Un estratto da Inferno 17:
Stava ormai uscendo di casa, quando il telefono cominciò a squillare. Rimase in bilico sull’uscio per un po’, indeciso se rispondere o meno. Poi richiuse la porta e corse verso l’apparecchio.
«Pronto?»
Un colpo di tosse, poi una voce molto rauca, come se l’interlocutore fosse un forte fumatore.
«Parlo con Paolo Montale?»
«Può darsi. Con chi ho il piacere di parlare?»
«Mi chiamo Anselmo De Baldi, noi non ci conosciamo…» pausa con sospirone, «… Io lavoravo nella clinica, lei dev’essere quello che mi ha sostituito.»
«Lei è quello che ha avuto l’infarto?»
Silenzio.
«Mi scusi, forse non dovevo ricordarglielo», aggiunse Paolo poi, accortosi di essere stato perlomeno indelicato.
«Le voci corrono lì dentro, eh? Comunque, sì, non è un segreto, sono quello che ha avuto l’infarto.»
«Perché mi ha chiamato?»
Altro silenzio, lo sentiva respirare a fatica nel ricevitore. Evidentemente non si era ancora ripreso del tutto.
«Possiamo darci del tu?»
«Certo.»
«Hai già fatto il turno di notte?»
Paolo cominciò a percepire una sottile inquietudine. «Sì», disse con un tono sepolcrale che non gli piacque per niente.
«Ti sembrerà una domanda indiscreta e un poco bizzarra, ma hai notato qualcosa di strano, o meglio, hai visto qualcosa di insolito?»
Non sapeva se rivelare a questo sconosciuto ciò che gli era accaduto, non ne aveva parlato a nessuno e riteneva fosse solo frutto della sua fervida fantasia. Ma forse questo tizio aveva condiviso le sue stesse esperienze e poteva fargli capire qualcosa di più del paziente dell’interno 17.
«Be’, ho avuto, come dire, delle allucinazioni.»
«Davvero?»
Paolo si pentì immediatamente di aver rivelato quell’informazione a questo fantomatico personaggio, in fondo non sapeva se in realtà all’altro capo del telefono ci fosse veramente Anselmo De Baldi oppure qualche buontempone che voleva fargli uno scherzo. Fu fulminato poi dall’idea che fossero gli stessi suoi datori di lavoro a controllarlo. Era un’idea assurda, ma non inusuale per il suo encefalo.
«Pronto?»
«Sì, sono qui.»
«Devo parlarti. Anch’io ho visto qualcosa. Quell’uomo ha qualcosa di strano, c’è un’aura strana intorno a lui, malefica, io l’ho percepita.»
«Io credo di essere stato solo vittima della mia immaginazione.»
«No, non può essere. Anch’io ho avuto delle allucinazioni, se così le vogliamo chiamare, ed è stata una di queste a provocarmi l’infarto.»
Paolo deglutì, il cuore cominciò a pulsargli nelle orecchie. Si toccò due volte il padiglione auricolare e poi guardò l’orologio. Erano già le tre e cinque.
«Fai il secondo turno ora, vero? Potresti passare a trovarmi domani mattina. Abito a pochi chilometri da casa tua. Ti do l’indirizzo.»
Paolo, nonostante la diffidenza e l’inquietudine, prese un foglio e annotò tutto quanto. Forse non sarebbe mai passato, o forse sì. Aveva tutta la giornata e la notte per pensarci.
«Allora ci vediamo domani?»
«Non lo so.»
«Be’, io ti aspetto comunque.»
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