Dopo circa mezz’ora di pausa in cui le ragazze in bikini ballarono alcuni stacchetti su musiche di fra Cionfoli e vennero passati su un megaschermo gli highlights dei vari scontri fino alla finale, i due contendenti raggiunsero di nuovo il palco.
Una ragazza in tanga e stelline sui capezzoli portò in scena l’urna. La tensione era palpabile. Dalla scelta erano state tolte altre palle colorate, ne rimanevano solo quattro ed erano quelle più temute. La ragazza rimestò facendo ballare la carne nei punti giusti e finamente estrasse la palla rossa.
Ermio prelevò il tutto e si portò al centro del palco.
“Signori e signori, la prova che vedrà fronteggiarsi Marello Pompidore da Salerno e Francisco Boliente da Jaca nella finalissima del Santo dell’Anno è…”, la tensione in sala e tra il pubblico si tagliava con una motofalciatrice, “Ressurrezione!”
Eccola, la prova più dura: far risorgere un morto. Nelle dodici edizioni della manifestazione solo due partecipanti, poi diventati santi, erano riusciti nell’impresa.
Marello non aveva mai provato con morti umani, solo con animali. Aveva fatto ritornare in vita rane, capre, funghi e uno scimpanzè; piccolo però. Quell’ultima prova era veramente la più difficoltosa.
Il pubblico presente in sala incominciò a rumoreggiare ed incitare i propri beniamini. Erano molti di più i sostenitori di Boliente anche se quelli del cardinale si facevano comunque sentire.
Per primo fu sorteggiato proprio lui. Il tempo di meditazione nella finale era raddoppiato: dieci minuti. Marello li sfruttò praticamente tutti e la televisione ne approfittò per mandare la pubblicità.
Venne condotta sul palco una lettiga con un morto fresco di giornata. Era già color cenere, ma comunque non doveva essere morto da molto. Marello si concentrò e impose le mani sul volto. Sentì il calore fluire dal suo corpo verso i polpastrelli e da lì smuovere energia verso il corpo freddo sulla barella. Quello che serviva era una scintilla, un innesco vitale che solo qualcuno di ancora vivo poteva dare. Marello spostò molta più energia di quella necessaria per far risorgere lo scimpanzè.
“Vivi!” esclamò alla fine come un novello dottor Frankenstein.
All’inizio non accadde nulla e Marello si stava già disperando, poi il corpo cominciò a muovere le estremità e lentamente riprese un colore più roseo. Alla fine il morto aprì gli occhi ed inspirò aria.
Marello sorrise, si sentiva spossato, molto stanco, ma ce l’aveva fatta. La prova però non era conclusa, il neo risorto doveva alzarsi in piedi e starci per almeno dieci minuti. Ermio ne approfittò per intervistarlo, solite domande di rito sullo stato di salute, la familia, gli hobbies e le aspettative di nuova vita.
L’ex morto, anche se un po’ scosso, rimase comunque in piedi e in vita per i dieci minuti della prova e poi fu riaccompagnato in lettiga di nuovo in ospedale per accertamenti. Ora era il turno di Boliente.
Impiegò metà del tempo del cardinale per concentrarsi. Venne portato un altro morto e lui impose le mani. Molto più veloce di Marello nell’imprimere l’atto di resurrezione e il morto si alzò.
Sembrava più roseo di quello del cardinale, più vivo. Marello si rese conto di aver perso. Boliente era il favorito fin dall’inizio e a ragione a quanto poteva vedere.
Il capo cuoco intervistò anche questo nuovo risorto, il quale volle anche recitare una poesia del Pascoli per convincere tutti di aver riacquistato in pieno le sue facoltà mentali.
A quindici secondi dalla fine del tempo regolamentare, nel momento clou della poesia, il risorto roteò gli occhi, crollò al suolo e tornò morto. A poco valsero i tentativi di rianimarlo, era ridiventato definitivamente defunto.
I quindici secondi scaddero. Marello Pompidore da Salerno aveva vinto. Era Santo. Santo dell’Anno.
Una ragazza in tanga e stelline sui capezzoli portò in scena l’urna. La tensione era palpabile. Dalla scelta erano state tolte altre palle colorate, ne rimanevano solo quattro ed erano quelle più temute. La ragazza rimestò facendo ballare la carne nei punti giusti e finamente estrasse la palla rossa.
Ermio prelevò il tutto e si portò al centro del palco.
“Signori e signori, la prova che vedrà fronteggiarsi Marello Pompidore da Salerno e Francisco Boliente da Jaca nella finalissima del Santo dell’Anno è…”, la tensione in sala e tra il pubblico si tagliava con una motofalciatrice, “Ressurrezione!”
Eccola, la prova più dura: far risorgere un morto. Nelle dodici edizioni della manifestazione solo due partecipanti, poi diventati santi, erano riusciti nell’impresa.
Marello non aveva mai provato con morti umani, solo con animali. Aveva fatto ritornare in vita rane, capre, funghi e uno scimpanzè; piccolo però. Quell’ultima prova era veramente la più difficoltosa.
Il pubblico presente in sala incominciò a rumoreggiare ed incitare i propri beniamini. Erano molti di più i sostenitori di Boliente anche se quelli del cardinale si facevano comunque sentire.
Per primo fu sorteggiato proprio lui. Il tempo di meditazione nella finale era raddoppiato: dieci minuti. Marello li sfruttò praticamente tutti e la televisione ne approfittò per mandare la pubblicità.
Venne condotta sul palco una lettiga con un morto fresco di giornata. Era già color cenere, ma comunque non doveva essere morto da molto. Marello si concentrò e impose le mani sul volto. Sentì il calore fluire dal suo corpo verso i polpastrelli e da lì smuovere energia verso il corpo freddo sulla barella. Quello che serviva era una scintilla, un innesco vitale che solo qualcuno di ancora vivo poteva dare. Marello spostò molta più energia di quella necessaria per far risorgere lo scimpanzè.
“Vivi!” esclamò alla fine come un novello dottor Frankenstein.
All’inizio non accadde nulla e Marello si stava già disperando, poi il corpo cominciò a muovere le estremità e lentamente riprese un colore più roseo. Alla fine il morto aprì gli occhi ed inspirò aria.
Marello sorrise, si sentiva spossato, molto stanco, ma ce l’aveva fatta. La prova però non era conclusa, il neo risorto doveva alzarsi in piedi e starci per almeno dieci minuti. Ermio ne approfittò per intervistarlo, solite domande di rito sullo stato di salute, la familia, gli hobbies e le aspettative di nuova vita.
L’ex morto, anche se un po’ scosso, rimase comunque in piedi e in vita per i dieci minuti della prova e poi fu riaccompagnato in lettiga di nuovo in ospedale per accertamenti. Ora era il turno di Boliente.
Impiegò metà del tempo del cardinale per concentrarsi. Venne portato un altro morto e lui impose le mani. Molto più veloce di Marello nell’imprimere l’atto di resurrezione e il morto si alzò.
Sembrava più roseo di quello del cardinale, più vivo. Marello si rese conto di aver perso. Boliente era il favorito fin dall’inizio e a ragione a quanto poteva vedere.
Il capo cuoco intervistò anche questo nuovo risorto, il quale volle anche recitare una poesia del Pascoli per convincere tutti di aver riacquistato in pieno le sue facoltà mentali.
A quindici secondi dalla fine del tempo regolamentare, nel momento clou della poesia, il risorto roteò gli occhi, crollò al suolo e tornò morto. A poco valsero i tentativi di rianimarlo, era ridiventato definitivamente defunto.
I quindici secondi scaddero. Marello Pompidore da Salerno aveva vinto. Era Santo. Santo dell’Anno.
[CONTINUA]
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