In mano teneva la bibbia e stava rileggendo per l’ennesima volta il vangelo di Giovanni, 2,1-11, il passaggio delle nozze di Cana. Non era un miracolo troppo difficile, certo Gesù aveva tutto un altro stile e sicuramente riusciva in tempo zero a compierlo.
Il grande raccordo anulare era sempre in perenne stato di lavori in corso, in alcuni punti addirittura si scartava come su una chicane e l’autista, vista la lunghezza spropositata del mezzo, dovette invadere tutte e due le corsie ad una velocità di circa quaranta chilometri orari.
Marello sospirò e tornò a leggere il vangelo: guarigione di un lebbroso, Matteo 8,1-4. Veramente difficile, una skill notevole, nostro signore.
La giornata era uggiosa, una di quelle giornate né carne né pesce in cui il cielo è grigio topo e ogni tanto scende una pioggerellina inutile anche per i campi.
Uscita uno, Aurelio Vaticano e poi tutta dritta fino a Viale Giulio Cesare, poi destra ed ecco il Vaticano. Il traffico era quello solito romano: frenetico, caotico e indisciplinato. A Marello non importava, stava leggendo di Gesù che cammina sul mare, Marco 6,45-52, non facile, ma nemmeno tanto difficile.
La Limousine si arrestò proprio di fronte a S.Pietro, una folla enorme stava aspettando l’arrivo dei vari candidati. Una lunga passerella adornata con un tappeto rosso portava verso l’entrata principale della Basilica.
Decine di uomini della security vestiti di nero e con spalle da scaricatore di porte vigilavano sulla lunga via di entrata, tutto rigorosamente con auricolare, occhiali neri e taglio di capelli identico.
Uno di questi aprì lo sportello della Limousine e Marello, con calma assoluta, scese dall’auto imbracciando la bibbia. Non appena apparve in tutta la sua magnificenza, la folla esplose in grida di giubilo.
Marello alzò le mani al cielo per salutare la folla che si prodigò in altre manifestazioni di esultanza e tripudio. Una signora in prima fila con uno splendido tailleur color palta svenne e rimase penzoloni sulle transenne. Un energumeno della security la colpì con un montante ben studiato per farla sparire tra la folla e non ingombrare inutilmente il passaggio.
Marello iniziò la sua processione verso S.Pietro scortato da due angeli custodi alti uguali e con la faccia da mastino napoletano. Alcuni gaudenti si sporsero per tentare di toccarlo o di avere un autografo, ma gli uomini della security rintuzzarono gli attacchi con grasse gomitate.
Marello concesse solo un paio di autografi facendo cenno alle due guardie: ad una donna con prole e ad un bambino con stampella.
Una volta dentro la basilica, venne scortato verso una porticina laterale che dava accesso agli alloggi dei contendenti. I due accompagnatori lo lasciarono e Marello si ritrovò in un corridoio fortemente illuminato da neon poco spirituali che rendevano evidente ogni difetto dei muri e dei pochi quadri appesi alle pareti.
Un’inserviente sorridente e dal viso angelico gli venne incontro; indossava una divisa gialla e azzurra con una gonna a portafoglio che le cadeva appena sotto le ginocchia. Marello la squadrò, domandandosi da quando la Santa Sede permetteva tale impudicizia.
“Buongiorno, Eminenza, prego venga da questa parte,” disse la donna con tono perentorio, ma sempre sorridendo.
Il Cardinal Pompidore non poté far altro che seguire la donna lungo il corridoio per raggiungere la celletta che gli era stata assegnata.
La cella era di cinque metri quadri circa con un tavolaccio come letto, una brocca, un catino appoggiati ad un piccolo tavolino su cui erano presenti anche una candela e una scatola di cerini. In fondo alla stanza una piccola finestra con grata in ferro arrugginito. Sul letto era appoggiato un saio, con tanto di cordone a mo’ di cintura e sotto il tavolaccio un paio di sandali, ovviamente senza calze annesse.
Marello annuì: faceva parte del gioco, ma la inserviente gli ricordò lo stesso le regole: “Il saio e i sandali dovrà indossarli domattina, le sarà consentito di portare solo la bibbia, il torneo avrà inizio domani mattina alle sette. Le auguro buona notte e buona fortuna per domani, Eminenza.”
“La ringrazio, buona notte anche a lei.”
La donna uscì con uno sfarfallio giallo e azzurro.
Marello guardò fuori dalla piccola finestrella: si intravedeva un campo da calcio semicoperto da una macchia di pini marittimi e i tetti delle case di Roma. Rimase per qualche minuto ad osservare il volo di alcuni uccelli in lontananza in contrasto col cielo grigio, poi si assicurò l’asse che chiudeva la finestra, accese la candela e si stese sul tavolaccio.
Non era certo comodo come il suo letto a tre piazze, ma per qualche giorno ci si poteva accontentare. Prese la bibbia che aveva appoggiato al tavolino e lo aprì per leggere altre gesta del messia.
[CONTINUA]
Il grande raccordo anulare era sempre in perenne stato di lavori in corso, in alcuni punti addirittura si scartava come su una chicane e l’autista, vista la lunghezza spropositata del mezzo, dovette invadere tutte e due le corsie ad una velocità di circa quaranta chilometri orari.
Marello sospirò e tornò a leggere il vangelo: guarigione di un lebbroso, Matteo 8,1-4. Veramente difficile, una skill notevole, nostro signore.
La giornata era uggiosa, una di quelle giornate né carne né pesce in cui il cielo è grigio topo e ogni tanto scende una pioggerellina inutile anche per i campi.
Uscita uno, Aurelio Vaticano e poi tutta dritta fino a Viale Giulio Cesare, poi destra ed ecco il Vaticano. Il traffico era quello solito romano: frenetico, caotico e indisciplinato. A Marello non importava, stava leggendo di Gesù che cammina sul mare, Marco 6,45-52, non facile, ma nemmeno tanto difficile.
La Limousine si arrestò proprio di fronte a S.Pietro, una folla enorme stava aspettando l’arrivo dei vari candidati. Una lunga passerella adornata con un tappeto rosso portava verso l’entrata principale della Basilica.
Decine di uomini della security vestiti di nero e con spalle da scaricatore di porte vigilavano sulla lunga via di entrata, tutto rigorosamente con auricolare, occhiali neri e taglio di capelli identico.
Uno di questi aprì lo sportello della Limousine e Marello, con calma assoluta, scese dall’auto imbracciando la bibbia. Non appena apparve in tutta la sua magnificenza, la folla esplose in grida di giubilo.
Marello alzò le mani al cielo per salutare la folla che si prodigò in altre manifestazioni di esultanza e tripudio. Una signora in prima fila con uno splendido tailleur color palta svenne e rimase penzoloni sulle transenne. Un energumeno della security la colpì con un montante ben studiato per farla sparire tra la folla e non ingombrare inutilmente il passaggio.
Marello iniziò la sua processione verso S.Pietro scortato da due angeli custodi alti uguali e con la faccia da mastino napoletano. Alcuni gaudenti si sporsero per tentare di toccarlo o di avere un autografo, ma gli uomini della security rintuzzarono gli attacchi con grasse gomitate.
Marello concesse solo un paio di autografi facendo cenno alle due guardie: ad una donna con prole e ad un bambino con stampella.
Una volta dentro la basilica, venne scortato verso una porticina laterale che dava accesso agli alloggi dei contendenti. I due accompagnatori lo lasciarono e Marello si ritrovò in un corridoio fortemente illuminato da neon poco spirituali che rendevano evidente ogni difetto dei muri e dei pochi quadri appesi alle pareti.
Un’inserviente sorridente e dal viso angelico gli venne incontro; indossava una divisa gialla e azzurra con una gonna a portafoglio che le cadeva appena sotto le ginocchia. Marello la squadrò, domandandosi da quando la Santa Sede permetteva tale impudicizia.
“Buongiorno, Eminenza, prego venga da questa parte,” disse la donna con tono perentorio, ma sempre sorridendo.
Il Cardinal Pompidore non poté far altro che seguire la donna lungo il corridoio per raggiungere la celletta che gli era stata assegnata.
La cella era di cinque metri quadri circa con un tavolaccio come letto, una brocca, un catino appoggiati ad un piccolo tavolino su cui erano presenti anche una candela e una scatola di cerini. In fondo alla stanza una piccola finestra con grata in ferro arrugginito. Sul letto era appoggiato un saio, con tanto di cordone a mo’ di cintura e sotto il tavolaccio un paio di sandali, ovviamente senza calze annesse.
Marello annuì: faceva parte del gioco, ma la inserviente gli ricordò lo stesso le regole: “Il saio e i sandali dovrà indossarli domattina, le sarà consentito di portare solo la bibbia, il torneo avrà inizio domani mattina alle sette. Le auguro buona notte e buona fortuna per domani, Eminenza.”
“La ringrazio, buona notte anche a lei.”
La donna uscì con uno sfarfallio giallo e azzurro.
Marello guardò fuori dalla piccola finestrella: si intravedeva un campo da calcio semicoperto da una macchia di pini marittimi e i tetti delle case di Roma. Rimase per qualche minuto ad osservare il volo di alcuni uccelli in lontananza in contrasto col cielo grigio, poi si assicurò l’asse che chiudeva la finestra, accese la candela e si stese sul tavolaccio.
Non era certo comodo come il suo letto a tre piazze, ma per qualche giorno ci si poteva accontentare. Prese la bibbia che aveva appoggiato al tavolino e lo aprì per leggere altre gesta del messia.
[CONTINUA]
ahahahahah
RispondiEliminafiga questa
me la ricordo!
:)
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