Il sangue degli angeli - terzo capitolo


I leoni dell’ingresso li accolsero con lo stesso sguardo severo con cui squadravano ogni passante. Un vento leggero ma costante faceva volteggiare foglie secche e il sacchetto bianco di una nota catena di fast food.
I tre salirono le scale portandosi appresso tre valigette nere e si presentarono all’entrata. Ognuno di loro era vestito in modo informale, senza una divisa ma soltanto con un cartellino di riconoscimento con foto, che li identificava come appartenenti al Dipartimento Ambientale di Marina.
Venne loro incontro un tizio in giacca e cravatta con l’aria preoccupata e mani sudate che continuava a contorcere fino a farle sbiancare. Si presentò come Ludovico Pensante.
“Siete quelli dell’ambiente?” domandò incerto con una vocina da castrato.
“Siamo quelli”, tagliò corto Mac.
“Vorremmo prima interrogare la ragazza che ha assistito al fenomeno”, disse Red.
“Certo, certo. Venite”.
L’ometto in giacca e cravatta li scortò attraverso una zona riservata agli addetti ai lavori fino al locale ristoro. Seduta a un tavolo con in mano un bicchiere di carta e gli occhi gonfi e un po’ allucinati, stava una giovane sui venticinque anni. Seduta di fianco, una donna più anziana che le teneva il polso e le parlava a bassa voce.
Ludovico indicò la ragazza come se da soli non potessero individuarla e poi si dileguò. Le due donne alzarono gli occhi al contempo: quella della ragazza ancora liquidi, quelli della donna interrogativi.
“Siamo del Dipartimento Ambiente, vorremmo parlare da soli con la ragazza”, affermò Mac con un tono che non ammetteva repliche.
La donna annuì anche se l’ombra di dubbio nei suoi occhi si fece più evidente. Se ne andò lanciando un’ultima occhiata perplessa al gruppo e alla ragazza, poi sparì come era sparito l’omino.
La ragazza squadrò i tre con timore, come se fosse lei la colpevole di quanto era accaduto.
Mac lanciò uno sguardo obliquo a Giò, era lui quello che aveva presa sulle donne, la lingua più sciolta e la parlantina che stordiva l’interlocutore.
Giò fece spallucce e sorrise alla ragazza.
“Ehi, non devi aver paura, non siamo agenti speciali del governo o qualcosa del genere, vogliamo solo sapere come si sono svolti i fatti”.
“E allora cosa siete?” domandò la ragazza con un filo di voce.
“Uhm, un po’ difficile da spiegare… ah, io mi chiamo Giò, qual è il tuo nome?”
Il ragazzo sorrise di nuovo, sfoderando tutto il fascino con cui di solito conquistava ignare prede che cadevano presto nella sua rete. Si accomodò di fianco a lei, non troppo vicino, ma nemmeno troppo lontano.
La ragazza osservò per un po’ il bicchiere di carta che stringeva in mano e poi concentrò l’attenzione sul nuovo arrivato.
“Dora. Ma non hai risposto alla mia domanda”.
I tre si scambiarono veloci cenni d’intesa. La ragazza, nonostante quel che le era successo, sembrava una tosta.
“Ufficialmente siamo del Dipartimento Ambientale e rileviamo le… chiamiamole anomalie elettromagnetiche, in realtà ci muoviamo per le segnalazioni insolite”.
“Insolite”, ripeté la ragazza tornando a fissare il bicchiere. “Quindi siete davvero degli agenti speciali, tipo Mulder e Scully di X-files”.
Giò scoppiò a ridere, una risata sincera e genuina che pian piano coinvolse anche la ragazza. Red rise compostamente, Mac accennò solo un sorriso.
“No, ci occupiamo solo di questi casi anomali, ma non siamo agenti governativi. Non ti preoccupare, non ti chiuderanno in un camera dalle pareti imbottite con un camicia di forza. Vogliamo solo sapere cos’hai visto”.
Dora si incupì di nuovo e raccontò loro quanto era accaduto, e della sua fuga.
“Quando ho voltato l’angolo nel corridoio che portava verso le scale ho visto…” Dora gemette al ricordo e dovette bere un sorso di tè caldo.
“Cos’hai visto, Dora?” le chiese Giò con dolcezza e le si avvicinò quasi impercettibilmente.
“Era qualcuno, ne sono sicura, una persona, ma era avvolta come da una nebbia, ha gridato qualcosa, non ho capito cosa, poi ho avuto come l’impressione che due occhi mi guardassero, maligni, cattivi… e poi non ricordo più nulla… ecco, credo di essere svenuta”.
Giò guardò Red, Red guardò Mac, Mac stava guardando la ragazza.
“Hai visto l’intera figura avvolta nella nebbia, oppure soltanto il torso e le braccia?”
Dora fissò il ragazzo, negli occhi ancora un residuo del terrore che doveva aver provato in quel corridoio.
“Non ho visto gambe, ne braccia, solo il viso, di donna, e quegli occhi, infuocati, demoniaci”.
“Fai uso di droghe, alcolici, stimolanti, eccitanti, anfetamine?” domandò Mac con tono autoritario.
La ragazza gli lanciò uno sguardo di fuoco, per nulla impaurita da quella montagna di muscoli e addestramento. Giò scosse la testa, tutto il lavoro basato sulla fiducia veniva ogni volta distrutto dalla testa di cuoio con domande inopportune.
“No, se si escludono un paio di caffè al mattino”, rispose comunque la ragazza fissando un punto imprecisato del tavolo al centro della stanza.
“Sono domande di routine, non ti preoccupare, dobbiamo capire se quel che hai visto è reale o frutto di una qualche suggestione”, precisò Giò.
“Influenzata o no da qualcosa, i libri non si muovono da soli e i fogli non svolazzano in giro senza un alito di vento”, replicò la ragazza alzando un poco la voce.
“Sì, calma, nessuno ti sta accusando di niente. Dobbiamo capire cosa andremo ad affrontare”.
Dora annuì, sorseggiò un po’ di tè e sembrò calmarsi. Giò le sfiorò la mano per darle coraggio e lei non la ritrasse. Sorrise e il ragazzo contraccambiò. Un gesto spontaneo di sostegno e comprensione.
Mac rivolse un cenno a Red, il quale annuì e lo seguì verso la macchinetta del caffè.
“È sincera”, disse sottovoce Mac, infilando una monetina nel distributore. “Ciò non toglie che il fenomeno potrebbe essere stato causato da lei o da una proiezione della sua testa”.
“Anche la telecinesi?”
“L’abbiamo già sperimentato, mi pare”.
“Sì, giovani donne con ESP latente, soprattutto in periodi di forte stress emotivo, ma c’era comunque una causa scatenante e questo non mi pare il caso”.
Mac premette un tasto, con uno scatto secco.
“E come fai a stabilirlo?”
“La ragazza non mi sembra instabile emotivamente, nonostante abbia subito un forte shock. La causa non può essere che ambientale”.
“C’è un unico modo per scoprirlo”.
La macchinetta mandò un bip.
“Esatto”.

Nessun commento:

Posta un commento

Vuoi vedere anche...

Related Posts with Thumbnails