Happy Family

di Gabriele Salvatores
Italia 2010
Commedia

Due famiglie incrociano i destini a causa dei figli quindicenni caparbiamente decisi a sposarsi. Un banale incidente stradale catapulta il protagonista-narratore, Ezio, al centro di questo microcosmo, nel quale i genitori possono essere saggi, ma anche più sballati dei figli, le madri nevrotiche e coraggiose, le nonne inevitabilmente svampite, le figlie bellissime e i cani cocciuti e innamorati. In poche parole, due famiglie di oggi, che sfuggono alle catalogazioni e alle etichette, in evoluzione continua, in equilibrio precario, vive, felici e confuse.

Bello. Veramente. Uno si affanna a cercare un buon film, del tuo genere, quello che preferisci: horror, thriller, fantascienza, azione. Poi ti chiedono di vedere una commedia, italiana per giunta, e rimani sbalordito.
È vero, sono recidivo, già in altre occasioni mi hanno sorpreso. Rispetto ai soliti canoni hollywoodiani, spesso le pellicole italiane hanno qualcosa in più. Immagino per noi del Bel Paese, perché sanno di casa, aggiungono quel senso di familiarità che i movies di oltreoceano non hanno. Soprattutto quando l'ambientazione è molto vicina a te: trattasi di Milano.
Ecco, Happy Family è una di quelle perle che non ti aspetti di trovare nello scrigno dei film che hai deciso di vedere. Ti capita per caso, e, come ripeto sempre fino alla noia, non hai aspettative di sorta, e viene sorpreso piacevolemente.
Salvatores abbiamo imparato a conoscerlo, i suoi film sono riconosciuti a livello internazionale, anche se alcuni non mi erano piaciuti del tutto, sempre per via delle aspettative. Questa commedia invece è divertente, brillante, originale. La sceneggiatura è illuminante, i dialoghi azzeccati, ironici, sarcastici, commoventi. Gli attori fantastici, calati in modo perfetto nella parte. Il regista si affida a vecchie conoscenze come Bentivoglio e Abatantuono e punta su De Luigi, che mi è sempre piaciuto come comico, anche come attore, ma in questa prova è davvero bravo.
Insomma non so trovare un difetto. La scenografia è visionaria, sempre con questi toni accesi, molto solari, a sfondo la Milano migliore, che non vedrete mai nella realtà, ma solo con l'occhio lungimirante di questo regista. Non ho mai trovato la città particolarmente attraente (non me ne vogliano i milanesi), ma vista in certi film, come questo, sembra quasi bella.
Non mi  a discutere dei valori morali che mette in campo, non come impegno, ma proprio con la voglia di narrare la vita, in modo pirandelliano. Senza paura di mettere in campo quei sentimenti che a volte ci imbarazzano, ma che sicuramente fanno parte del bagaglio di tutti.
Una bella esperienza, un ottimo film. Se è piaciuto a me che cerco sempre sbudellamenti, azione, esplosioni, teste mozzate e quant'altro, allora è un film da vedere, anche se non amate particolarmente la commedia italiana.
Giudizio: 4,5 su 5

The Dark

di John Fawcett
GB, Germania 2005
Horror

Adelle e suo marito James perdono la loro figlia Sarah, caduta in mare, ma il cadavere non viene mai trovato. I due incontrano una bimba morta sessant’anni prima, e Adelle capisce che quella è la chiave per riavere Sarah.

La cosa più bella di questo film? La scenografia, cioè il Galles, con le sue scogliere, l'oceano, i pascoli, ecc, ecc. Le pecore suicide e le pecore che omicidano. Sì, perché il film è tratto dal romanzo Sheep di Simon Maginn.
Spacciato come thriller, in realtà è un horror. Ne ha tutte le caratteristiche, nel senso che non sfora rispetto ai canoni: la musica inquietante in scene di suspense, porte che sbattono quando sai che sbatteranno e situazioni di pathos telefonato. Insomma, ormai è difficile sorprendere lo spettatore, ormai si intuisce cosa accadra nel 90% dei casi. Quello che resta è appunto il contorno e le tonalità di grigio volute dal regista, che rendono tutto molto british e un poco ovattato.
Non conosco il libro, probabilmente migliore, ma certi stereotipi hanno stufato e, purtroppo, non credo sia semplice per nessuno creare qualcosa di nuovo, sopratuttto in questo genere, in cui, o si cerca di esagerare con fegati che esplodono, o si cerca di stupire, a volte generando l'emozione opposta.
Gli attori fanno quello che possono (quando ho visto Sean Bean (Boromir nel Signore degli Anelli) pensavo che dicesse che avrebbe visto di nuovo le bandiere di Gondor sventolare al vento) su una sceneggiatura che è quella che è, e riescono comunque a non sfigurare troppo.
Certo, ci sono dei momenti di suspense niente male, ma questo non basta a salvare questo film, sinceramente scarso, e non può farlo da sola la scenografia (sennò mi sarei guardato un documentario sul Galles)
Giudizio: 2 su 5

A Nightmare on Elm Street (2010)

di Samuel Bayer
Usa  2010
Horror

Un gruppo di adolescenti è tormentato e decimato dal misterioso Freddy Krueger, un killer terribilmente sfigurato che appare e gli dà la caccia nei loro sogni. Addormentarsi può essere fatale e l'unica via di fuga è restare svegli.

Uno si domanda alla fine di questo film se ce ne fosse realmente bisogno. Allora perché l'hai guardato? direte voi. Curiosità e speranza che non fosse il solito Nightmare, o perlomeno quello degli ultimi otto. Sì, perché li ho praticamente visti tutti, ma il migliore, quello  cult è il primo, e basta. A parte forse Nightmare nuovo incubo, scelta originale in cui sono gli attori stessi della serie ad essere coinvolti. E poi non avevo idea che fosse un remake del primo. Mea culpa.
Probabilmente i produttori hanno pensato che anche le nuove generazioni avessero diritto di essere impaurite da questo Incubo. Il problema è che i fan del primo non troveranno niente di nuovo sotto il sole e i nuovi spettatori non saranno per nulla impressionati, ormai abituati a un altro genere di violenza, splatter e artigli affilati.
Se si aggiunge che gli attori non sono granché, anche se bellocci, che la sceneggiatura poteva essere un po' più briosa e i dialoghi un po' meno deficienti, allora siamo al disastro.
L'unca cosa che poteva salvare il film rispetto all'orginale erano gli effetti speciali, ma ahimé, niente che faccia strappare i peli del naso, anzi, avrebbero potuto far meglio, soprattutto nelle scene oniriche e nella mattanza dei bellocci.
Freddy pare un idiota, ma non è colpa sua. Punterei il dito decisamente sugli sceneggiatori. Alla fine mi vien da dire... almeno facesse ridere. E poi, lasciatemelo dire, non è facile sostituire l'originale. Ovviamente su questo punto non si può far nulla,  l'attore che lo interpretava ormai ha una certa età ed era ora che subentrasse qualcun altro. Questo però fa sì che i vecchi fan rimangano decisamente delusi anche da questo punto.
Peccato, un'occasione sprecata per ridare lustro a una serie cult.
Giudizio: 1,5 su 5

Il Ladro di Sogni di Andrew Pyper

Anno 2009
pagg 361
Piemme

Da sempre Patrick Rush sogna di fare lo scrittore. O meglio, di essere un autore. Invece si è sempre dovuto accontentare di scrivere recensioni sul principale quotidiano di Toronto. Stroncature, per la verità: di romanzi altrui e di programmi tv spazzatura. Ma un giorno, per colmare la sua mancanza di ispirazione, decide di frequentare un laboratorio di scrittura: il Circolo Kensington. Nessuno tra i partecipanti spicca per particolare talento. Tranne Angela, che legge dal suo diario una favola inquietante [...]

Dicono che questo libro è un thriller mozzafiato, che leggi tutto di un fiato, pagina dopo pagina, e avrai paura del buio dopo e ti assicurerai che porte e finestre siano chiuse bene prima di dormire.
Permettemi di dissentire. Diventa un pelo interessante nel finale, ma niente di più. Quando l'ho chiuso mi sono chiesto dove fosse la suspense, l'inquietudine e la frenesia di lettura. In altri libri, sicuramente.
Anzi, direi che a volte è lento, e purtroppo, quando un romanzo è scritto in prima persona e il protagonista ti sta un po' sulle palle, allora è segnato.
Patrick Rush è un complessato, frustrato, si fa un sacco di seghe mentali, vuole diventare uno scrittore, ma è privo della materia prima: la fantasia. Allora cosa fa? Ne ruba un po', dal circolo di lettura di cui fa parte. O meglio ruba parte di un racconto e costruisce il resto. Il romanzo diventa un best seller. Invece di godersi il successo e il denaro derivante, si tormenta con i sensi di colpa. E qui tutti a darmi addosso... Però, sinceramente, mi è sembrato irreale, perchè spacca proprio le palle 'sta cosa, durante tutta la lettura. Tutto un darsi addosso, tutto un denigrarsi e, dopo un po', stanca. Va bene il personaggio tormentato, ma questo qui è da analisi.
Ci sono delle parti irritanti anche nella stesura, dei concetti ridondanti che vengono ribaditi e che il lettore già conosce a menadito. A volte mi sono fermato a chiedermi perché fosse stato scritto un determinato periodo, totalmente inutile.
Non è tutto da buttare, credetemi, ma probabilmente quando non sopporti il narratore parti veramente male e finisci peggio. Ma l'ho finito, perlomeno. Perché in alcuni punti non è male, nelle parti di azione, di dialogo, nel confronto con altri personaggi, insomma dove non c'è introspezione del protagonista.
Anche l'idea che sta alla base del romanzo, quel killing Circle che fa capire meglio dove andrà a parare la storia, è intrigante, ma, a mio avviso, avrebbe avuto maggior impatto sul lettore se scritta in terza persona e non focalizzata solo sulle emozioni/impressioni del protagonista. E poi gira per troppe pagine intorno all'osso, per poi azzannarlo solo nelle ultime cinquanta.
Insomma, a me ha irritato troppo spesso per rendermi conto della suspense, la paura non pervenuta. Ribadisco il concetto che ogni impressione/recensione è soggettiva, quindi può anche darsi che a voi questo romanzo sia piaciuto. Io, probabilmente, non l'ho capito.
Giudizio: 2 su 5

Eppure... (Buon Natale!)

Gocce di cristallo
Come sentenze divine
Cadono dal cielo
Riflettono d'asfalto

Occhi nudi
Senza aggettivi
Speranze gelide
Soffici contrasti

Eppure io l'amo
Il mondo sporco
Neve nera di scarichi
Acqua lurida agli angoli

Eppure stupisce
Al di là
Un manto candido
Un dipinto semplice

Eppure intravedo
Montagne sorridono
Al di là
Il cielo è terso

USAM Dicembre: i finalisti!

Eccoci, tra panettoni imbottiti di cozze, pandori all'osso buco e torroni al muco, siamo giunti a compilare la classifica finale di questa XXXIV edizione di USAM.

1 - U' Pozzu di Antonino Alessandro
2 - La lunga notte della Cosa Enorme di Alfredo Mogavero
3 - Acqua Sporca di Matteo Carriero
4 - Indovina chi sono? di Attilio Facchini
5 - Orsetto di Alessandro Cal

Complimenti al vincitore e agli altri finalisti. Un sentito ringraziamento a tutti i partecipanti e ai giurati.
Buon Natale!

La Clessidra d'Avorio su Barisera

Me l'ero perso, lo ammetto, quindi riporto solo ora la notizia che Barisera del 29 novembre ha pubblicato un articolo su La Clessidra d'Avorio a cura di Felice Laudadio.

USAM Dicembre: i finalisti!

Tra campi imbiancati, palle di neve, e pupazzi a molla, i giurati si sono rincorsi, demolecolarizzati, combinati geneticamente ed esplosi in gioiose fontane di sangue e paraffina.
E finalmente si è giunti a decretare i finalisti:



1 - Acqua Sporca di Matteo Carriero
2 - Indovina chi sono? di Attilio Facchini
3 - La lunga notte della Cosa Enorme di Alfredo Mogavero
4 - Orsetto di Alessandro Cal
5 - U' Pozzu di Antonino Alessandro

Complimenti ai magnifici 5 e grazie a tutti gli altri per la partecipazione.
Vi aspetto al 23 per la classifica finale.
E quindi uscimmo a riveder le stelle...

E-reader Cybook Opus Bookeen: preso!

L'avrei preferito di colore nero, ma c'era solo bianco nel Ipermercato dove l'ho visto, e ho voluto prenderlo subito. La foto è un po' scura, ma vi assicuro che in ambiente illuminato si legge da dio e non ha riflessi.
Leggero, funzionale, semplice da usare. Ammetto di essere stato influenzato da commenti letti su vari forum e da amici che l'hanno preso e consigliato.
Io volevo un e-reader, non un apparecchio che fa anche il caffè, e quindi sono soddisfatto.

Skyline

di Greg e Colin Strause
Usa  2010
Fantascienza

A Los Angeles, dopo una notte di bagordi, un gruppo di amici nota una serie di raggi di luce che scendono dal cielo. I raggi svegliano tutta la città e iniziano ad attirare persone come le fiamme attirano le falene. I ragazzi scopriranno presto che una volta attirate dalla luce ed entratevi in contatto, le persone svaniscono nel nulla e che queste forze extraterresti minacciano di cancellare l'intera popolazione mondiale dalla faccia della Terra.

Mi è capitato di vederlo ierisera, dopo aver letto la rece di Alex Girola. Lui ci va giù duro su alcuni punti, che condivido in parte. Questo mi fa capire ancora di più quanto il gusto per un film sia molto soggettivo e quanto l'altra tiritera delle aspettative sia importante.
Dopo la sua recensione, le mie erano decisamente basse. Mi aspettavo un film d'azione con un plot scarso e caratterizzazioni poco incisive.
L'azione c'è e anche parecchia: mostroni alla Cloverfield, astronavi aspiracristiani e polipi tentacolosi che svolazzano. Tutti succhiano, spaccano, uccidono, affettano, staccano teste. Ce n'è per tutti i gusti, e da questo punto di vista ha soddisfatto la mia attesa di spettacolarità. Per quanto riguarda gli attori, a differenza di Alex, non gli ho trovati così malaccio. Certo, a parte il ciccione con il pizzetto (già visto in Dexter), sono tutti strafighi cosa che dà da pensare, ma che comunque soddisfa l'occhio di uomini e donne (no, non il programma della de filippi).
Sì, il primo quarto d'ora è messo lì un po' alla cazzo, ma non mi ha disturbato più di tanto: la ciccia sugosa è arrivata abbastanza presto e c'è stato da ballare.
La bomba tattica contro l'astronave non mi è sembrata una cagata: ha danneggiato la nave, che però poi si è ricostruita con la fantaenergia.
Per quanto riguarda il finale, diciamo che potevano giocarsela meglio, e trovare qualcosa di meno scontato.
Ok, è il solito film da invasione cattiva, diretta, che non fa sconti e la cosa mi piace. Da un film sci-fi di questo genere non si poteva pretendere di più, immagino, ma anche sì, non lo so. Diciamo che non mi ha fatto schifo e mi ha divertito, quindi sono punti a favore. Se guardo all'insieme, rimane comunque un film godibile,di scarse pretese artistiche.
Ah, non fissate troppo a lungo la luce blu.

Giudizio: 2,5 su 5

Intervista a Luigi Musolino, vincitore della 27 edizione di USAM

Davide Cassia: Ciao Luigi, complimenti per aver vinto la XXVII edizione di Una Storia al Mese. Parlaci un po' del tuo racconto, come è nata l'idea?
Luigi Musolino: Ciao Davide, grazie mille! L’idea per il mio racconto In bilico è nata in maniera molto semplice. Verso inizio anno la ditta presso cui lavoro ci ha comunicato l’apertura della cassa integrazione ordinaria; mi sono trovato in una situazione davvero spiacevole. Preoccupazione per il futuro, frustrazione, poco dinero, tutte cose che, ahimè, stanno vivendo in tanti.
Spunto principale per la storia è stata l’atmosfera che si respirava in fabbrica. Una ditta enorme, semivuota, coi macchinari silenziosi e le catene di montaggio immobili: inquietante.
Da qui l’idea di un testo che rappresentasse questo periodo travagliato, la crisi, la difficoltà delle famiglie a tirare a fine mese. E non nascondo che In bilico è anche un omaggio a Fantasma di fumo di Fritz Leiber, racconto incredibile che condannava le aberrazioni derivanti dalla modernità e dall’industrializzazione.

DC: In passato abbiamo vissuto crisi simili a questa. Credi che ci risolleveremo o subiremo un inevitabile ridimensionamento?
LM: Molto difficile rispondere a questa domanda, ma in tutta sincerità non sono troppo ottimista. Basta guardarsi intorno e non troppo lontano, pensiamo alla Grecia.
I “politicanti”, come li chiamava mio nonno, continuano a dirci che stiamo uscendo da questo periodo buio, che l’Italia rispetto agli altri paesi europei se la sta cavando bene, ma ovunque mi giro sento di gente che ha perso il lavoro, di padri di famiglia in cassa integrazione e di giovani laureati che non trovano un impiego.
Sono convinto che siano necessari pesanti interventi di rinnovamento dell’economia a livello globale, concentrandosi in particolare sulle fonti di energia sostenibile, su una rivalutazione dell’agricoltura e su una radicale trasformazione dei sistemi bancari.

DC: Continuando a parlare della crisi, non posso non puntare il dito anche verso il mercato dei libri. Parlando di rivoluzione, questo pare sia l'anno dell'e-book. Cosa pensi in proposito? Pensi che possa risollevare le sorti di un mercato stagnante?
LM: Ho molta fiducia nel formato e-book. È un mezzo potentissimo che ha molti vantaggi, innanzitutto l'immaterialità. Possiamo portarci dietro una biblioteca in una chiavetta USB, le case editrici possono eliminare i costi di stoccaggio e logistica, possiamo trasferire e riprodurre con un clic una mole pazzesca di informazioni, senza contare i benefici per l'ambiente derivanti da una forte riduzione dei formati cartacei. Non vorrei dire una fesseria, ma mi pare di aver letto che il 15, 20% circa della deforestazione globale è attribuibile all'industria della carta.
Dobbiamo però slegarci dall'idea romantica del libro "materiale" e attendere supporti validi ed economicamente accessibili  per poter consultare i libri digitali: allora credo che gli e-book potranno dare davvero una mano all'editoria e al mondo dell'informazione e della cultura. Io dico che tra quattro, cinque anni al massimo, l'editoria digitale avrà superato e forse soppiantato quella tradizionale. È necessario che le case editrici si preparino al cambiamento per poter sfruttare le innumerevoli potenzialità di questo mezzo.

DC: Credi che con la diffusione dei libri digitali anche la vita di uno scrittore possa cambiare? Nel senso di autoproduzione e cambiamento oggettivo di mentalità degli editori e tempistiche nelle risposte a proposte di nuovi manoscritti?
LM: Sì, credo di sì. L'e-book è certamente un ottimo strumento di autopromozione, soprattutto per gli autori esordienti. Cambieranno di certo anche i rapporti tra scrittori ed editori; il libro digitale è uno strumento duttile, veloce, di conseguenza si avrà uno snellimento di tutte le fasi della nascita di un libro, dalla proposta e valutazione dei manoscritti, alla distribuzione. Non dimentichiamo un netto calo dei costi, considerando che per una casa editrice le spese per le copie successive alla prima saranno praticamente pari a zero, così come quelle relative alla vendita, alla promozione e alla distribuzione sul territorio. Un cambiamento di mentalità da parte degli editori è necessario, se vogliono sopravvivere a quella che potrebbe configurarsi come una vera e propria rivoluzione.

DC: Hai tirato in ballo il mondo dell'informazione e della cultura. Guardando alla televisione si nota un impoverimento preoccupante in questo senso. Pensi con questo mezzo sia ancora possibile fare cultura oppure è meglio affidarsi ad altri canali, come, forse, alla rete?
LM: In televisione si salva ben poco. Personalmente seguo solo documentari e alcuni programmi di attualità che vengono trasmessi a orari impensabili. Credo sia ancora possibile fare buona televisione, alcuni ottime trasmissioni che vanno in onda sul satellite ne sono la prova. Quello che preoccupa davvero è l'appiattimento della TV pubblica, il cui compito primario dovrebbe essere appunto quello di diffondere cultura e informazione.
La rete, in questo senso, è un supporto fondamentale. Mi fido molto più di alcuni blog di informazione libera che del TG 1, tanto per fare un esempio...

DC: Per quanto riguarda questo racconto hai preso spunto da un fatto reale. Trai sempre ispirazione dalla realtà oppure a volte viaggi di pura fantasia?
LM: Per le mie storie mi piace molto rifarmi ad avvenimenti di cronaca e attualità, stravolgendoli e inserendo un elemento perturbante, fantastico. Non disdegno incursioni nel regno dell'immaginazione pura, e in questi casi mi piace attingere dalle vecchie leggende regionali italiane. Altro che paese del sole e del mare, lo Stivale è la terra delle streghe, dei folletti dispettosi e delle case infestate!

DC: Ti ritrovi più nella dimensione del racconto o ti cimenti anche nel romanzo?
LM: Finora mi sono sempre cimentato nel racconto, è una dimensione in cui mi trovo a mio agio. La cosa più lunga che ho scritto si aggira sui 50-60.000 caratteri. In tutta sincerità non credo di avere ancora tutti gli strumenti per affrontare una sfida impegnativa come la stesura di un romanzo. Sto lavorando per migliorare, scrivendo con costanza, e un giorno chissà... non ho fretta!

DC: Credi che per uno scrittore sia importante il confronto con altri autori?
LM: Secondo me non è solo importante, è necessario. Quando ho iniziato a buttare giù i primi racconti facevo leggere i miei "capolavori" ad amici e parenti, e tutti a battermi pacche sulle spalle e a dirmi quanto ero bravo. Niente di più sbagliato. Ancora oggi, se voglio tirarmi su di morale, tiro fuori dal cassetto quei primi approcci alla narrativa e la vita mi sorride!
Poi ho iniziato a frequentare i forum di scrittura: per un paio d'anni sono arrivati soltanto consigli, critiche e tirate d'orecchie. Dopo un altro annetto i primi risultati positivi in alcuni concorsi letterari.
Relazionarsi con scrittori più navigati, confrontarsi, discutere degli aspetti tecnici dello scrivere sono passaggi fondamentali per la crescita di un autore.  

DC: A proposito di questo: una domanda disinteressata. Cosa pensi di Una Storia al Mese?
LM: È sicuramente una delle iniziative più interessanti del Web. La possibilità di postare un racconto e vederselo commentato e votato da quindici persone non è cosa da tutti i giorni. Il concorso è gestito molto bene e la gentaglia che bazzica in quel forum è sempre prodiga di critiche e consigli.

Cemento Armato

di Marco Martani
Italia  2007
Commedia

Diego vive la periferia romana da capo branco e ha una ragazza di nome Asia. Un giorno, senza immaginarsi lontanamente quello a cui sta per andare incontro, rompe lo specchietto della macchina sbagliata. Quella appartenente al terribile 'primario', un terribile boss della malavita...

ATTENZIONE! CONTIENE SPOILER
Visto ieri su raimovie, ne avevo sentito parlare, ma non l'avevo mai preso in considerazione. La storia non è male, un pulp all'italiana, con luci e ombre.
Allora, dal mio punto di vista il plot non è male, scritto bene, scorre veloce, coinvolge lo spettatore in un tessuto narrativo concreto, in cui gli attori si muovono in modo convincente.
La storia però ha diverse svolte narrative che chiedono molto alla sospensione dell'incredulità. Coincidenze che si incastrano in modo troppo automatico e perfetto per appartenere a qualcosa di reale. Senza due dei tre fatti la storia sarebbe stata più credibile, non ci sarebbe nessuno sforzo dello spettatore a credere a quel che accade, quello degli specchietti distrutti dal protagonista, che innesca la spirale di violenza. Non c'era bisogno di aggiungere altri motivi, anzi, sarebbe stato più cinico, più crudele, invece di infarcirlo di fatti più gravi e meno verosimili. Certo, con gli altri a incastro la storia diventa sensazionale, spettacolare, a discapito però, di un tessuto narrativo concreto.
Buona la prova di Vaporidis e della Crescentini, meno convincente nella parte del cattivo Faletti, che, come si è detto un milione di volte, è bravo a fare tutto: il comico, il cantante, lo scrittore, l'attore, a fare la pasta in casa, le madonne di ghiaccio.
Invece a me è parso il meno preparato per la parte, avulso dal contesto.
Un buon film che avrebbe potuto essere ottimo, senza gli escamotagè voluti dagli sceneggiatori.

Giudizio: 3 su 5

Pole Position Manager 2010

Mi ricordo di aver scritto mesi fa questo post, e mi struggevo perché nessuno si prendeva la briga di produrre e mettere in vendita un videogame manageriale decente di Formula1.
Bene, a fine settembre è uscito questo Pole Position Manager 2010, ma io l'ho scoperto per caso, sullo scaffale di un negozio di elettronica, ad un prezzo tutto sommato abbordabile. Di solito questi titoli sconosciuti si rilevano o dei piccoli gioiellini o delle cagate pazzesche. PP2010 non è né l'uno né l'altro. È un prodotto tutto sommato discreto, che si difende decentemente su ogni fronte della gestione di una scuderia di Formula uno. Di gran lunga migliore di quella schifezza di RTL Racing Team Manager, ma è come sparare sulla crocerossa, perché era orribile.
Con questo titolo invece si comincia a ragionare, soprattutto dopo alcune opportuni aggiornamenti, a partire dalla varie patch a un mod che modifica diversi parametri e aggiorna tutte le scuderie e i piloti al campionato 2010. Ha tutte le cose a posto: la sessione di ricerca, produzione, design, sponsor, gestione del personale, test, galleria del vento, settaggio della macchina che comprende alettoni, freni, campanatura, sospensioni, pressione delle gomme, e cambiamenti sensibili dei parametri fanno la differenza tra vincere un gran premio e perderlo alla grande.
Soddisfacente anche la parte r&d per tirar fuori pezzi migliori di quelli in commercio e metterlo in quel posto a tutti. Si può produrre anche il proprio motore, dopo anni di sforzi e sudore. Piccole pecche, come il respawn dei piloti, pensate che Micheal Schumacher ce l'ho ancora tra i piloti a 50 anni suonati. Buona la presenza della federazione che decide ogni anno i limiti dei vari componenti, così che a volte tocca ricercare da zero qualcosa perché sfora.
Ci sono tutte le piste del mondiale attuale, ma avrei voluto che ogni anno magari da questo punto di vista cambiasse qualcosa, con qualche nuova pista - Roma, magari (ihihihihi) - o cambiamenti a livello di calendario. Fico comunque che a ogni stagione, se ne vanno o rientrano alcune scuderie. Purtroppo rimangono sempre le stesse e non se ne creano delle nuove, e credo nemmeno di piloti, ma a questo non ho fatto molto caso. C'è comunque un ottimo editor con cui stravolgere tutto e ripartire da zero.
In linea di massima comunque è un buon gioco, che mi sta intrippando. Forse a questo punto dovrei giocare a un livello di difficoltà superiore, visto che nel 2010 ho preso in mano la Lotus e nel 2011 ho vinto sia il mondiale piloti che costruttori. Ma a volte la storia della formula 1 ci ha stupiti, basta guardare il 2009 con la Brawn.
Se siete appassionati del genere, questo gioco potrebbe piacervi. Costa 30 euro (29,99) ed è scaribalile.
Fateci un pensierino.

Giudizio: 3 su 5

Skippy Muore di Paul Murray

Anno 2010
pagg 816
ISBN Edizioni
(Collana Special Books)

Daniel "Skippy" Juster e Ruprecht Van Doren sono compagni di stanza al Seabrook College di Dublino. Skippy è nella squadra di nuoto e passa le sue giornate attaccato al Nintendo, Ruprecht è un piccolo genio in sovrappeso con la passione per la matematica, le invenzioni e la speranza di comunicare, un giorno o l'altro, con gli extraterrestri. Una sera, in un locale, i due fanno a gara a chi mangia più ciambelle. Accade in un attimo: Skippy diventa rosso in viso, stramazza al suolo e muore in pochi minuti. Da questa fatale competizione prende il via una tragicomica avventura [...]

ATTENZIONE! CONTIENE SPOILER!
Questo romanzo mi ha generato diverse emozioni contrastanti e fatto litigare le mie XII parti multipersonalità. Skippy muore è un malloppazzo di 800 pagine, che non parla solo del ragazzino perito, ma, e soprattutto, del college irlandese di Seabrook.
Una delle mie personalità pensa che sia la storia di un manipolo di sfigati, pieni di complessi e problemi esistenziali, che per sopperire ci danno giù di brutto con droghe e alcool. La maggior parte degli attori di questo libro sono così: Skippy ha gravi problemi esistenziali e caratteriali, certo, aggravati anche da complicazioni familiari. È comunque sfasato, borderline. Seabrook è gestito da preti, ovviamente, c'è il caso di pedofilia. Poi c'è il professore sfigato, di storia, che tradisce la compagna, perché incapace di gestire un rapporto di coppia e infatuato della fatalona di turno. Poi c'è la ragazzina fighettina anch'essa con disturbi della personalità, che diventa anoressica. Gli adolescenti sono giustificati in una certa misura, gli adulti sono rimasti adolescenti.
È sicuramente una scelta voluta dall'autore, ma scarica addosso al lettore ettolitri di sconforto e tristezza. Sembrano quasi delle macchiette, degli stereotipi di problematiche esistenziali e adolescenziali. Non è tutto così, ci sono delle parti divertenti, generate dagli amici/compagni di classe di Skippy, e dalle improbabili invenzioni di Rupercht, il migliore amico.
C'è un'altra personalità invece che ritiene che sia un capolavoro, un romanzo mainstream sperimentale, che approccia la realtà da punti di vista originali e mai scontati, che riporta il disagio di più generazioni nei confronti di una vita incasellata e prestabilita, che non permette evasioni, che non ammette i perdenti. Uno spaccato lucido e inquietante dei nostri tempi, di come le droghe e l'alcool siano così entrate nel quotidiano da essere passate da allarme generazionale ad abitudine.
Insomma, un'opposizione forte, in netto contrasto, che ha aumentato il divario fra le mie diverse personalità. Ammetto che ho fatto fatica a leggerlo in alcuni punti, c'è bisogno di una certa dose di concentrazione. Non è un romanzo semplice, l'intreccio, seppur lineare, è complesso e sovrappone diversi PoV che disorientano - a volte sorprendono piacevolmente - il lettore.
Se siete dei lettori seriali, è un'esperienza che vale la pena di essere vissuta, se siete dei lettori occasionali o non siete abituati a faticare più di tanto su un testo, allora potreste incontrare delle difficoltà, oppure, al contrario, essere illuminati dal dio della lettaratura.

Giudizio: 3,5 su 5

Digitale o non Digitale?

Giovedì 18 novembre c'è stato il fatidico switch-off nella mia zona, cioè, per chi ancora non lo sa, il passaggio totale al digitale terrestre.
Questo ha generato non pochi problemi, soprattutto nei pensionati, e nella gente non molto pratica a maneggiare apparecchiature elettroniche e tecnologicamente più avanzate di un bancomat.
Per me non è stato un problema, ma poi mi sono reso conto del disagio, sintonizzando diversi televisori/decoder di parenti, vicini e amici, e, soprattutto, dopo un'accesa discussione con mio fratello, che mi ha aperto un po' gli occhi sul problema.
Oddio, problema... come già detto, disagio.
Diciamo che questo passaggio al digitale ha avuto i suoi pro e i suoi contro. Il pro è sicuramente la qualità del segnale e l'aumento di canali multimediali. Il contro il disagio del passaggio per le persone meno avvezze al tecnico.
Però... c'è un però, sì. È qui devo dire grazie al fratellone, lo ammetto.
Tutta la questione è stata gestita male, o meglio, è stata gestita in questo modo per via degli interessi legati al passaggio a questo nuovo tipo di trasmissione. Oltre la speculazione iniziale sui decoder, a dir poco scandalosa, perché, a mio avviso, doveva essere disponibile ai cittadini senza sborsare una lira, con sussidio regionale (provinciale, statale, e stocazzo), e non far pagare alla gente anche 100 euro per una scatoletta che ne vale forse 5. Tutto questo giro del fumo è però chiaramente forzato da interessi economici da parte di gestori, o meglio gestore, di emittenti televisivi, direi praticamente quasi monopolista nel ns paese per quanto riguarda le trasmissioni di terra, per competere con l'altro monopolista satellitare.
Disturba questo, certo, ma ciò che è più irritante è l'imposizione al cittadino, di qualcosa di cui praticamente non aveva bisogno. O perlomeno, ci è stata sottratta la facoltà di scegliere.
Non penso fosse così difficile mantenere le trasmissioni sia in analogico che in digitale. Che gliene frega a quelle persone abituate a guardare i 6 canali canonici di avere un resa visiva maggiore, quando stavano bene anche prima a guardarsi Buona Domenica, o L'Arena, con un po' di disturbi o nebbia?
Non fraintendetemi. Io non tornerei indietro. Ora i canali di terra si vedono molto bene, con qualità digitale e in più ho guadagnato dei canali, anche tematici, che prima non vedevo.
Quello che è scandaloso è la mancanza di alternativa, senza sborsare un euro, si intende. Ora se non hai un decoder o una televisione di nuova generazione, puoi solo vedere i puntini neri e bianchi, che a fissarli alla lunga magari ci puoi vedere i defunti, ma non le faccette irritanti di Barbara D'Urso, o le diatribe boriose di Giletti.

Recensione La Clessidra d'Avorio su Mangialibri

Recensione stellare de La Clessidra d'Avorio a cura di Leonardo Caffo sul sito Mangialibri.com.

Alla fine di questo gioiello di Davide Cassia e Stefano Sampietro[...]

[...]con questo capolavoro, ma davvero di alta, altissima letteratura, diventeremo i protagonisti di una storia infinita[...]

Un libro da leggere assolutamente che, già da solo, vale un buon motivo per continuare a sperare nella continua rigenerazione della letteratura italiana. Ah, l'appendice finale sulla partita a scacchi, realmente giocata, lascia al lettore una meraviglia letteralmente irripetibile.

Inception

di Christopher Nolan
USA, Gran Bretagna  2010
Azione, Sci-fi e sticazzi

Dom Cobb è un abilissimo ladro, il migliore al mondo quando di tratta della pericolosa arte dell'estrazione: ovvero il furto di preziosi segreti dal profondo del subconscio mentre si sogna, quando la mente è al massimo della sua vulnerabilità. Le abilità di Cobb ne hanno fatto un giocatore di primo piano nel pericoloso mondo dello spionaggio industriale, ma lo hanno reso un fuggitivo ricercato in tutto il mondo. Ma ora Cobb ha una chance di redenzione, ma solo se riuscirà a rendere possibile l'impossibile.

La vita è un sogno o i sogni aiutano a vivere, era la domanda che poneva sempre un fonatissimo Marzullo ai suoi ospiti, che erano tentati di mandarlo a quel paese, ma, visto che erano in televisione, si trattenevano.
Intro originalissima per dire che Inception, come tutti voi saprete, parla di sogni e della manipolazione del tessuto onirico in ogni suo aspetto per carpire segreti al soggetto sognante.
Se cercate un messaggio profondo, o un insegnamento da questa pellicola rimarrete delusi. Se invece non ve ne frega una beata fava del messaggio intrinseco e volete divertirvi e passare delle ore piacevole, ecco, Inception lo fa.
È vero, la trama, nonostante possa sembrare intricata, in realtà è molto lineare, quasi banale, questo però non cancella la spettacolarità delle scene di azione, sparatorie, inseguimenti, esplosioni e bombe a mano.
Io, purtroppo o per fortuna, non cerco mai l'insegnamento da un'opera. Chiaro che mi piace essere sorpreso, shoccato e magari da un punto diverso dal mio. Parto sempre con basse aspettative e con la voglia di divertirmi e questo mi porta ad apprezzare, forse oltre il dovuto, un'opera.
Il film è figo, mi è piaciuto, nonostante pensi che Di Caprio non sia all'altezza, perché pare un bambolotto troppo cresciuto monoespressione, e che con gli effetti speciali potevano anche darci dentro un po' di più. Inoltre aggiungo che gli argomenti trattati possono fare di un film o un libro un'immensa cagata, e qui non è successo, si rimane tutto sommato dentro limiti comprensibili e non si scade nella psichedelia. Oltre a Di Caprio, anche le caratterizzazioni degli altri personaggi mi sono parse adeguate e senza sbavature.
Non è il film dell'anno, non è un capolavoro, ma si lascia vedere, dai.
Non lascia indifferenti. Guardatelo e al limite insultatemi se non dovesse piacervi.

Giudizio: 3,5 su 5

USAM Dicembre: i partecipanti

Anche questo mese il concorso Una Storia al Mese, giunto alla sua 34° edizione, ha raggiunto la quota limite di 15 partecipanti in poche ore.
Inutile ormai dire quanto questo concorso sia diventato importante per i vari autori che si confrontano e interagiscono ogni mese, per migliorare il proprio raccont, il proprio stile e magari venire notati...
Ecco la lista dei partecipanti:

  • Acqua sporca di Matteo Carriero
  • Fermate Rommel di Giuseppe Agnoletti
  • Il bar dei perdenti di Ryan79
  • Il taxi di Cristiana Morroni
  • Incontri sulla via di Olorin
  • Indovina chi sono? di Attilio Facchini
  • Io parlo con i morti di Daniele imperi
  • La cavalcata di Virgilio Tuzzi 
  • La lunga notte della Cosa Enorme di Alfredo Mogavero
  • La Recensione di Maurizio Bertino
  • Orsetto di di Alessandro Cal
  • U' Pozzu di Antonino Alessandro
  • Un Dio per Lilith di Edea Console
  • Una ragazza ingenua di Marcello Gagliani Caputo
  • Vassago di Luca Pagnini
Auguro a tutti un buon USAM!

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