Tombe d'acciaio - prime pagine


Lampi nella notte: erano gli occhi fiammeggianti di centinaia di automobili in movimento. Bolidi di acciaio correvano lungo l’autostrada, ingoiando chilometri e asfalto. La paura era lì, presente, come se fosse seduta sul sedile posteriore, come se lo fissasse con occhi malevoli dallo specchietto retrovisore.
Gocce di sudore gli scendevano dalle tempie, solcando la pelle del volto e lasciando tracce che riflettevano le luci fuori dall’abitacolo. Le mani stringevano il volante come se fosse l’unico legame tra lui e la realtà, come se non esistesse nient’altro.
Accese la radio per cercare di distrarsi, per scacciare quella maledetta angoscia che ormai da diversi mesi lo attanagliava ogni volta che saliva in auto e percorreva una qualsiasi strada. Non poteva fare a meno di notare i particolari di morte: i cristalli infranti ai bordi della carreggiata, le lunghe sgommate dei pneumatici, i componenti metallici persi da qualche auto incidentata, i guardrail piegati, i distanziatori di cemento con aloni neri di macchine esplose o incendiate. Nessuno sembrava notare quei particolari a parte lui. Oppure facevano finta di non vedere, la mente cancellava quei segnali per permettere agli autisti frenetici di giungere prima alla loro destinazione. Schegge impazzite in un mondo troppo veloce, tombe d’acciaio che traghettavano anime pronte da un momento all’altro ad essere falciate.
Le casse della radio diffusero una vecchia canzone dei Pink Floyd, rilassante, molto bella, ma per lui non era altro che la colonna sonora della sua paura. Spense l’apparecchio e si guardò nervosamente attorno. Uno lungo serpente lucente procedeva in tutte le direzioni; i fari davanti brillavano rosso sangue, quelli alle sue spalle era dardi d’avorio infuocato.
Quel senso di angoscia e terrore tutte le volte montava come una marea nera che minacciava di travolgerlo. Doveva rallentare e a volte accostare perché rischiava da un momento all’altro di andare a sbattere, oppure di provocare un incidente catastrofico. La maggior parte delle volte si fermava e azionava le quattro frecce, accasciandosi contro il volante. E finalmente quella strana fobia spariva, così come era apparsa, d’un tratto se ne andava e lui, sudato e sfinito, si ritrovava a fissare la strada. Il cuore rallentava, ma rimaneva comunque intontito, privo di forze per qualche secondo, e anche in quel momento, sentì la testa leggera e il cuore svuotato.
Poi, pian piano, riuscì a rilassarsi, accese di nuovo la radio e stavolta le dolci melodie del famoso gruppo inglese lo calmarono. Svoltò all’uscita successiva e percorse una piccola stradina che si inoltrava in una macchia di abeti.
Sapeva perché quel demone tornava a tormentarlo ogni volta, ne era consapevole. L’aveva detto persino al suo analista, ma ne lui, ne il dottore, avevano trovato un modo per combatterla, sembrava essersi insinuata nelle pieghe dell’inconscio. L’analista gli aveva assicurato che era normale portarsi dietro delle fobie dopo un trauma come quello che aveva dovuto subire, forse col tempo sarebbe pian piano scemato. Ma erano passati due anni, e non si era affievolito per niente, anzi, in alcuni momenti sembrava essere addirittura più forte.
Svoltò in una stradina sterrata che lo portò alla sua piccola casetta in legno avviluppata dal bosco. Spense il motore e scese dall’auto. Il profumo della notte mischiato a quello del sottobosco gli inebriò i sensi e scacciò dalla mente quel poco di inquietudine che la musica non era riuscita mitigare.
Era sempre bello tornare a casa.

Carl Lewis go for the gold


Dopo London 2012 e la scorpacciata di discipline olimpiche, ho provato il gioco ufficiale e ne sono rimasto profondamente deluso (seguirà, forse, recensione). Ma mi è rimasta la voglia di giocare a qualche bel giochillo dedicato a questi eventi e, ovviamente, mi sono buttato sui retrogames. La scelta è caduta su Carl Lewis go for the Gold.
Carl Lewis negli anni '90 era un mito, conquistò diverse medaglie in varie discipline e divennne famoso, proprio come oggi Usain Bolt. E difatti in quegli anni veniva spesso citato quando qualcuno correva troppo forte o sfidava se stesso; si diceva appunto "Oh, ma chi credi di essere, Carl Lewis?".
Si compete in dieci discipline, anche se non è un gioco di decathlon :). Quello che più ha di interessante è l'approccio al gameplay: non il solito clicca e smanetta per raggiungere la velocità giusta, o clicca punta salta. Gli sviluppatori hanno scelto una modalità interessante per separare diverse azioni con la necessità di combinare diversi tasti. Un esempio su tutti il giavellotto che richiede il sollevamento dell'attrezzo, la corsa, il lancio e lo stop sulla linea di fondo per non andare in nullo. Oppure mentre si esegue un salto in lungo è possibile muovere le gambe proprio come fanno gli atleti veri, per poter guadagnare qualche centimetro. Naturalmente si può saltare anche senza questi accorgimenti, ma dove sta il divertimento?
In più si dovrà tener conto anche della resistenza dell'atleta, perché il gioco è suddiviso in 2 giornate e per ogni disciplina se ne andrà un po' di energia.
In conclusione Carl Lewis go for the Gold è buon gioco se si vuole passare qualche ora in spensieratezza, anche perché durante il trascorrere delle varie discipline c'è qualche siparietto humor che strappa qualche sorriso. Essendo un gioco del 1990 ha una grafica essenziale, anche se molto colorata. Diciamo che anche per quell'epoca era un poco scarna e anche a livello audio ci si limita ad alcuni beep anonimi. Come ben sapete io sono un sostenitore del bel gioco e quindi per me grafica e sonoro passano in secondo piano.
Inutile dirvi che si gioca al meglio con DosBox.

Harry Potter e i doni delle morte (parte 2)


Su Harry Potter ho scritto molto, esaltando e criticando, ma comunque tirato dentro bene in ogni caso. Non lo amo a prescindere, anche perché la saga della Rowling ha delle pecche palesi, ma anche un fascino indiscutibile. Volente o nolente me li sono letti e visti tutti, riscontrando che a volte è meglio il film e in altri casi è meglio il romanzo.
Nel caso specifico dei Doni della morte, come potete notare anche dalla recensione fatta anni fa, il libro mi aveva lasciato delle perplessità, soprattutto per la lunghezza e una certa indolenza in alcuni passaggi. Questo trastullarsi dei protagonisti nei boschi e su rocce puntute campeggiando in tenda un po' far girare i santissimi, problema che si ripresenta anche nel film, in modalità meno fastidiosa.
Nella parte 2 invece mi sono emozionato, forse perché sono un'ameba con il cuore di burro, o forse perché è la fine di una saga che mi ha accompagnato per diversi anni e vede riallacciare tutti i fili in unico punto. Mi ha emozionato perché finalmente c'è il riscatto del mio personaggio preferito, Severus Piton, e finalmente Hermione e Ron capiscono di essere pappa e ciccia... insomma, un sacco di cose.
E poi la saga è diventata quasi horror, con scontri all'ultimo sangue, morti, macerie, guerra di maghi a campo aperto, e quel bell'uomo senza naso di Voldemort che capisce di essere vulnerabile pure lui.
Mi piace anche il taglio dark gothic dato alla fotografia e che da sempre, o perlomeno del terzo, ha sempre contraddistinto i film di HP.
Insomma è una di quelle occasioni in cui penso che il film è di gran lunga migliore rispetto al romanzo, un po' come Il Signore degli Anelli (ciapa lì).
Mi ha gustato molto guardare Harry Potter e i doni della morte (parte 2), me lo sono goduto fino in fondo e ho quasi pianto (picchiatemi, se volete.).

Stars!


Stars! è un giochillo del 1996 creato da Jeff Johnson and Jeff McBride e distribuito da Empire Interactive Entertainment.
Molto semplice nell'aspetto, minimalista oserei dire, ma la semplicità, come capita spesso, nasconde una profondità di gioco non indifferente.
Come avrete intuito dal titolo, trattasi di gioco di strategia ambientato nello spazio. La modalità di gioco è a turni, come piace a me.
Lo stile di gioco è come quello di Master of Orion, siamo leader di un pianeta in cui la razza dominante in qualche modo è riuscita a scoprire i segreti dell'esplorazione spaziale e della colonizzazione. Sta al giocatore guidare il popolo alla ricerca di nuovi mondi, e trasformare un manipolo di cenciosi esploratori in un potente impero in grado di schiacciare le altre razze della galassia.
Come anticipato la grafica, anche per un gioco del '96, è veramente scarna, con puntini che fungono da stelle e tringolini per segnalare le astronavi, ma la customizzazione della razza, dei parametri di gioco e della partita sono veramente tante, così da far risultare unica ogni partita.
Ai tempi io giocai una versione sharewere e me ne innamorai, tanto da ordinarlo via posta in Inghilterra e pagarlo anche un tot di lire per averlo originale. La scatola era bella, con ancora i floppy. Pensare che ora riposa in una cantina ammuffita. Sì, perché il gioco è talmente easy da poter essere giocato anche su una chiavetta usb. Comunque ho riscontrato dei problemi con Windows 7, ma probabilmente perché non ci ho smanettato più di tanto.
Ogni stella ha un solo pianeta colonizzabile, per semplicità, diciamo, si parte dal proprio pianeta natale e si esplora alla ricerca di pianeti compatibili per la vità della razza che abbiamo scelto all'inizio del gioco. Per la produzione si dovranno costruire miniere per l'estrazione dei tre minerali fondamentali (Ironium, Boranium e Germanium), e fabbriche per costruire tutto il necessario per lo sviluppo del pianeta. Oltre a questo si possono ovviamente costruire astronavi di vario tipo per tutte le necessità di esplorazione, colonizzazione e conquista. Queste navi si possono costruire a piacimento dal pannello di ship design inserendo le parti desiderate. In più c'è anche la parte di ricerca con vari campi che, dopo tot turni e a seconda della forza/popolazione,  metteranno a disposizione del giocatore nuovi potenziamenti e nuovi componenti.
Tutto è molto intuitivo e semplice, ma questo non pregiudica il divertimento della conquista e della distruzione degli avversari che presto appariranno sulle mappe stellari e che dovrete sterminare senza pietà perché non ci sarà spazio per la diplomazia (perché proprio non esiste come opzione).
L'IA degli avversari è discretamente aggressiva, programmati con alcuni vantaggi rispetto al player, non si lasceranno conquistare e sopraffare tanto facilmente, anche se a lungo andare si capisce come evitare certe loro bravate e vincere.
Vincere, appunto. Dipende da come avete settato i parametri di vittoria. Spesso alcune razze più forti in alcuni campi vi soffieranno il titolo per pochi punti. Per trionfare bisogna puntare su un parametro specifico e sperare che altri non lo raggiungano prima.
Insomma Stars! è divertente, soprattutto se amate questo genere di giochi, non pretendete troppo dalla grafica e preferite la giocabilità a qualche pixel in più.
È free e lo potete trovare anche a questo indirizzo.

Frankenstein (L'immortale - La città dei dannati) - Dean Koontz


Leggendo il titolo di questo romanzo vien subito da pensare che sia una delle solite mode, anzi, che ricalchi la falsariga dei vampiri, licantropi, demoni, angeli e mucche mannare che spopolano in libreria in questo periodo.
Poi ti cade l'occhio sull'autore, e, un lettore un poco sgamato, magari capisce che non è la solita trovata commerciale di qualche editore tagliato che usa degli scrittori prestanome.
Non è 50 sfumature di amaranto, ma una quadrilogia dedicata al mostrone assemblato di quel bellimbusto di Dean Koontz.
Dopo queste premesse, probabilmente il lettore penserà che è una cagata comunque, e il caro Dean qualche volta è caduto in romanzi un po' troppo spinti verso sentimentalismi, paranormalate e ufo simpatici.
Invece - parlo dei primi 2 romanzi - il progetto è concreto, piacevole e accattivante.
Negli USA è uscita anche la graphic novel del primo e gli ultimi 2 della saga sono già stati pubblicati da qualche anno.
Dicevo che mi sono divertito molto nel leggere questi primi due, perché la storia ha personaggi credibili, ben costruiti e che creano empatia (quante volte l'ho usata 'sta parola in altre recensioni?).
Tra colpi di scena, robe paranormali, biotecnologia portata all'estremo, spiritualità, amore, azione, sparatorie, sangue, carne e anche tanta simpatia, Dean crea un calderone in cui ci infila tutto questo e con il rischio di farlo diventare una baracconata. Stavolta invece riesce a tenerlo ben amalgamato, mixando la giusta dose in ogni occasione.
Mi ha soddisfatto, è una buona lettura, certo non impegnativa, ma intrattiene bene, ed è quello il suo scopo.
Bravo Dean, aspetto con trepidazione gli altri due, sperando che Sperling & Kupfer facciano sempre l'ottima lavoro con cui si contraddistinguono, sia in traduzione che in quasi totale mancanza di refusi nei loro prodotti.

Ebook Tombe d'acciaio su circuito Simplicissimus


Scritto nel 2005 e pubblicato nel 2007 su Lulu.
Ora ritorna, dopo breve editing, sul circuito di Simplicissimus Ebook, formato ePun e Mobi.
Lo trovate nei maggiori bookstore in rete, tra cui IBS, Amazon, Bol, Feltrinelli, ecc., ecc.

Sinossi:
Francesco ha una vera e propria fobia per le autostrade, ma il suo lavoro lo costringe a viaggiare ogni giorno. Soffre di allucinazioni, rivede gli incidenti accaduti e rivive le emozioni delle persone che hanno perso la vita sulla strada. Che strano legame c’è tra queste visioni e la morte della moglie avvenuta tre anni prima in un incidente stradale.

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