Alle sei di mattina venne destato da tre colpi secchi sulla porta della cella. Nemmeno una parola. I passi si allontanarono verso altre celle e sentì in lontananza il ripetersi dei colpi per svegliare gli altri partecipanti.
Marello rimase per alcuni secondi ad occhi chiusi cercando di accumulare le energie necessarie ad affrontare la dura giornata che lo attendeva.
Si alzò, si tolse la tonaca con cui aveva dormito, rimase nudo di fronte al letto. Ripiegò con cura l’indumento e poi indossò il saio di panno grezzo e lo legò in vita con la corda. Tolse le calze di lana e indossò i sandali. Il tessuto grezzo iniziò immediatamente a pizzicargli la pelle, ma resistette all’impulso di grattarsi; col passare delle ore la sua pelle si sarebbe abituata all’indumento.
Sì inginocchio e pregò per quasi dieci minuti. Poi si lavò la faccia con l’acqua ghiacciata del catino e si asciugò con un asciugamano che pareva più grezzo del saio.
Era pronto. Agguantò la bibbia come se fosse uno scudo e uscì dalla cella. Un’inserviente diversa da quella del giorno prima stava aspettando in fondo al corridoio. Indossava la medesima divisa gialla e azzurra.
Davanti all’ingresso di ogni cella apparvero in tempistiche diverse altri concorrenti con il saio e i sandali. Marello salutò alcuni di loro con un cenno del capo: era proibito parlare in quella fase, pena l’esclusione dalla manifestazione.
Quando tutti gli occupanti delle celle furono allineati nel corridoio, l’inserviente fece un cenno col capo e il serpentone si mosse dietro di lei.
Superarono altri due corridoi colmi di cellette poi sfociarono in un’ampia sala decorata con arazzi preziosi e statue in stile ellenico. Oltrepassarono anche questa stanza senza fermarsi, altro corridoio, poi finalmente incominciarono a sentire il brusio della folla che era giunta ad assistere all’evento. Un brivido di attesa e, perdono signore, un briciolo di eccitazione percorse gli uomini avviluppati nel saio di panno grezzo.
Scesero per un cunicolo stretto con scale di marmo consunte e scivolose. Nessuno cadde, ma sarebbe stato un bello strike di monsignori.
Altro corridoio, questo molto più largo. Il rumore della folle ora era vicino, quasi palpabile. La ragazza gialla e azzurra si fermò di fronte ad un ingresso enorme con due porte con maniglia antipanico a spinta. Al di là della porta giungevano tutti i rumori udibili.
Attesero quasi cinque minuti, tempo che parve dilatarsi all’infinito. Molti di loro mormoravano preghiere sottovoce, l’unica manifestazione verbale consentita.
Finalmente, con un altro cenno del capo, la ragazza comunicò che era giunto il momento di entrare in scena. Le porte si spalancarono e i sedici pellegrini fecero il loro ingresso sulla scena.
Nel locale, si solito adibito a mensa aziendale, era stati adibiti degli spazi per il pubblico con delle strutture in plasticacciaio. Tutti gli spalti erano gremiti in ogni ordine di posti, alcuni avevano portato anche degli striscioni, molti inneggiavano a Francisco Boliente, giovane monaco di uno sperduto paese sui Pirenei. Si vociferava nell’ambiente ecclesiastico che fosse uno dei più dotati ed era di sicuro un buon candidato alla vittoria finale. Solo pochi portavano il nome di Marello, ma lui non se ne preoccupava, sapeva di essere pronto, si era preparato duramente per nove lunghi mesi e in cuor suo sapeva di potercela fare. I bookmakers lo davano sette a uno, ma lui sentiva di poter sovvertire quel pronostico.
Al centro della mensa era stato allestito un palco illuminato da diversi riflettori, quattro telecamere gravitavano intorno al perimetro senza mai entrarvi. Sul palco facevano bella mostra sedici troni in cui i partecipanti andarono lentamente ad accomodarsi.
I riflettori si accesero e le telecamere incominciarono a riprendere i concorrenti, sui canali nazionali a reti unificate parti la sigla da canto gregoriano e poi fece il suo ingresso sul palco, Ermio Tricomestro, capo cuoco della mensa vaticana.
“Benvenuti, benvenuti al Pastorello Parlante, la mitica mensa del vaticano e benvenuti, amici, soprattutto, al dodicesimo torneo Il Santo dell’Anno!”
Carrellata sui sedici concorrenti, alcuni un po’ frastornati, altri concentrati e solo uno sorridente. La folla applaudì e incitò i propri beniamini.
“Tutti voi sapete bene come si svolge il torneo, i sedici concorrenti si sfideranno in scontri diretti che porteranno alla finale che proclamerà il Santo dell’Anno. I concorrenti dovranno cimentarsi con varie prove e dimostrare di meritare la santità, ovviamente a determinare il vincitore di ogni singolo scontro sarà la nostra giuria ecclesiastica.”
Breve giro di telecamera su cardinali e vescovi ingioiellati e paciocconi con palette per votazioni annesse.
“Ed ora andiamo a conoscere i sedici concorrenti.”
Marello rimase per alcuni secondi ad occhi chiusi cercando di accumulare le energie necessarie ad affrontare la dura giornata che lo attendeva.
Si alzò, si tolse la tonaca con cui aveva dormito, rimase nudo di fronte al letto. Ripiegò con cura l’indumento e poi indossò il saio di panno grezzo e lo legò in vita con la corda. Tolse le calze di lana e indossò i sandali. Il tessuto grezzo iniziò immediatamente a pizzicargli la pelle, ma resistette all’impulso di grattarsi; col passare delle ore la sua pelle si sarebbe abituata all’indumento.
Sì inginocchio e pregò per quasi dieci minuti. Poi si lavò la faccia con l’acqua ghiacciata del catino e si asciugò con un asciugamano che pareva più grezzo del saio.
Era pronto. Agguantò la bibbia come se fosse uno scudo e uscì dalla cella. Un’inserviente diversa da quella del giorno prima stava aspettando in fondo al corridoio. Indossava la medesima divisa gialla e azzurra.
Davanti all’ingresso di ogni cella apparvero in tempistiche diverse altri concorrenti con il saio e i sandali. Marello salutò alcuni di loro con un cenno del capo: era proibito parlare in quella fase, pena l’esclusione dalla manifestazione.
Quando tutti gli occupanti delle celle furono allineati nel corridoio, l’inserviente fece un cenno col capo e il serpentone si mosse dietro di lei.
Superarono altri due corridoi colmi di cellette poi sfociarono in un’ampia sala decorata con arazzi preziosi e statue in stile ellenico. Oltrepassarono anche questa stanza senza fermarsi, altro corridoio, poi finalmente incominciarono a sentire il brusio della folla che era giunta ad assistere all’evento. Un brivido di attesa e, perdono signore, un briciolo di eccitazione percorse gli uomini avviluppati nel saio di panno grezzo.
Scesero per un cunicolo stretto con scale di marmo consunte e scivolose. Nessuno cadde, ma sarebbe stato un bello strike di monsignori.
Altro corridoio, questo molto più largo. Il rumore della folle ora era vicino, quasi palpabile. La ragazza gialla e azzurra si fermò di fronte ad un ingresso enorme con due porte con maniglia antipanico a spinta. Al di là della porta giungevano tutti i rumori udibili.
Attesero quasi cinque minuti, tempo che parve dilatarsi all’infinito. Molti di loro mormoravano preghiere sottovoce, l’unica manifestazione verbale consentita.
Finalmente, con un altro cenno del capo, la ragazza comunicò che era giunto il momento di entrare in scena. Le porte si spalancarono e i sedici pellegrini fecero il loro ingresso sulla scena.
Nel locale, si solito adibito a mensa aziendale, era stati adibiti degli spazi per il pubblico con delle strutture in plasticacciaio. Tutti gli spalti erano gremiti in ogni ordine di posti, alcuni avevano portato anche degli striscioni, molti inneggiavano a Francisco Boliente, giovane monaco di uno sperduto paese sui Pirenei. Si vociferava nell’ambiente ecclesiastico che fosse uno dei più dotati ed era di sicuro un buon candidato alla vittoria finale. Solo pochi portavano il nome di Marello, ma lui non se ne preoccupava, sapeva di essere pronto, si era preparato duramente per nove lunghi mesi e in cuor suo sapeva di potercela fare. I bookmakers lo davano sette a uno, ma lui sentiva di poter sovvertire quel pronostico.
Al centro della mensa era stato allestito un palco illuminato da diversi riflettori, quattro telecamere gravitavano intorno al perimetro senza mai entrarvi. Sul palco facevano bella mostra sedici troni in cui i partecipanti andarono lentamente ad accomodarsi.
I riflettori si accesero e le telecamere incominciarono a riprendere i concorrenti, sui canali nazionali a reti unificate parti la sigla da canto gregoriano e poi fece il suo ingresso sul palco, Ermio Tricomestro, capo cuoco della mensa vaticana.
“Benvenuti, benvenuti al Pastorello Parlante, la mitica mensa del vaticano e benvenuti, amici, soprattutto, al dodicesimo torneo Il Santo dell’Anno!”
Carrellata sui sedici concorrenti, alcuni un po’ frastornati, altri concentrati e solo uno sorridente. La folla applaudì e incitò i propri beniamini.
“Tutti voi sapete bene come si svolge il torneo, i sedici concorrenti si sfideranno in scontri diretti che porteranno alla finale che proclamerà il Santo dell’Anno. I concorrenti dovranno cimentarsi con varie prove e dimostrare di meritare la santità, ovviamente a determinare il vincitore di ogni singolo scontro sarà la nostra giuria ecclesiastica.”
Breve giro di telecamera su cardinali e vescovi ingioiellati e paciocconi con palette per votazioni annesse.
“Ed ora andiamo a conoscere i sedici concorrenti.”
[CONTINUA]
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