Al via la XXVIII edizione di USAM!

Stanotte a mezzanotte partirà la XXVIII edizione di USAM - Una Storia al Mese.
Dopo due anni l'entusiasmo e la partecipazione a questo concorso sono andate ben oltre le mie aspettative. Forse perché ha un formato aperto, forse perché ci sono poche e chiare regole e un autore si può sbizzarrire a piacimento.

Quello che più mi preme sottolineare è che da questo concorso sono usciti nomi importanti, che addirittura sono riusciti a pubblicare con Edizioni XII, vedi quell'Alfredo Mogavero in testa all'USAM Rank e vincitore di innumerevoli edizioni, tra cui anche la prima.

Questo perché USAM è una palestra, in cui ci si confronta con altri scrittori, in cui, con umiltà, si possono capire i propri difetti, migliorare, crescere e magari essere notati e persino pubblicati.

Quindi, aspiranti scrittori, cosa aspettate? Duellate nella nuova edizione e preparatevi alle mazzate degli altri autori.

Alcuni di voi scapperanno, altri non riusciranno a reggere alle critiche, altri invece rimarranno e affineranno le loro armi, grazie all'aiuto di tutti.

Vi aspetto!

Il Papa (7)

Dopo circa mezz’ora di pausa in cui le ragazze in bikini ballarono alcuni stacchetti su musiche di fra Cionfoli e vennero passati su un megaschermo gli highlights dei vari scontri fino alla finale, i due contendenti raggiunsero di nuovo il palco.
Una ragazza in tanga e stelline sui capezzoli portò in scena l’urna. La tensione era palpabile. Dalla scelta erano state tolte altre palle colorate, ne rimanevano solo quattro ed erano quelle più temute. La ragazza rimestò facendo ballare la carne nei punti giusti e finamente estrasse la palla rossa.
Ermio prelevò il tutto e si portò al centro del palco.
“Signori e signori, la prova che vedrà fronteggiarsi Marello Pompidore da Salerno e Francisco Boliente da Jaca nella finalissima del Santo dell’Anno è…”, la tensione in sala e tra il pubblico si tagliava con una motofalciatrice, “Ressurrezione!”
Eccola, la prova più dura: far risorgere un morto. Nelle dodici edizioni della manifestazione solo due partecipanti, poi diventati santi, erano riusciti nell’impresa.
Marello non aveva mai provato con morti umani, solo con animali. Aveva fatto ritornare in vita rane, capre, funghi e uno scimpanzè; piccolo però. Quell’ultima prova era veramente la più difficoltosa.
Il pubblico presente in sala incominciò a rumoreggiare ed incitare i propri beniamini. Erano molti di più i sostenitori di Boliente anche se quelli del cardinale si facevano comunque sentire.
Per primo fu sorteggiato proprio lui. Il tempo di meditazione nella finale era raddoppiato: dieci minuti. Marello li sfruttò praticamente tutti e la televisione ne approfittò per mandare la pubblicità.
Venne condotta sul palco una lettiga con un morto fresco di giornata. Era già color cenere, ma comunque non doveva essere morto da molto. Marello si concentrò e impose le mani sul volto. Sentì il calore fluire dal suo corpo verso i polpastrelli e da lì smuovere energia verso il corpo freddo sulla barella. Quello che serviva era una scintilla, un innesco vitale che solo qualcuno di ancora vivo poteva dare. Marello spostò molta più energia di quella necessaria per far risorgere lo scimpanzè.
“Vivi!” esclamò alla fine come un novello dottor Frankenstein.
All’inizio non accadde nulla e Marello si stava già disperando, poi il corpo cominciò a muovere le estremità e lentamente riprese un colore più roseo. Alla fine il morto aprì gli occhi ed inspirò aria.
Marello sorrise, si sentiva spossato, molto stanco, ma ce l’aveva fatta. La prova però non era conclusa, il neo risorto doveva alzarsi in piedi e starci per almeno dieci minuti. Ermio ne approfittò per intervistarlo, solite domande di rito sullo stato di salute, la familia, gli hobbies e le aspettative di nuova vita.
L’ex morto, anche se un po’ scosso, rimase comunque in piedi e in vita per i dieci minuti della prova e poi fu riaccompagnato in lettiga di nuovo in ospedale per accertamenti. Ora era il turno di Boliente.
Impiegò metà del tempo del cardinale per concentrarsi. Venne portato un altro morto e lui impose le mani. Molto più veloce di Marello nell’imprimere l’atto di resurrezione e il morto si alzò.
Sembrava più roseo di quello del cardinale, più vivo. Marello si rese conto di aver perso. Boliente era il favorito fin dall’inizio e a ragione a quanto poteva vedere.
Il capo cuoco intervistò anche questo nuovo risorto, il quale volle anche recitare una poesia del Pascoli per convincere tutti di aver riacquistato in pieno le sue facoltà mentali.
A quindici secondi dalla fine del tempo regolamentare, nel momento clou della poesia, il risorto roteò gli occhi, crollò al suolo e tornò morto. A poco valsero i tentativi di rianimarlo, era ridiventato definitivamente defunto.
I quindici secondi scaddero. Marello Pompidore da Salerno aveva vinto. Era Santo. Santo dell’Anno.

Il Papa (6)

Dall’urna per Marello e Momaba venne estratta La Trasfigurazione. Non era un miracolo semplice, ma di sicuro il meno arduo tra quelli rimasti nell’urna.
Iniziò l’africano, si mise al centro del palco e si concentrò per diversi minuti. Il pubblico attendeva con ansia.
Quando aprì gli occhi il suo viso iniziò a risplendere, dopodichè anche il saio iniziò a sbiancare, a diventare via via più chiaro. Il pubblico rumoreggiò con mugolii di approvazione.
Momaba mantenne una buona trasfigurazione per circa cinque minuti, poi cadde esausto su un ginocchio e ritornò ad essere l’africano di sempre.
Il pubblicò appludì e fischiò di approvazione, Momaba uscì soddisfatto dal palco. Ora toccava a Marello.
Rimase concentrato diversi minuti, era consapevole della buona prova dell’avversario e doveva raggiungere un grado di magnitudine superiore. Una volta pronto si portò al centro della scena, congiunse le mani in preghiera e inizio la Trasfigurazione.
Il suo volto e le sue vesti cominciarono a splendere talmente tanto da offuscare i riflettori, molti in prima fila dovettero chiudere gli occhi, le telecamere passarono al filtro solare, molti inforcarono occhiali da sole.
Il fulgore del cardinale durò sette minuti esatti e poi si esaurì. Non diede segni di cedimento, ma non appena uscì dal palco ebbe un mancamento, subito assistito dal medico di bordo.
La vittoria era indubbiamente sua. Marello Pompidore era in finale.
[CONTINUA]

USAM Maggio 2010 - Classifica Finale!

Eccoci, un pelo in ritardo anche se con giustificazione firmata dalla mamma e dal maggiordomo. Tra duelli a suon di salsicce e spiritismo alla banana, finalmente possiamo annunciare la classifica finale.
Seguitemi con gaudio che partiamo:

1 - In bilico di Luigi Musolino
2 - Il Mazapegul di Alessandro Bricchi
3 - Un vestito nuovo di Matteo Poropat
4 - Viva Santa Rosalia! di Antonino Alessandro
5 - Strappi di Daniele Picciuti

Complimenti a Luigi, anche se mi ha confessato che in realtà è la sua barba a scrivere i racconti. Grazie di cuore ai finalisti e a tutti i partecipanti.
Ci vediamo alla prossima edizione, pensate, XXVIII.
Ciao!

L'Arrivo del Messia

Asciugo asperità di condotta
Laddove il muco di dio gocciola
Mi rigiro in bare di porfido
Assaggio terra sgombra di angoli

Attendo l'arrivo del messia
Agghindato di zanne e paravento
Con in pugno un Kalashnikov
Lucido di sangue e fulgore

Di nuovo ritorna nella gloria
Giocoliere di teschi vuoti
Funambolo di corpi freddi
Rinascita radioattiva perenne

Ed eccolo sul trono di missili
Sfidare il sogno della bestia
Dal seno a cupola di Roma
Proclama verità nere come soli

Il Papa (5)

Il terzo e ultimo giorno i quattro finalisti si presentarono sul palco puntuali come una guardia svizzera. Quello era il giorno decisivo: semifinali e finale che avrebbe consacrato il Santo dell’Anno.
Oltre a Marello e Momaba Garudo erano passati il favorito Francisco Boliente e il sorprendete Takaia Todoroki. Il primo aveva eliminato facilmente nientemeno che un cardinale alla prova dei pani e dei pesci, il cardinale era riuscito a moltiplicarne solo un paio mentre per Boliente era dovuta intervenire la guardia civile per portare via il pane e il pesce in eccesso. Il secondo invece si era scontrato con Arimundo Pescetto, sacerdote di uno sperduto paesino nel molisano e si erano misurati anche loro sul camminare sulle acque. C’erano riusciti tutte e due, ma la giuria aveva premiato il giapponese per lo stile tutto orientale della traversata.
Nelle semifinali il fattore di difficoltà aumentava, i miracoli cosiddetti minori, non certo per importanza ma per sforzo nel compierli, venivano eliminati dall’urna e rimanevano quelli più impegnativi.
Francisco Boliente venne sorteggiato con Takaia Todoroki, a Marello quindi toccò Momaba Garudo. I primi a scontrarsi erano lo spagnolo e il giapponese.
Ermio Tricomesto fece la sua apparizione sul palco, con la sua faccia simpatica e il sorriso sincero. Annunciò gli accoppiamenti dei semifinalisti e immediatamente entrò la ragazza con l’urna. Era in costume da bagno, ovviamente bicolore. Marello si domandò in che mise l’avrebbero presentata in finale.
Per la prima semifinale venne sorteggiata Conversione Miracolosa. Sul palco venne portato un pericoloso terrorista islamico scortato da due simpatici energumeni della security.
Francisco si concentrò per pochi secondi, si avvicinò al terrorista levando al cielo le mani, nella destra la bibbia, la sinistra con l’indice ad indicare il cielo, più precisamente i riflettori che illuminavano la scena.
“Convertiti!” ordinò il monaco e puntò indice e bibbia contro l’islamico. Quello cadde in ginocchio, in preghiera, a mani giunte, in tipico atteggiamento di sottomissione cristiana. La conversione era stata effettuata in pochi secondi. La platea era sbalordita. Takaia Todoroki era sbiancato in volto che pareva un sudario.
Boliente sorrise e salutò il pubblico che lo acclamò a gran voce. Ora era il turno del giapponese.
Venne accompagnato sul palco un altro terrorista. Takaia si concentrò molto, ancora scosso dal gran successo dello spagnolo, praticamente quasi impossibile da eguagliare, doveva fare meglio e questo lo innervosiva parecchio. Fece ricorso a discipline orientali che niente avevano a che vedere con la religione professata e funzionò. Si avvicinò al terrorista, alzò le braccia al cielo e gridò la formula. L’islamico aveva le mani legate dietro la schiena, ma i piedi erano liberi. Fece un gran balzo e staccò di netto un orecchio al giapponese con un morso.
Il terrorista venne immediatamente fermato dagli uomini della security, Takaia cadde all’indietro con un fiotto di sangue e battè il capo. L’islamico masticò e deglutì con un certo gusto il padiglione auricolare del giapponese.
Takaia venne portato via in stato di incoscienza. La finale era di Francisco Boliente.

Sulla soglia dell'universo

Io
Sogno
Distinguo
Luce ed eco
Bagliori fiochi
Omaggi di stelle
Miraggi concentrici
Sulla soglia dell'universo
All'alba del principio vero
Dialogo con dei indifferenti
Corpi di nebulose e pianeti
Compongono la mia anima e il cielo

USAM Maggio: I Finalisti

I responsi per la compilazione dei finalisti di questo mese mi sono stati inviati a volo di drago, ma, anche se un po' bruciacchiati, sono riuscito a decifrarli.
La carne di drago è gustosa, anche se un po' dura. La preferisco flambé, comunque.
Eccola i 5 finalisti:

- Il Mazapegul di Alessandro Bricchi
- In bilico di Luigi Musolino
- Strappi di Daniele Picciuti
- Un vestito nuovo di Matteo Poropat
- Viva Santa Rosalia! di Antonino Alessandro

Complimenti ai magnifici e un grazie di cuore a tutti i partecipanti.

Il Papa (4)

Il giorno dopo, sempre alle sette di mattina, ripartì lo spettacolo. Era incredibile come il senso del dovere, la fede, qualche minaccia e, in rari casi, qualche mazzetta qua e là potessero riempire la mensa de Il Pastorello Parlante.
La trasmissione era in mondovisione e sicuramente anche miliardi di telespettatori erano incollati al televisore, qualsiasi fosse il loro fuso orario.
Ai quarti erano passati sette concorrenti accreditati più un outsider, un certo Takaia Todoroki, monaco giapponese che viveva in una grotta ai piedi del Fujiyama.
Il primo scontro vide opposti Momaba Garudo e Augusto Gonzalez, sacerdote in una remota zona dell’Amazzonia, che si videro sorteggiare uno dei miracoli più difficili: la guarigione del lebbroso.
L’africano riuscì a guarire il lebbroso, ma fu assalito da orticaria poco dopo mentre Gonzalez fallì miseramente e si accasciò al suolo, piangente e disperato.
Il secondo scontro vedeva opposti Marello e Filippo Guartezzabbi, rampollo di famiglia nobile che si era fatto monaco per sfuggire ai troppi impegni mondani. Aveva passato brillantemente gli ottavi battendo ai punti Mika Airkonen, sacerdote scandivano di belle speranze.
Ermio li ripresentò ed entrò la signorina con l’urna, lei sembrava un po’ più svestita rispetto al giorno prima, i due distolsero lo sguardo dalle cosce tornite e dalla scollatura generosa.
L’estrazione designò l’Esorcismo. Il primo a tentare questa volta fu il suo avversario. Venne portato sul palco un indemoniato, posto al centro del palco e circondato da acqua santa. L’impossessato sbavava, si contorceva e pronunciava parole incomprensibili, probabilmente in bergamasco.
Il Guartezzabbi si concentrò al di fuori del cerchio santo, fece due volte il segno della croce, afferrò la bibbia, unico oggetto concesso e attraversò il cerchio.
L’indemoniato non si mosse, ma roteò i globi oculari un paio di volte in segno di sfida.
“Esci da questo corpo, essere immondo!” ululò il monaco protendendo le sacre scritture. L’impossessato si contorse, sbraitò qualcosa di incomprensibile e cadde a terra. Iniziò a ballare una street dance, chiaro segno di possessione diabolica. Filippo ripeté la formula, ma dalla bocca del satanasso partì un fiotto verde che lo colpì in pieno volto.
Il monaco indietreggiò sorpreso e si accasciò su un ginocchio. La folla mormorò sorpresa. L’indemoniato si rialzò con fare minaccioso. Guartezzabbi non si perse d’animo, pronunciò ad alta voce una preghiera e intimò ancora una volta al demone di uscire da quel corpo.
Stavolta l’indemoniato si accasciò con un grido disumano di dolore, il monaco fu come un lampo su di lui, gli incise sulla fronte una croce e poi impose sopra di essa la bibbia.
Ci fu uno sbuffo di vapore, il corpo sussultò in modo violento, un ultimo urlo straziante, poi tutto finì. Il demone era fuggito, l’uomo a terra sembrava disorientato, ma il suo viso non era più grottesco e sembrava normale. Due uomini della security lo portarono via senza troppi complimenti.
Applauso, gridolini di incitamento. Il monaco si pulì la faccia con un asciugamano e uscì dal cerchio santo. Era il turno di Marello.
Venne portato dentro un altro indemoniato, questo era più spaventoso del primo, aveva capelli lunghi e stopposi ritti sul cranio come se avesse appena preso la scossa e il viso era distorto all’inverosimile, pareva quasi un quadro di Picasso.
Marello si concentrò per quasi un minuto, fece un solo segno della croce ed entrò nel cerchio santo. Non appena ebbe toccato il palco delimitato con tutte e due i sandali, l’indemoniato spiccò un balzo verso di lui, che nemmeno l’uomo ragno sarebbe stato in grado di eseguire.
Marello scartò di lato con un’agilità inaspettata per un cardinale, l’impossessato volò oltre la barriera proibita. Venne fulminato a mezz’aria da una saetta proveniente dal cerchio e ricadde dentro il limite mezzo bruciacchiato e fumante. Per Marello era un vero colpo di fortuna, il demone era indebolito. Ne approfittò immediatamente per scacciarlo.
“Esci da questo corpo, bestia immonda!” ululò volando verso il corpo brandendo la bibbia. Atterrò presso l’indemoniato, gli incise la croce sulla fronte con l’unghia affilata dell’esorcista (pollice destro) e impresse la bibbia sulla ferita. Urlo disumano e sbuffo di vapore: il demone se n’era andato.
Applausi. Il pover’uomo venne portato via dalla security.
Non c’era ombra di dubbio e la giuria decretò come vincitore Marello, giusto per lo stile dimostrato nell’epurazione del male.

Il Papa (3)

Dopo le presentazioni e un breve stacco pubblicitario vennero annunciati gli accoppiamenti per gli scontri diretti. Marello fu sorteggiato con Adelmo Caracollo, un vescovo di Frosinone, molto dotato a quanto si diceva, sempre nel corridoio.
Il primo scontro era stato vinto facilmente da Francisco Boliente che aveva dimostrato il suo valore mentre il suo avversario non era nemmeno riuscito a superare la prova e quindi non c’era stato bisogno di scomodare la giuria.
Il secondo scontro era invece finito ai punti tra Momaba Garudo, sacerdote di Nairobi e Scott Pamparone, vescovo che arrivava dal South Carolina. La giuria aveva fatto passare l’africano giusto per non sembrare razzista e lo era stata nei confronti dell’americano.
Marello pronunciò un’ultima preghiera e si presentò al centro del palco. Ermio Tricomestro fece un gran sorrisone e lo presentò. Dopodiché fece la sua comparsa Adelmo Caracollo a sua volta presentato dal capo cuoco con funzioni di presentatore.
“Vediamo ora quale sarà la prova che i due contendenti dovranno affrontare!” annunciò Ermio facendo esultare la folla.
Una delle solite ragazze in divisa bicolore entrò sulla scena trasportando un urna munita di rotelle. Per esigenze di scena la gonna era diventata ancora più corta, anche la chiesa doveva piegarsi alle esigenze di share. Nell’urna erano presenti diverse palle colorate. La ragazza rimestò sorridendo a centodue denti verso la telecamera e poi passò una delle bocce al capo cuoco.
Ermio la prelevò, la aprì con le grosse manone senza nessuna apparente difficoltà e agguantò il biglietto all’interno.
“La prova è: Gesù cammina sul mare!”
Una buona porzione del palco iniziò a slittare verso l’esterno rivelando una piscina olimpionica lunga circa cento metri. La folla continuava ad applaudire ed incitare i contendenti continuamente pungolati da un aizzatore vestito da satana con tanto di forcone.
“Il primo sarà”, attimo di suspense, “Marello Pompidore!”
Marello avanzò di un passo, la piscina era ormai completamente scoperta. Si era allenato parecchio nella sua tenuta, nella piscina, sia con acqua di mare che con acqua dolce, era sicuro di potercela fare, ma l’emozione della diretta e il fatto di essere alla prova del nove poteva incidere notevolmente sulla performance.
Nella mensa calò il silenzio, il concorrente aveva cinque minuti per concentrarsi e poi doveva per forza affrontare la prova. Marello focalizzò nella mente uno schermo vuoto e nero e su di esso proiettò se stesso che camminava sulle acque della piscina olimpionica. Rimase fisso su quell’immagine per tre minuti e quattordici secondi, poi mosse il primo passo.
Per un microsecondo sentì il sandalo sprofondare, ma poi avvertì il familiare formicolio lungo la spina dorsale e nel cervelletto, e iniziò a camminare sull’acqua.
Il pubblico mormorò di approvazione e sorpresa. Marello non si deconcentrò, tenendo gli occhi chiusi e focalizzando se stesso che avanzava nella piscina.
In due minuti e quarantatre secondi raggiunse l’altra sponda e il pubblico esplose in un applauso spontaneo non pungolato. Marello si rilassò, ce l’aveva fatta, ora però toccava al suo avversario. La giuria probabilmente non avrebbe tenuto conto del tempo di percorrenza della piscina e nemmeno di quello della meditazione, ma sicuramente dello stile più somigliante a quello di nostro signore.
Era il turno di Caracollo. Si avvicinò al bordo della vasca e rimase in quarantadue secondi in meditazione, troppo pochi secondo Marello.
Partì deciso, a occhi chiusi, col primo passo sprofondò di qualche centimetro nell’acqua accompagnato dalle esclamazioni sorprese del pubblico, ma poi si riprese e incominciò ad avanzare sul pelo dell’acqua.
A metà percorso qualcosa turbò la sua mente, strinse le palpebre come per scacciare una tentazione e questo gli fu fatale. Sprofondò parecchio, quasi fino alle ginocchia, tentò disperatamente di recuperare la posizione risalendo fin quasi alle caviglie, ma poi, l’equilibrio si infranse e Caracollo andò giù come se fosse piombato. Rimase sul fondo diversi secondi, Marello non mosse un muscolo, confidava nella divina provvidenza. Intervenne sottoforma di due muscolosi soccorritori in costume da bagno anni ’30 che riportarono a galla il povero vescovo e gli praticarono pure una respirazione artificiale.
Caracollo si riprese e fu portato via in barella. La vittoria era di Marello.
“Passa al prossimo turno il cardinale Marello Pompidore!” annunciò Ermio e tutti esultarono e applaudirono pungolati dal forcone di Satana.

La Rivolta degli Alberi di Natale

Aghi di pino su cielo cremisi
Il peso di sfere multicolori
Fastidiosa bianca acqua gelata
E scatole con fiocchi stupidi

In testa una stella cometa
Ai piedi balocchi costosi
Un ricordo lontano le radici
Luci pruriginose intermittenti

I demoni del sonno si destano
Prendono vita negli abeti
Sparano bocce negli occhi
Incendiano regali ipertecnologici

La gente urla, scappa, palleggia
Rami nodosi staccano teste
Spilli verdi infilzano carni
Gli alberi tornano a mangiare la terra

Il Papa (2)

Alle sei di mattina venne destato da tre colpi secchi sulla porta della cella. Nemmeno una parola. I passi si allontanarono verso altre celle e sentì in lontananza il ripetersi dei colpi per svegliare gli altri partecipanti.
Marello rimase per alcuni secondi ad occhi chiusi cercando di accumulare le energie necessarie ad affrontare la dura giornata che lo attendeva.
Si alzò, si tolse la tonaca con cui aveva dormito, rimase nudo di fronte al letto. Ripiegò con cura l’indumento e poi indossò il saio di panno grezzo e lo legò in vita con la corda. Tolse le calze di lana e indossò i sandali. Il tessuto grezzo iniziò immediatamente a pizzicargli la pelle, ma resistette all’impulso di grattarsi; col passare delle ore la sua pelle si sarebbe abituata all’indumento.
Sì inginocchio e pregò per quasi dieci minuti. Poi si lavò la faccia con l’acqua ghiacciata del catino e si asciugò con un asciugamano che pareva più grezzo del saio.
Era pronto. Agguantò la bibbia come se fosse uno scudo e uscì dalla cella. Un’inserviente diversa da quella del giorno prima stava aspettando in fondo al corridoio. Indossava la medesima divisa gialla e azzurra.
Davanti all’ingresso di ogni cella apparvero in tempistiche diverse altri concorrenti con il saio e i sandali. Marello salutò alcuni di loro con un cenno del capo: era proibito parlare in quella fase, pena l’esclusione dalla manifestazione.
Quando tutti gli occupanti delle celle furono allineati nel corridoio, l’inserviente fece un cenno col capo e il serpentone si mosse dietro di lei.
Superarono altri due corridoi colmi di cellette poi sfociarono in un’ampia sala decorata con arazzi preziosi e statue in stile ellenico. Oltrepassarono anche questa stanza senza fermarsi, altro corridoio, poi finalmente incominciarono a sentire il brusio della folla che era giunta ad assistere all’evento. Un brivido di attesa e, perdono signore, un briciolo di eccitazione percorse gli uomini avviluppati nel saio di panno grezzo.
Scesero per un cunicolo stretto con scale di marmo consunte e scivolose. Nessuno cadde, ma sarebbe stato un bello strike di monsignori.
Altro corridoio, questo molto più largo. Il rumore della folle ora era vicino, quasi palpabile. La ragazza gialla e azzurra si fermò di fronte ad un ingresso enorme con due porte con maniglia antipanico a spinta. Al di là della porta giungevano tutti i rumori udibili.
Attesero quasi cinque minuti, tempo che parve dilatarsi all’infinito. Molti di loro mormoravano preghiere sottovoce, l’unica manifestazione verbale consentita.
Finalmente, con un altro cenno del capo, la ragazza comunicò che era giunto il momento di entrare in scena. Le porte si spalancarono e i sedici pellegrini fecero il loro ingresso sulla scena.
Nel locale, si solito adibito a mensa aziendale, era stati adibiti degli spazi per il pubblico con delle strutture in plasticacciaio. Tutti gli spalti erano gremiti in ogni ordine di posti, alcuni avevano portato anche degli striscioni, molti inneggiavano a Francisco Boliente, giovane monaco di uno sperduto paese sui Pirenei. Si vociferava nell’ambiente ecclesiastico che fosse uno dei più dotati ed era di sicuro un buon candidato alla vittoria finale. Solo pochi portavano il nome di Marello, ma lui non se ne preoccupava, sapeva di essere pronto, si era preparato duramente per nove lunghi mesi e in cuor suo sapeva di potercela fare. I bookmakers lo davano sette a uno, ma lui sentiva di poter sovvertire quel pronostico.
Al centro della mensa era stato allestito un palco illuminato da diversi riflettori, quattro telecamere gravitavano intorno al perimetro senza mai entrarvi. Sul palco facevano bella mostra sedici troni in cui i partecipanti andarono lentamente ad accomodarsi.
I riflettori si accesero e le telecamere incominciarono a riprendere i concorrenti, sui canali nazionali a reti unificate parti la sigla da canto gregoriano e poi fece il suo ingresso sul palco, Ermio Tricomestro, capo cuoco della mensa vaticana.
“Benvenuti, benvenuti al Pastorello Parlante, la mitica mensa del vaticano e benvenuti, amici, soprattutto, al dodicesimo torneo Il Santo dell’Anno!”
Carrellata sui sedici concorrenti, alcuni un po’ frastornati, altri concentrati e solo uno sorridente. La folla applaudì e incitò i propri beniamini.
“Tutti voi sapete bene come si svolge il torneo, i sedici concorrenti si sfideranno in scontri diretti che porteranno alla finale che proclamerà il Santo dell’Anno. I concorrenti dovranno cimentarsi con varie prove e dimostrare di meritare la santità, ovviamente a determinare il vincitore di ogni singolo scontro sarà la nostra giuria ecclesiastica.”
Breve giro di telecamera su cardinali e vescovi ingioiellati e paciocconi con palette per votazioni annesse.
“Ed ora andiamo a conoscere i sedici concorrenti.”

Il Papa (1)

Marello Pompidore stava seduto comodamente sul sedile posteriore della Limousine che lo stava accompagnando in Vaticano.
In mano teneva la bibbia e stava rileggendo per l’ennesima volta il vangelo di Giovanni, 2,1-11, il passaggio delle nozze di Cana. Non era un miracolo troppo difficile, certo Gesù aveva tutto un altro stile e sicuramente riusciva in tempo zero a compierlo.
Il grande raccordo anulare era sempre in perenne stato di lavori in corso, in alcuni punti addirittura si scartava come su una chicane e l’autista, vista la lunghezza spropositata del mezzo, dovette invadere tutte e due le corsie ad una velocità di circa quaranta chilometri orari.
Marello sospirò e tornò a leggere il vangelo: guarigione di un lebbroso, Matteo 8,1-4. Veramente difficile, una skill notevole, nostro signore.
La giornata era uggiosa, una di quelle giornate né carne né pesce in cui il cielo è grigio topo e ogni tanto scende una pioggerellina inutile anche per i campi.
Uscita uno, Aurelio Vaticano e poi tutta dritta fino a Viale Giulio Cesare, poi destra ed ecco il Vaticano. Il traffico era quello solito romano: frenetico, caotico e indisciplinato. A Marello non importava, stava leggendo di Gesù che cammina sul mare, Marco 6,45-52, non facile, ma nemmeno tanto difficile.
La Limousine si arrestò proprio di fronte a S.Pietro, una folla enorme stava aspettando l’arrivo dei vari candidati. Una lunga passerella adornata con un tappeto rosso portava verso l’entrata principale della Basilica.
Decine di uomini della security vestiti di nero e con spalle da scaricatore di porte vigilavano sulla lunga via di entrata, tutto rigorosamente con auricolare, occhiali neri e taglio di capelli identico.
Uno di questi aprì lo sportello della Limousine e Marello, con calma assoluta, scese dall’auto imbracciando la bibbia. Non appena apparve in tutta la sua magnificenza, la folla esplose in grida di giubilo.
Marello alzò le mani al cielo per salutare la folla che si prodigò in altre manifestazioni di esultanza e tripudio. Una signora in prima fila con uno splendido tailleur color palta svenne e rimase penzoloni sulle transenne. Un energumeno della security la colpì con un montante ben studiato per farla sparire tra la folla e non ingombrare inutilmente il passaggio.
Marello iniziò la sua processione verso S.Pietro scortato da due angeli custodi alti uguali e con la faccia da mastino napoletano. Alcuni gaudenti si sporsero per tentare di toccarlo o di avere un autografo, ma gli uomini della security rintuzzarono gli attacchi con grasse gomitate.
Marello concesse solo un paio di autografi facendo cenno alle due guardie: ad una donna con prole e ad un bambino con stampella.
Una volta dentro la basilica, venne scortato verso una porticina laterale che dava accesso agli alloggi dei contendenti. I due accompagnatori lo lasciarono e Marello si ritrovò in un corridoio fortemente illuminato da neon poco spirituali che rendevano evidente ogni difetto dei muri e dei pochi quadri appesi alle pareti.
Un’inserviente sorridente e dal viso angelico gli venne incontro; indossava una divisa gialla e azzurra con una gonna a portafoglio che le cadeva appena sotto le ginocchia. Marello la squadrò, domandandosi da quando la Santa Sede permetteva tale impudicizia.
“Buongiorno, Eminenza, prego venga da questa parte,” disse la donna con tono perentorio, ma sempre sorridendo.
Il Cardinal Pompidore non poté far altro che seguire la donna lungo il corridoio per raggiungere la celletta che gli era stata assegnata.
La cella era di cinque metri quadri circa con un tavolaccio come letto, una brocca, un catino appoggiati ad un piccolo tavolino su cui erano presenti anche una candela e una scatola di cerini. In fondo alla stanza una piccola finestra con grata in ferro arrugginito. Sul letto era appoggiato un saio, con tanto di cordone a mo’ di cintura e sotto il tavolaccio un paio di sandali, ovviamente senza calze annesse.
Marello annuì: faceva parte del gioco, ma la inserviente gli ricordò lo stesso le regole: “Il saio e i sandali dovrà indossarli domattina, le sarà consentito di portare solo la bibbia, il torneo avrà inizio domani mattina alle sette. Le auguro buona notte e buona fortuna per domani, Eminenza.”
“La ringrazio, buona notte anche a lei.”
La donna uscì con uno sfarfallio giallo e azzurro.
Marello guardò fuori dalla piccola finestrella: si intravedeva un campo da calcio semicoperto da una macchia di pini marittimi e i tetti delle case di Roma. Rimase per qualche minuto ad osservare il volo di alcuni uccelli in lontananza in contrasto col cielo grigio, poi si assicurò l’asse che chiudeva la finestra, accese la candela e si stese sul tavolaccio.
Non era certo comodo come il suo letto a tre piazze, ma per qualche giorno ci si poteva accontentare. Prese la bibbia che aveva appoggiato al tavolino e lo aprì per leggere altre gesta del messia.
[CONTINUA]

Scrittore

Scrittore, sì
Burattinaio di mille parole
Creatore di universi
Parassita di vite inespresse

Scrittore.
Amante incompreso di sillabe
Giocoliere di avverbi
Slalomista di virgole e apostrofi

Scrittore, lo ammetto
Mea culpa è sognare a occhi aperti
Perdermi in astrazione
Simulare emozioni e virtuali rancori

Scrittore,
Fino alla fine dei giorni
Finché sogno non ci separi
Fino a quando esisterà anche un solo lettore

Loculo trentacinque

Rinchiuso nel loculo trentacinque
Sbava un furetto dai mille colori
La terra smuove con il pensiero
In giostre di girandole di palissandro

Esprime la sua indole giocosa
Infilando unghie in vasi sanguigni
Espropriando orbite di occhi vitrei
Nutrendosi di muschiosi cadaveri

Intorno al cuore ha radici spesse
Attorno al cranio maniche di cedro
Il mangime dei ratti come cervello

Eppure sogna amore
Eppure spurga dolore

Si sente Dio
E miagola alla luna

Dal loculo trentacinque risorge
Spara chiodi dalla casse aperte
Il mondo lo accoglie come nuovo signore

Alieno

Ho tutti gli organi interni a posto
Il cuore contratto dietro una galassia di sogni
La mente dilatata su altri pianeti

Osservo l'astro azzurro dal ponte
Striature di verde e amaranto
I punti cardinali soffiano rimorso

Da un satellite metereologico qualcuno saluta
Lo nebulizzo con il divaricatore molecolare
In pace ritorno sulla luna di Giove.

Intervista ad Attilio Facchini, vincitore USAM XXIII edizione

Davide Cassia: prima di tutto, complimenti per aver vinto la selezione Una Storia al Mese del mese di gennaio. Conosciamo meglio Attilio Facchini. Parlaci di te.
Attilio Facchini: ho quasi 34 anni e, quindi, in una prospettiva media e sufficientemente ottimistica, mi ritrovo nel mezzo del cammin della mia vita. Prospettiva migliorabile, certo, ma anche peggiorabile! Quindi, mi tengo sulla media medievale.
Fui un calciatore promettente che abbandonai il calcio troppo presto per prendere a calci il mio futuro lavorativo.
Adesso come adesso, sono in cerca della mia dimensione ideale: per ora troppo idealistica e poco dimensionale.
Se c'è una cosa che mi piace fare è creare. In qualsiasi modo: scrivendo o girando cortometraggi, recitando o dirigendo spettacoli. A proposito, posso fare un po' di pubblicità non profit? Massì! Stanno per uscire i miei due ultimi corti (Salsa&Meringa e Mater pia), ispirati, peraltro, a racconti che hanno partecipato a precedenti edizioni di USAM. Inoltre, il 10 aprile dirigerò il primo spettacolo cine-teatrale della storia! Teatro di Isola del Liri (provincia di Frosinone). Se passate da queste parti, non mancate di far visita al “Rock Cafè Louis Pirandello” (vedi: www.uvaspina.com).
Il fatto è che ho questa esigenza creativa che deve uscire in qualche modo. Sennò scoppio! Se mi pagassero anche, sarei a cavallo.
In caso contrario, posso sempre darmi all'ippica.

D: il tuo racconto è ispirato a una famosa canzone di De' Andrè. È nato in relazione alla canzone o per altri motivi?
A: in primis, De André lo amo e mi spiace solo che non ho fatto in tempo a dirglielo.
In secundis, il racconto è nato in relazione, non tanto alla canzone, quanto all'album Non al denaro, non all'amore né al cielo. Ho una mezza idea di scrivere un racconto per ogni canzone. Adesso però non fate che mi fregate l'idea. Paliamone, almeno!

D: quando è nata la tua passione per la scrittura?
A: un paio di anni fa.
Prima, ho scritto solo due tre sceneggiature per cortometraggi che poi, in qualche modo, ho realizzato.

D: scrivi regolarmente oppure quando senti l'ispirazione? Hai un posto e/o un metodo particolare?
A: fino a qualche tempo fa, riuscivo a scrivere solo se ispirato. Ultimamente, l'ispirazione me la vado a cercare.
Scrivo dinanzi al mio bellissimo MAC. Ho sperimentato alcuni metodi, anche se, finora, le cose migliori le ho scritte di getto. Però, un metodo serve. Non so quale, ma serve.

D: credi che per uno scrittore sia importante il confronto con altri autori?
A: eh! Frequentando alcuni forum di scrittura mi sono reso conto delle cazzate che scrivevo e, ahimè, ancora scrivo. Inoltre, aumenta il mio senso critico, in passato abbastanza criptico, sia nei confronti delle opere degli altri sia nei confronti della mia.

D: pensi che gli autori di oggi siano influenzati maggiormente da altri scrittori o dalla televisione e dai film?
A: indubbiamente, un amante del cinema come me trova naturali ispirazioni nei film.
Però, spesso, finito un libro che mi ha preso, mi capita di desiderare di scrivere qualcosa con lo stile di quell'autore.

D: credi che uno scrittore prima o poi debba impegnarsi nel sociale con il suo lavoro o può rimanere tutta la vita uno scrittore di evasione?
A: i grandi scrittori, così come tutti i grandi artisti, a un certo punto della loro esperienza, confluiscono naturalmente nelle problematiche sociali.
Credo sia una questione di sensibilità: maggiore è la sensibilità artistica, maggiore è la sensibilità nei confronti della vita.
Prendiamo i fratelli Vanzina: non credo che abbandoneranno tanto facilmente i loro meravigliosi film natalizi...

D: hai mai pensato alla scrittura come professione?
A: magari!

D: cosa pensi di Una Storia al Mese?
A: cosa penso? Penso che è un concorso fichissimo. Altrove ho anche sentito parlare di “concorso ficherrimo”. Non so che c'entra il fico, ma so che sarò sempre grato al buon Pecorella, alias Marco Caudullo, per avermelo fatto conoscere.
Il giudice (il racconto che mi ha aperto la via a quest'illuminata intervista) l'ho postato il 1° gennaio, intorno alle tre di notte, mi sembra. Avevo troppa paura che i posti si esaurissero! Come già era accaduto i due mesi precedenti...

USAM Maggio - I 15 racconti in gara

Raggiunti anche questo mese i 15 partecipanti di USAM, arrivata alla XXVII edizione:

- Denominazione di origine garantita, di Guido Oliva
- Eu, di Carmelo M. Tidona
- Il Boschetto, di Maurizio Bertino
- Il Mazapegul, di Alessandro Bricchi
- In bilico, di Luigi Musolino
- La lettera, di Cristiana Morroni
- L'odore acre dell'ornitorinco, di Marco Migliori
- Malum Carmen, di Giuseppe Agnoletti
- Nel labirinto, di Alberto Priora
- Non nel mio nome, di Stefano Pastor
- Pen friends, di Attilio Facchini
- Strappi, di Daniele Picciuti
- Un vestito nuovo, di Matteo Poropat
- Un'altra casa, di Andrea Viscusi
- Viva Santa Rosalia!, di Antonino Alessandro

In bocca al lupo a tutti!

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