Cambi di prospettiva

Con l'andare dell'età (ahimé, quest'anno sono 46) e dei fatti della vita, cambiano le prospettive. Ho scoperto l'acqua calda, lo so, ma sono quelle cose che ti ripetono gli altri, i parenti, gli amici, e a cui tu stenti a credere. A me non capiterà, bla bla.
E invece succede. Non cambi solo modo di affrontare i problemi, ma anche approccio alla vita e al prossimo. Per me, oltre al passare del tempo, è anche il fatto di essere diventato padre. È cambiato tutto: le priorità, le responsabilità, ecc, ecc, ma anche la sensibilità verso determinati argomenti (anche qui l'acqua calda, con una scorza di lime, grazie).
Quando vedo un film, quando leggo un libro, in cui sono coinvolti i sentimenti (amore, orgoglio, odio, pregiudizio e stokazzo), mi scopro a piangere come un maiale sgozzato. Ma lacrime, eh. Quelle vere. Anche su scene palesemente artefatte per suscitare quel tipo di reazione. Sono diventato una mozzarella, e nemmeno di marca.
Mi sta capitando anche nella scrittura. Badate bene, non è che piango a ogni paragrafo, anzi, non piango affatto, ma mi sono accorto che lo sviluppo e la mappatura caratteriale di determinati personaggi è stata arrichita da questa mia nuova sensibilità (e grazie al cazzo, direte voi).
È palese in Abisso di Anime. E in effetti diverse persone che l'hanno letto, mi hanno confermato di essersi commosse su alcuni passaggi particolarmente toccanti che io (con malizia, direi) ho costruito giustappunto per provocare questo tipo di emozioni.
Con questo non voglio dire che il mio prossimo romanzo sarà pubblicato da Harmony con il titolo Lacrime di Padre, ma che probabilmente l'intelaiatura emotiva dei miei personaggi risulterà un filo più complessa e che, ci saranno personaggi padri e personaggi figli.
Però Lacrime di padre è lì, pronto a essere sfornato, quindi tremate, peggio di un horror.

Alieni che scoreggiano

Ebbene sì, in passato ho lavorato in una redazione di un editore. Qualcuno di voi di certo se lo ricorda, erano le Edizioni XII. Pensate, per un breve periodo ho anche avuto la carica di presidente. Proprio quando ha chiuso i battenti...
Tutto questo per dire cosa? Ah, sì. Ogni tanto mi arrivano ancora dei manoscritti da valutare e, sappiatelo, se a me ne arrivano una decina all'anno, pensate a una redazione seppur piccola com'era la realtà di XII. Rispondo a tutti cortesemente, spiegando che non faccio più parte di una casa editrice e che in realtà abbiamo chiuso ormai da ben quattro anni passati. A tutti suggerisco il percorso dell'autoproduzione, con tutti i crismi di qualità che ognuno dovrebbe imporsi.
Tra le opere giunte ce ne sono alcune che spiccano per sfrenata ricerca della originalità, che si sa, ormai è una chimera. Uno di questi mi ha particolarmente divertito, non citerò il nome dell'autore ovviamente per non avere grane, ma non è un'autore autoprodotto, perlomeno a oggi non è ancora apparso sul grande palco degli indie.
Trattasi di un romanzo di fantascienza in cui, manco a dirlo, la terra viene invasa dagli alieni, ma la particolarità di questi extraterresti è che scoreggiano, e di brutto. Ne hanno fatto la loro arma segreta e la loro forma di energia. E in effetti a vedersi sembrano delle palle, di gas, e uccidono all'istante con le loro emissioni mefitiche. I motori delle astronavi sono alimentati dalla loro produzione intestinale e persino alcune armi, oltre al loro posteriore, emettono questo gas letale.
Be', forse si può proporre come parodia o romanzo satirico\comico, ma ha bisogno di una sana dose di editing. Non sono arrivato alla fine, quindi non so dirvi se può essere valido o meno, e io sono il meno indicato a demonizzare qualcuno che in un romanzo parla di emissioni intestinali (il motivo ve lo spiegherò forse fra qualche mese).
Tutto sommato, a parte qualche mal di testa per periodi astrusi e troppo verbosi, quella parte che ho letto mi ha divertito.
Chissà, forse apparirà prima o poi, con la speranza che sia passato nella cesoia di un buon editor.

Editori a pagamento

Credo di averne parlato fino alla nausea, ma ancora oggi per email mi arrivano proposte di pubblicazione a pagamento.
Mi pare strano parlarne, nel 2016, con l'evoluzione che sta subendo il mercato. Eppure, evidentemente, queste aziende resistono, facendo soldi su le schiere di grafomani e aspiranti scrittori che affollano il Belpaese.
Anche se in passato ho pubblicato con questo tipo di editori, e, anzi, proprio per questo posso affermare che non c'è nessun valore aggiunto nell'affidarsi a questa possibilità per vedere la propria opera in forma di libro.
I contratti proposti non sono mai vantaggiosi per l'autore. Gli editori a pagamento fanno scarsa promozione o nessuna, nemmeno sui social. Nella maggior parte dei casi non hanno distribuzione, o distribuiscono online con prezzi spesso troppo alti. Quelli più onesti propongono contratti di poche migliaia di euro per stampare alcune centinaia di libri, altri arrivano a prezzi molto più alti.
Il core business di queste aziende non è pubblicare libri, ma spennare quei poveri autori, sprovveduti, che hanno il loro manoscritto nel cassetto e lo vogliono tenere tra le mani, far leggere agli amici e ai parenti. Un editore dovrebbe credere nei propri autori, come una squadra di calcio tiene ai propri giocatori.
Certo, essere un editore nel vero senso del termine non è semplice, e anche qui parlo per esperienza. Ci si scontra con un mondo che ancora si basa su meccanismi obsoleti, e il margine di guadagno è veramente risicato.
Quindi mi sento dire, a tutti coloro che vogliono pubblicare un romanzo, non fatelo con editori a pagamento. Scegliete la via tradizionale, oppure, semplicemente, fate da soli, perché nel 2016 è possibile con diversi strumenti e diversi siti.
Non fatevi abbindolare.

Vivere di scrittura

Spesso questa domanda mi arrovella l’encefalo: potrei vivere di scrittura?
La risposta è: sì.
Il problema più grande sarebbe vincere le paure di fare questo grande passo, perché, per farlo dovrei dedicarmici anima e corpo a tempo pieno. E qui vado incontro a quegli ostacoli della vita moderna, cioè pagare il mutuo, mantenere due figli e i costi di un'esistenza agiata e confortevole da abitatante di quella fortunata parte di mondo occidentale. Il lavoro fisso da la possibilità di avere un introito sicuro alla fine di ogni mese, lavorando invece solo di intelletto, diventerei l’imprenditore di me stesso, con tutti i rischi che questo comporta.
Certo, se facessi solo quello, potrei portare avanti anche dei progetti più commerciali, pensare appunto come un azienda che deve fare profitto, e non gingillarmi con storie difficili da piazzare sul mercato. Un paranormal romance, uno pseudo porno e qualcosa che parli di zombie, perché quelli vanno sempre. Ovviamente con uno pseudonimo.
Dovrei stare di più sui social, fare promozione e scrivere articoli sul blog.
Con il tempo che mi avanza potrei anche scrivere quello che davvero mi interessa.
Quali margini di profitto potrei raggiungere? Difficile da dire. Certo il mercato degli ebook autoprodotti sta evolvendo, ma ci vorrebbe qualche  annetto per raggiungere quote decenti.
Sarebbe un vero e proprio lavoro, eh sì. Forse sarei meno stressato, o no? Mi sentirei più realizzato? Sono domande a cui non so dare una risposta.
Al momento rimane un sogno, una meta forse irraggiungibile. Perché ho fatto altre scelte, e sono felice di averle fatte. Forse se diventasse un vero lavoro, perderei la voglia, lo slancio e la passione.
Per adesso rimane là, un bel miraggio, una possibilità remota, e, come tutti i bei sogni, mi fa sentire bene sapere che è lì.

Doom 1993


Quante notti passate a giocare a questo fantastico gioco di ID Software del 1993. Vederlo adesso girare con quei pixel enormi mi fa venire mal di testa. E scatta sempre il problema della nostalgia e del ricordo che viene inevitabilmente ridimensionato dall'esperienza videoludica attuale.
Eppure Doom mantiene intatto il suo fascino, soprattutto per le atmosfere horror e quel senso di inquietudine che riesce ancora a trasmettere. Ricordo bene quando alle due di notte con le cuffie calcate in testa, girato un angolo, mi ritrovai un draghetto che non avevo visto che mi ringhiò contro. Saltai sulla sedia e gridai per la sorpresa e la stizza. Mia madre accorse pensando a un malore e si arrabbiò non poco quando vide che in realtà stavo ancora giocando in piena notte.
Per quei pochi che non lo conoscono, Doom è un FPS, un first person shooter, ambientato sulle lune di Marte, Deimos e Phobos. Qui scienziati terrestri hanno condotto esperimenti sul teletrasporto che naturalmente non sono andati come sperato e hanno dischiuso un portale direttamente sull'inferno.
Il giocatore impersona un marine che deve tentare di salvarsi la pellaccia e facendo questo arriverà direttamente all'inferno.
L'obiettivo in ogni livello è semplicemente quello di raggiungere l'uscita. Dal momento che decine di nemici si frappongono, l'unico modo per arrivarci è farli fuori tutti e per fare questo avremo a disposizione diverse armi, che si trovano sui vari livelli. All'inizio si avranno solo i pugni e una pistola insignificante. Le maggiori soddisfazioni si avranno con la motosega e il BFG9000, fucile a energia, che, se usato con maestria, spazzerà via la maggior parte dei nemici.
L'engine di Doom è si distingue da quello di Wolfenstein per diverse evoluzioni, e, quindi, i livelli sono più vari e complessi. Per la prima volta in un gioco ID si affrontano livelli con differenti altezze e con condizioni di luce diversa, rendendo alla perfezione l'atmosfera horror-scifi di cui parlavo prima. I livelli cominciano con un tema futuristico nella base militare su Phobos e cambiano gradualmente ad un ambiente infernale, completo di simboli satanici, corpi mutilati e cadaveri.
Mi sono divertito a giocarlo di nuovo. Ma alla fine avevo mal di testa e gli occhi pulsanti iniettati di sangue.Era un capolavoro nel 1993 e dopo ventitre anni qualche emozione ancora la suscita.

Comitato di controllo qualità ebook autopubblicati

Nel mondo ancora selvaggio dell'autopubblicazione, ci sono milioni di dubbi e poche certezze per capire se vale la pena o no acquistare un ebook di un autore indie.
Ci si può basare sulle recensioni, sulle stellette ricevute su Amazon. Ma in questo tristo mondo nemmeno questo segnale è indice di bontà. Certo, perché qualcuno se le può comprare, o autocompilare creando utenti fake.
Le classifiche di vendita? Nemmanco quelle. Ci sono decine di modi per far salire il proprio ebook nella classifica di Amazon, tutte becere e degne di espulsione dal creato.
E allora come si fa? Potremmo creare un comitato di controllo qualità degli ebook autopubblicati.
E già, ma chi ne dovrebbe far parte e, soprattutto, chi garantisce la loro integrità politica e morale?
Si potrebbero candidare nomi conosciuti nel mondo del self-publishing e poi farli votare tramite sondaggio. E poi? Cosa dovrebbero fare? Emettere un bollettino sulla qualità di un elenco di ebook, ogni mese o ogni settimana e fare apporre, magari proprio da Amazon, un'etichetta con scritto CCQEA Approved. Sarebbe un segno distintivo di eccellenza.
Eh? È una minchiata?
Mmh, probabilmente sì. Più che altro per la gestione intrinseca di tutto quanto il processo e per il tempo rubato a chi di mestiere dovrebbe invece fare solo lo scrittore. Non so, forse ci sarebbero anche dei conflitti di interessi interni o screzi tra i membri del comitato. E poi, si sa, de gustibus. Anche se, forse, un comitato dovrebbe solo decidere su formattazione, editing, professionalità e lasciare spazio di valutazione della trama ai lettori.
Penso che l'unico modo per capire quali ebook meritino di essere letti sta al buon senso del navigante. Informarsi sull'autore, sul suo metodo di lavoro, leggere più recensioni, cercare info sui social e fidarsi magari anche di blogger di comprovata fiducia.
Troppo sbattimento? Forse, ma al momento rimane l'unico modo per trovare ebook di qualità.

Rilettura classici: L'ombra dello scorpione di S. King

Da inizio anno ho voluto impormi questa sfida: rileggere The Stand (L'ombra delle scorpione), o meglio, leggere la versione completa con le parti che erano state tagliate dall'editor negli anni ottanta e poi uscite con una versione integrale voluta da King.
In sostanza, in alcuni punti la prolissità del caro Stephen raggiunge vette credo mai toccate in altri romanzi, tanto da indurmi a volte saltare a pié pari alcuni paragrafi.
Devo dire però che alcune parti nuove sono gustose, aggiungono spessore ad alcuni personaggi un poco trascurati e un background più ricco ad altri che erano un po' spogli.
Un'altra impression che ho ricevuto è che i romanzi mitici vengono ridimensionati quando riletti, soprattutto quando la lettura viene rifatta a diversi anni di distanza. Con l'esperienza acquisita nel tempo come autore e con l'occhio critico un po' più esperto, posso dire che l'opera in certi suoi punti denota la deriva narrativa di King e vengono alla luce alcune pecche che poi con il tempo il re del brivido ha affinato.
So che a molti la gestione del POV ballerino da fastidio da matti e in questo romanzo, anche con le parti aggiuntive, a volta balla di brutto. A me non ha dato fastidio.
In alcune parti poi la pulizia del testo, che lui decanta in On Writing, soffre di troppa farcitura di avverbi e periodi a cui viene un po' troppo tirato il collo.
A parte queste piccole pecche, nel suo insieme rimane un'opera di gran valore, ma nella mia classifica personale di King scende di qualche posizione a favore di alcune opere più mature e di ultima generazione.

Essenza gratis per 24 ore


Il mondo e dominato dalle multinazionali, queste aziende controllano tutto, anche il governo stesso dove operano. Esiste un paese in particolare dove una di queste multinazionali regna sovrana sopra ogni cosa: la Macrosheet. Controlla tutto e tutti grazie ad un'organizzazione massonica segreta, la Lianza, che annovera tra le sue fila tutte le personalità importanti di molti paesi e li tiene tutti a guinzaglio grazie ad una droga chiamata semplicemente "Essenza". Ma da dove si ricava questa droga? E perché negli stabilimenti della Macrosheet sono imprigionati migliaia di reietti? Sembra impossibile evadere da questi stabilimenti-prigione, ma due condannati riescono a fuggire, diventano dei fuggiaschi nel grande paese dominato dalla megalopoli. Riusciranno a raggiungere, tra mille pericoli e rischiando la vita, i pochi elementi rimasti della resistenza che si nasconde nel sottosuolo?

Essenza è uno dei miei romanzi più sofferti e arzigogolati. Un'opera che tratta di un argomento che suppongo pochi hanno trattato, o hanno avuto l'ardire o l'incoscienza di trattare.

Scritto tra il 2002 e il 2003 fu pubblicato su lulu nel 2007, così com'era, con poco editing, senza formattazione, giusto per il gusto di vederlo nascere. Ritirato nel 2010 per un briciolo di dignità.

Ora è ritornato, dopo un duro lavoro di editing di Germano M, ma pochi se ne sono accorti. Sì, perché le attenzioni erano e sono tuttora per Abisso di Anime e i progetti futuri. O forse anche perché avevo paura delle critiche che avrebbero potuto cadermi addosso, chi lo sa.
È disponibile da fine ottobre 2015.
Oggi invece è gratuito per tutto il giorno.
Approfittatene.

Il blog è morto, lunga vita al blog

Qualcuno di voi avrà di certo notato che ho ricominciato a scrivere regolarmente su questo blog, sito ufficiale, contenitore di frasi alla rinfusa, chiamatelo come vi pare. Questo perché credo che sia inutile avere un sito e non aggiornarlo e, in secondo luogo, perché magari attrae lettori.
Non era aggiornato per mancanza di tempo, ma, diciamoci la verità, anche perché ero sempre dubbioso su cosa scrivere e non scrivere. Non che ora abbia trovato del tempo in più.
Il primo periodo di vita è stato di cazzeggio, nel senso che scrivevo tutto quello che mi passava per la testa e il risultato lo potete trovare nei primi anni, con post di cui ora un po' mi vergogno, ma che non rinnego. Quel che è fatto e fatto, e, in fin della fiera, sono parte di me, di quella parte di me cazzara e giocosa.
Dopo qualche anno, su consiglio di amici scrittori, ho tentato di dare un tono più serioso al tutto, in fondo era lo strumento di comunicazione di uno scrittore, e che cazzo, e quindi bisognava parlare di scrittura, fare recensioni, non necessariamente di libri. Alla fine è diventato solo il luogo dove postare notizie sul mio conto e poi nemmeno quello. Poi è morto, è risorto, è morto di nuovo e ora sto cercando di riportarlo in vita con qualche scossa di defibrillatore.
Non è semplice tenere aggiornato un blog e cercare di scrivere qualcosa di interessante ogni giorno. E in effetti non è che ogni giorno tiro fuori una perla di saggezza e un post elegante e intrigante. Come ho imparato da altri blogger, c'è bisogno di un minimo di pianificazione e organizzazione, magari parlare negli stessi giorni della settimana degli stessi argomenti.
Ma, in tutta sincerità, non so se ce la farò. Ci provo e vediamo come va.

L'odissea dell'inedito

Tu scrivi il tuo bel romanzo. Lo ami tanto, ci hai messo tutta l'anima.
Quest'opera parla anche di te, della tua passione per la scrittura. Sei certo che quando lo leggerà un editore vorrà subito pubblicarti.
Ascoltami. Non è così.
Prima di tutto, a meno che non hai mangiato uno Zanichelli, o sei un genio della sintassi, il tuo prodotto sarà qualcosa di spurio, con angoli da smussare, periodi da rivedere. Questo lavoro non lo puoi fare tu. Puoi fare tutte le revisioni che vuoi, ma avrai sempre bisogno di un aiuto esterno.
Fidati. In rete ci sono tanti bravi editor, affidati con sicumera a loro. Magari prima informati bene sulla loro intergrità e professionalità. Ah, certo, c'è da pagare, è il giusto prezzo per avere qualcosa di decente da presentare.
E a questo punto rinuncia agli editori. Hai una possibilità su un milione di farti notare, anche se hai scritto il libro migliore dell'universo.
No, non sono un disilluso pessimista senza speranze. Sono realista. Ho fatto la mia piccola esperienza dall'altra parte della barricata, che, seppur positiva, mi ha fatto comprendere meglio i meccanismi che regolano quella realtà.
Te lo dico perché ci sono passato anche come autore, a partire dalla SIAE che per gli scrittori è un ente inutile, passando attraverso gli editori a pagamento (guardati da loro, sono il male!) e per finire nelle regole di invio di tutti gli altri. C'è chi lo vuole stampato, inviato a una casella postale, c'è chi vuole solo la sinossi con una breve presentazione, c'è chi vuole il file via mail, ma la maggior parte di loro non ti risponderà, forse per mancanza di cortesia, ma più probabilmente per mancanza di tempo.
E allora ti dico: agisci come un libero professionista, un autore indipendente, porta ai massimi livelli il tuo prodotto e lanciati nel mondo del self-publishing. Questo è il momento giusto.
Se il tuo scopo è farti notare, e la tua opera è più che valida, vedrai che qualcuno verrà a bussare alla tua porta.
Oppure, credici, ti capiterà di essere contento così e forse guadagnerai più di quello che avresti potuto avere con un editore tradizionale.

Il demone dei videogiochi

Del demone dei videogiochi parlo in Netgamers.

Ma perché lo ritiro in ballo ora? Perché io non riesco a sconfiggerlo e forse non voglio.
È un fedele compagno che mi ha accompagnato per decenni, direi da quando negli anni ottanta è entrata una delle prime console da casa, e poi più tardi lo spectrum 48k, l'Amiga e i Personal Computer.
In tutti questi anni, quasi trenta ormai, ce la siamo spassata. Ho trascorso piacevoli ore e a volte anche giornate in mondi virtuali, trascurando lo studio, il lavoro e, ahimè, la scrittura.
Questo non mi ha impedito di scrivere una decina di romanzi, ma ho come il sospetto, anzi, è quasi una certezza, che senza il demone ne avrei scritti molti di più.
Forse, però, senza di lui non avrei potuto alimentare il mio immaginario e creare appunto Netgamers.
È tutta una contraddizione, lo so, come tutte le passioni forti nasconde risvolti negativi e positivi.
Nemmeno ultimamente riesco a darmi una regolata. Nel senso che mi metto di buona volontà, imposto delle scadenze, delle tabelle di marcia (tipo scrivere 1000 parole al giorno), e ci sono dei periodi in cui riesco a rispettarle. Ma poi, immancabilmente, come se fossi in crisi di astinenza, devo buttarmi su qualche videogiochi, per scaricare e alimentare quella voglia di fantastico che da sempre brama in me.
Credo che non ci sia soluzione.
Non posso combattere il demone, devo solo conviverci.

La sfida della banana

Oggi è sabato (applausi).
Quindi post di allegerimento rispetto a quelli barbosi, pomposi e tronfi della settimana.
Fin da adolescente mi sono sempre vantato di poter scrivere poesie e componimenti, così, al volo, senza nemmeno pensarci troppo. Tu dammi qualsiasi argomento e ti scrivo una poesia.
Bello stronzo, direte voi.
Eppure spesso ci sono riuscito. Una di quelle che ricordo con gusto e piacere e quando mi pavoneggiai con un collega di allora, era il 1995, e lui mi sparò fuori una banana.
E uscì questo componimento:


Banana gusto menta
Fin da ora già mi tenta
Sugosa secca o affettata
La metto pure nell'insalata
Stai attento alla sua buccia
Che di mano già ti sguscia
Se ti cade sul selciato
Potresti trovarti infortunato

Una vera schifezza, vero?
Ma l'importante non è che piaccia o che stia dentro i canoni della poesia classica.
L'importante è aver vinto la sfida.

P.S: il collega comunque la trovò divertente.

Fonte di ispirazione

Da dove traggo ispirazione per i miei romanzi?
Praticamente da qualsiasi cosa. Da un articolo di giornale, da uno scambio di vedute, da altri libri, film, per associazione di idee, oppure, semplicemente da una serie di parole messe lì per caso, come il titolo potenziale di un romanzo (come ho già confessato in questo post).
Per me è semplice inventare una storia dal nulla, poi, chiaro, farlo diventare qualcosa di concreto come un racconto o un romanzo è tutto un altro discorso. Se non fosse così farei altro e non lo scrittore.
Mi capita ad esempio in questo periodo da buttar lì trame potenziali anche dai cartoni animati che guardano i miei figli, perché alcuni di essi sono intelligenti e nascono da autori con gli attributi.
Però non badate troppo all'ispirazione, è solo frutto casuale di un'intuizione del momento, per scrivere non bisogna attenderla, non bisogna disperarsi se non c'è. È sopravvalutata, è qualcosa che spesso si tira in ballo quando si parla di persone creative, ma il lavoro del creativo non dipende da essa, è un lavoro duro, certosino, che costruisce giorno per giorno un'opera e ne plasma i contenuti, forgia la materia spuria dell'immaginario.
Se non c'è, non preoccupatevene, continuate a creare, anche se quello che state facendo vi sembra per niente buono. L'ispirazione è solo qualcosa di romanticamente retrò, favoleggiato da poeti di altre epoche.
Andate dritti per la vostra strada senza pensarci e forse lei troverà voi, qualche volta, e quella volta andrete a cento all'ora, e il giorno dopo arrancherete. È così, e non potete farci nulla.

Smettere di sognare

Se smetti di sognare, smetti di vivere.
È vero, è una frase fatta. Sentita e vista in decine di film e romanzi.
Ma nasconde una verità.
Questo nostro secolo di supertecnologia, cinismo e scienza applicata, ammettiamolo, ha impoverito il sense of wonder di molti e prosciugato quel po' di fantasia della maggior parte di noi. E lo dice un cinico, supertecnologico e ateo.
Al di là di tutto questo però non bisognerebbe smettere di sognare, nel senso di alimentare i propri sogni, le proprie ambizioni, senza rassegnarsi ai toni di grigio che la vita di ogni giorno ci regala a piene mani.
Oltretutto se raggiungi la rassegnazione, dentro incominci a spegnerti pian piano, come una fiammella che non viene più alimentata dall'ossigeno.
Ogni tanto bisogna dare retta al fanciullo che ci scalpita dentro, soddisfare quella fame di fantastico che spesso grida e non viene ascoltata. E questo non significa per forza credere ai fantasmi, agli alieni o a una qualche religione, significa avere dei desideri, come fondare una società di palloni gonfiabili, costruire una casa con le proprie mani, avere un figlio, oppure vivere di scrittura :).
E ora un'altra frase fatta: il sogno potrebbe non realizzarsi mai, ma non bisogna smettere di provarci, e di sperare che si avveri.
Io ci credo. Altrimenti non sarei qui a scrivere romanzi.

Il seguito di Abisso di Anime


Ebbene sì, Abisso di Anime avrà un seguito. Per chi l'ha letto poteva già essere intuibile, visto il finale aperto e ad alcuni argomenti lasciati in sospeso e non approfonditi. Il secondo libro della Saga del Ritornato (nome ancora provvisorio, perché non mi piace molto e perché pare quello di uno zombie) si intitolerà Il Castello delle Nebbie, anch'esso provvisorio, ovviamente.
Quello che posso già anticipare è che Paolo Foresta sarà impegnato su più fronti grazie al suo nuovo potere e scoprirà sfaccettature inquietanti del mondo che sta al di là della sfera della percezione della maggior parte degli uomini. Oltre a questo le relazioni tra i vari personaggi avranno nuovi sviluppi interessanti, sia per quanto riguarda ciò che accade nella nostra realtà che in quella parallela visibili solo a pochi.
Perché Il Castello delle Nebbie? Quel poco che posso rivelare è che ci sarà realmente un edificio, con noti problemi, e dove il protagonista farà la sua parte, sfociando in horror puro.
Tutto questo è ancora solo e solamente nelle mia testa e in qualche appunto sparso qua e là. La storia vera è propria ancora non esiste, anche se, come in fotogrammi di film, scorgo quello che sarà e quello potrebbe essere.
Come al solito non posso darvi tempistiche. Sto ancora scrivendo il nuovo romanzo di Vargo Marian, L'anello del normanno, che è quasi concluso, ma certe implicazioni della trama mi stanno facendo allungare i tempi e le pagine. Per cui, per essere ottimisti, direi la fine del 2016.
Ho stuzzicato la vostra curiosità? Spero di sì

Generatore automatico di trame

Quanti scrittori vorrebbero un software del genere? Bah, io sono sempre riuscito a cavarmela da solo con la mia immaginazione, ma, devo essere sincero, l'idea mi affascina.
Quando ho incontrato qualcosa di simile in alcuni romanzi, tipo in Tommyknockers di King, dove una delle protagoniste, Bobbi Anderson, costruisce un apparecchio per scrivere romanzi in modo automatico, dentro di me ho pensato che era una figata pazzesca.
Chi non ci ha mai pensato, dai? Imposti pochi parametri e via, un romanzo nuovo. Anni fa si vociferava anche di un software in grado di farlo realmente, che pescava da un database infinito stralci di altre opere per creare un assurdo patchwork. Molti editori si fregherebbero le mani. Niente più scrittori a cui pagare le royalties e milioni di storie da pubblicare.
Nella storia credo ce ne siano stati alcuni di scrittori che usavano espedienti di questo genere, tipo Edgar Wallace, che quando era a un punto morto diceva di avere una specie di ruota su cui erano stati applicati vari biglietti con suggerimenti sullo svolgimento della trama (vedasi questo post di Giulio Leoni). Si vocifera che anche Agatha Christie usasse un agenda in cui per ogni pagina avesse scritto una frase e la sfogliasse a caso per trovare l'ispirazione.
Pensandoci bene, non so quanto sarei felice di una soluzione del genere. Direi anzi che mi sentirei un mistificatore. Un conto sarebbe pescare a caso da qualcosa che ho scritto io, ma rubare a piene mani da un database con trame di altri, mi parrebbe un crimine.
In più per me verrebbe meno il potere terapeutico della scrittura. Per il sottoscritto scrivere ha vari benefici. Mi tranquillizza, mi dona un senso di pace e spesso, quando ho finito di buttare giù un pezzo particolarmente ben riuscito, mi sento felice.
Inoltre non capisco che senso avrebbe, non lo sentirei mio, sarebbe solo un lavoro senz'anima e senza passione. Un artificio creato ad arte per vendere qualche copia in più.

Come scegliere il titolo di un romanzo


La prima cosa che ci attrae di un libro è sicuramente la copertina ed è per questo che bisogna scegliere bene cosa piazzare sulla cover per attrarre l'attenzione del potenziale acquirente\lettore.

Ci sono moltitudini di trattati di marketing che spiegano qual è la soluzione migliore, a partire dai colori da utilizzare, l'impostazione dei caratteri, margine, formato e persino sull'immagine da realizzare.
Ma vogliamo parlare del titolo? A mio parere anche il titolo ha un'importanza rilevante. Un titolo strano, altisonante e che suona bene all'orecchio, accende la curiosità. È per questo che spesso vengono utilizzati titoli che c'entrano ben poco con il contenuto dell'opera. Occhio, però, a non esagerare, perché, se il nostro scopo non è solo vendere, bisogna tener conto che il lettore spesso è indispettito da un titolo che non ha niente a che fare con il tema trattato.
Qual è la giusta misura? Non esiste niente di infallibile e di certo. Io ho sempre scelto titoli corti, di impatto, con un massimo di tre parole, che saltasse all'occhio e che richiamasse in buona sostanza quel che era il punto focale del romanzo.
E qui devo fare una confessione. Ho scritto romanzi a partire dal titolo, perché mi sembrava perfetto per un romanzo. È il caso di Abisso di Anime, ma anche di Inferno 17 e La Prigionia del Cielo. Sono da quelle poche parole e ho sviluppato una trama, che, come spesso succede nel mio caso, si è scritta da sé durante la stesura, senza sapere bene dove volevo andare a parare.
Ci sono state invece delle volte che fino all'ultimo minuto dalla pubblicazione ero dubbioso sul titolo. E quindi in questi casi stilo una lista e scelgo quello che ritengo migliore.
Per finire posso aggiungere, con un pizzico di melodramma, la soluzione migliore è seguire le proprie sensazioni. Se un titolo vi suscita emozioni, allora, molto probabilmente, è la scelta giusta

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