E fin qua vien fuori un bel coro di chissenefrega. Il caro Joseph Hillstrom King però agli inizi della carriera non ha voluto usare il nome del famoso papà per non avere nessun tipo d'aiuto nella sua carriera di scrittore professional. A mio parere ce l'ha fatta, arrivando finalista con tutti i suoi romanzi al Bram Stoker Award e vincendo due volte in due categorie diverse.
Nel 2007 finalista con La scatola a forma di cuore, vincitore come romanzo d'esordio, nel 2010 finalista con Horns e vincitore nel 2005 nella categoria racconti con il romanzo Ghosts.
I premi magari non significano una fava, però di solito da questi premi escono sempre fior fior di scrittori horror con i controcazzi. E io sono d'accordo.
La vendetta del Diavolo, Horns in inglese, è proprio un bel romanzo, di quelli che chiudi con soddisfazione e con un po' di maliconia per dover abbandonare una storia che ci ha coinvolto tanto e dei personaggi che abbiamo amato.
Lo stile è scorrevole, la tecnica pregevole, la caratterizzazione dei personaggi impeccabile. Joe non indugia in inutili fronzoli come il Re, o perlomeno, ci gioca ma non così tanto ed è più bravo, sentite un po', del padre all'esordio. C'è da sottolineare che il buon Joseph se l'è presa comoda, grazie anche all'agio economico dovuto al fatto di essere figlio di uno dei romanzieri più venduti al mondo, mentre Stephen aveva scritto Carrie su dei fogli svolazzanti imbevuti di birra e con qualche macchia di senape.
È fuori discussione che la trasmissione dei geni funziona, e se il talento è parte di essi, su Joe Hill ha attecchito.
La storia funziona, magari non originalissima, ma strutturata molto bene. Ci sono delle simbologie difficili da comprendere, dei nodi tirati che arrivano al pettine solo alla fine e cambio di PoV su alcuni personaggi che all'inizio un po' disorientano, ma, se analizzati nel contesto globale, funzionano alla perfezione, e si incastrano magnificamente.
Io ho letto tutti e tre i suoi romanzi e mi sono piaciuti tutti, questo, a parer mio, è il migliore.
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