Chiedi un autografo all'assassino
Guarda il colpevole da vicino
Ed approfitta finché resta dov'è
Toccagli la panza
Fagli una domanda
Cattiva
Spietata
Come il foro di entrata
Daniele Bonfanti (5)
Sul sito della Rizzoli è stata pubblicata un'intervista al capelluto Daniele Bonfanti.
10 domande 10 in cui spiega la sua vita di musicista-scrittore e dove senza ritegno approfitta dell'occasione per parlare di XII e dei progetti futuri di XII-Group.
10 domande 10 in cui spiega la sua vita di musicista-scrittore e dove senza ritegno approfitta dell'occasione per parlare di XII e dei progetti futuri di XII-Group.
Follia Number One
Tu che di speranza spemi
E dal sol loco impremi
Lasciami cantare la novella
Lasciami spuppare la favella
Da solo non posso ricordare
Il sole che resta sopra il mare
Da solo non posso che sperare
Di lanciare un peto e poi scappare
Ricordo già il dolore del ricordo
Non scordo il mangime dato al tordo
Eppure di sangue sono lordo
Come il pappo che salta sopra il sordo
Abbi pazienza, amico caro
Non posso cantare a Castrocaro
Già l'hanno scorso mi han mazziato
Perché ho sputazzato al prelato
E dal sol loco impremi
Lasciami cantare la novella
Lasciami spuppare la favella
Da solo non posso ricordare
Il sole che resta sopra il mare
Da solo non posso che sperare
Di lanciare un peto e poi scappare
Ricordo già il dolore del ricordo
Non scordo il mangime dato al tordo
Eppure di sangue sono lordo
Come il pappo che salta sopra il sordo
Abbi pazienza, amico caro
Non posso cantare a Castrocaro
Già l'hanno scorso mi han mazziato
Perché ho sputazzato al prelato
Morte di un Perdente - Davide Cassia
Morte di un Perdente
Recensione a cura di Massimo Vassallo.
Ci sono due cose che colpiscono in questo poliziesco. La prima è che i personaggi, sia i buoni sia i cattivi hanno una cosa in comune, sono delle vittime. Vittime di sé stessi, di scelte sbagliate, della cupidigia, di cattive influenze.
La seconda è la malinconia, un'atmosfera che dalla prima pagina ti prende e non ti lascia più, attraverso la pioggia sulla città grigia, persino durante gli inseguimenti fra auto a tutta velocità.
Un senso di compassione, nel senso più autentico della parola, per sagome di persone sfortunate e deboli, che lottano o non lo fanno, ma comunque tentano, se non di vivere meglio, di non restare sole.
Un romanzo giallo, dunque, un poliziesco, sì, ma con una poetica ben definita.
Recensione a cura di Massimo Vassallo.
Ci sono due cose che colpiscono in questo poliziesco. La prima è che i personaggi, sia i buoni sia i cattivi hanno una cosa in comune, sono delle vittime. Vittime di sé stessi, di scelte sbagliate, della cupidigia, di cattive influenze.
La seconda è la malinconia, un'atmosfera che dalla prima pagina ti prende e non ti lascia più, attraverso la pioggia sulla città grigia, persino durante gli inseguimenti fra auto a tutta velocità.
Un senso di compassione, nel senso più autentico della parola, per sagome di persone sfortunate e deboli, che lottano o non lo fanno, ma comunque tentano, se non di vivere meglio, di non restare sole.
Un romanzo giallo, dunque, un poliziesco, sì, ma con una poetica ben definita.
Interviste a 2 di XII
Su Blogsfere Cultura sono apparse 2 interviste a componenti dei XII
- Intervista a Daniele Bonfanti
- Intervista a Marco Pagani
- Intervista a Daniele Bonfanti
- Intervista a Marco Pagani
Articoli su XII
A pochi giorni dalla sua uscita XII è già in testa alla classifica settimanale di vendite di Lulu, e ecco alcuni articoli apparsi qua e là:
Su Blogosfere Cultura
Su Booksblog
Sul Giornale di Lecco
Su Yahoo! News
Su Blogosfere Cultura
Su Booksblog
Sul Giornale di Lecco
Su Yahoo! News
Bacco
Immagino che strumballazzi nell'eterno rpg "paradise".
Sei li che te la ridi, magari cercando di farmare per aumentare la skill Angel.
Ma quaggiù ci manchi, come il primo giorno in cui han ben pensato di porre fine al tuo piano esistenziale in questa realtà.
Ti ricordiamo sempre con affetto, Baccone. Ciao. Ciao.
Asd
Sei li che te la ridi, magari cercando di farmare per aumentare la skill Angel.
Ma quaggiù ci manchi, come il primo giorno in cui han ben pensato di porre fine al tuo piano esistenziale in questa realtà.
Ti ricordiamo sempre con affetto, Baccone. Ciao. Ciao.
Asd
XII - Uscita ufficiale 12 aprile 2007
XII è il progetto di 12 autori indipendenti alleatisi su Lulu. Per creare una raccolta di racconti eterogenei - dall'horror all'esistenzialista, per creare armonia in una sinfonia di stili e temi tanto distanti - dove ognuno dei loschi partecipanti ha diritto a 30 pagine, per un massimo di tre racconti a testa. Un caso nuovo e del tutto unico nel panorama editoriale italiano.
La raccolta ha un'introduzione di Andrea G. Pinketts.
L'uscita ufficiale è fissata per il 12 aprile 2007. Sarà possibile scaricarlo gratuitamente e acquistarlo in forma cartacea a questo indirizzo.
La raccolta ha un'introduzione di Andrea G. Pinketts.
L'uscita ufficiale è fissata per il 12 aprile 2007. Sarà possibile scaricarlo gratuitamente e acquistarlo in forma cartacea a questo indirizzo.
The Illusionist
Sono entrato al cinema senza troppe illusioni (ah, che bel gioco di parole) e credo sia questo il miglior atteggiamento per affrontare un film: non aspettarsi troppo.
Invece The Illusionist da molto, a partire dal primo fotogramma. Edward Norton è perfetto nella la parte di Eisenheim. L'atmosfera di inizio 19° secolo nell'Austria imperiale è fiabesca. L'intreccio della trama si intesse lentamente ma in modo assolutamente gradevole. La storia d'amore nel triangolo tra l'illusionista, Sophie (interpretata molto bene da Jessica Biel) e il principe ereditario Leopoldo è passionale, il tutto condito dalla bizzarra professione di Eisenheim che stupisce il pubblico nel film e quello in sala con i suoi numeri che, nel seguito della storia, sfiorano il paranormale, lasciando a bocca aperta i Viennesi.
Il finale è sorprendente e spiazza totalmente lo spettatore.
Il film è molto bello, d'atmosfera, cattura dal primo istante, e, a mio parere, merita di essere visto.
Invece The Illusionist da molto, a partire dal primo fotogramma. Edward Norton è perfetto nella la parte di Eisenheim. L'atmosfera di inizio 19° secolo nell'Austria imperiale è fiabesca. L'intreccio della trama si intesse lentamente ma in modo assolutamente gradevole. La storia d'amore nel triangolo tra l'illusionista, Sophie (interpretata molto bene da Jessica Biel) e il principe ereditario Leopoldo è passionale, il tutto condito dalla bizzarra professione di Eisenheim che stupisce il pubblico nel film e quello in sala con i suoi numeri che, nel seguito della storia, sfiorano il paranormale, lasciando a bocca aperta i Viennesi.
Il finale è sorprendente e spiazza totalmente lo spettatore.
Il film è molto bello, d'atmosfera, cattura dal primo istante, e, a mio parere, merita di essere visto.
L'Assassino: Kill the Reality Show (22)
Ore 1:59
Cabrini Mariozzo raggiunge un corridoio illuminato da una finta lampada ad olio in realtà alimentata da un circuito interno a gas butano che pesca direttamente dalle fogne.
Il corridoio continua direttamente dalla zona dove è caduto e svolta leggermente a sinistra. E’ composto da grossi lastroni levigati che trasudano umidità. A Cabrini sembra di respirare melassa, il tasso di umido pare essere al cento per cento.
La minitelecamera è sempre alle sue spalle e si tiene ad una certa distanza per non farsi scoprire: le reazioni del concorrente potrebbero esserne influenzate.
Si maledice per la sua curiosità, magari se fosse rimasto a letto, tutto questo non gli sarebbe successo. Ma è solo una frazione di secondo, il suo carattere non gli permette mai di rimuginare sul latte versato, pensa solo al prossimo passo, cioè quello di ritornare al livello da cui è precipitato.
Segue il corridoio, illuminato ad intervalli regolari dalle lampade a butano. Procede di buon passo, a testa alta, senza fermarsi ad osservare le pareti, che comunque non hanno nulla di interessante da offrire.
Dopo una cinquantina di metri circa ode davanti a se un rumore. E’ qualcosa di ovattato, non ben definito, ma è sicuramente un rumore. Come se qualcosa fosse caduto su un batuffolo di lana.
Mariozzo si blocca per alcuni secondi, tende il senso dell’udito verso l’esterno, se avesse le antenne attaccate ai padiglioni auricolari ora le sparerebbe fuori a sondare l’aria.
Il rumore non si ripete. Attende ancora qualche minuto completamente immobile nella penombra del corridoio, poi ricomincia ad avanzare.
Il corridoio svolta di nuovo a sinistra, stavolta con una curva più secca quasi a novanta gradi. Appena girato l’angolo ecco che il rumore si ripete. Stavolta più forte. Qualcosa di metallico che batte contro qualcos’altro. Poi una voce, flebile, pare quasi un’eco.
Cabrini si irrigidisce, il tono ha un qualcosa di spettrale, qualcosa che non appartiene al mondo che lui conosce. La voce si ripete, stavolta più vicino e allo stesso tempo più lontana, Mariozzo non sa definire esattamente quel che sente. E’ come se il rumore rimbalzasse sulle pareti e poi tornasse alla fonte.
Più avanti nota una porta. L’ha notata solo il quel momento perché la penombra inganna l’occhio e poi era un poco squagiato, come dice lui per definire uno spavento. Anche lo scroto gli si è un po’ ritirato per la paura.
Ma lui è un uomo, o no? E che diamine! Su un po’ di quella roba lì, avanti!
Il rumore comunque sembra proprio irradiarsi dalla porta in tutte le direzioni possibili di questo emisfero. Cabrini ricomincia ad avanzare, lentamente, con calma, senza strafare. Non si ode più nulla provenire dalla porta, ma ora l’ex calciatore è pervaso in tutto il suo essere muscoloso anche dalla curiosità.
E’ vicino, si blocca, cerca di sbirciare la costituzione subatomica del materiale che compone la porta allungando il collo, ma non scorge nulla di significativo.
Allora, con gesto eroico, muove la mano sinistra verso la maniglia in bronzo. La abbassa e la porta si apre lentamente, ovviamente con scricchiolii sinistri.
Quello che scorge aldilà della soglia gli fa ghiacciare per un attimo il sangue nelle vene. Un fantasma fluttuante e fluorescente, solo con il torso e le braccia. E’ davanti a quello che sembra un fornello e sta mescolando qualcosa in un pentolino, naturalmente tutti gli oggetti sono fantasma, di una consistenza impalpabile. Il rumore metallico che Cabrini sentiva nel corridoio è il ritmico roteare di un cucchiaio dentro il pentolino fantasma.
L’ex calciatore è impietrito sulla soglia della stanza, quella che sembra essere una cucina, ma piena di cianfrusaglie di vario tipo, tra cui Cabrini intravede un cupido fucsia in piedi su una nuvola color oro.
Lo spettro s’accorge della presenza di Mariozzo, volta la testa lentamente, attraverso il suo corpo si intravedono altri oggetti e la parete della stanza. Ha una strana acconciatura anni ’60 e il vestito che si intravede sul torso sembra uno di quelli da palcoscenico di Elvis.
Il corpo di Mariozzo è percorso da brividi di paura, tutto il suo essere ne è pervaso, non ha mai provato un’emozione così violenta e scioccante.
Lo spettro Elvis lo fissa con occhi vuoti, azzurrini come il resto del corpo.
“E tu chi saresti? Uno di quelli che mi hanno fatto sbaraccare da sopra, immagino.”
La voce è sepolcrale, un’eco che sembra giungere direttamente da una tomba. Cabrini non parla, ha la lingua immobile, ghiacciata come il resto del corpo.
“Paura, eh?” farfuglia lo spettro imitando la parodia di Lucarelli. Questa frase che richiama qualcosa di reale e, soprattutto, televisivo, sembra sciogliere la frigida barriera di Mariozzo.
“Ma tu chi sei?” domanda con un tremolio nella voce.
“Un fantasma, naturalmente. Sono uno dei tanti morti di morte violenta in questo castello e come tale devo rimanere legato al luogo dove sono deceduto e allora vago e faccio cagare addosso i visitatori che entrano a pagamento. Ho un contratto con gli attuali proprietari, ma con questa storia del reality show mi hanno chiesto di andare in vacanza per un po’. Tzé, in vacanza, come se potessi, chessò, andarmene al mare o in settimana bianca. Solo legato a queste pietre umide del cazzo e non posso muovermi da qui.”
Cabrini si guarda attorno disorientato, la stanza è veramente colma di roba inutile, ma lo spirito, muovendosi, ci passa attraverso. Vicino ai suoi piedi nota un antico astrolabio.
“Non se ne può andare da qui?”
“Dammi pure del tu, il mio nome è Astolfo Mestolino, ero un cavaliere errante e ho avuto la malaugurata idea di innamorarmi della figlia del padrone del castello, stiamo parlando del 1129. Solo che lei era già promessa sposa ad un vecchio bacucco del luogo. Comunque io non mi sono perso d’animo, ho cercato di scavalcare il muro di cinta, ce l’avevo quasi fatta, ho raggiunto il torrione, ma poi sono inciampato e sono caduto dalla parte sbagliata, cioè dalla parte del castello. Cadendo però non sono morto, mi sono spaccato tutte le ossa, le guardie del castello mi hanno raggiunto e ucciso come una scatoletta di manzo in scatola. Da quel giorno sono condannato a starmene in questo ciocco di pietra come spirito vagante. Dimmi te un po’ che sfiga.”
Cabrini non sa che dire, non ha mai parlato con uno spettro e, in fin della fiera, non ha mai parlato molto nemmeno con i vivi.
Dice la prima cosa che gli viene in mente: “Non hai possibilità di andartene in nessun modo?”
Astolfo Mestolino sbiadisce un attimo, come se pensare ne consumasse l’essenza.
“Un modo ci sarebbe, ma non credo ti piacerà.”
A Cabrini tutta quella situazione non piace, anche se è incuriosito da questa nuova sfera dell’esistenza. Il fantasma sembra sparire ancora di più, poi si fa più vivido, al punto che Mariozzo riesce persino a contargli i peli del naso.
“Per sciogliere un vincolo contrattuale creatosi con la violenza esistono due modi: un atto d’amore o una nuova violenza, questo però nel punto esatto dove sono spirato. Nel senso, o uccidi gli attuali proprietari del castello in quel punto versando il loro sangue, oppure richiami dall’oltretomba Giardina Vaccamelata, la mia amata, e le fai piangere lacrime d’amore sulla mia tomba.”
Astolfo attraversa un globo argenteo da discoteca e si avvicina a Mariozzo.
“Allora, cosa scegli?”
Cabrini Mariozzo raggiunge un corridoio illuminato da una finta lampada ad olio in realtà alimentata da un circuito interno a gas butano che pesca direttamente dalle fogne.
Il corridoio continua direttamente dalla zona dove è caduto e svolta leggermente a sinistra. E’ composto da grossi lastroni levigati che trasudano umidità. A Cabrini sembra di respirare melassa, il tasso di umido pare essere al cento per cento.
La minitelecamera è sempre alle sue spalle e si tiene ad una certa distanza per non farsi scoprire: le reazioni del concorrente potrebbero esserne influenzate.
Si maledice per la sua curiosità, magari se fosse rimasto a letto, tutto questo non gli sarebbe successo. Ma è solo una frazione di secondo, il suo carattere non gli permette mai di rimuginare sul latte versato, pensa solo al prossimo passo, cioè quello di ritornare al livello da cui è precipitato.
Segue il corridoio, illuminato ad intervalli regolari dalle lampade a butano. Procede di buon passo, a testa alta, senza fermarsi ad osservare le pareti, che comunque non hanno nulla di interessante da offrire.
Dopo una cinquantina di metri circa ode davanti a se un rumore. E’ qualcosa di ovattato, non ben definito, ma è sicuramente un rumore. Come se qualcosa fosse caduto su un batuffolo di lana.
Mariozzo si blocca per alcuni secondi, tende il senso dell’udito verso l’esterno, se avesse le antenne attaccate ai padiglioni auricolari ora le sparerebbe fuori a sondare l’aria.
Il rumore non si ripete. Attende ancora qualche minuto completamente immobile nella penombra del corridoio, poi ricomincia ad avanzare.
Il corridoio svolta di nuovo a sinistra, stavolta con una curva più secca quasi a novanta gradi. Appena girato l’angolo ecco che il rumore si ripete. Stavolta più forte. Qualcosa di metallico che batte contro qualcos’altro. Poi una voce, flebile, pare quasi un’eco.
Cabrini si irrigidisce, il tono ha un qualcosa di spettrale, qualcosa che non appartiene al mondo che lui conosce. La voce si ripete, stavolta più vicino e allo stesso tempo più lontana, Mariozzo non sa definire esattamente quel che sente. E’ come se il rumore rimbalzasse sulle pareti e poi tornasse alla fonte.
Più avanti nota una porta. L’ha notata solo il quel momento perché la penombra inganna l’occhio e poi era un poco squagiato, come dice lui per definire uno spavento. Anche lo scroto gli si è un po’ ritirato per la paura.
Ma lui è un uomo, o no? E che diamine! Su un po’ di quella roba lì, avanti!
Il rumore comunque sembra proprio irradiarsi dalla porta in tutte le direzioni possibili di questo emisfero. Cabrini ricomincia ad avanzare, lentamente, con calma, senza strafare. Non si ode più nulla provenire dalla porta, ma ora l’ex calciatore è pervaso in tutto il suo essere muscoloso anche dalla curiosità.
E’ vicino, si blocca, cerca di sbirciare la costituzione subatomica del materiale che compone la porta allungando il collo, ma non scorge nulla di significativo.
Allora, con gesto eroico, muove la mano sinistra verso la maniglia in bronzo. La abbassa e la porta si apre lentamente, ovviamente con scricchiolii sinistri.
Quello che scorge aldilà della soglia gli fa ghiacciare per un attimo il sangue nelle vene. Un fantasma fluttuante e fluorescente, solo con il torso e le braccia. E’ davanti a quello che sembra un fornello e sta mescolando qualcosa in un pentolino, naturalmente tutti gli oggetti sono fantasma, di una consistenza impalpabile. Il rumore metallico che Cabrini sentiva nel corridoio è il ritmico roteare di un cucchiaio dentro il pentolino fantasma.
L’ex calciatore è impietrito sulla soglia della stanza, quella che sembra essere una cucina, ma piena di cianfrusaglie di vario tipo, tra cui Cabrini intravede un cupido fucsia in piedi su una nuvola color oro.
Lo spettro s’accorge della presenza di Mariozzo, volta la testa lentamente, attraverso il suo corpo si intravedono altri oggetti e la parete della stanza. Ha una strana acconciatura anni ’60 e il vestito che si intravede sul torso sembra uno di quelli da palcoscenico di Elvis.
Il corpo di Mariozzo è percorso da brividi di paura, tutto il suo essere ne è pervaso, non ha mai provato un’emozione così violenta e scioccante.
Lo spettro Elvis lo fissa con occhi vuoti, azzurrini come il resto del corpo.
“E tu chi saresti? Uno di quelli che mi hanno fatto sbaraccare da sopra, immagino.”
La voce è sepolcrale, un’eco che sembra giungere direttamente da una tomba. Cabrini non parla, ha la lingua immobile, ghiacciata come il resto del corpo.
“Paura, eh?” farfuglia lo spettro imitando la parodia di Lucarelli. Questa frase che richiama qualcosa di reale e, soprattutto, televisivo, sembra sciogliere la frigida barriera di Mariozzo.
“Ma tu chi sei?” domanda con un tremolio nella voce.
“Un fantasma, naturalmente. Sono uno dei tanti morti di morte violenta in questo castello e come tale devo rimanere legato al luogo dove sono deceduto e allora vago e faccio cagare addosso i visitatori che entrano a pagamento. Ho un contratto con gli attuali proprietari, ma con questa storia del reality show mi hanno chiesto di andare in vacanza per un po’. Tzé, in vacanza, come se potessi, chessò, andarmene al mare o in settimana bianca. Solo legato a queste pietre umide del cazzo e non posso muovermi da qui.”
Cabrini si guarda attorno disorientato, la stanza è veramente colma di roba inutile, ma lo spirito, muovendosi, ci passa attraverso. Vicino ai suoi piedi nota un antico astrolabio.
“Non se ne può andare da qui?”
“Dammi pure del tu, il mio nome è Astolfo Mestolino, ero un cavaliere errante e ho avuto la malaugurata idea di innamorarmi della figlia del padrone del castello, stiamo parlando del 1129. Solo che lei era già promessa sposa ad un vecchio bacucco del luogo. Comunque io non mi sono perso d’animo, ho cercato di scavalcare il muro di cinta, ce l’avevo quasi fatta, ho raggiunto il torrione, ma poi sono inciampato e sono caduto dalla parte sbagliata, cioè dalla parte del castello. Cadendo però non sono morto, mi sono spaccato tutte le ossa, le guardie del castello mi hanno raggiunto e ucciso come una scatoletta di manzo in scatola. Da quel giorno sono condannato a starmene in questo ciocco di pietra come spirito vagante. Dimmi te un po’ che sfiga.”
Cabrini non sa che dire, non ha mai parlato con uno spettro e, in fin della fiera, non ha mai parlato molto nemmeno con i vivi.
Dice la prima cosa che gli viene in mente: “Non hai possibilità di andartene in nessun modo?”
Astolfo Mestolino sbiadisce un attimo, come se pensare ne consumasse l’essenza.
“Un modo ci sarebbe, ma non credo ti piacerà.”
A Cabrini tutta quella situazione non piace, anche se è incuriosito da questa nuova sfera dell’esistenza. Il fantasma sembra sparire ancora di più, poi si fa più vivido, al punto che Mariozzo riesce persino a contargli i peli del naso.
“Per sciogliere un vincolo contrattuale creatosi con la violenza esistono due modi: un atto d’amore o una nuova violenza, questo però nel punto esatto dove sono spirato. Nel senso, o uccidi gli attuali proprietari del castello in quel punto versando il loro sangue, oppure richiami dall’oltretomba Giardina Vaccamelata, la mia amata, e le fai piangere lacrime d’amore sulla mia tomba.”
Astolfo attraversa un globo argenteo da discoteca e si avvicina a Mariozzo.
“Allora, cosa scegli?”
Causa fidanzamento, vendo pecora... di Strumm
Non capita spesso di divertirsi, riflettere, rabbrividire e stupirsi della bravura dell'autore in uno stesso romanzo. Eccolo qui. Questo è quel libro.
Strumm, come ha già ribadito Daniele Bonfanti, è geniale. E non lo dico perché è un amico, ma perché è pura verità. Strumm è un giocoliere della parola, un alchimista della sintassi, che sa trasportare il lettore in quella dimensione libresca che sta oltre la sottile barriera che divide la realtà dalla fantasia. E Strumm di fantasia ne ha da vendere.
Nella pecora si possono trovare delle piccole perle di bravura e lunghi racconti che coinvolgono e che forse sarebbero potuti diventare veri e propri romanzi. Ogni piccolo particolare di questa raccolta è stato curato nei minimi dettagli, a partire dalla copertina fino all'ultima pagina. Si nota l'impegno profuso dall'autore e quanto abbia amato ogni suo racconto.
Un volta finito si vorrebbe continuare, leggere qualcosa d'altro e allora ci si tuffa sul blog a cercare nuove perle.
Attendo con trepidazione altri lavori del collega Strumm.
Bravo!
Strumm, come ha già ribadito Daniele Bonfanti, è geniale. E non lo dico perché è un amico, ma perché è pura verità. Strumm è un giocoliere della parola, un alchimista della sintassi, che sa trasportare il lettore in quella dimensione libresca che sta oltre la sottile barriera che divide la realtà dalla fantasia. E Strumm di fantasia ne ha da vendere.
Nella pecora si possono trovare delle piccole perle di bravura e lunghi racconti che coinvolgono e che forse sarebbero potuti diventare veri e propri romanzi. Ogni piccolo particolare di questa raccolta è stato curato nei minimi dettagli, a partire dalla copertina fino all'ultima pagina. Si nota l'impegno profuso dall'autore e quanto abbia amato ogni suo racconto.
Un volta finito si vorrebbe continuare, leggere qualcosa d'altro e allora ci si tuffa sul blog a cercare nuove perle.
Attendo con trepidazione altri lavori del collega Strumm.
Bravo!
Niente
Su scala galattica non sono niente
Io per la formica non sono niente
Ma perlomeno sono presente
La galassia però non sente
Non sono un deficiente
E' solo la mia mente
Che non mi consente
Di dire niente
Non si pente
Si sente
Niente
Te?
.
Io per la formica non sono niente
Ma perlomeno sono presente
La galassia però non sente
Non sono un deficiente
E' solo la mia mente
Che non mi consente
Di dire niente
Non si pente
Si sente
Niente
Te?
.
Versi Sciolti
Versi Sciolti
Ritorniamo a scrivere in metrica
I versi sciolti c'han rotto le palle
I bovini rientrino nelle stalle
Gli Americani tornino in America
Non si rinunci a raggiunger le stelle
Ma ben si comprenda il senso poetico
Di coinvolgere nel metro il lessico
Le giuste parole e non caramelle
Non ho velleità da poeta antico
Io non ho sapienza in rima esatta
Quindi posso solo aprire la patta
E pisciare copioso contro un fico
Ritorniamo a scrivere in metrica
I versi sciolti c'han rotto le palle
I bovini rientrino nelle stalle
Gli Americani tornino in America
Non si rinunci a raggiunger le stelle
Ma ben si comprenda il senso poetico
Di coinvolgere nel metro il lessico
Le giuste parole e non caramelle
Non ho velleità da poeta antico
Io non ho sapienza in rima esatta
Quindi posso solo aprire la patta
E pisciare copioso contro un fico
Costinata XII
Grande Costinata a casa di Daniele Bonfanti, anche se la giornata era così così siamo riusciti a grigliare migliaia di costine, salamelle e capezzoli al miele.
Il sottoscritto si è sbafato la bellezza di 8 costine, 2 salamelle imperiali e una salama minore. In più circa un 1/4 di una crostata enorme di circa 1 metro quadrato.
Nella foto il goliardico gruppo di appartenenti al circolo letterario XII. Da sx verso dx: Hyram, Emiurgo, Sarrus, Cadoglio, Dadax e Tartini.
Io sono il più bello, il più simpatico, il più cinghiale.
Il sottoscritto si è sbafato la bellezza di 8 costine, 2 salamelle imperiali e una salama minore. In più circa un 1/4 di una crostata enorme di circa 1 metro quadrato.
Nella foto il goliardico gruppo di appartenenti al circolo letterario XII. Da sx verso dx: Hyram, Emiurgo, Sarrus, Cadoglio, Dadax e Tartini.
Io sono il più bello, il più simpatico, il più cinghiale.
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