Ore 6:12
Mimmo Portalanonna è rimasto sveglio tutta la notte a fissare il soffitto, le sue splendide monocromie e le sue inimmaginabili venature a spruzzo. Gli capita tutte le notti, non c’è sonnifero che faccia effetto. Prova a sfiancarsi ogni volta prima di coricarsi con esercizi fisici al limite della sopportazione, ma niente, non c’è niente da fare.
Facendo un rapido calcolo mentale, probabilmente non dorme da quasi un anno, gli pare di essere il protagonista in quel film: l’uomo senza sonno. Eppure gli esperti dicono che un uomo non può sopravvivere che tre giorni senza dormire, invece a lui capita da diversi mesi.
Probabilmente è l’inconscio. Non ha mai avuto scrupoli nella vita, ha sempre frodato, rubato, ingannato, senza colpo ferire, ma, evidentemente, ha somatizzato. Qualcosa dentro di lui si è spezzato, pensava che questa esperienza lontano dai suoi affari, questa vacanza forzata, avrebbe portato conforto. Invece niente.
Forse è questione di tempo, magari rimanendo sepolto in quel castello potrà con l’andare dei giorni ritrovare il sonno perduto.
Disteso sul letto supino con le braccia lungo i fianchi ammira ancora per qualche minuto il soffitto, il suo orologio interno gli comunica che ormai dovrebbe essere mattina, forse quasi l’alba. Allora si alza, toglie il pigiama fantasia e indossa una comoda tuta da jogging.
Uscito dalla stanza decide di seguire il perimetro del castello, proprio come Arazza Marchina. Non incontra nessuno, tutti sembrano ancora immersi nel mondo dei sogni nelle loro stanzucce.
Comincia con un passo lento, poi a cadenza regolare, aumenta il pompaggio dei quadricipiti e dei polpacci. Raggiunge una velocità del tutto invidiabile, persino migliore di quella sperimentata da Arazza. Doppia la prima boa del quadrilatero in meno di dieci minuti e svolta in un lato meno illuminato.
Percepisce qualcosa a livello cervicale non appena incomincia a calpestare il suolo di quella zona. I peli sulle braccia gli si rizzano e un formicolio gli pervade la colonna vertebrale.
Cerca di non farci caso, continua di buon passo senza guardarsi intorno. Non è da lui allarmarsi per delle percezioni sensoriali fuorvianti, ma dopo un po’ sente anche strani rumori nell’atmosfera. Un cigolare indistinto, qualcosa di ovattato, come se qualcuno tirasse cazzotti a un pupazzo di gommapiuma.
Passa davanti ad una porta che, giura, prima non c’era, o probabilmente il suo occhio non ha registrato. Da quella porta giungono i rumori. La curiosità lo fa rallentare, ma un urlo lacerante lo dissuade e ricomincia a mulinare sui muscoli delle gambe per mettere una certa distanza dalla porta.
Incredibile. Quella che ha appena provato è un’emozione che poche volte nella sua vita ha provato. Crede sia paura e se ne vergogna.
Ore 7:45
Norberto Cigolla si sveglia nel letto umido abbracciato al suo cane di pezza Wooby. Indossa calze autoreggenti velate 13 denari con banda nera. Ricorda di essere andato a letto nudo senza le calze.
“Chissenefrega”, pensa, “Ci sarà pur un motivo per cui stanotte ho indossato le calze.”
Si mette a sedere sul letto a gambe incrociate e sfodera la pancia pelosa. I peli formano strani disegni esoterici attorno all’ombelico. Alza le mani al cielo, sorride, poi, con perfetto stile precolombiano, incomincia a tamburellarsi l’addome.
La melodia sembra essere il Bolero di Ravel.
Ore 8:02
Miriano Biottelli apre gli occhi sul faccione del Dottor Bonbon, non che sia un brutto uomo, ma svegliarsi così è traumatico. Inoltre il dottore in questione è vestito come un idiota. Dall’altra parte non si gira perché ricorda la scatola di puré.
Con una certa difficoltà riesce a sfilare la testa dall’armadio dove l’aveva infilata, rimane sdraiato qualche secondo per mettersi in sintonia con l’universo, poi si alza, lentamente, per far defluire alla giusta velocità il sangue.
Lo stomaco gli invia segnali inequivocabili, anzi, lancia anche una specie di gorgoglio che pare un ruggito leonino. Fortuna vuole che sia già in cucina.
I concorrenti hanno a disposizione la colazione cosiddetta internazionale e una miriade di elettrodomestici supertecnologici.
Miriano preleva una tazza e la infila sotto un macchinario dal nome impronunciabile. Si prepara un cappuccino, tira fuori due croissant semicotti e li fa girare nel forno a microonde.
Con aria soddisfatta le preleva e le immerge tutte due completamente nella bevanda bollente. Con un’abilità invidiabile riesce a non far debordare nemmeno una goccia. Infine, con un sorriso truffaldino stampato sulla faccia, incomincia a ingozzarsi con la sbobba appena creata.
Dolcepiera si è appena alzata e sta già cantando. Appena sveglia gli è venuta in mente Autostrada di Dario Baldan Bembo e la sta modulando ad alta voce. Ha avuto anche una relazione con il bel Bembo, durata circa dieci minuti, breve ma intensissima.
La cantante seleziona con cura l’asciugamano che dovrà portarsi in bagno, badando bene di coordinarlo con il pigiama. Tira fuori il necessario per la toletta e poi, sempre cantando il Baldan, esce dalla stanza.
Riccardo Magonza ha dormito come un angioletto e in quasi sette ore di sonno deve aver segato un intera foresta. Si stiracchia soddisfatto e si sente riposato come non gli capitava da decenni. Rimane a poltrire nel letto ancora qualche minuto, poi si alza, indossa i pantaloni della sera prima ed esce per andare a pisciare.
Lungo il tragitto non incontra nessuno, ma non gliene può fregare di meno, si sente in pace con il mondo e soprattutto con se stesso.
Entra nel primo bagno che trova libero, si apre la patta e sfodera il suo arnese di minzione. Non appena il liquido dorato sfiora le placide acque della tazza, dal buco nero emerge all’improvviso una pantegana-squalo color terra di Siena. Le acque si dividono, delle fauci dentute prorompono dal w.c. e puntano decisamente verso il minuscolo sciacquapiatti di Magonza. La bestia sarà lunga almeno un metro.
Magonza si avvede del pericolo e, senza reinserire lo sputacchiere, scarta di lato. La pantegana lo sfiora soltanto con i baffetti impertinenti e va a cozzare contro la parete alle spalle del malcapitato.
Magonza si è pisciato sui pantaloni, ma non ci fa caso. Rinfodera l’armamentario e si volta per affrontare il pericolo imminente. Il topazzo si è già ripreso dallo scontro ravvicinato con il muro. Scuote la testa e la punta minacciosamente contro Magonza, il quale cerca di avvicinarsi il più possibile alla porta per darsi alla fuga incondizionata.
Proprio nel momento in cui crede di essere in salvo, la pantegana squalo scatta in avanti spalancando la bocca e ostentando la sua dentatura da predatore. Magonza, grazie forse al sonno ristoratore, è ancora pronto e scarta sulla sinistra, verso il cesso. Atterra in prossimità dello spazzolone, si arma con esso e lo brandisce contro la bestia.
La pantegana, per nulla impressionata dall’arma, ritorna in posizione di combattimento. Carica i muscoli posteriori delle zampe con un movimento ondulatorio che quasi distrae Magonza e fissa il suo avversario negli occhi. Momenti di tensione in cui i due contendenti si misurano a colpi di sguardi, manca solo in sottofondo una musica alla spaghetti western.
La pantegana scatta, Magonza vive tutto al rallentatore: la bocca spalancata con fauci in bella evidenza, il pelo bagnato che stilla acqua che ricade sul pavimento, le zampe protese in avanti, pronte a colpire e lui, come un perfetto battitore, aspetta il momento opportuno e colpisce.
Lo spazzolone va a colpire la testa del topo in pieno, in un’esplosione di goccioline ridenti. Il colpo è stato sferrato da destra verso sinistra e la bestia viene sospinta irrimediabilmente verso il buco da cui è apparsa. Magonza, nello slancio dell’azione appena compiuta, viene sbilanciato verso destra e cade a peso morto sulle piastrelle umide del bagno.
La pantegana squalo però si è messa paura e nuota nella fogna per ritornare alla sua tana sicura. Magonza rimane a terra per un po’, stordito dal colpo, poi alza la testa per cercare il nemico. Si guarda in giro allarmato, ma la bestia sembra sparita. Si rimette in piedi, sempre brandendo lo spazzolone, e osserva meglio il luogo dello sconto.
Niente, la pantegana sembra essersi volatilizzata. Evidentemente il colpo infertole deve averla fatta desistere da attaccare nuovamente.
Magonza esamina il water, ma, a quanto pare, la pantegana sembra essere proprio ritornata da dov’era giunta. Emette un sospiro di sollievo, ringrazia il cielo di non dover pisciare seduto e reinserisce lo spazzolone nella giusta sede. Gli scappa ancora, ma pensa che per il momento sia giusto aspettare. Si pulisce come può i pantaloni e ritorna in camera.
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