Da inizio anno ho voluto impormi questa sfida: rileggere The Stand (L'ombra delle scorpione), o meglio, leggere la versione completa con le parti che erano state tagliate dall'editor negli anni ottanta e poi uscite con una versione integrale voluta da King.
In sostanza, in alcuni punti la prolissità del caro Stephen raggiunge vette credo mai toccate in altri romanzi, tanto da indurmi a volte saltare a pié pari alcuni paragrafi.
Devo dire però che alcune parti nuove sono gustose, aggiungono spessore ad alcuni personaggi un poco trascurati e un background più ricco ad altri che erano un po' spogli.
Un'altra impression che ho ricevuto è che i romanzi mitici vengono ridimensionati quando riletti, soprattutto quando la lettura viene rifatta a diversi anni di distanza. Con l'esperienza acquisita nel tempo come autore e con l'occhio critico un po' più esperto, posso dire che l'opera in certi suoi punti denota la deriva narrativa di King e vengono alla luce alcune pecche che poi con il tempo il re del brivido ha affinato.
So che a molti la gestione del POV ballerino da fastidio da matti e in questo romanzo, anche con le parti aggiuntive, a volta balla di brutto. A me non ha dato fastidio.
In alcune parti poi la pulizia del testo, che lui decanta in On Writing, soffre di troppa farcitura di avverbi e periodi a cui viene un po' troppo tirato il collo.
A parte queste piccole pecche, nel suo insieme rimane un'opera di gran valore, ma nella mia classifica personale di King scende di qualche posizione a favore di alcune opere più mature e di ultima generazione.
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