I primi tempi in cui guidavo avevo il terrore dell'autostrada e dei lunghi viaggi.
In realtà ancora adesso permane in minima parte, ma si è attenuata con il tempo e con il fatto che ogni giorno per andare a lavorare devo fare quasi trenta chilometri autostrada, sessanta se contiamo anche il ritorno. Viaggiare in aereo poi non ne parliamo.
La fobia era alimentata dai granelli di vetro dei parabrezza ai bordi delle strade, dalle lapidi nelle statali e nelle provinciali, dalle tracce di pneumatici, dai rimasugli degli stessi, dai frammenti di plastica dei parafango.
Immaginavo nella mia testa malata di vedere tutte le vittime degli incidenti passarmi davanti, come in una terribile processione, o di vederli là dove hanno perso la vita, spappolati, o bruciati vivi. Pensa un po' che allegria.
Tutto questo per spiegare che ogni tanto i libri vengono generati anche dalla paure più profonde. Riversate su carta forse vengo esorcizzare e forse no.
Di certo a me è servito affrontare di petto ogni giorno il viaggio verso il lavoro.
Questa fobia ha dato vita la romanzo Tombe d'Acciaio.