Il sangue degli angeli - prime pagine (2)


2.
Un telefono cominciò a suonare al numero civico 63 di Via dei Moretti nella zona industriale di Marina. Era un edifi-cio isolato, circondato da una brughiera spelacchiata e incolta, un parallelepipedo di acciaio e mattoni con larghi finestroni rettangolari che riflettevano la luce grigia del sole.
All’interno, distribuiti su tre piani: una zona sotterranea con laboratori, camere di stoccaggio e un piccolo magazzino; al pianterreno una sala reception sempre deserta, uffici di rappresentanza; e al primo piano una zona residenziale con quattro camere con rispettivi bagni, una sala riunioni e una ricreativa.
L’edificio era circondato da una cancellata invalicabile con telecamere di sorveglianza su tutto il perimetro, nessun cartello, nessun campanello, nessuna scritta che potesse anche solo far supporre la ragione dell’esistenza di quelle quattro mura.
Ufficialmente quella era la sede dello Studio della Fenomenologia Ambientale ed Elettromagnetica del dottor Filippo Redoli, illustre ricercatore laureato in ingegneria nucleare, biologia e medicina.
Oltre al dottor Redoli, detto Red, nell’edificio dimoravano altri due individui: Paolo Macchia, Mac per gli amici, ex soldato dei reparti speciali dell’esercito, ex mercenario, con i capelli tagliati a spazzola e lo sguardo deciso; Giorgio Parca, detto Giò, esperto di elettronica, sistemi informativi, hacker e videogiocatore incallito. I tre formavano un gruppo in affari ormai da quasi due anni nella rimozione definitiva dei fenomeni elettromagnetici  e ambientali estremi. 
Pochi conoscevano il numero di telefono che in quel mo-mento stava trillando sui vari apparecchi, collegati alla linea voce principale e collocati in ogni stanza dell’edificio.
Giò era nel suo ufficio, indossava delle cuffie enormi, completamente isolato dal resto del mondo. Era seduto da-vanti a un megaschermo 42” al plasma e stava giocando a Exision, gioco di ruolo online. Il suo mago di livello 62 stava lanciando globi infuocati contro un gigante di pietra che me-nava fendenti con un’enorme scure bipenne.
Red invece aveva inforcato delle minuscole cuffiette e stava ascoltando i Nirvana a tutto volume mentre batteva furiosamente sui tasti del suo portatile.
A rispondere fu Mac, che portava sempre attaccato alla cintura un palmare collegato alla linea interna. Era nella piccola palestra nella zona ricreativa e stava allenando i tricipiti.
“Mac”, disse soltanto.
“Sono Dragoner”.
Markus Dragoner era il loro unico cliente. La merce che gli vendevano però veniva pagata profumatamente.
“Ho ricevuto una segnalazione per una rimozione”, comu-nicò.
Mac mollò la barra del bilanciere e liberò anche la mano sinistra.
“Dove?”
“Alla Biblioteca Civica. Ho già stipulato io il contatto”.
“Bene, non avevamo pianificato nulla per oggi. Effettue-remo la disinfestazione già stamattina”.
“D’accordo. Ti invio i dettagli via email. Ci sentiamo poi per la consegna”, concluse Dragoner, e chiuse la comunica-zione.
Giò era ancora intento a distruggere lo stesso mostro quando Mac proruppe nella sua stanza come un ciclone mon-sonico. Ovviamente il giocatore non si accorse di nulla.
“Giò!” sbottò Mac con un volume di voce da far tremare le pareti. L’altro non mosse di un millimetro la testa e, con un abile colpo di mouse, scansò un colpo d’ascia del gigante.
L’ex soldato si mise di fianco al monitor, incrociò le brac-cia e fissò con astio il giocatore. Giò rimase indifferente con-tinuando a menar colpi al mostro. Mac allungò un dito e spense il monitor.
“Non mi rompere le palle e riaccendi quel cazzo di moni-tor”.
“Togliti le cuffie”.
“Non ti sento”.
Con un gesto insofferente Mac fece volare via le cuffie, che rimasero a penzolare a pochi centimetri dalla nuca di Giò. Il giocatore sospirò e incrociò le braccia a sua volta.
“Va bene. Che c’è?”
“Un intervento. Alla biblioteca si è manifestato qualcosa, probabilmente è uno di quelli con poteri cinetici. Staccati dal quell’affare e andiamo a prenderlo”.
“Lasciami almeno finire con questo Colosso di livello set-tanta”.
“Piantala, Giò, o te lo riduco in mille coriandoli questo af-fare”.
“Tu sei la reincarnazione di un gerarca nazista, vero?”
“Può darsi. Adesso staccati da lì e seguimi”.
Red ciondolava la testa a ritmo di musica e stava esami-nando dei rapporti di misurazione elettromagnetica relativi ad alcuni ospiti rinchiusi nella gabbie di stoccaggio.
L’approccio di Mac fu più delicato rispetto all’intervento precedente: appoggiò delicatamente una mano che assomi-gliava a un badile sulla spalla sinistra dello scienziato, ma Red sobbalzò comunque sulla sedia.
“Lavoro?”
“Sì, ha chiamato Dragoner. Alle 8.41 nella sede della bi-blioteca pubblica si è manifestata un’anomalia. Ha terrorizzato una povera bibliotecaria facendo volare i libri soffiandoci a distanza”.
“Okay, andiamo”.

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