ULAM nei dintorni di Bassavilla

Mi preme sottolineare in questa sede qualcosa di stupendo accaduto grazie a un iniziativa di Edizioni XII.
Nel mese di gennaio è partito il Karma Tournement, di cui ho parlato qualche post fa, e che include tra i suoi concorsi, oltre a USAM di cui sono l'indiscusso GameMaster, anche ULAM, Un Libro al Mese, in cui chiunque sia registrato a forumfree può postare un racconto ispirato a un libro del catalogo della casa editrice lecchese.
La prima edizione ha visto celebrare l'ottimo romanzo di Danilo Arona, Ritorno a Bassavilla, coinvolgendo lo stesso autore nella valutazione dei vari racconti postati. Tra i nomi che hanno partecipato ci sono Luigi Musolino, il vincitore di questo mese, Marco Caudullo e Raffaele Serafini che hanno occupato gli altri due gradini del podio, e poi Stefano Pastor, Fabrizio Vercelli, Alberto Priora.
Ebbene, Danilo ne è rimasto talmente impressionato che ha deciso di proporre a Edizioni XII una raccolta che includesse tutti i racconti in gara. Naturalmente la casa editrice ha accettato cogliendo al volo l'occasione per poter coinvolgere nomi illustri del panorama letterario italiano.
Questa è un ulteriore dimostrazione di quanto sia importante il confronto e lo scambio di idee e impressioni tra autori.
Le prossime edizioni vedranno in quella di marzo Strumm e il suo Diario Pulp e in quella di aprile Alfredo Mogavero, autore di Six Shots.
Partecipate quindi! Potrebbe capitarvi di essere notati e pubblicati!

Usam Febbraio 2011: Classifica Finale!

Buonasera a tutti. Dopo estenuante seduta di consiglio, in cui i giurati si sono malmenati per bene a colpi di diapason, siamo giunti a decretare la classifica finale.
Eccola:


1 - Bambole di Stefano Pastor
2 - La legge dei padri di Andrea Viscusi
3 - La via dell'equilibrio di Leonardo Boselli
4 - Città Vecchia di Federica Maccioni
5 - I Pazzi stanno fuori di Attilio Facchini

Complimenti a Stefano per la seconda vittoria dopo quella della XXXII Edizione, grazie di cuore agli altri finalisti, a tutti i partecipanti e, naturalmente, ai giurati.
Ci vediamo a marzo per la XXXVII edizione.

Frontier Elite 2

Frontier Elite 2 è appunto il seguito di Elite, gran gioco degli anni '80, capostipite di un sottogenere ad ambientazione spaziale, dove si deve sopravvivere commerciando, esplorando, combattendo e molto altro. Frontier, nato sempre dal mente diabolica di David Braben, riprende il concetto di gioco con la tecnologia del 1993 implementando un motore grafico molto più realistico e potente, e una galassia enorme e variegata, con migliaia di sistemi in cui navigare e commerciare.
Rispetto a Frontier First Encounter (capitolo successivo) che ha delle missioni e una trama già prestabilita, FE2 ha il pregio (o il difetto, dipende dal tipo di giocatore) di essere, come il suo predecessore, molto aperto e senza uno scopo preciso. È il giocatore a decidere il suo stile di gioco, partendo da alcuni punti predefiniti della galassia, con differenti gradi di difficoltà, con pochi crediti e una piccola astronave.
A quel punto inizia l'avventura e, rispetto a Elite, oltre al commercio o alla pirateria, si posso seguire linee di gioco differenti: fare semplicemente il commerciante e via via comprare navi più grosse e potenti, fare appunto il pirata, assaltando le altre astronavi per il carico, installare impianti di estrazione mineraria, accettare missioni dalle due fazioni presenti nel gioco (Federazione e Impero), fare da taxi portando dietro compenso passeggeri da un sistema all'altro (o anche fare da corriere), accettare missioni di eliminazione (praticamente fare il sicario) oppure un mix di tutte queste cose.
Ovviamente determinate cose si possono fare solo aumentando i propri crediti e acquistando aggiornamenti per l'astronave in modo da avere cabine passeggeri o gli strumenti adatti per un adeguata difesa e un efficace attacco.
Il volo spaziale in Elite era approssimativo, simulato e non realistico mentre in FE2 si basa su fisica reale e quindi bisogna realmente guidare l'astronave gestendone la spinta e i movimenti base. Grazie a dio comunque fin da subito le navi sono dotate di pilota automatico e quindi alcune operazioni complesse come l'attracco o l'atterraggio sui pianeti risulta semplificato.
Anche i sistemi stellari sono molto più complessi e dettagliati rispetto a Elite. Nel predecessore esisteva un solo pianeta per stella, mentre in FE2 i sistemi sono più realistici, con diversi pianeti per stella, alcuni abitati, altri terraformati, quelli civilizzati con stazione orbitante ma anche con spazioporto sugli stessi pianeti. Quindi in unico si sistema, si potrebbe scegliere di attraccare su un pianeta o su un altro a seconda di quanti spazioporti sono disponibili (si può avere anche la brutta sorpresa di non trovare posto e aspettare qualche giorno per attraccare, se lo spazioporto è l'unico nel sistema)
I pregi sembrano tanti e anche la profondità di gioco, ma proprio questa complessità porta spesso a far stancare presto il giocatore. La curva di apprendimento è medio-alta quindi potrebbe scoraggiare il player occasionale e il tempo da impiegare per raggiungere una discreta somma di denaro con cui accedere alle missioni più interessanti rischia di annoiare alla lunga per la ripetitività. Perché all'inizio si cercherà solo di commerciare tra i sistemi meno pericolosi per non incontrare pirati e malintenzionati. Il rischio di finire impallinati è sempre molto alto, per cui subentra anche una dose di frustrazione, anche se i salvataggi, rispetto a Elite (nella versione dos) si possono effettuare anche nella fasi di volo, ma bisogna ricordarsi di farlo, altrimenti si rischia di ripartire da zero. (il mio consiglio è quello di salvare ad ogni attracco).
Il gioco è freeware, scaricabile da diversi siti (basta mettere in un motore di ricerca la chiave Frontier Elite 2 download), ma occhio perché è in dos e quindi potrebbe dare qualche problema con i sistemi operativi win. La soluzione è farlo girare con un emulatore dos e il gioco è fatto. Io consiglio sempre il dosbox, molti easy e giocabile in finestra. Lo potete trovare anche nella versione per Amiga, e quindi farlo girare con i vari emulatori della macchina commodore.
Io preferisco di gran lunga la versione dos, anche perché, se cercate bene nei siti dedicati, girano versioni epurate da alcuni piccoli bug di volo e senza la fastidiosa protezione game codes (che comunque potete trovare sempre nei vari siti di riferimento)
Se avete amato Elite, adorerete Frontier, nonostante le difficoltà iniziali.

Usam Febbraio: I Finalisti.

Eccomi per la 36a volta ad annunciare i finalisti: dopo lunga e ponderata discussione, i cinque magnifici sono stati scelti.
Eccoli:

- Bambole di Stefano Pastor
- Città Vecchia di Federica Maccioni
- I Pazzi stanno fuori di Attilio Facchini
- La legge dei padri di Andrea Viscusi
- La via dell'equilibrio di Leonardo Boselli

Complimenti ai prescelti e grazie a chi ha partecipato arricchendo i racconti e le discussioni. Ci vediamo al 23 per la classifica finale.

Vampiri e Licantropi fanno così male?

Ispirato da questo post di Alex McNab sul suo ottimo Orlo del Mondo, dico che anch'io guardo orripilato gli scaffali colmi di questi tomi neri che seguono la moda del momento, cioè il paranormale e in particolare licantropi e vampiri.

Sì, probabimente è spazzatura, anche se la maggior parte di quelli che innoridisce davanti al fenomeno, nemmeno ha letto una riga di queste collane.

Sono tutti figli di Stephanie Meyer e la sua saga Twilight, ha fatto talmente tanti soldi, che gli editori, che, naturalmente, badano al profitto (la divulgazione della cultura ormai è un lusso che pochi possono permettersi, è diventato un optional), ci si sono buttati a pesce. Come dargli torto. È degradante, sì, soprattutto per il livello medio di opere che troviamo sugli scaffali delle librerie, ma, per il momento, così va l'editoria italiana. (attenti che siamo in periodi di rivoluzioni, non solo mediorientali)

Però. C'è un però.
E forse questo concetto l'ho ribadito anche in altri post su questo blog.

Diffido di tutti i fenomeni di massa, a partire da Harry Potter, passando per Faletti, Moccia, e Twilight, però mi domando, come commentato nel post di Alex: una minima percentuale di zoccolo duro di lettori che hanno seguito il fenomeno, e che magari leggevano un romanzo per la prima volta, spontaneamente intendo, e non quelli imposti a scuola, passera di livello?
Mi spiego: 100 persone leggono un libro qualsiasi clone sui vampiri, il 2% comprende le potenzialità della lettura, di quanto sia bello leggere e probabilmente vorrà vedere cosa c'è oltre. O sbaglio?

Sono un inguaribile ottimista? A mio parere è una possibilità.
Quindi non tutto il male viene per nuocere.
O no?

Main Street

di John Doyle
USA 2010
Drammatico

I protagonisti del film sono persone residenti in una piccola cittadina del Nord Carolina, colpita dalla grave crisi economica, dopo anni di fiorenti guadagni grazie al tabacco. Nonostante ciò i protagonisti vivono una tranquilla esistenza, fino all´arrivo di uno straniero, accompagnato da una pericolosa novità.

Un film inutile. E non me ne capacito. Probabilmente sono io che non ho le onde alfa in sintonia per capire questa sceneggiatura. Probabilmente si voleva essere originali e alternativi, creando qualcosa di diverso dai soliti canoni hollywoodiani. Il problema è che per farlo non basta un cast d'eccezione, dialoghi che sembrano presi dalla vita reale e una storia che potrebbe raccontarla mia zia parlando del suo vicino. Perché Main Street questo è: la storia di una cittadina americana morente, con persone ordinarie, un poco bigotte e boriose. E fin qui niente di male, anche se io, personalmente, non c'avrei fatto un film. La vita della cittadina viene un po' smossa dall'arrivo di un aitante giovanotto (Colin Firth) che deve infilare da qualche parte bidoni di materiale da smaltire e allora affitta un magazzino da un'anziana signora, un po' rincoglionita. E la storia parte per la tangente su questo fatto. La cittadina si risveglia perché almeno qualcosa è accaduto, e la società di smaltimento potrebbe far rinsavire l'economia locale facendo installare un impianto di riciclaggio.
Il confronto tra il nuovo arrivato e i cittadini, scettico e di chiusura in un primo tempo, poi pian piano si ammorbidisce e tutti sembrano accettare il fatto che la città avrà probabilmente un impianto di rifiuti speciali. Poi succede un incidente e tutto va a puttane. Colin Firth si ravvede e non vuole più lavorare come monnezzaro, e il film si conclude con la luce di rivelazione nei suoi occhi: "No, non voglio fare lo smaltitore, cazzarola!". Titoli di coda.
Ecco, boh, non so. Veramente noioso. Lento. Non succede una ceppa. Gli attori sembrano tutti sotto psicofarmarci, i dialoghi sembrano improvvisati, buttati lì alla cazzo di cane, probabilmente apposta, ma l'effetto è ridicolo. Io mi sono veramente sforzato di vedere la fine, giusto per capire dove si andava a parare.
E dove si va a parare? Contro un muro di noia.
Evitatelo.
Giudizio: 1 su 5

Rabbia di Chuck Palahniuk

Anno: 2008
Pag: 357
Editore: Mondadori

"Rabbia" prende la forma di una storia (romanzesca) orale di Buster "Rant" Casey, nella quale un assortimento di amici, nemici, ammiratori, detrattori e familiari dicono la loro su questo personaggio malvagio (ma forse no), morto in circostanze tanto misteriose quanto leggendarie, che forse è stato il più efficiente serial killer di questa epoca [...]

Non è semplice recensire un romanzo di Palahniuk, sia per lo stile particolare dell'autore, sia perché sempre controverso, geniale, maledetto, incompreso, sperimentale, e chi più ne ha più ne metta.
Valutare su parametri oggettivi ogni sua opera è quanto di più difficile ci possa essere, perlomeno per il sottoscritto. Ogni romanzo di Chuck è un esperimento, a volte fuori di testa, ma sempre un'esperienza da vivere fino in fondo per comprenderne le potenzialità.
Come sempre nei romanzi di questo autore bisogna avere la forza di superare le prime pagine, di adattare la propria mente, di sintonizzarsi sulla frequenza giusta e poi godersi quello che accade pagina dopo pagina.
Rabbia è una biografia orale del protagonista al fulmicotone Buster Casey, detto Rant. La struttura narrativa quindi è suddivisa in una serie di testimonianze di personaggi che l'hanno conosciuto, amato, odiato, mitizzato, e, appunto, essendo una biografia orale, molti fatti risultano in contrasto, gonfiati. leggendari e tratteggiano la storia con pennellate di vario colore, come un quadro surrealista dipinto a più mani. Dopo il disorientamento iniziale si entra nella storia, masticandola via via sempre più velocemente, gustandone il sapore prima un po' amaro e poi sempre più appetitoso.
L'autore tratteggia una realtà distorta, una società malata e disturbata, futuri possibili e dimensioni parallele inquietanti, ma comunque verosimili. Personaggi improbabili da corte dei miracoli, portati all'estremo, per evidenziare quei limiti e quelle debolezze umane che la società cerca di sepellire sotto una coltre di sicurezze, quei disagi di ogni generazione, quella sensazione di essere inadeguati alla vita, di essere scherzi del destino e non esistenze dettate da qualcosa di superiore, ordinato e predefinito.
Chuck Palanhuk è tutto questo, prendere o lasciare, si odia o si ama, non ci sono vie di mezzo. E io, confesso, dopo alcune perplessità, e impegnandomi un po' di più nella lettura, l'ho amato e lo amo, e ho adorato questo romanzo, come ho adorato quelli che ho letto fino ad ora, passando per Ninna Nanna, Soffocare, Fight Club e Invisible Monster.
Non so se si può definire questo autore un genio, ma di certo lo si può inserire tra i più sperimentali e stilosi in circolazione. È la mia personale opinione, ovviamente.

Giudizio: 4 su 5


Solar di Ian McEwan

Anno 2010
pagg 339
Einaudi

Michael Beard: basso, grasso, inverosimile seduttore, fedifrago patentato e marito seriale al quinto matrimonio, a poco più di cinquant'anni è ormai uno svogliato e dispotico burocrate della scienza da quando la genialità, che pure in gioventù gli valse il Nobel per la Fisica, lo ha abbandonato.

Ian McEwan è uno di quegli autori che, come dico io, si scrivono addosso. Nel senso che hanno la tendenza a scrivere una ventina di pagine senza che si muova una foglia, intessendo riflessioni, introspezioni, flashback del protagonista e praticamente mettendo un'impronta fortissima sulla caratterizzazione a scapito della successione degli eventi.
Questo non inficia la lettura perché McEwan è molto bravo a imbrigliare il lettore e portarlo dove gli pare, mettendo sul piatto argomenti interessanti, elaborati dal personaggio principale: il fisico premio nobel Micheal Beard.
Argomenti di scottante attualità, e non solo perché c'è di mezzo il sole, ma anche perché vengono analizzati in toto i problemi energetici del pianeta, sviscerati da punti di vista opposti e diversi, filtrati sempre attraverso la lente del premio nobel.
La preparazione dell'autore è evidente, visto anche i professori che cita alla fine, e i volumi consultati, sia per quanto riguarda la fisica (per quanto ne possa capire io) e le applicazioni sul fotovoltaico, fotosintesi, eolico, ecc, ecc. Le ambientazioni soddisfano il palato, anche se, come nel caso di Londra, spesso siano solo abbozzate per necessità narattiva, mentre il altri capitoli, la facciano da padrona, proprio in funzione della storia.
Come già accennato il libro orbita tutto intorno alla figura del premio nobel Beard, con le sue luci e ombre, la sua inadeguatezza alla vita nonostante la grande intelligenza, il suo cinismo, la pigrizia. il suo tirare a campare sugli allori del premio vinto nei primi anni della carriera, senza più nessuna nuova idea o iniziativa, una sana dose di maschilismo e compulsione nello sfogare i problemi esistenziali nel cibo e di conseguenza di anno in anno accumulando problemi di salute. La forte caratterizzazione del protagonista sono il punto di forza e contemporaneamente il suo opposto. Il mondo di Beard è affascinante, ma, a volte, ingombrante, colmo di elucubrazioni filosofiche e scientifiche, sulla fisica molecolare e quantistica che potrebbero annoiare, ma, se affrontate con il giusto impegno, diventano affascinanti.
Dati questi presupposti, è logico dedurre che non è un libro semplice, da affrontare con superficialità, ha bisogno di un certo impegno, ma, superate le prime difficoltà, vale la pena di esser letto.
Giudizio: 3,5 su 5

Mistero a Malpensa!

Vorrei farvi partecipi di un fenomeno inquietante che accade nella zona dove lavoro. Potrei coinvolgere Raz Degan di Mistero o addirittura quel illustre scienziato di Carcarlo Giacobbo.
Dunque, lavoro a Vizzola Ticino, a due passi dall'aeroporto di Malpensa, abbastanza vicino che con uno sputo potrei centrare un aereo in decollo.
Stamattina era una splendida giornata, quasi primaverile, con un cielo terso, tanto che all'imbocco dell'autostrada era visibile buona parte della catena alpina orientale, con il Monte Rosa in bella evidenza. E così è stato fino all'ultimo tunnel che porta all'uscita del terminal uno dell'aeroporto. Fuori dal tunnel, pam!, muro di nebbia. Ma non un banco, un muro vero e proprio. Malpensa e il resto del mondo non sono divise da catene montuose, argini, barriere invibisili alla The Dome di King (o almeno non a livello stradale), eppure questo strano fenomeno si ripete quasi ogni giorno.
Sarà la vicinanza del fiume Ticino (sennò si sarebbe chiamato Vizzola Vattelapesca) che aumenta in modo esponenziale l'umidità. Sta di fatto che il palazzo dove lavoro e Malpensa rimangono avvolti nella nebbia per la maggior parte del giorno mentre il resto del mondo ne è privo.
Sembra quasi di essere nel film The Myst (sempre il Re!) o nel più datato The Fog e nel momento in cui guardo fuori tra le spire che si muovono e sfumano i contorni ho paura di intravedere qualche bestia strana giunta da un'altra dimensione (sarebbe fico, però!)
Mi viene da ridere a pensare che all'inaugurazione di Malpensa 2000 c'erano in giro cartelli che elogiavano la zona e millantavano un solo giorno di nebbia all'anno. Contando quelli del 2010 il conteggio sarà si è no intorno al mese, e forse più. Nel 2011 la situazione non è migliorata: 33 giorni e circa un 1/3 di nebbia.
Meditidiamo.

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