Netgamers - Anteprima


Può un videogioco diventare come una droga? Creare dipendenza? Questo romanzo cerca di dare una risposta a questi interrogativi attraverso la storia di quattro personaggi reali totalmente diversi l'uno dall'altro e dei loro alter-ego digitali.

Presto in tutti gli store in formato ebook (epub, mobi)

Tombe d'acciaio - prime pagine


Lampi nella notte: erano gli occhi fiammeggianti di centinaia di automobili in movimento. Bolidi di acciaio correvano lungo l’autostrada, ingoiando chilometri e asfalto. La paura era lì, presente, come se fosse seduta sul sedile posteriore, come se lo fissasse con occhi malevoli dallo specchietto retrovisore.
Gocce di sudore gli scendevano dalle tempie, solcando la pelle del volto e lasciando tracce che riflettevano le luci fuori dall’abitacolo. Le mani stringevano il volante come se fosse l’unico legame tra lui e la realtà, come se non esistesse nient’altro.
Accese la radio per cercare di distrarsi, per scacciare quella maledetta angoscia che ormai da diversi mesi lo attanagliava ogni volta che saliva in auto e percorreva una qualsiasi strada. Non poteva fare a meno di notare i particolari di morte: i cristalli infranti ai bordi della carreggiata, le lunghe sgommate dei pneumatici, i componenti metallici persi da qualche auto incidentata, i guardrail piegati, i distanziatori di cemento con aloni neri di macchine esplose o incendiate. Nessuno sembrava notare quei particolari a parte lui. Oppure facevano finta di non vedere, la mente cancellava quei segnali per permettere agli autisti frenetici di giungere prima alla loro destinazione. Schegge impazzite in un mondo troppo veloce, tombe d’acciaio che traghettavano anime pronte da un momento all’altro ad essere falciate.
Le casse della radio diffusero una vecchia canzone dei Pink Floyd, rilassante, molto bella, ma per lui non era altro che la colonna sonora della sua paura. Spense l’apparecchio e si guardò nervosamente attorno. Uno lungo serpente lucente procedeva in tutte le direzioni; i fari davanti brillavano rosso sangue, quelli alle sue spalle era dardi d’avorio infuocato.
Quel senso di angoscia e terrore tutte le volte montava come una marea nera che minacciava di travolgerlo. Doveva rallentare e a volte accostare perché rischiava da un momento all’altro di andare a sbattere, oppure di provocare un incidente catastrofico. La maggior parte delle volte si fermava e azionava le quattro frecce, accasciandosi contro il volante. E finalmente quella strana fobia spariva, così come era apparsa, d’un tratto se ne andava e lui, sudato e sfinito, si ritrovava a fissare la strada. Il cuore rallentava, ma rimaneva comunque intontito, privo di forze per qualche secondo, e anche in quel momento, sentì la testa leggera e il cuore svuotato.
Poi, pian piano, riuscì a rilassarsi, accese di nuovo la radio e stavolta le dolci melodie del famoso gruppo inglese lo calmarono. Svoltò all’uscita successiva e percorse una piccola stradina che si inoltrava in una macchia di abeti.
Sapeva perché quel demone tornava a tormentarlo ogni volta, ne era consapevole. L’aveva detto persino al suo analista, ma ne lui, ne il dottore, avevano trovato un modo per combatterla, sembrava essersi insinuata nelle pieghe dell’inconscio. L’analista gli aveva assicurato che era normale portarsi dietro delle fobie dopo un trauma come quello che aveva dovuto subire, forse col tempo sarebbe pian piano scemato. Ma erano passati due anni, e non si era affievolito per niente, anzi, in alcuni momenti sembrava essere addirittura più forte.
Svoltò in una stradina sterrata che lo portò alla sua piccola casetta in legno avviluppata dal bosco. Spense il motore e scese dall’auto. Il profumo della notte mischiato a quello del sottobosco gli inebriò i sensi e scacciò dalla mente quel poco di inquietudine che la musica non era riuscita mitigare.
Era sempre bello tornare a casa.

Carl Lewis go for the gold


Dopo London 2012 e la scorpacciata di discipline olimpiche, ho provato il gioco ufficiale e ne sono rimasto profondamente deluso (seguirà, forse, recensione). Ma mi è rimasta la voglia di giocare a qualche bel giochillo dedicato a questi eventi e, ovviamente, mi sono buttato sui retrogames. La scelta è caduta su Carl Lewis go for the Gold.
Carl Lewis negli anni '90 era un mito, conquistò diverse medaglie in varie discipline e divennne famoso, proprio come oggi Usain Bolt. E difatti in quegli anni veniva spesso citato quando qualcuno correva troppo forte o sfidava se stesso; si diceva appunto "Oh, ma chi credi di essere, Carl Lewis?".
Si compete in dieci discipline, anche se non è un gioco di decathlon :). Quello che più ha di interessante è l'approccio al gameplay: non il solito clicca e smanetta per raggiungere la velocità giusta, o clicca punta salta. Gli sviluppatori hanno scelto una modalità interessante per separare diverse azioni con la necessità di combinare diversi tasti. Un esempio su tutti il giavellotto che richiede il sollevamento dell'attrezzo, la corsa, il lancio e lo stop sulla linea di fondo per non andare in nullo. Oppure mentre si esegue un salto in lungo è possibile muovere le gambe proprio come fanno gli atleti veri, per poter guadagnare qualche centimetro. Naturalmente si può saltare anche senza questi accorgimenti, ma dove sta il divertimento?
In più si dovrà tener conto anche della resistenza dell'atleta, perché il gioco è suddiviso in 2 giornate e per ogni disciplina se ne andrà un po' di energia.
In conclusione Carl Lewis go for the Gold è buon gioco se si vuole passare qualche ora in spensieratezza, anche perché durante il trascorrere delle varie discipline c'è qualche siparietto humor che strappa qualche sorriso. Essendo un gioco del 1990 ha una grafica essenziale, anche se molto colorata. Diciamo che anche per quell'epoca era un poco scarna e anche a livello audio ci si limita ad alcuni beep anonimi. Come ben sapete io sono un sostenitore del bel gioco e quindi per me grafica e sonoro passano in secondo piano.
Inutile dirvi che si gioca al meglio con DosBox.

Harry Potter e i doni delle morte (parte 2)


Su Harry Potter ho scritto molto, esaltando e criticando, ma comunque tirato dentro bene in ogni caso. Non lo amo a prescindere, anche perché la saga della Rowling ha delle pecche palesi, ma anche un fascino indiscutibile. Volente o nolente me li sono letti e visti tutti, riscontrando che a volte è meglio il film e in altri casi è meglio il romanzo.
Nel caso specifico dei Doni della morte, come potete notare anche dalla recensione fatta anni fa, il libro mi aveva lasciato delle perplessità, soprattutto per la lunghezza e una certa indolenza in alcuni passaggi. Questo trastullarsi dei protagonisti nei boschi e su rocce puntute campeggiando in tenda un po' far girare i santissimi, problema che si ripresenta anche nel film, in modalità meno fastidiosa.
Nella parte 2 invece mi sono emozionato, forse perché sono un'ameba con il cuore di burro, o forse perché è la fine di una saga che mi ha accompagnato per diversi anni e vede riallacciare tutti i fili in unico punto. Mi ha emozionato perché finalmente c'è il riscatto del mio personaggio preferito, Severus Piton, e finalmente Hermione e Ron capiscono di essere pappa e ciccia... insomma, un sacco di cose.
E poi la saga è diventata quasi horror, con scontri all'ultimo sangue, morti, macerie, guerra di maghi a campo aperto, e quel bell'uomo senza naso di Voldemort che capisce di essere vulnerabile pure lui.
Mi piace anche il taglio dark gothic dato alla fotografia e che da sempre, o perlomeno del terzo, ha sempre contraddistinto i film di HP.
Insomma è una di quelle occasioni in cui penso che il film è di gran lunga migliore rispetto al romanzo, un po' come Il Signore degli Anelli (ciapa lì).
Mi ha gustato molto guardare Harry Potter e i doni della morte (parte 2), me lo sono goduto fino in fondo e ho quasi pianto (picchiatemi, se volete.).

Stars!


Stars! è un giochillo del 1996 creato da Jeff Johnson and Jeff McBride e distribuito da Empire Interactive Entertainment.
Molto semplice nell'aspetto, minimalista oserei dire, ma la semplicità, come capita spesso, nasconde una profondità di gioco non indifferente.
Come avrete intuito dal titolo, trattasi di gioco di strategia ambientato nello spazio. La modalità di gioco è a turni, come piace a me.
Lo stile di gioco è come quello di Master of Orion, siamo leader di un pianeta in cui la razza dominante in qualche modo è riuscita a scoprire i segreti dell'esplorazione spaziale e della colonizzazione. Sta al giocatore guidare il popolo alla ricerca di nuovi mondi, e trasformare un manipolo di cenciosi esploratori in un potente impero in grado di schiacciare le altre razze della galassia.
Come anticipato la grafica, anche per un gioco del '96, è veramente scarna, con puntini che fungono da stelle e tringolini per segnalare le astronavi, ma la customizzazione della razza, dei parametri di gioco e della partita sono veramente tante, così da far risultare unica ogni partita.
Ai tempi io giocai una versione sharewere e me ne innamorai, tanto da ordinarlo via posta in Inghilterra e pagarlo anche un tot di lire per averlo originale. La scatola era bella, con ancora i floppy. Pensare che ora riposa in una cantina ammuffita. Sì, perché il gioco è talmente easy da poter essere giocato anche su una chiavetta usb. Comunque ho riscontrato dei problemi con Windows 7, ma probabilmente perché non ci ho smanettato più di tanto.
Ogni stella ha un solo pianeta colonizzabile, per semplicità, diciamo, si parte dal proprio pianeta natale e si esplora alla ricerca di pianeti compatibili per la vità della razza che abbiamo scelto all'inizio del gioco. Per la produzione si dovranno costruire miniere per l'estrazione dei tre minerali fondamentali (Ironium, Boranium e Germanium), e fabbriche per costruire tutto il necessario per lo sviluppo del pianeta. Oltre a questo si possono ovviamente costruire astronavi di vario tipo per tutte le necessità di esplorazione, colonizzazione e conquista. Queste navi si possono costruire a piacimento dal pannello di ship design inserendo le parti desiderate. In più c'è anche la parte di ricerca con vari campi che, dopo tot turni e a seconda della forza/popolazione,  metteranno a disposizione del giocatore nuovi potenziamenti e nuovi componenti.
Tutto è molto intuitivo e semplice, ma questo non pregiudica il divertimento della conquista e della distruzione degli avversari che presto appariranno sulle mappe stellari e che dovrete sterminare senza pietà perché non ci sarà spazio per la diplomazia (perché proprio non esiste come opzione).
L'IA degli avversari è discretamente aggressiva, programmati con alcuni vantaggi rispetto al player, non si lasceranno conquistare e sopraffare tanto facilmente, anche se a lungo andare si capisce come evitare certe loro bravate e vincere.
Vincere, appunto. Dipende da come avete settato i parametri di vittoria. Spesso alcune razze più forti in alcuni campi vi soffieranno il titolo per pochi punti. Per trionfare bisogna puntare su un parametro specifico e sperare che altri non lo raggiungano prima.
Insomma Stars! è divertente, soprattutto se amate questo genere di giochi, non pretendete troppo dalla grafica e preferite la giocabilità a qualche pixel in più.
È free e lo potete trovare anche a questo indirizzo.

Frankenstein (L'immortale - La città dei dannati) - Dean Koontz


Leggendo il titolo di questo romanzo vien subito da pensare che sia una delle solite mode, anzi, che ricalchi la falsariga dei vampiri, licantropi, demoni, angeli e mucche mannare che spopolano in libreria in questo periodo.
Poi ti cade l'occhio sull'autore, e, un lettore un poco sgamato, magari capisce che non è la solita trovata commerciale di qualche editore tagliato che usa degli scrittori prestanome.
Non è 50 sfumature di amaranto, ma una quadrilogia dedicata al mostrone assemblato di quel bellimbusto di Dean Koontz.
Dopo queste premesse, probabilmente il lettore penserà che è una cagata comunque, e il caro Dean qualche volta è caduto in romanzi un po' troppo spinti verso sentimentalismi, paranormalate e ufo simpatici.
Invece - parlo dei primi 2 romanzi - il progetto è concreto, piacevole e accattivante.
Negli USA è uscita anche la graphic novel del primo e gli ultimi 2 della saga sono già stati pubblicati da qualche anno.
Dicevo che mi sono divertito molto nel leggere questi primi due, perché la storia ha personaggi credibili, ben costruiti e che creano empatia (quante volte l'ho usata 'sta parola in altre recensioni?).
Tra colpi di scena, robe paranormali, biotecnologia portata all'estremo, spiritualità, amore, azione, sparatorie, sangue, carne e anche tanta simpatia, Dean crea un calderone in cui ci infila tutto questo e con il rischio di farlo diventare una baracconata. Stavolta invece riesce a tenerlo ben amalgamato, mixando la giusta dose in ogni occasione.
Mi ha soddisfatto, è una buona lettura, certo non impegnativa, ma intrattiene bene, ed è quello il suo scopo.
Bravo Dean, aspetto con trepidazione gli altri due, sperando che Sperling & Kupfer facciano sempre l'ottima lavoro con cui si contraddistinguono, sia in traduzione che in quasi totale mancanza di refusi nei loro prodotti.

Ebook Tombe d'acciaio su circuito Simplicissimus


Scritto nel 2005 e pubblicato nel 2007 su Lulu.
Ora ritorna, dopo breve editing, sul circuito di Simplicissimus Ebook, formato ePun e Mobi.
Lo trovate nei maggiori bookstore in rete, tra cui IBS, Amazon, Bol, Feltrinelli, ecc., ecc.

Sinossi:
Francesco ha una vera e propria fobia per le autostrade, ma il suo lavoro lo costringe a viaggiare ogni giorno. Soffre di allucinazioni, rivede gli incidenti accaduti e rivive le emozioni delle persone che hanno perso la vita sulla strada. Che strano legame c’è tra queste visioni e la morte della moglie avvenuta tre anni prima in un incidente stradale.

Agosto blog mio non ti conosco


La tentazione di chiudere un bel mesetto è forte. Agosto si sa che in Italia è il mese principe delle ferie e che la maggior parte della gente non è in ufficio e va in vacanza.
Con la crisi magari ci sono meno persone che partono, ma, se conosco bene i miei conterranei, si preferisce tirare un po' la cinghia durante l'anno e farsi un bel periodo di villeggiatura.
Chiaro, il mio blog non fa migliaia di contatti, pochi o nessuno sentiranno la mia mancanza, ma comunque in questo periodo stacco più di 150 pagine viste al giorno, che sono, principalmente contatti che arrivano da motori di ricerca.
Fatta questa premessa, vi comunico che a partire da domani i post si diraderrano fino alla fine del mese, e nelle due centrali di Agosto potrebbe anche non apparire nulla.
Non vi preoccupate, è che probabilmente sarò con la panza a mollo a pensare intesamente ai fatti miei.
Magari riesco a leggere qualche libro in più.
Magari riescco anche a scrivere, chissà.
A chi le fa, auguro buone ferie.
A chi non le fa meglio non dire niente.

Dimmi perché scrivi


Credo di averlo affrontato in altri post, e altri blogger l'hanno sviscerato per bene giungendo a conclusioni sicuramente più intelligenti delle mie. Ma nel ciclo del dove, come, quando, mi mancava appunto il perché.
Fin da quando ero piccino ho sempre avuto un'attrazione fatale per le parole, le lettere. Mi affascinavano queste piccole bastarde; sorta di mattoncini che potevano essere rigirati a piacimento per formare parole di senso compiuto, ma anche senza senso, come alcune mie poesie.
Ho iniziato con piccoli racconti, poi poesie, poi il primo romanzo e poi ho pensato di essere uno scrittore, e ne ho scritti una decina.
Ma perché lo faccio? Perché lo facciamo?
Molti dicono che lo fanno per se stessi. In parte è vero, per me la scrittura è un modo per sfogarmi, per comunicare al mondo quello che sono, quello che penso, la mia essenza. Ma chiaramente questo non mi basta, sennò tutti gli scrittori sarebbero dei vergatori di diari e non degli esibizionisti. Lo facciamo anche perché in fin della fiera vogliamo creare qualcosa di bello, e, in fondo, sentirci dire quanto siamo bravi.
Il problema è che spesso le aspettative vengono disattese, soprattutto all'inizio o quando si apre a un occhio più esperto e non solo ai parenti e agli amici.
Bisogna avere l'umiltà di comprendere i propri limiti, avere il coraggio di confrontarsi e cercare di crescere. Questa roba qui l'avrò scritta e detta circa seicentomila volte, ma è sempre una gran bella frase e mi si cariano i denti ogni volta.
Scrivere per me è una necessità. Sento di non aver adempiuto al mio dovere, al mio posto nel mondo se non scrivo e se non creo storie e plasmo universi.
Sì, c'è quella parte di me che vuole essere adulata per quanto ho fatto. Sentirmi dire quanto sono bravo, ecc, ecc. Salvo che poi i complimenti mi imbarazzano tantissimo e preferisco sentire delle critiche costruttive al posto di mielosi samelecchi.
Scrivo perché sento che devo farlo, c'è qualcuno che mi pungola le chiappe e la coscienza e mi fa sentire in colpa se non lo faccio.
Scrivo da quando ho imparato a farlo e non credo che smetterò tanto presto, a meno che non mi mozzino le mani, o mi incasinino l'encefalo.
Scrivo perché ne ho bisogno.

Firmino - Sam Savage


Libro controverso, che ha diviso i lettori. Celebrato come capolavoro, in realtà è un trappola cattura lettori.
Mi spiego meglio, parla di un topolino, il tredicesimo di una cucciolata la cui mamma aveva solo dodici mammelle e lui inizia a nutrirsi di pagine di libri. Capirai.
Intendiamoci, la trama è intrigante, ti tira dentro, soprattutto se sei innamorato dei libri, e, se sei un lettore seriale, ricadi ampiamente in questa categoria.
È un libricino che si lascia sfogliare, senza impegnare troppo, ma comunque un minimo di testa e di volontà di continuare a leggerlo ce la devi mettere.
È il solito discorso dell'aspettativa, se credi che sia il libro che ti cambia la vita, allora hai sbagliato strada, se invece, come il sottoscritto, lo prendi in mano pensando che sia una lettura leggera e ne rimani comunque coinvolto, allora ti sembra un buon romanzo.
Io l'ho letto volentieri, anche se ho fatto fatica in alcuni passaggi troppo mielosi e autocelebrativi, in meno di una settimana.
Non mi ha aperto i chakra, non è stata una catarsi, non mi ha illuminato indicandomi la via. È un buon romanzo che il marketing ha cercato di spingere. I capolavori sono altri.

Destruction Derby


Quanto è fico prendere in mano un'automobile e schiantarsi a tutta velocità contro un'altra al solo scopo di demolirla?
Questo in definitiva è il concetto di gioco di Destruction Derby, che si inspira al vero sport chiamato demolition derby.
Uscito nel 1995 ebbe un enorme successo, soprattutto nella versione per playstation, perché il concetto di gioco, oltre a essere molto semplice, regalava tante ore di sano divertimento.
Certo, tecnicamente già allora non eccelleva come aspetto grafico, ma io sono uno di quelli che non ha mai badato troppo alla beltade delle texture e dei motori grafici, ma alla giocabilità, alla longevità e al coinvolgimento ludico.
A differenza di altri giochi di corse, l'obiettivo in Destruction Derby non è solo quello di essere il primo a tagliare il traguardo, ma piuttosto di accumulare il maggior numero di punti. I punti sono guadagnati distruggendo le auto degli avversari. In ogni gara ci sono 15 avversari (versione MS-DOS, 19 in console) con un IA discreta, che si impegnano comunque al massimo per farti la pelle.
Ci sono diverse modalità di gioco: Wreckin' Racing dove i punti sono assegnati sia sulla posizione che sui danni inflitti; Stock Car racing dove i punti vengono assegnati solo in base alla posizione e al minimo dei danni subito; il vero e proprio Destruction Derby che si svolge nell'arena The Bowl, un grande spazio aperto dove l'unico scopo è quello di distruggere gli altri ottenendo più punti possibili e poi c'è il Time Trial che è usato principalmente per conoscere le piste e fare i tempi migliori.
Sono tutte divertenti, ma quella più goduriosa è sicuramente la distruzione, che da un certo grado di soddisfazione, soprattutto se si riesce a far fuori tutti quanti.
Rispetto ai giochi che girano adesso risulta quasi fastidioso per gli occhi, ma mantiene ancora tutto il suo fascino a livello di gameplay.

World Invasion


Dopo un anno e mezzo ho potuto scegliere volontariamente di vedere un film dall'inizio alla fine, blocco dovuto a causa di forze più grandi di me, tipo un figlio, traslochi, seghe mentali e quant'altro.
Ieri sera mi son messo sul divano e ho deciso di infilare un DVD e tra quelli presenti nella mia collezione di quelli ancora da vedere e l'occhio mi è caduto su questo World Invasion. E molti replicheranno che potevo anche sforzarmi un po' di più e scegliere qualcosa di meglio. Lasciatemi stare che al momento va bene così.
Film dell'aprile 2011 di Jonathan Liebesman con Aaron Eckhart e Michelle Rodriguez. Il primo apprezzato come cattivo ne Il Cavaliere oscuro, ma soprattutto nel film Thank You For Smoking, la seconda la ricordo soprattutto per l'apparizione in Lost e perché comunque è gnocca.
Non nascondo di essere un fan dei disaster movies e di quelli che sostanzialmente mettono a ferro e fuoco il nostro povero pianeta e in gioco i controcazzi della razza umana. Questo DVD l'ho pescato in quei cestoni dove si trovano i titoli in versione budget, mi ricordavo che era uscito al cinema e mi ero appunto riproposto di vederlo in streaming o su dvd.
La trama è semplice: alieni che invadono la terra, focus narrativo incentrato su una squadra di marines chiamata a difendere, ed eventualmente salvare, civili in una zona costiera di Los Angeles.
La storia parte con i fatti già belli caldi per poi subito fare un flashback di 24 ore prima per conoscere i valorosi che compongono il gruppo. Parte fortemente soporifera dove ho rischiato di mandare avanti veloce. Per fortuna poi inizia la parte cazzuta con l'invasione e tutto il resto. Gli alieni non sono tecnologicamente molto più avanti rispetto al pianeta Terra, arrivano come uno sciame di meteoriti, attaccano le principali città del mondo, hanno armi da fuoco, armature metalliche e droni volanti.
Il focus sul gruppo di marines che da spauriti diventano coraggiosi funziona, tiene sulle spine lo spettatore; peccato che si ricada su stereotipi troppo usati nella filmografia americana, con valori come il sacrificio, lo spirito di corpo, il marine decorato, unico superstite di una missione che deve guadagnare la fiducia degli altri, dimostrando coraggio. Ci sono anche i pippoloni come il patriottismo, vincere o morire, il sacrificio... cliché, appunto, come dicevo prima.
Oltre a tutto questo c'è anche qualcosa di inverosimile, sia come invasione aliena, sia nell'epilogo finale di cui non parlo se volete vederlo, ma, a mio parere ci sono momenti in cui la sospensione dell'incredulità è messa a dura prova.
Il resto è comunque divertimento con diversi scontri a fuoco, schermaglie adrenaliniche e distruzione, che rendono godibile la pellicola. Certo, non giustifica il prezzo del biglietto al cinema e, se l'avessi visto in una sala, probabilemente mi sarei pentito. Visto su DVD e con il prezzo che ho sborsato, diciamo che fa passare una piacevole serata se si sorvola sui difetti elencati in precedenza.
Tutto sommato si lascia guardare e, se vi piacciono questi film fracassoni e da distruzione di massa, allora potete sprecarci una serata.

666. Io sono il diavolo - Glen Duncan


Ho trovato questo romanzo per caso, fortemente scontato in un ipermercato. Ovviamente quello che mi ha attratto è stato il titolo e la copertina con un 666 infuocato in bella vista.
Pensavo fosse uno dei soliti romanzetti da quattro soldi con possessioni e cliché su Satana, i vari demoni, la bibbia e tutto il resto del pacchetto. Invece, fin dalle prime pagine, si capisce che non è una storia di ordinaria amministrazione. Glen Duncan è un autore raffinato, con un stile complesso, ma non per questo ampolloso e difficile.
In poche parole la storia parla di un patto tra Dio e Lucifero, per redimersi e avere il perdono, vivendo come un uomo per un mese terrestre.
Il racconto è in prima persona, a parlare (o meglio, a scrivere) è il principe delle tenebre stesso, con un soliloquio molto articolato e complesso, in cui a volte ci si perde, ma che è comunque molto stimolante.
Lucifero si materializza in uno scrittore, Declan Gunn (notare l'anagramma), che si è appena suicidato e la cui vita è andata letteralemente a puttante.
Sentir parlare Satana in prima persona è divertente, l'autore è molto bravo a rappresentare gli umori, le sensazioni e la meraviglia di un essere incorporeo che sperimenta per la prima volta il piano materiale con una coscienza millenaria.
Il continuum narrativo è frammentato in vari spezzoni di flusso di coscienza e storia vera e propria. Lucifero è famoso per la sua parlantina e qui ne da prova, spaziando su considerazioni di vario genere: dall'esistenza, alla religione e ai vari argomenti correlati.
In alcuni punti l'autore pecca di troppo inglesismo, nel senso che la storia è ambientata a Londra e a volte Lucifero sembra troppo londinese e poco universale. Inoltre l'eccessiva loquacità del protagonista a volte confonde un po' le idee al lettore e lo porta a ritornare sui propri passi a rileggere alcuni passaggi complessi.
In linea generale un buon libro, che, nonostante la media difficoltà dell'intreccio, si lascia leggere e porta il lettore fino alla fine con una certa soddisfazione.

Reprisal


Popolous è uno strategico in tempo reale, ideato da quel geniaccio di Peter Molyneux, uscito per PC, Amiga e altre piattaforme nel 1989. È un God game,  cioè (lo dice la parola stessa), un simulatore divino, dove si deve prendere in mano la sorte dei propri fedeli e portarli al trionfo contro i popoli di altre divinità. Concetto poi sfruttato e migliorato nei successivi Black & White 1 e 2.
Ma queste è un'altra storia, ne parleremo in un altro momento.
Reprisal è un game totalmente via browser in flash che riprende il concetto di gioco di Popolous e ne amplifica e migliora alcuni aspetti. In pratica dovrete aiutare pochi poveri cristi su un isola a proliferare, diventare una vera popolazione e far fuori tutte le altre tribù. Come divinità all'inizio potrete fare ben poco perché non avrete tutti i poteri e poca mana. Mana che aumenterà progressivamente con l'aumento della popolazione.
A differenza dell'originale, in cui si avevano già tutti i poteri, in Reprisal si dovranno conquistare sul campo, isola dopo isola. Sì, perché i 30 livelli sono tutte isole, con difficoltà progressiva.
I poteri vanno dal terraforming (abbassare e alzare il terreno), e poi poteri Wind e Fire, in cui potrete scatenare contro gli avversari varie calamità, e, una volta che avrete un leader, creare un Eroe che spaccherà culi a destra e a manca.
Ci sono poteri abbastanza inutili e altri devastanti. Quelli che ho apprezzato maggiormente sono il Vulcano, la Tempesta di fulmini, e, il mio preferito, la Tempesta Marina, che fa alzare di un livello il mare con un onda anomala. Pratico per sterminare chi ha edificato al pianterreno.
Lo stile richiama fortemente quello originale in stile vintage, diciamo.
Il gioco è divertente, intuitivo e relativamente semplice. I 30 livelli si giocano in quattro/cinque ore e sono piacevole e vari. Le modalità di gioco sono due: la campagna (quella con i 30 livelli) e la skirmish che vi fa giocare un livello random.
La versione browser su Reprisal Universe è gratis, mentre si può scaricare una versione da giocare su pc al prezzo di 6,50, che però ha poca roba in più rispetto alla versione free (livelli, musica, ecc) ed è un modo per supportare gli sviluppatori per future versioni e giochi simili a questo.
Se avete amato Popolous, vi divertirete tantissimo con Reprisal. Se non lo conoscete per niente, vale veramente la pena provarci, anche perché è gratis. 

Dimmi come scrivi


Il come non è riferito a se scrivete male o bene, lungi da me fare questa richiesta, anche perché ci si addentra in un ginepraio da cui non si esce più.
In realtà è relativo allo strumento con cui si crea.
Se la memoria non mi inganna e nel frattempo non hanno inventato qualcosa di nuovo, ci sono tre metodi (forse quattro) per imprimere la propria ispirazione su qualcosa di materiale.


1 - Carta e penna
2 - Macchina da scrivere
3 - Computer
4 - Registratore

Carta e penna è sicuramente il modo più romantico e bohèmienne, ma obbiettivamente quello meno pratico. Io ho scritto tre romanzi con penna a sfera e quadernoni a quadretti. Scrittura talmente fitta che ho imprecato in lingue diversi, tra cui alcune sconosciute e mai giunte a orecchio umano, al momento del travaso su pc. Trovo però che questo metodo sia rilassante, piacevole, ma mooolto faticoso. È per me anche stimolante. Se devo ritrovare passione, concentrazione o ispirazione, scrivo qualcosa a manina.
La macchina da scrivere la trovo scomoda, ho scritto un solo romanzo con questo metodo. Dopo l'entusiasmo iniziale, l'ho trovato quasi più faticoso del scrivere a mano, e certamente più doloroso. Con carta e penna mi si erano formati dei calli su indice e pollice, ma con la macchina ogni tanto non centravo bene i tasti e le dita mi si incastravano nelle leve di acciaio (con gaudio, oserei aggiungere). Inoltre, ma qui sono idiota io, l'unico nastro che avevo, dopo 150 pagine circa, si esaurì, e io, pigro per natura, lo sfruttai fino a quando le parole su carta non erano altro che un'ombra perlacea. Non contento, ho continuato a usarlo caramellandolo con la china.
Il computer è il metodo più veloce, sicuro e affidabile. Pecca sicuramente del lato romantico della scrittura, perché è certamente più freddo e impersonale, ma è il metodo più pratico. Ho scritto la maggior parte dei miei lavori così, con tempistiche ridotte drasticamente rispetto ai primi due. Ormai questo è lo strumento principe per creare succulenti opere da buttare sul mercato saturo dell'editoria.
Il registratore non l'ho mai usato, ma credo che sia scomodo e, essendo abituato a creare guardando una pagina bianca, mi sentirei bloccato. In più ha le stesse problematiche di travaso su file, a meno di non assumere una segretaria, personale che attualmente non mi posso permettere :).

Skool Daze


Skool Daze è un gioco per ZX Spectrum, creato da David Reidy, uscito nel 1985 e ambientato, come avrete intuito, in una scuola media. Tra l'altro la curiosità è che la moglie del programmatore in quel periodo era un'insegnante. Più tardi venne fatta anche una versione per il Commodore 64.
In Italia in quel periodo c'era l'anarchia per quanto riguardava i diritti d'autore su queste opere, anche perché non c'era ai tempi una normativa che regolamentava lo sfruttamento dei marchi e dei software e quasi tutti i giochi uscivano in edicola con cassette pirata su cui potevi trovare la qualunque e funzionavano una volta sì e tre volte no. Proprio su una di queste (una di quelle sane) ho scoperto questo giochillo, che, me lo ricordo ancora, nella versione italiana (tradotto anche con una certa grazia, tra l'altro) uscì con il nome de La Squola.
Nel gioco si impersona Eric, che non è esattamente uno studente modello, e che verrà sicuramente bocciato a fine anno. La missione in gioco è quella di rubare la pagella dalla cassaforte nella sala dei professori e così salvare la pellaccia e la carriera scolastica. Sembra facile, ma in realtà è un bel casino perché la combinazione è una serie di lettere da scrivere su una lavagna. Ogni professore è a conoscenza di una sola lettera, e si dovranno fare vere e proprie acrobazie per raggiungere lo scopo finale.
Il problema è che nel frattempo si dovranno seguire le lezioni, stare attenti a non incappare in punizioni se beccati a combinar casini e schivare i pugni e le fionde di altri simpatici ragazzini. Le punizioni sono quantificate in righe da ripetere e se si raggiungono le 10000 si va in game over.
Il gioco è molto divertente, tenendo conto degli anni. Sbattersi per riuscire a raggiungere lo scopo finale è abbastanza difficile e non ci si riesce quasi mai al primo tentativo, perlomeno senza conoscere alcunché del gioco.
Anche questo giochillo lo potete giocare in java a questo indirizzo.

Avvistamento UFO a Vedano Olona


Mai visto un UFO? Tra l'altro proprio dopo la recensione di UFO: enemy unknown.
Sarà una coincidenza o e il destino?
Non è un'esperienza successa a me, ma a mia madre. L'ho interrogata. Non era sotto l'effetto di stupefacenti o alcol, né in uno stato di coscienza alterato (almeno, così mi ha assicurato). Non aveva problemi di digestione in atto, né aveva assunto eccitanti. Diciamo che aveva accudito le mie 2 nipotine per tutta la mattina e il primo pomeriggio e forse era un pochino stanca.
È accaduto mercoledì 17/07, non so dirvi l'ora esatta, ma era pomeriggio.
Mi ha rivelato candidamente: "ho alzato gli occhi al cielo e ho visto questo disco di colore turchese che sfrecciava velocissimo con una coda di fuoco ed è sparito in un secondo."
E io ho incominciato l'interrogatorio.
Poteva essere un pallone sonda incendiato che bruciando il gas schizzava via come un missile. Oppure un esperimento militare con un nuovo veivolo sperimentale.
Al momento della rivelazione mi sono sentito un po' come Mulder di X-Files.
Ho chiesto educatamente a mia madre se aveva segnalato la cosa al ESA o alla NASA, ma mi ha risposto di no. Le ho chiesto se ci fossero testimoni e mi ha detto che c'era la vicina di casa di mio fratello, che mi pare sia sui 90, che le ha risposto "mi ü vist nagott" che tradotto significa che non aveva visto niente.
Quindi non posso dare questa notizia per certa in mancanza di testimoni, ma mi fido di mia madre.
Se anche voi avete visto un disco turchese con la coda infuocata, fatecelo sapere.

Il silenzio degli innocenti - Thomas Harris


Romanzo amato o odiato, non ci sono vie di mezzo. L'approccio è fortemente influenzato dall'aver visto o meno l'ottimo film di Jonathan Demme, con la fantastica interpretazione di Jodie Foster e Anthony Hopkins.
Io l'ho letto nel 1993, sono passati quasi vent'anni, e ai tempi l'avevo trovato eccezionale, prima di aver visto il film (che è del '91, ma io l'ho visto dopo).
Si può discutere dello stile un po' asciutto di Harris, quasi da rapporto del FBI in alcuni frangenti, ma è fuori discussione lo spessore dei suoi personaggi, amplificato all'ennesima potenza da Anthony Hopkins nel film per quanto riguarda Hannibal Lecter.
Alcuni dialoghi tra Clarice e il cannibale sono fenomenali, portati paro paro da Demme su pellicola e che hanno fatto diventare Lecter un mito.
A proposito appunto del fascino del male, Hannibal risulta, perlomeno in questo libro, il personaggio più affascinante, intrigante, stimolante e, dai, diciamolo pure, simpatico di tutta la vicenda.
La tensione creata dalla storia tiene incollato il lettore alle pagine fino alla fine. La trama è lineare anche se i colpi di scena non mancano. Harris è bravo a tenere sul filo il lettore per poi portarlo dove vuole e tessere la sua ragnatela di terrore.
Lettura consigliata a tutti, anche a quelli che hanno già visto il film.

UFO: enemy unknown


Giocone, ragazzi. Ho parlato qualche giorno fa dell'uscita del suo erede naturale XCOM: enemy unknown sviluppato da Firaxis e in previsione per metà ottobre di quest'anno. Allora mi è ritorna la voglia di giocarci, l'ho ripescato nei meandri di un armadio che non aprivo dal secondo dopoguerra e  da cui è uscito un poltergeist e un croccante alle mandorle che, vi assicuro, era ancora commestibile.
UFO è del 1998 e la trama del gioco parte dal primo gennaio 1999. Nel 1998 c'è un'aumento esponenziale degli avvistamenti di oggetti non identificati, rapimenti e atti terroristici imputabili agli alieni. Tutti gli stati della terra convegono che questa sia una minaccia globale e, dopo alcuni tentativi falliti, formano un corpo speciale:  l'Unità di Combattimento Extraterrestre X-COM.
Inizia qui l'avventura del giocatore che deve decidere dove stabilire la prima base da dove partiranno, perlomeno inizialmente, tutte le operazioni XCOM e dove verranno sviluppate nuove tecnologie e manufatti, studiando anche i reperti e gli alieni catturati dalla task force. Nel gioco si possono raggiungere fino a otto basi sparse per il globo.
Tutto questo però tenendo conto dei finanziamenti che vengono gentilmente elargiti dalle nazioni fondatrici, che aumenteranno o diminuiranno a seconda dell'andamento delle missioni. Una nazione può anche decidere di firmare un patto con gli alieni, e quindi, pensa un po', non finanziare più il progetto.
Quando si va in missione, il gioco passa a una modalità a turni, molto divertente, in cui bisogna muovere i propri soldati su una mappa in visuale isometrica, e pianificare ogni mossa per minimizzare le perdite e portare a termine la missione con esito soddisfacente.
Come accennato in precedenza durante le missioni si recuperano artefatti alieni che possono essere studiati e riprodotti nelle basi. Inoltre si possono anche catturare alieni vivi da interrogare per estorcere preziose informazioni.
A distanza di anni, UFO ha ancora le stesse attrattive e potenzialità del passato e, soprattutto, è dannatamente divertente. Tante ore di gioco e multisalvataggi per cercare di non perdere nemmeno un uomo (evento che comunque accadrà). Atmosfera fantastica, il clima di terrore creato dall'invasione aliena rende il tutto maledettamente intrigante.
Questo pone delle aspettative importanti sul seguito che vedremo in autunno. I ragazzi di Firaxis ci sanno fare, e, come già visto nell'anteprima, sembra che stiano lavorando veramente bene.
Il gioco originale non è in abandon, Microprose detiene ancora i diritti e non l'ha liberato, ma secondo me potete acquistarlo per pochi euro. Oppure, se cercate bene in rete, probabilmente lo trovate.
Consigliato, anche in questo caso, l'uso dell'applicativo DOS-BOX.

Il lupo della steppa - Hermann Hesse


Libro che definire difficile è un eufemismo. Ho dovuto rileggerlo due volte per capirci qualcosa, e la prima volta che lo sfogliai, compresi che non era un libro per me e comunque portai a termine l'impresa. Allora non mi piacque per niente: troppo cervellotico, troppo filosofico, troppo introspettivo, troppo. Una lunga pippa mentale di Hesse, un autoanalisi della sua vita attraverso gli occhi del protagonista che si rispecchia in ogni personaggio che gli gravita attorno. L'autore era in crisi esistenziale, diviso tra la varie sfaccettature della propria personalità, in perenne battaglia per tenere buono il lupo dentro di sé e ricalcare quello che la società, la famiglia, il lavoro, gli amici, richiede che tu sia.
Non è un romanzo da leggere se sei depresso, questo sicuro. Perché mette a nudo certe zone della nostra mente che conosciamo, ma che sarebbe bene affrontare con la giusta preparazione psicologica.
Rileggendolo ne ho apprezzato alcuni risvolti stilistici, la ricerca maniacale di Hesse del suo vero io, l'outing su carta e il conflitto delle varie personilità.
Ho fatto fatica anche in seconda battuta, pur apprezzandolo un pochino di più. Comprendo che non è il libro che fa per me, non sono quel tipo di lettore e, probabilmente, nemmeno quel tipo di autore.
Forse necessito di una terza lettura, ma non credo di avere la forza di volontà necessaria a farlo, perlomeno in questo periodo.

Dimmi quando scrivi


Negli anni il lavoro dello scrittore è sempre stato idealizzato, c'è chi pensa che tutti stiamo in pantofole e vestaglia, fumando un sigaro, scrivendo nelle ore notturne, nel silenzio assoluto, mentre il mondo dorme. Un po' come in quella pubblicità del caffè decaffeinato...
In realtà la maggior parte degli scrittori scrive di giorno, anche perché è molto più pratico e alla notte preferisce dormire.
Anche qui il discorso è molto soggettivo, c'è chi preferisce farlo alla mattina presto - le famose ore che hanno l'oro in bocca - e quelli che prediligono il pomeriggio. C'è chi lo fa alla sera e c'è anche chi lo fa per tutto il giorno.
King, ad esempio, scrive di mattina, chiuso nel suo studio e poi dedica il pomeriggio ad altro, magari a una lunga passeggiata. In realtà chissà se lo fa ancora, dopo che il 19 giugno 1999 un minivan Dodge blu lo ha quasi mandato al creatore mentre effettuava la sua solita sgambata lungo la Route 5.
Potessi scegliere, oltre a ritirarmi nella baita, io scriverei di mattina. Due o tre ore e poi, come il caro Stephen, mi dedicherei ad altro. Forse a dimagrire, ma, conoscendomi, mi butterei sull'apicoltura... ehm, scherzo, dai, sicuramente mi ammazzerei di videogiochi. Ma questo già lo sapete.
Magari continuerei anche nel pomeriggio, chi lo sa, per poi dedicare la sera a qualche lettura o a un buon film.
Qualcun altro potrà che dire che ogni ora è buona per divertirsi creando universi, ma sapete meglio di me che il lavoro di scrittura è divertente solo in fase di concezione e poi diventa routine, anche se a me piacerebbe moltissimo essere stressato da questo trantran invece che da altro.
Proprio come l'isolamento di cui parlavo nell'altro post,  le ore notturne, essendo più romanzate e romantiche, solleticherebbero di più l'appetito creativo. E chi lo sa.
Anche qui ve lo saprò dire quando ci sarò dentro.

Ant Attack


Torniamo a bomba a parlare di giochilli preistorici per home computer storici, in questo caso sempre dello ZX spectrum, perché è quello che ho posseduto e sul quale mi sono formato come videogiocatore.
Siamo nel 1983 e il programmatore Sandy White crea questo Ant Attack, pare da un incubo terribile con formiche giganti (ma va?).
Pubblicato da Quicksilva, software house inglese che spaccò tra il 1983 e il 1984 grazie al gioco Time-Gate, alla prima conversione di Battlezone e alla vendita della licenza del gioco Fantastic Voyage di cui fecero un film, fu convertito nel 1984 per Commodore 64.
Il giocatore deve salvare la sua bella (o il suo bello: all'inizio si può scegliere) perduto all'interno delle mura della città di Antescher, chiaro riferimento al pittore Escher. La città è infestata da formiche giganti che cercheranno in tutti i modi di mordere il culo pixeloso del protagonista, il quale potra difendersi lanciando granate a differenti distanze, a seconda del tasto selezionato.
Una volta trovata la dolce metà, bisogna fuggire ritornando sui propri passi e cercando di non farsi ammazzare dai simpatici insetti entro un tempo limite oltre il quale si va in game over comunque. Ci sono vari livelli e a ogni salvataggio tutto ricomincia da capo, con un grado superiore di difficoltà e con il compagno/a nascosto/a in punti diversi della città.
Il gioco era in visuale isometrica, non innovativa per quel tempo, ma sicuramente Ant Attack si discosta da altre creazioni per la profondità, e la possibilità di muoversi non solo nella quattro direzioni cardinali, ma anche verso l'alto e verso il basso. Sam White ha dichiarato poi che secondo lui Ant Attack è stato il primo vero gioco 3D isometrico e secondo la stampa di settore ha segnato gli albori del genere survival horror.
Io dico solo che è un giochino maledettamente divertente, soprattutto ai livelli più avanzati, quando le formiche diventano veramente cattive e l'ostaggio viene imbucato in luoghi difficili da scovare e da raggiungere.
Ho passato piacevoli ore negli anni ottanta gingillandomi con Ant Attack e, nonostante sia riuscito a finire tutti i livelli, dopo qualche mese tornavo a fare una partitina. Anche perché l'ambientazione è fantastica e l'atmosfera che riesce a creare, anche con pochi pixel, è superlativa.
Provatelo. Lo potete giocare in java a questo indirizzo.

Il gioco dell'angelo - Carlos Ruiz Zafon


Ci sono due tipi di lettori che possono approcciare a questo romanzo, anzi 3. Quelli che hanno letto solo L'ombra del vento - a mio giudizio il miglior romanzo di Zafon -, quelli che hanno letto altri romanzi ma non L'ombra del vento e quelli che leggono per la prima volta questo autore. Ovviamente non può essere una classificazione oggettiva :).
Il primo zafon-tipo avrà delle aspettative molto alte e resterà in parte deluso da questo romanzo mentre agli altri due gruppi il libro piacerà e per alcuni lettori sarà un'esperienza folgorante.
Sì, perché, lasciatemelo dire, Carlos RZ è un paraculo. Nel senso che sa come tirare dentro il lettore, imbrigrianodolo in una storia che parla di libri, di scrittori e di lettori; piena di mistero, nebbia catalana e profumo di mare. I personaggi sono praticamente gli stessi di Lodv, con le stesse vincenti caratterizzazioni che tanto legano in empatia alle pagine.
Qui però la trama è più confusa, incasinata, ingarbugliata, tanto che ogni tanto ci si perde un po'. Meno male che il parac.. scusate, l'autore si risolleva con le atmosfere di Barcellona, dialoghi azzeccati e uno stile comunque fluido e piacevole.
Alla fine 700 pagine un po' stancano, ma comunque ti senti discretamente soddisfatto. Chiaro che, come detto all'inizio, se hai letto Lodv pensi che questo sia comunque un passo indietro e che poteva anche sforzarsi un po' di più il caro Zafon, se fai parte degli altri due gruppi allora potresti anche provare meraviglia per quel che ha combinato.

UFO: enemy unknown - anteprima


Agli inizi degli anni '90 i fratelli Gollop fecero girare fra appassionati e software house una demo di quello che sarebbe diventanto UFO: enemy unknown, Microprose ne fiutò il potenziale e ne acquistò i diritti. Negli USA uscì nel 1994 con il titolo X-COM: ufo defense e fu un successo globale con incassi record per quel tempo.
Per chi non lo conoscesse, UFO è mix tra gioco di ruolo e strategico a turni, in cui bisogna difendere la terra dall'invasione aliena con un manipolo di uomini e pochi mezzi finanziari.
Ora i ragazzi di Firaxis, che altro non è che la software house di un signore che di nome fa Sid Meier, hanno deciso di riprenderlo in mano e di farne un remake.
A quanto vedo e a quanto leggo pare promettere molto bene, perché saranno mantenute tutte le caratteristiche che avevano fatto di UFO un gioco di successo.
All'inizio del gioco ci troveremo nella nostra base sotteranea XCOM, punto da cui partiranno tutte le operazioni, e nodo nevralgico per ricerca, sviluppo e produzione di nuove armi, sempre pronta ad espandersi e a donarci soddisfazioni. Da qui partiranno le missioni per uccidere i cattivoni, al comando di un massimo di 6 uomini e si arriverà al cuore del gioco: la mappa tattica, dove ogni decisione sarà questione di vita o di morte, per affrontare alieni diversi, comunque sempre astuti e incazzatissimi.
Il gameplay non sembra essere cambiato molto rispetto all'originale, con livelli complicati, giusto per far dannare un po' l'esistenza al giocatore, e, a quanto pare, anche la difficoltà non sarà per novellini per soddisfare i palati più esigenti, con una serie di variabili customizzabili in più rispetto al passato.
Viste le premesse, questo remake non dovrebbe deludere i fan e nemmeno chi non ha mai sentito parlare di questo gioco o non ci ha mai giocato.
L'uscita è prevista per metà ottobre di quest'anno.
Speriamo bene. Io rimango in attesa.

Dimmi dove scrivi.


Tutti noi scrittori, o aspiranti tali, sogniamo il luogo ideale dove scrivere e trovare l'ispirazione.
Molti scrittori famosi hanno dichiarato come lavorano e dove si imbucano per farlo, altri hanno dato pareri, alcuni hanno persino elargito regole.
Tendenzialmente quasi tutti optano per una stanza isolata, senza rumori esterni, con porta chiusa a chiave, e nessuna distrazione esterna.
Io negli anni ho imparato a scrivere anche nei posti più improbabili, che non sto a elencarvi per decenza.
Il mio posto ideale sarebbe una baita in montagna, con tanto di lago e pineta annessa. Un posto in altura dove fa sempre freddo e/o fresco, dove poter fare lunghe passeggiate e scrivere in una stanzuccia, cullato dai rumori del bosco e gli scricchiolii del legno dovuti agli sbalzi di temperatura.
Chiaramente in solitudine. Moglie, figli e parenti sono sempre fonte di distrazione. Questo non vuol dire che vivrei come un eremita, ma magari potrei isolarmi per cinque giorni alla settimana e il WE dedicarlo al resto.
Come dite? Utopia? Sono un brutto bastardo egoista? Un sognatore?
Sì, probabilmente sono un bel mix di queste due ultime cose, e tanto altro, ma si sta parlando per ipotesi, giusto? Magari portate all'estremo, ma se non si sogna non c'è gusto per niente.
Spesso mi interrogo se avrei la forza di volontà di stare sul pezzo realmente se ne avessi la possibilità, cioè senza nessun problema economico (tipo andare a lavorare per pagare i conti, avete presente?) e scrivere tutti i giorni in totale isolamento. Forse sì, ma conoscendomi so che cederei a qualche tentanzione o all'ozio. Avendo tutto il tempo del mondo forse non perderei tempo a scrivere, nonostante sia una delle poche passioni genuine che mi porto dietro dalla nascita, forse eccederei in altro, probabilmente mi ammazzerei di videogiochi.
Come al solito, ho poca fiducia in me stesso.
Magari, proprio isolandomi nel luogo preferito e desiderato, riuscirei a darci dentro e a scrivere un bestseller o una decina di libri all'anno :).
Oppure, essendo abituato a scrivere nel casino più assoluto o in situazioni estreme (impiccato, a testa in giù, al telefono), sarei disorientato e forse impazzirei come Jack Nicholson in Shining.
Chissà...
Se dovesse capitarmi di averne la possibilità, ve lo farò sapere.

F1 online the game - 2nd impression


Dopo una settimana di immersione nel gioco, devo dire che ho iniziato ad apprezzarne la semplicità, il coinvolgimento e il divertimento.
Trascorso qualche giorno a sacramentare per capire come affrontare al meglio le traiettorie e gli assetti, ho iniziato a familiarizzare con i comandi e con le dinamiche di gameplay. Grazie a questo finalmente mi sono tolto qualche soddisfazione, riuscendo, in un solo caso, ad andare a podio, secondo al fotofinish sfruttando il DRS. Eh, sono soddisfazioni.
Aumentando di livello, lasciando quello da newbie, si aggiungono nuove sfide su nuovi tracciati, che bisogna imparare a menadito per non sbagliare la staccata. Si perché tutte le gare si corrono su 3 giri soltanto e, se sbagli una curva, recuperare posizioni è veramente difficile. La tua gara dev'essere pressoché perfetta per sperare di arrivare nelle prime 10 posizioni o centrare il target di gara (che di solito è tarato sul livello e sui tempi che hai fatto nella pista dove stai girando).
Stimolante il fatto che esista un database aggiornato istantaneamente sui tempi migliori sul giro (solo in Time trial, per il momento), e, inevitabilmente, quando ti sembra di aver fatto un ottimo tempo, scopri che sei al 5689° posto nella classifica generale e il migliore, non dico del mondo, ma del tuo stesso livello ha fatto un tempo migliore di ben 10 secondi. E vabbe, sono le sfide della rete, quelle che quando giochi in single ti sembra di spaccare il culo a tutti e quando di connetti ti accorgi di essere uno dei tanti.
Ho provato anche il campionato. Strutturato su diverse gare da disputare giorno per giorno, ovviamente devi cercare di piazzarti il più in alto possibile per sperare di prendere un bottino finale cospicuo in esperienza e denaro. Partecipano tutti gli utenti che riescono a gareggiare almeno in una gara al giorno e hanno i requisiti necessari per correre in quel campionato. Il resto è uguale a una gara veloce.
Nel post precedente non vi avevo detto che oltre a gareggiare vengono assegnate anche delle specie di quest, degli obbiettivi di squadra, che, se raggiunti, danno, manco a dirlo, denaro e XP. Roba di solito semplice tipo: gareggia in 5 gare di classe B, costruisci determinati edifici, ricerca quel componente, oppure batti questi tempi in Time trial. Sono semplici ma danno uno stimolo in più al giocatore che dopo un po' si stufa a far solo gare veloci.
Chiaro che più si va avanti con il gioco, più i tempi per ricercare e costruire si allungano e anche i soldi necessari a portare a compimento il tutto.
Sì, ma Codemasters Racing cosa ci guadagna in tutto questo? Be', a parte che i soldi non gli mancano, comunque si posso comprare dei punti nel loro shop per accelerare un po' i tempi oppure aumentare temporaneamente le prestazioni dell'auto, del personale o della ricerca. Io ammetto di aver speso qualche soldino, giusto per provare e togliermi qualche sfizio, ma i punti, con tutte le cose che ci sono dare fare, finiscono subito. Se l'ho fatto io e considerando che allo stato attuale i giocatori iscritti alla beta superano sicuramente le 15000 unità, diciamo che se solo il 10% degli utenti acquistano almeno un pacchetto al giorno... be' fateli voi i calcoli, ma comunque qualche soldino entra.
Per il momento i circuiti custom sono 15, alcuni semplici, altri un po' più complessi, ma ad impararli tutti ci si mette un po', e, soprattutto, a capire dove sono i punti giusti per infilarsi con la macchina e non far danni.
Una cosa fastidiosa che ho riscontrato, a parte il lag ogni tanto, ma che pare essersi risolto dopo una mattina di maintenance (e poi quello dipende in buona parte dalla connessione), è che, soprattutto in partenza, ci sono già gli idioti che hanno capito che cambiando freneticamente traiettoria buttano fuori gli altri compromenttendone, nella maggior parte dei casi, la gara. Purtroppo è un fenomeno che sarà difficile da arginare e non credo che Codemasters voglia rimediare, perlomeno nel breve. La soddisfazione comunque è vedere questi idioti spesso andare a sbattere, perché troppo presi a frullare a destra e a manca.
Continuerò a giocarci, perché mi prende bene e vedremo quel che succederà quando finirà la beta e quando raggiungerò i livelli più alti.
Nelle prossime settimane dovrebbe arrivarmi la connessione ADSL e abbandonerò la chiavetta. Questo migliorerà nettamente le mie prestazioni e allora saranno cazzi per tutti :).

Crash - J.G. Ballard


Questo libraccio o si ama o si odia e io, era invevitabile, l'ho amato.
Confesso.
Ho goduto dell'atrocità visionaria di Ballard, tra sesso alienante, tra lamiere contorte e visioni di disastri da portare all'orgasmo.
La storia è un viaggio allucinante nella morbosità e nell'estremizzazione tecnologica del sesso in auto, ma scordatevi le belle serate di luna in riva al lago alla ricerca dei preservativi nel portaoggetti e nemmeno la semplicità de "'o famo strano". Qui è poesia lucida di sangue e umori sessuali.
Ai tempi nostri magari non è nemmeno così alientante - il libro è del 1973 - anche perché la società tecnologica ha già sperimentato altri orrori, e poi perché hanno inventato gli air-bag e le barre laterali.
Io, quando l'ho letto, l'ho trovato geniale, al punto - come ho fatto con altri libri che mi hanno coivolto in questo modo - di cercare di riprodurre un racconto simile e con lo stesso stile, con risultati pessimi. Diciamo che emulare serve come esercizio di stile, per poi scartare e cercare la propria strada.
Crash è un bolide lanciato a folle velocità verso la coscienza del lettore, si può scartare di lato, prendere la botta e rinunciare, oppure venire travolti, sopravvivere e comprenderlo a pieno.
La scelta, come sempre, è del lettore. 

La particella di Dio


Due giorni fa al CERN di Ginevra è stata fatta una scoperta eccezionale: è stato finalmente individuato il Bosone di Higgs. L'eminente fisico l'aveva teorizzato nel lontano 1964 e finalmente, a 85 anni suonati, è riuscito a vederlo, tant'è che poi si è messo a piangere per la gioia.
Per trovarlo hanno dovuto fare capriole carpiate e tripli salti mortali, setacciando poi la materia sparata lungo le rive del lago, come ricercatori d'oro del Klondike, tanto cara a Paperon de Paperoni.
Io di certo non sono qualificato a spiegare cos'è 'sto bosone, non sono un fisico, ma, da quanto ho capito, questa scoperta da conferme al modello standard, cioè quello della gravità e della massa. Sì, perché il Bosone è una specie di collante universale che spiega perché l'universo è, più o meno, ordinato e non un ammasso informe di materia. Giusto?
Questo apre spiragli importanti nella ricerca e nella comprensione di quella stronza della massa oscura che compone il 96% del nostro universo e che nessuno ha ancora capito da cosa è composta e perché esiste. O, perlomeno, è stato teorizzato, ma siamo ancora all'oscuro (eh, eh, che ridere).
Il bosone è stato anche soprannominato "Particella di Dio", derivante dal titolo del libro di Leon Lederman "The God Particle: If the Universe Is the Answer, What Is the Question?", pubblicato nel 1993. Ma Higgs si è dissociato perché lo trova offensivo per i credenti... e lui è pure ateo.
In effetti ci si domanda dove sta Dio in tutto questo, ma i teologi troveranno risposte convincenti, fino a quando non troveranno altre particelle e qualcosa di inquietante nella materia oscura, tipo che è una specie di gelatina come quella del bulbo oculare.
Io rimango in attesa. Perché, nonostante non ne caspisca una fava, sono sempre affascinato da 'ste cose e spero di rimanere in vita piuttosto a lungo per vedere la risoluzione dell'enigma, e tante altre cose, come la scoperta del primo pianeta extrasolare simile alla Terra, il contatto con forme di vita extraterrestri e la 120a edizione di Amici.

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