Notte buia, niente stelle - Stephen King

Anno 2010
pagg 418
Sperling & Kupfer

Quando esce un nuovo King la tendenza è ormai quello di criticarlo per partito preso. È una mia impressione, ma mi pare che al vecchio Stevie non venga perdonato niente, soprattutto per certe cadute di stile del passato e per romanzi così così, come ad esempio, The Dome. Spesso si dice di lui che se anche scrivesse la lista della spesa venderebbe comunque, e forse è vero, visto come si muove il mercato quando vengono pubblicati i grandi nomi.
Invece questa ennesima raccolta di racconti (lunghi) è, a parer mio, di pregievole fattura.
Lo ammetto, io sono un po' di parte, il Re è e sarà sempre il mio autore di riferimento, lo scrittore con cui sono cresciuto, di cui ho letto quasi tutto, uno dei motivi per cui ho iniziato a scrivere.
Questa nuova raccolta ha due ottimi racconti, uno buono e uno così così, ma comunque affascinante. È vero, il King è quello di mestiere, quello mosso da un bisogno compulsivo di espellere parole e creare mondi, ma il suo stile è inconfondibile, e porta il lettore dove vuole, ammaliandolo sempre con la sagacia delle caratterizzazioni dei personaggi.
Il primo racconto, 1922, è un buon pezzo, che parte un po' in sordina per poi aumentare con un climax adeguato e sorpendere in modo discreto nel finale. Ottima l'ambientazione, di una tristezza voluta, dipinto di grigio, lo spaccato di vita di uno stato americano lontano dagli sfarzi delle grandi città, di esistenze legate alla terra.
Poi l'ottimo Maxicamionista, soprattutto la caratterizzazione della protagonista, il suo disagio interiore, la disperazione e la svolta, la forza di volontà e la determinazione generata dalla rabbia e dalla brama di vendetta. Sprazzi di follia, sdoppiamenti di personalità divertenti e introspettivi condiscono piacevolmente il tutto.
Il terzo racconto, La giusta estensione, è quello così così, il più breve rispetto agli altri tre. Nonostante sia intrigante, è sviluppato in modo frettoloso, i personaggi, anche se credibili, sono solo abbozzati, il racconto scorre via troppo veloce e finisce subito. Il finale non c'è. Nel senso, che probabilmente è quello meno prevedibile, è un non-finale, il lettore si aspetta tutt'altro epilogo e invece si rimane un po' a bocca asciutta. Forse nella mente del Re era l'unico finale possibile, o forse non sapeva proprio come finirlo e l'ha lasciato così.
Il quarto racconto è molto bello, qualche punto in meno rispetto a Maxicamionista, ma Un bel matrimonio mi ha soddisfatto, ha appagato la mia sete di storia ben costruita, di personaggi kinghiani, di pathos, incertezze, spaccati di vita ordinaria che si trasformano in puro orrore, quello più sottile, quello psicologico, quello che coinvolge gli affetti più cari, quello che fa riflettere sulle maschere che portiamo ogni giorno, tutta la vita, e quello che si cela dietro il perbenismo della maggior parte della gente.
Insomma, questo romanzo mi ha soddisfatto, l'ho divorato in pochi giorni, mi ha immerso in quei mondi che ho sempre cercato e trovato in King. Io lo consiglio ai fan del Re e mi prendo anche la responsabilità di consigliarlo a chi lo legge per la prima volta o è scettico verso questo nuova sfornata di uno degli scrittori più prolifici del secolo scorso. Poi, al limite mi picchierete, ma badate che sono grosso e cattivo.
GIUDIZIO: 3,5 su 5

3 commenti:

  1. Ma no, tu non puoi essere cattivo! :)

    A me non è piaciuto moltissimo, l'ho trovato un libro facilone, quattro storie che King ha probabilmente scritto in 4 giorni, robetta, insomma, da lui già scritta mille altre volte.

    Certo, si legge volentieri, è sempre scorrevole e piacevolissimo, però, sotto sotto, ho trovato solo il vuoto. :)

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  2. mah... non sarà certo il mio prossimo king
    visto che preferisco colmare i vuoti
    nel caso
    ma ti critico su una cosa
    non sei grosso
    e non sei cattivo
    :)

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  3. e va bene, ho un debole per il Re. Se lo incontrassi, me lo limonerei.

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