miei sbagli. Bello, ma non tutti hanno apprezzato. Poi subito un pezzo del nuovo album L'Eclissi: Veleno. Brano veramente tosto, molto ritmato, molta elettronica, come da sempre ci hanno abituato i Subsonica.
Poi il secondo pezzo, il singolo che gira adesso nelle radio: La Glaciazione. Qui i ragazzi hanno voluto un po' esagerare, perché è il brano del momento, distorcendo un po' troppo e i vari strumenti sembravano sovrapporsi senza essere armonici, ma comunque la maggior parte degli spettatori gridava e saltava e nemmeno ci faceva caso.
I Subsonica sono pura energia, niente da eccepire, sparano adrenalina a cannonate, con quasi tutti i pezzi, tranne naturalmente quelli più lenti e melodici. La scenografia del palco poi rispecchia a pieno questa loro tendenza, con giochi di luci psichedeliche molto coinvolgenti da bruciarti le cornee e qualche diottria. Il suono un po' sporco, a volte troppo pompati i bassi, a volte qualche strumento prendeva il sopravvento. Il problema è sicuramente anche l'acustica del forum.
I ragazzi sanno farsi voler bene, sanno far ballare e poi, soprattutto, valgono a pieno il prezzo del biglietto, solamente 20 euro. Ci sono artisti, tipo Ligabue, che al forum si fanno pagare quasi 60, e per me, è un furto. Al di là della fama indiscussa del cantante di Correggio, e posso anche pensare che lui abbia più tecnici al seguito, più sicurezza, più tutto, ma 60 euro, amici miei, sono veramente tanti e io mi sono rifiutato di assistere al suo concerto.
Ritornando ai Subsonica, devo dire: bravi, una buona gestione dello spettacolo e della scena, anche se forse due pause, seppur brevi, spezzano un po' troppo e fanno calare l'adrenalina e l'entusiasmo del pubblico.
I brani del nuovo lp mi sembrano ottimi, alcuni li ho sentiti ieri sera per la prima volta e quando un pezzo ti piace al primo ascolto vuol dire che ti piacerà di più al secondo. Approvo la loro gestione del pubblico e quel po' di umiltà che non guasta mai rispetto ad altri artisti.
Se apprezzate la loro musica, dovete prima o poi andarli a vedere dal vivo.
Ne vale la pena.
Presentazione Melodia di Daniele Bonfanti
Incontro con Daniele Bonfanti, e Melodia la serata del 14 Dicembre, ore 21.00, a Villa D'Adda (BG), presso la biblioteca comunale. (Via M.T. di Calcutta, presso Scuole Elementari).
Come al solito, vi aspettano letture sceniche e musiche dal vivo.
Presenta Davide Cassia, letture di Luigi Acerbi e di Daniele Bonfanti, musiche in scena di Francesco Angelo Lanza.
Seguirà un rinfresco (lo sappiamo che se no non venite...).
Intervenite numerosi!
Come al solito, vi aspettano letture sceniche e musiche dal vivo.
Presenta Davide Cassia, letture di Luigi Acerbi e di Daniele Bonfanti, musiche in scena di Francesco Angelo Lanza.
Seguirà un rinfresco (lo sappiamo che se no non venite...).
Intervenite numerosi!
Post-Oz
Affidandomi al mio infallibile senso dell'orientamento ho raggiunto sabato sera la sede del teatro di Tavazzano, il Teatro Nebiolo, nonostante la nebbia e la pioggia. Con me il messere Sarrus aka Stefano Sampietro, che consultava una cartina troppo zoomata e mi indicava la via di cui non abbisognavo.
Ci siamo fermati a massacrare una pizza troppo sottile e troppo salata alla Pizzeria da Marina, di fronte al teatro e poi abbiamo scoperto che gli altri compari stavano assediando un altro locale e li abbiamo raggiunti. La tentazione di mangiare la pizza avanzata di crilosa con tappeto di rucola è stata forte, ma ho resistito, per mantenere elastica la panza.
Poi alla biblioteca, a presentare i Corti, a presentare Francesco Angelo Lanza, amico de panza, e conosciuto come Bukoso o Bukoski per gli amici del forum. Io tutto giullare, lui tutto serioso, ma l'effetto di antitesi pare abbia funzionato.
Gente raminga tra una sede e l'altra, e poi una nuova corti-session, a legger racconti, passandosi il testimone a forma di libro.
Una serata piacevole e divertente. Soprattutto perché passata tra amici.
Au revoir.
Poi alla biblioteca, a presentare i Corti, a presentare Francesco Angelo Lanza, amico de panza, e conosciuto come Bukoso o Bukoski per gli amici del forum. Io tutto giullare, lui tutto serioso, ma l'effetto di antitesi pare abbia funzionato.
Gente raminga tra una sede e l'altra, e poi una nuova corti-session, a legger racconti, passandosi il testimone a forma di libro.
Una serata piacevole e divertente. Soprattutto perché passata tra amici.
Au revoir.
XII-Trailer di Inferno 17
E' da oggi disponibile lo XII-Trailer di Inferno 17, scaricabile gratuitamente in formato PDF!
Leggetene un caldo estratto: i primi capitoli, l'intervista al vulcanico Davide Cassia e altri contenuti extra!
Vai alla pagina degli XII-Trailer >
Leggetene un caldo estratto: i primi capitoli, l'intervista al vulcanico Davide Cassia e altri contenuti extra!
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Zodiac
Scrivere una sceneggiatura da fatti realmente accaduti, me ne rendo conto, non deve essere semplice. Lo si intuisce da alcuni film che ho visto ultimamente, come The Hoax, che ho fatto fatica a digerire.
Zodiac era il soprannome che si era dato un serial killer che aveva terrorizzato la città di San Francisco a partire dal 1968. Un caso mai risolto, soprattutto dopo la morte del maggior indiziato per cause naturali. La storia è incentrata su una serie di personaggi che, volenti o nolenti, sono stati coinvolti nei fatti. Giornalisti, poliziotti e un vignettista, appassionato di enigmistica, che trarrà poi dalla storia un libro.
Un cast di "peso", non stelle di prim'ordine, ma attori noti e soprattutto bravi. Mirabile interpretazione di Jake Gyllenhaal (I segreti di Brokeback Mountain, Donnie Darko) nella parte del vignettista, grandioso Mark Ruffalo, uno degli ispettori che seguono il caso, Robert Downey Jr. nella parte del giornalista folle e bravo anche Anthony Edwards, che tutti ricordano come Dottor Greene di E.R.. Ruoli interpretati magistralmente con una classe rara, diretti da un ottimo regista quale David Fincher (Panic Room, Fight Club).
Se la recitazione è uno dei punti forti del film, di contro la trama e il tessuto narrativo a volte balbettano. Fincher l'ha tirata un po' troppo per le lunghe (2 ore e mezza), di un fim che se condensato in meno di due ore sarebbe stato eccellente.
Non fraintendetemi, non mancano passaggi spettacolari e colpi di scena, narrati con dovizia, come ci aveva abituato soprattutto in Fight Club, ma lì era il plot a essere mirabolante.
Questa alternanza di alti e bassi, chiari e scuri, fanno calare l'attenzione dello spettatore in alcuni punti, quasi noiosi, e poi lo fanno saltare sulla sedia in altri.
Forse la parte migliore è il finale, dove il vignettista rincorre i fili dell'indagine che si erano persi negli anni, e l'inizio, quando l'assassino compie le sue efferatezze. Nel mezzo un po' di sbadigli.
Tutto sommato, se amate questo genere, il film non vi dispiacerà. È un po' ostico, bisogna digerirlo per bene e poi capirlo.
Zodiac era il soprannome che si era dato un serial killer che aveva terrorizzato la città di San Francisco a partire dal 1968. Un caso mai risolto, soprattutto dopo la morte del maggior indiziato per cause naturali. La storia è incentrata su una serie di personaggi che, volenti o nolenti, sono stati coinvolti nei fatti. Giornalisti, poliziotti e un vignettista, appassionato di enigmistica, che trarrà poi dalla storia un libro.
Un cast di "peso", non stelle di prim'ordine, ma attori noti e soprattutto bravi. Mirabile interpretazione di Jake Gyllenhaal (I segreti di Brokeback Mountain, Donnie Darko) nella parte del vignettista, grandioso Mark Ruffalo, uno degli ispettori che seguono il caso, Robert Downey Jr. nella parte del giornalista folle e bravo anche Anthony Edwards, che tutti ricordano come Dottor Greene di E.R.. Ruoli interpretati magistralmente con una classe rara, diretti da un ottimo regista quale David Fincher (Panic Room, Fight Club).
Se la recitazione è uno dei punti forti del film, di contro la trama e il tessuto narrativo a volte balbettano. Fincher l'ha tirata un po' troppo per le lunghe (2 ore e mezza), di un fim che se condensato in meno di due ore sarebbe stato eccellente.
Non fraintendetemi, non mancano passaggi spettacolari e colpi di scena, narrati con dovizia, come ci aveva abituato soprattutto in Fight Club, ma lì era il plot a essere mirabolante.
Questa alternanza di alti e bassi, chiari e scuri, fanno calare l'attenzione dello spettatore in alcuni punti, quasi noiosi, e poi lo fanno saltare sulla sedia in altri.
Forse la parte migliore è il finale, dove il vignettista rincorre i fili dell'indagine che si erano persi negli anni, e l'inizio, quando l'assassino compie le sue efferatezze. Nel mezzo un po' di sbadigli.
Tutto sommato, se amate questo genere, il film non vi dispiacerà. È un po' ostico, bisogna digerirlo per bene e poi capirlo.
XII alla notte di Oz
Programma interventi di XII nella kermesse lodigiana (anzi, tavazzanconvillaveschese):
Saranno presenti diversi autori di XII, tra cui: Giulio Cavalli, Daniele Bonfanti, Luigi Acerbi, Davide Cassia, Francesco Angelo Lanza.
- Inizio Manifestazione:
Breve presentazione dell’Associazione Culturale XII, spiegando chi è, cosa fa, e cosa ci fa alla Notte di Oz. Segnalazione degli interventi all’interno della serata, e dei relativi orari.
- Ore 21.30:
Carrellata sui libri pubblicati nel Primo Catalogo , che saranno a disposizione per tutta la durata della manifestazione su un banco atto allo scopo: il pubblico potrà visionare i libri, sfogliarli liberamente. Volendo, acquistarli. Gli autori dei libri che saranno presenti verranno presentati al pubblico, e saranno pronti a rispondere a eventuali domande o, più semplicemente, a chiacchierare con i presenti.
- A seguire:
Prima sessione di lettura dei Corti . Il pubblico sarà invitato a partecipare attivamente leggendo a turno i racconti. La durata della sessione è variabile; di base potrebbe prolungarsi per mezz’ora.
- Ore 22.30:
Lezione gratuita di scrittura creativa. Si procederà alla lezione se il numero di partecipanti è adeguato (almeno 5 interessati).
La lezione sarà tenuta da Daniele Bonfanti, e verterà sugli “step” nella stesura di un’opera di narrativa. Massima flessibilità e possibilità di adattare temi, tono, livello, in base ai partecipanti (età, preparazione, domande). La lezione sarà improntata a un dialogo, e vuole essere un momento divertente oltre che interessante.
Verranno anche raccolti nominativi di chi eventualmente sarà stimolato a approfondire, e fosse interessato a prendere parte ai corsi e laboratori veri e propri che XII intende organizzare in collaborazione con il Comune di Tavazzano, la Bottega dei Mestieri Teatrali e la biblioteca.
L’idea è che la lezione duri tre quarti d’ora, ma anche qui, sarà possibile sforare.
- Ore 0.00
Seconda sessione di lettura dei Corti. Con le stesse caratteristiche della prima.
Possibilità di prolungare a oltranza.
- Ore piccole:
Improvvisazione totale.
Saranno presenti diversi autori di XII, tra cui: Giulio Cavalli, Daniele Bonfanti, Luigi Acerbi, Davide Cassia, Francesco Angelo Lanza.
- Inizio Manifestazione:
Breve presentazione dell’Associazione Culturale XII, spiegando chi è, cosa fa, e cosa ci fa alla Notte di Oz. Segnalazione degli interventi all’interno della serata, e dei relativi orari.
- Ore 21.30:
Carrellata sui libri pubblicati nel Primo Catalogo , che saranno a disposizione per tutta la durata della manifestazione su un banco atto allo scopo: il pubblico potrà visionare i libri, sfogliarli liberamente. Volendo, acquistarli. Gli autori dei libri che saranno presenti verranno presentati al pubblico, e saranno pronti a rispondere a eventuali domande o, più semplicemente, a chiacchierare con i presenti.
- A seguire:
Prima sessione di lettura dei Corti . Il pubblico sarà invitato a partecipare attivamente leggendo a turno i racconti. La durata della sessione è variabile; di base potrebbe prolungarsi per mezz’ora.
- Ore 22.30:
Lezione gratuita di scrittura creativa. Si procederà alla lezione se il numero di partecipanti è adeguato (almeno 5 interessati).
La lezione sarà tenuta da Daniele Bonfanti, e verterà sugli “step” nella stesura di un’opera di narrativa. Massima flessibilità e possibilità di adattare temi, tono, livello, in base ai partecipanti (età, preparazione, domande). La lezione sarà improntata a un dialogo, e vuole essere un momento divertente oltre che interessante.
Verranno anche raccolti nominativi di chi eventualmente sarà stimolato a approfondire, e fosse interessato a prendere parte ai corsi e laboratori veri e propri che XII intende organizzare in collaborazione con il Comune di Tavazzano, la Bottega dei Mestieri Teatrali e la biblioteca.
L’idea è che la lezione duri tre quarti d’ora, ma anche qui, sarà possibile sforare.
- Ore 0.00
Seconda sessione di lettura dei Corti. Con le stesse caratteristiche della prima.
Possibilità di prolungare a oltranza.
- Ore piccole:
Improvvisazione totale.
Apro gli occhi
Apro gli occhi e sono a letto, ma mi rendo conto di essere anche sulla tazza del cesso e vedo me stesso alzarmi, so di essere in auto, in fila dietro altre auto. Eppure ho la consapevolezza anche di essere seduto davanti al tavolo con in mano un caffè. Non sono diventato pazzo, ma centinaia di me stesso stanno compiendo centinaia di azioni quotidiane, tutte nello stesso istante. Vedo persino un me stesso davanti al pc dell'ufficio. L'unica fisicità che non percepisco è quella nel letto, quella nel letto ha gli occhi chiusi, la figura lì distesa è bianca come le lenzuola, cadaverica, la persona nel letto sembra morta.
Poi apre gli occhi, e tutte quelle parti si ricompongono in quella distesa nel letto.
Apro gli occhi e sono a letto. Ho un senso di nausea, non riesco a trattenere il primo fiotto e vomito oltre il letto. Da quella sostanza espulsa si compone un altro corpo, perfettamente uguale al mio. Anche questo nuovo me stesso incomincia a vomitare e compone un altro me stesso.
E così a catena, finché non mi ritrovo sdraiato nel letto e ogni parte uscita da me si ritrova nell’atto di compiere le azioni della iniziale consapevolezza.
Apro gli occhi.
Poi apre gli occhi, e tutte quelle parti si ricompongono in quella distesa nel letto.
Apro gli occhi e sono a letto. Ho un senso di nausea, non riesco a trattenere il primo fiotto e vomito oltre il letto. Da quella sostanza espulsa si compone un altro corpo, perfettamente uguale al mio. Anche questo nuovo me stesso incomincia a vomitare e compone un altro me stesso.
E così a catena, finché non mi ritrovo sdraiato nel letto e ogni parte uscita da me si ritrova nell’atto di compiere le azioni della iniziale consapevolezza.
Apro gli occhi.
Aldilà (2)
Gianni sta preparando un frullato con asparagi, panettone, cozze e barra Lion. Quando accende il frullatore, la lama incaglia nella barra Lion, schizza fuori dalla sua sede e gli entra direttamente in gola portandosi dietro una fontanella gioiosa di sangue. Muore. Buio. Poi una luce, lontana, fievole. Gianni è speranzoso, capisce che al di là del tunnel che porta verso la luce c'è l'eternità. Allora va fiducioso verso il lucore.
Si ritrova in fila ad un check in, un essere alto un metro e mezzo, verde, con quattro braccia e due antenne sta spuntando i nomi da una lista. Oltre il posto di controllo si intravede il vuoto nero dell'universo.
Si ritrova in fila ad un check in, un essere alto un metro e mezzo, verde, con quattro braccia e due antenne sta spuntando i nomi da una lista. Oltre il posto di controllo si intravede il vuoto nero dell'universo.
Blaze - Stephen King
In Blaze ho ritrovato il King di una volta, quello scrittore ricolmo di passione e creatività che da po' di tempo non leggevo. Grazie tante, direte voi, questo romanzo è targato 1973 ed era stato scritto dalla sua controparte dissociata Richard Bachman. Ha scritto questo romanzo alla fine del ciclo del suo alter-ego, è il quinto dei quattro sfornati da Bachman e mai pubblicato, questo perché l'autore lo riteneva una schifezza.
Poi, come per tante cose, il tempo cambia i punti di vista e King l'ha ritrovato in uno scatolone, l'ha riletto, l'ha revisionato e pubblicato dopo più di trent'anni, adattandolo ai giorni nostri.
E ha fatto un ottimo lavoro, secondo me.
La trama è semplice, lineare e tratteggia la storia di un personaggio, Blaze appunto, che entra nel cuore per rimanerci. Pur essendo un "cattivo", è un antieroe dal cuore buono, spinto sulla via della perdizione dalla sua condizione sociale, dal fatto di essere un po' ritardato e dalla frequentazione di cattive compagnie.
Come già detto, ho ritrovato il King di un tempo, quello brioso, giocoso e colmo di passione per la scrittura, passione che, secondo me, si è un po' affievolita negli anni diventando mestiere. La lettura scivola via veloce, spensierata, ma appassiona. Il plot è suddiviso tra la storia presente e i flashback del passato del protagonista. Gustose tutt'e due.
Blaze, come tutti i personaggi di King, è psicologicamente ineccepibile, costruito con maestria, un personaggio vero, reale, non un eroe da copertina concepito per la storia.
Un romanzo dolce, amaro, a tratti commovente e spesso divertente, con quella sottile ironia tagliente dell'autore.
Insomma, l'avete capito: mi è piaciuto.
Leggetelo se amate il Re.
Poi, come per tante cose, il tempo cambia i punti di vista e King l'ha ritrovato in uno scatolone, l'ha riletto, l'ha revisionato e pubblicato dopo più di trent'anni, adattandolo ai giorni nostri.
E ha fatto un ottimo lavoro, secondo me.
La trama è semplice, lineare e tratteggia la storia di un personaggio, Blaze appunto, che entra nel cuore per rimanerci. Pur essendo un "cattivo", è un antieroe dal cuore buono, spinto sulla via della perdizione dalla sua condizione sociale, dal fatto di essere un po' ritardato e dalla frequentazione di cattive compagnie.
Come già detto, ho ritrovato il King di un tempo, quello brioso, giocoso e colmo di passione per la scrittura, passione che, secondo me, si è un po' affievolita negli anni diventando mestiere. La lettura scivola via veloce, spensierata, ma appassiona. Il plot è suddiviso tra la storia presente e i flashback del passato del protagonista. Gustose tutt'e due.
Blaze, come tutti i personaggi di King, è psicologicamente ineccepibile, costruito con maestria, un personaggio vero, reale, non un eroe da copertina concepito per la storia.
Un romanzo dolce, amaro, a tratti commovente e spesso divertente, con quella sottile ironia tagliente dell'autore.
Insomma, l'avete capito: mi è piaciuto.
Leggetelo se amate il Re.
Il Lettore Seriale
Di libri non so saziarmi. Pagina dopo pagina, riga dopo riga, frase dopo frase, divoro la carta, mi immergo totalmente nella storia e vivo la vita di quegli uomini e di quelle donne che si muovono all'interno del romanzo.
Ne finisco uno e subito devo cominciarne un altro, per saziarmi, parzialmente di storie, di universi, di vite.
Non che io non abbia una vita mia, ho una moglie, due figlie bellissime, una famiglia felice, ma, appena ho attimo di tempo, leggo, o meglio, divoro libri. Sul treno che mi porta al lavoro, nella pausa pranzo, in bagno, a volte di nascosto in ufficio, quando non c'è nessuno e poi a casa, prima di cena, dopo cena e a letto.
Amo i libri, li adoro, assaporo la loro consistenza nel palmo, ne annuso le pagine con quella fragranza di nuovo quando sono appena usciti dalla tipografia e quell'aroma di antico quando riposano da anni su uno scaffale.
Nei week end spesso mi infilo in una libreria, ne cerco sempre di nuove e rimango dentro delle ore, cullato dalla vista dei libri impilati e incasellati per genere, autore, editore. Poi immancabilmente ne compro uno, a volte due, spesso tre. Ma non riesco a saziarmi, non riesco a reprimere questo impulso.
Ho finito un altro romanzo, lo guardo, lo annuso, rileggo la quarta di copertina, scruto di nuovo l'immagine della prima. Mi è piaciuto molto questo libro. E allora strappo la copertina, la riduco in piccoli frammenti e poi la ingoio. Poi le pagine, tutte, da prima all'ultima, giù nello stomaco e per ultima la foto dello scrittore.
Ora mi sento sazio.
Ne finisco uno e subito devo cominciarne un altro, per saziarmi, parzialmente di storie, di universi, di vite.
Non che io non abbia una vita mia, ho una moglie, due figlie bellissime, una famiglia felice, ma, appena ho attimo di tempo, leggo, o meglio, divoro libri. Sul treno che mi porta al lavoro, nella pausa pranzo, in bagno, a volte di nascosto in ufficio, quando non c'è nessuno e poi a casa, prima di cena, dopo cena e a letto.
Amo i libri, li adoro, assaporo la loro consistenza nel palmo, ne annuso le pagine con quella fragranza di nuovo quando sono appena usciti dalla tipografia e quell'aroma di antico quando riposano da anni su uno scaffale.
Nei week end spesso mi infilo in una libreria, ne cerco sempre di nuove e rimango dentro delle ore, cullato dalla vista dei libri impilati e incasellati per genere, autore, editore. Poi immancabilmente ne compro uno, a volte due, spesso tre. Ma non riesco a saziarmi, non riesco a reprimere questo impulso.
Ho finito un altro romanzo, lo guardo, lo annuso, rileggo la quarta di copertina, scruto di nuovo l'immagine della prima. Mi è piaciuto molto questo libro. E allora strappo la copertina, la riduco in piccoli frammenti e poi la ingoio. Poi le pagine, tutte, da prima all'ultima, giù nello stomaco e per ultima la foto dello scrittore.
Ora mi sento sazio.
Ghost Whisperer - Presenze
Mi chiamo Melinda Gordon, sono sposata, abito in una piccola città, ho un negozio di antiquariato. Sono una persona come voi, tranne per il fatto che, fin da bambina, ho scoperto di poter parlare con i morti. Nonna li chiamava spiriti intrappolati sulla Terra, coloro non ancora passati oltre perché hanno dei conti in sospeso con i vivi e vengono a chiedermi aiuto. Per raccontarvi la mia storia, devo raccontarvi la loro.
Questo è il siparietto di apertura di Ghost Whisperer (Presenze), almeno nella prima e nella seconda serie. Melinda Gordon è la bella, affascinante e formosa Jennifer Love Hewitt, attrice, cantante, l'ho potuta apprezzare in If Only, film niente male e in altre apparizioni cinematografiche come Gardfield.
Come già vi ha anticipato l'ouverture, nella serie andata in onda in Italia, Melinda abita in una piccola città, ha un negozio di antiquariato e, porca vacca, lei è come noi, tranne il piccolo particolare che vede e parla con i morti... e scusate se è poco.
Visto così potrebbe sembrare un Sesto Senso in gonnella, sa di già visto, già sentito. Mi sono imbattuto per caso in una delle prime puntate e non mi sono più staccato. Perché, a parte il piacere di vedere l'attrice in una serie infinita di abitini che neanche un grande magazzino ha e che ne risaltano il décolleté, la serie è comunque piacevole.
Il plot è sempre lo stesso, lei viene contattata da un fantasma che non riesce a passare oltre, verso la luce (originale, eh?), all'inizio il fantasma è aggressivo o disperato perché non comprende la situazione, perché ha lasciato degli affari in sospeso nel nostro piano dimensionale e Melinda lo aiuta cercando di indagare sul suo passato e sulla sua vita, fino al lieto fine, in cui tutto si risolve e l'estinto trapassa.
Intorno a Melinda gravitano i comprimari, come il marito, che la ama tantissimo, ma tanto tanto, perché le perdona tutto, persino quando va a intrufolarsi in casini galattici e lui, buon samaritano, la tira fuori dai guai. Nella prima serie questa bontà non da fastidio, nella seconda incomincia a dare sui nervi e vien voglia di vederlo incazzato qualche volta, ma non sperateci.
Poi c'è il professore/scienziato che l'aiuta a decifrare i segnali che le giungono dall'aldilà è questa figura è più divertente, cinica, nonostante scopra che il paranormale è un fattaccio concreto, e sarcastica al punto giusto.
Oltre al plot di puntata ne esiste anche uno che tiene insieme tutti i pezzi della serie, un fil rouge che incolla lo spettatore allo schermo e che non svelerò per non spoilerare, ovviamente.
In linea di massima Ghost Whisperer è piacevole, anche se sa di già visto, una minestra mescolata con qualche ingrediente in più, ma nulla da far gridare al miracolo o strapparsi i capelli. Alla lunga poi la trama seriale delle puntate un po' stanca e a volte vira un po' verso il ridicolo. Inoltre, come già ribadito, alcuni personaggi (vedi alla voce Marito) andrebbero rivisti, con un po' più di personalità e di palle, come dicono dalle mie parti.
Se vi piace il genere, amate J.L. Hewitt e le storie misteriose con fantasmi annessi, allora GW fa per voi, in caso contrario non fatevi venire i rimorsi se ve lo siete perso.
Questo è il siparietto di apertura di Ghost Whisperer (Presenze), almeno nella prima e nella seconda serie. Melinda Gordon è la bella, affascinante e formosa Jennifer Love Hewitt, attrice, cantante, l'ho potuta apprezzare in If Only, film niente male e in altre apparizioni cinematografiche come Gardfield.
Come già vi ha anticipato l'ouverture, nella serie andata in onda in Italia, Melinda abita in una piccola città, ha un negozio di antiquariato e, porca vacca, lei è come noi, tranne il piccolo particolare che vede e parla con i morti... e scusate se è poco.
Visto così potrebbe sembrare un Sesto Senso in gonnella, sa di già visto, già sentito. Mi sono imbattuto per caso in una delle prime puntate e non mi sono più staccato. Perché, a parte il piacere di vedere l'attrice in una serie infinita di abitini che neanche un grande magazzino ha e che ne risaltano il décolleté, la serie è comunque piacevole.
Il plot è sempre lo stesso, lei viene contattata da un fantasma che non riesce a passare oltre, verso la luce (originale, eh?), all'inizio il fantasma è aggressivo o disperato perché non comprende la situazione, perché ha lasciato degli affari in sospeso nel nostro piano dimensionale e Melinda lo aiuta cercando di indagare sul suo passato e sulla sua vita, fino al lieto fine, in cui tutto si risolve e l'estinto trapassa.
Intorno a Melinda gravitano i comprimari, come il marito, che la ama tantissimo, ma tanto tanto, perché le perdona tutto, persino quando va a intrufolarsi in casini galattici e lui, buon samaritano, la tira fuori dai guai. Nella prima serie questa bontà non da fastidio, nella seconda incomincia a dare sui nervi e vien voglia di vederlo incazzato qualche volta, ma non sperateci.
Poi c'è il professore/scienziato che l'aiuta a decifrare i segnali che le giungono dall'aldilà è questa figura è più divertente, cinica, nonostante scopra che il paranormale è un fattaccio concreto, e sarcastica al punto giusto.
Oltre al plot di puntata ne esiste anche uno che tiene insieme tutti i pezzi della serie, un fil rouge che incolla lo spettatore allo schermo e che non svelerò per non spoilerare, ovviamente.
In linea di massima Ghost Whisperer è piacevole, anche se sa di già visto, una minestra mescolata con qualche ingrediente in più, ma nulla da far gridare al miracolo o strapparsi i capelli. Alla lunga poi la trama seriale delle puntate un po' stanca e a volte vira un po' verso il ridicolo. Inoltre, come già ribadito, alcuni personaggi (vedi alla voce Marito) andrebbero rivisti, con un po' più di personalità e di palle, come dicono dalle mie parti.
Se vi piace il genere, amate J.L. Hewitt e le storie misteriose con fantasmi annessi, allora GW fa per voi, in caso contrario non fatevi venire i rimorsi se ve lo siete perso.
Amazon Kindle
Jeff Bezos, il boss di Amazon, ha presentato lunedì 19 novembre alla stampa e al mondo Amazon Kindle, lettore di libri elettronici.
Avrà le dimensioni di un libro tascabile, con uno schermo digitale e il prezzo si aggirerà intorno ai 399 dollari (circa 275 euro, iva esclusa).
I titoli disponibili sono tantissimi, quasi novantamila, acquistabili con diverse formule.
Ovviamente non è solo un banale lettore, ma dispone di una memoria flash che potrà archiviare più di 200 titoli (memoria espandibile) e di connessione senza fili, così sarà possibile connettersi alla rete e scaricare le opere da Amazon.
Che dire? Non è il primo tentativo di supporto per e-book, già in passato c'avevano provato ed è sempre stato un colossale flop. Perché dovrebbe funzionare adesso?
I tempi forse sono maturi, la gente si è pian piano abituata a internet e a leggere a video, quindi, forse, una speranza c'è per amazon, che ha investito molto su questo progetto.
I lettori e gli editori storcono il naso, quasi tutti siamo affezionati al caro e buon vecchio tomo cartaceo, ma questo panico tecnofobo serpeggiava anche ai tempi della prima locomotiva, della prima auto, della radio, della televisione, del computer e di internet.
Non fraintendete, io amo i libri nella loro forma cartacea, li subisco e li sorbisco fisicamente, adoro il profumo che hanno appena usciti di stampa, mi piace sfogliarli, leggerli, sentire il fruscio delle pagine. Ho rapporto molto fisico con i libri.
Dico solo che non bisogna mai dire mai, metti caso che fra qualche anno il mercato comincia a girare verso questa innovazione, noi che facciamo? Stiamo alla porta a guardare.
E se mi diventa come l'Ipod?
Meditiamo.
Avrà le dimensioni di un libro tascabile, con uno schermo digitale e il prezzo si aggirerà intorno ai 399 dollari (circa 275 euro, iva esclusa).
I titoli disponibili sono tantissimi, quasi novantamila, acquistabili con diverse formule.
Ovviamente non è solo un banale lettore, ma dispone di una memoria flash che potrà archiviare più di 200 titoli (memoria espandibile) e di connessione senza fili, così sarà possibile connettersi alla rete e scaricare le opere da Amazon.
Che dire? Non è il primo tentativo di supporto per e-book, già in passato c'avevano provato ed è sempre stato un colossale flop. Perché dovrebbe funzionare adesso?
I tempi forse sono maturi, la gente si è pian piano abituata a internet e a leggere a video, quindi, forse, una speranza c'è per amazon, che ha investito molto su questo progetto.
I lettori e gli editori storcono il naso, quasi tutti siamo affezionati al caro e buon vecchio tomo cartaceo, ma questo panico tecnofobo serpeggiava anche ai tempi della prima locomotiva, della prima auto, della radio, della televisione, del computer e di internet.
Non fraintendete, io amo i libri nella loro forma cartacea, li subisco e li sorbisco fisicamente, adoro il profumo che hanno appena usciti di stampa, mi piace sfogliarli, leggerli, sentire il fruscio delle pagine. Ho rapporto molto fisico con i libri.
Dico solo che non bisogna mai dire mai, metti caso che fra qualche anno il mercato comincia a girare verso questa innovazione, noi che facciamo? Stiamo alla porta a guardare.
E se mi diventa come l'Ipod?
Meditiamo.
On Writing - Stephen King
Mi è ricapitato sottomano i questi giorni e mi è venuta voglia di rileggerlo e di scriverci un pezzo.
Il sottoscritto, come penso la maggior parte degli scrittori, ha passato fasi alterne di passione, creatività sfrenata, ispirazione scarsa o inesistente. Nei primi anni novanta ero molto più sognatore di adesso, scrivevo già dall'età di 12 anni, pezzi veramente imbarazzanti, e avevo già all'attivo due romanzi fantasy, naturalmente nel cassetto.
Poi scrissi il mio primo thriller nel '91: una ciofeca totale. Nel '92 scrissi La Prigionia del Cielo e ci misi veramente passione e in effetti è una delle trame migliori, a mio giudizio, che io abbia mai elaborato. Poi altri tentativi e nel '93 Morte di un Perdente.
Da quel momento in poi il buio più totale. Avevo perso la fiducia nei miei mezzi, mi ero scontrato con il duro mondo dell'editoria e soprattutto non vedevo i miei limiti, non capivo perché nessuno mi desse retta a parte un piccolo gruppo di amici.
E non scrissi quasi più niente.
Poi nel 2000 mi viene regalato On Writing dalla mia dolce metà. E, amici, questo libri mi ha fatto ritornare la voglia di scrivere. Nel giro di 3 anni ho scritto ben 5 romanzi.
Chiunque ami scrivere o abbia velleità da imbrattacarte deve leggerlo. Non importa se non vi piace King. Se siete scrittori o aspiranti tali, in questo libro leggerete la vita di un autore che è partito dal nulla, solo con un sogno e con una passione viscerale ed è diventato uno degli scrittori più letti al mondo.
King parla della sua vita e in questo modo anche del mestiere di scrittore, dedicando anche diversi capitoli alla metodologia e alla tecnica, naturalmente la sua tecnica, anche se analizza vari aspetti del mestiere.
Affascinante, coinvolgente, divertente, non dovrebbe mancare nella collezione di uno scrittore.
Il sottoscritto, come penso la maggior parte degli scrittori, ha passato fasi alterne di passione, creatività sfrenata, ispirazione scarsa o inesistente. Nei primi anni novanta ero molto più sognatore di adesso, scrivevo già dall'età di 12 anni, pezzi veramente imbarazzanti, e avevo già all'attivo due romanzi fantasy, naturalmente nel cassetto.
Poi scrissi il mio primo thriller nel '91: una ciofeca totale. Nel '92 scrissi La Prigionia del Cielo e ci misi veramente passione e in effetti è una delle trame migliori, a mio giudizio, che io abbia mai elaborato. Poi altri tentativi e nel '93 Morte di un Perdente.
Da quel momento in poi il buio più totale. Avevo perso la fiducia nei miei mezzi, mi ero scontrato con il duro mondo dell'editoria e soprattutto non vedevo i miei limiti, non capivo perché nessuno mi desse retta a parte un piccolo gruppo di amici.
E non scrissi quasi più niente.
Poi nel 2000 mi viene regalato On Writing dalla mia dolce metà. E, amici, questo libri mi ha fatto ritornare la voglia di scrivere. Nel giro di 3 anni ho scritto ben 5 romanzi.
Chiunque ami scrivere o abbia velleità da imbrattacarte deve leggerlo. Non importa se non vi piace King. Se siete scrittori o aspiranti tali, in questo libro leggerete la vita di un autore che è partito dal nulla, solo con un sogno e con una passione viscerale ed è diventato uno degli scrittori più letti al mondo.
King parla della sua vita e in questo modo anche del mestiere di scrittore, dedicando anche diversi capitoli alla metodologia e alla tecnica, naturalmente la sua tecnica, anche se analizza vari aspetti del mestiere.
Affascinante, coinvolgente, divertente, non dovrebbe mancare nella collezione di uno scrittore.
Mi Fido di Te - Ale & Franz
La coppia Alex e Franz dopo l'infelice esordio cinematografico del 2005 con La Terza stella ci ha riprovato nel 2006 con questo Mi fido di te.
Abituati a vederli in gag esilaranti sul palco di Zelig e poi in televisione con un loro spettacolo, si viene un po' spiazzati dall'inizio malinconico del film. Sì, perché Franz è un manager rampante che ha perso il lavoro da 1 mese e si è ridotto a lavorare come benzinaio e come "omino dell'acqua" - quello che consegna la minerale - e Alex è disoccupato, campa di piccole truffe e deve dei soldi a degli strozzini che gli vogliono fare la pelle. Tutt'e due non lo vogliono far sapere alle rispettivi consorti - Franz ha una famiglia, due bambini e un mutuo da pagare, Alex una fidanzata che non gli crede più e lo lascia.
I due si incontrano per caso e mescolano le loro abilità per "lavorare" a truffe sempre più elaborate.
Il film funziona, nonostante una certa tristezza che aleggia soprattutto nella prima mezz'ora del film, stemperata lievemente da qualche spiritosaggine dei due. Si riflette sulla condizione precaria del lavoro in Italia, sulla vita, sull'amicizia e sull'amore, quei valori fondamentali che ogni uomo dovrebbe conquistare e avere. L'intreccio non stanca, supportato ottimamente anche dalla controparte femminile (Lucia Ocone e Maddalena Maggi), che gioca un ruolo fondamentale nella risoluzione del finale.
Posso dire con certezza che il duo ha centrato l'obbiettivo al secondo tentativo, supportato anche da Massimo Venier che aveva dato lustro a diversi film di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Una storia agrodolce che non mancherà di far divertire, riflettere e godere di un'ora mezza di buon intrattenimento.
Abituati a vederli in gag esilaranti sul palco di Zelig e poi in televisione con un loro spettacolo, si viene un po' spiazzati dall'inizio malinconico del film. Sì, perché Franz è un manager rampante che ha perso il lavoro da 1 mese e si è ridotto a lavorare come benzinaio e come "omino dell'acqua" - quello che consegna la minerale - e Alex è disoccupato, campa di piccole truffe e deve dei soldi a degli strozzini che gli vogliono fare la pelle. Tutt'e due non lo vogliono far sapere alle rispettivi consorti - Franz ha una famiglia, due bambini e un mutuo da pagare, Alex una fidanzata che non gli crede più e lo lascia.
I due si incontrano per caso e mescolano le loro abilità per "lavorare" a truffe sempre più elaborate.
Il film funziona, nonostante una certa tristezza che aleggia soprattutto nella prima mezz'ora del film, stemperata lievemente da qualche spiritosaggine dei due. Si riflette sulla condizione precaria del lavoro in Italia, sulla vita, sull'amicizia e sull'amore, quei valori fondamentali che ogni uomo dovrebbe conquistare e avere. L'intreccio non stanca, supportato ottimamente anche dalla controparte femminile (Lucia Ocone e Maddalena Maggi), che gioca un ruolo fondamentale nella risoluzione del finale.
Posso dire con certezza che il duo ha centrato l'obbiettivo al secondo tentativo, supportato anche da Massimo Venier che aveva dato lustro a diversi film di Aldo, Giovanni e Giacomo.
Una storia agrodolce che non mancherà di far divertire, riflettere e godere di un'ora mezza di buon intrattenimento.
I Corti di XII - Il Colpo di Giordano Efrodini
Un colpo? Cosa potrà mai voler dire un racconto della raccolta Corti con questo titolo? Una rapina in banca, un malore improvviso e fulminante o qualcosa d'altro?
Non vi resta che provare a leggerlo e scoprire cosa voleva rappresentare Giordano Efrodini.
- Autore: Giordano Efrodini
- Corto: Il Colpo
- Categoria: Welter (1800 caratteri)
Non vi resta che provare a leggerlo e scoprire cosa voleva rappresentare Giordano Efrodini.
- Autore: Giordano Efrodini
- Corto: Il Colpo
- Categoria: Welter (1800 caratteri)
SBONK! Un altro colpo, più delicato dei precedenti. La spinta mi catapulta in avanti. Di nuovo, non ho il tempo di capire. Avanti, giù, in dietro, su. Il mondo mi gira sopra e sotto. Avanti, giù, in dietro, su. Tutto al rallentatore, una spietata moviola. E con la coda dell’occhio, sembra che il mondo rotoli con precisione. Alberi e colline, acqua e sabbia. Non mi dice nulla, un paesaggio che è deserto, pianura e collina. Di nuovo, sembra non finire. Come me, che vado chissà dove. Rotolo sull’erba e non capisco cosa succede. Chi mi ha colpito? Dove sono? Quando mi fermerò? Cos’è quello? Mio dio, cos’è quello? Vedo un burrone, un fosso, un buco perfetto al centro della pianura. Cerco di aggrapparmi a qualcosa, ma non ci riesco. Qui c’è solo erba, corta e verde erba di un colore troppo acceso. Ci rotolo sopra, verso un breve infinito. Il mondo è verde, azzurro, nero, verde, azzurro… cambia colore come un camaleonte impazzito che pigramente rotola sulla vernice, e invece sono io che rotolo e i colori mi turbinano intorno. E poi, cado. Buio, solo buio. E un cerchio azzurro sulla mia testa. L’Infinito, non così profondo.
Poi, una voce: «Bel colpo, Marv!»
«Credevo di non farcela.» Risponde, affaticato, l’altro.
«Oh, avanti… non sei di molto sopra al par, possiamo recuperare.»
Con un sorriso incerto, l’altro si lascia convincere: «Okay, mancano molte buche. Continuiamo.»
Io odio il golf!
Poi, una voce: «Bel colpo, Marv!»
«Credevo di non farcela.» Risponde, affaticato, l’altro.
«Oh, avanti… non sei di molto sopra al par, possiamo recuperare.»
Con un sorriso incerto, l’altro si lascia convincere: «Okay, mancano molte buche. Continuiamo.»
Io odio il golf!
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