Il Porto degli Spiriti di John A. Lindqvist

Marsilio, 2010
494 pagine

Isola di Domarö, Svezia. Anders e Cecilia si conoscono da quando sono ragazzini, ora sono sposati e hanno una bellissima bambina, Maja. Un giorno come un altro, durante una passeggiata fino al faro di Gåvasten, accade una disgrazia: Maja scompare. Nessuna traccia sulla neve, nessun indizio a cui aggrapparsi, nessun testimone, Maja è semplicemente svanita nel nulla. Alcuni anni dopo, Anders, ormai alcolizzato e separato dalla moglie, torna sull’isola, e lì ritrova il vecchio amico Simon, un illusionista in pensione, e la sua compagna Anna-Greta. E mentre ricorda i bei tempi, con Cecilia e Maja accanto a lui, iniziano ad accadere cose molto strane: incendi improvvisi, cadaveri ritrovati in mare, apparizioni di persone che credeva morte. E forse Maja, proprio sua figlia, che cerca di comunicare con lui…

Ho comprato e poi bevuto questo romanzo dopo aver letto le recensioni di Elvezio e Silente. Probabilmente il primo mi picchierà per averlo messo così vicino al secondo. Oltre a questo avevo visto anche il film Lasciami Entrare, tratto da un romanzo di questo autore. Pellicola che mi aveva colpito molto per semplicità, impatto emotivo e originalità.
Comunque, non è facile fidarsi dei gusti di chicchessia, figurarsi di questi due loschi indidui, ed è vero che l'impatto che ha un romanzo su chi lo legge è sempre soggettivo e, a volte, influenzato dalle aspettative.
Non sono bravo come quei due a scriver recensioni, le mie sono solo impressioni, perché sono sempre stato poco analitico e sempre troppo emotivo. Per cui non mi dilungherò su disamine tecniche e balistiche. Dico solo che questo libro mi è piaciuto, ma son dovuti passare un paio di giorni perché lo capissi. Quando, iniziato un nuovo romanzo, ho sentito la mancanza dei personaggi di Lindqvist, è questo è sintomatico. Nonostante il protagonista mi stesse un po' sulle palle, ma questo è un problema mio, sono riuscito, prima con calma, poi sempre più velocemente, a sorbirmi le 496 pagine.
Ho ammirato lo stile, semplice ed efficace, la sagacia nel gestire i flashback e il tessuto narrativo, prima confondendo il lettore, poi portandolo pian piano, quasi dolcemente, verso la fine, a districare tutti i fili e a lasciarlo con il fiato corto e con la sensazione di non aver capito bene tutto (ma questo sono sempre io, un po' tardo dopo aver compiuto i 40).
Ho sempre ammirato la capacità di mostrare il male nella sua semplicità, e il terrore che nasce da ciò che è incomprensibile, perché più grande di noi, perché imperscrutabile e a un livello di esistenza indifferente alla vita umana. Ed è così che appare in questo romanzo e Lindqvist è bravissimo nel tratteggiarlo con poche e leggere pennellate, come se stesse dipingendo una casa col fumo che esce dal camino, l'albero e la mucca.
Poi l'atmosfera. Per noi che siamo gente di pianura, navigatori esperti di città, il mare ci fa sempre un po' paura . . . ehm, scusate. Leggere di luoghi affascinanti come l'isola di Domaro, posto sperduto nell’arcipelago meridionale della regione chiamata Roslagen, a nord di Stoccolma, difficile da trovare sulle mappe, è qualcosa che rapisce la mente e il cuore. Luoghi che forse non vedrò mai posso viverli leggendoli nella vivida immaginazione dell'autore.
Al di là di tutto questo, credo che certi libri si possano leggere con superficialità, senza approfondire, mentre ad altri bisogna porre più attenzione, scavare per rompere il ghiaccio della superficie e lasciare fluire la meraviglia.
Allora si può essere soddisfatti. Ammetto di aver dovuto rileggere certi passaggi, soprattutto quando l'ho finito e avevo capito poco o niente.
Quindi in fin della fiera giudico questo romanzo un'esperienza narrativa importante, e, nel mio caso, formativa. Un libro difficile, impegnativo (almeno per questa povera anima), ma soddisfacente sotto ogni punto di vista.
Giudizio: 4 su 5

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