The Dome di Stephen King

Quando esce un nuovo romanzo del Re, per me è sempre una festa.
The Dome, titolo originale Under the dome (non capisco perché nel passaggio si sia persa la prima parola) è una malloppone dei suoi, alla It o L'Ombra dello Scorpione, per intenderci. Ben 1036 pagine.
Stevie ha la tendenza a scriversi addosso, di un prolisso a volte irritante, ma che ha anche il suo bello. Come al solito il suo punto forte sono le caratterizzazioni dei personaggi, non tanto la storia, anche se non è malaccio, via.
A dirla tutta forse sono un po' troppi, alcuni sopra le righe.
La trama è semplice: un cupola che taglia fuori un intera cittadina del Maine (e dove sennò?) con tutto ciò che ne consegue.
King va a nozze in questo tipo di situazioni, ci sguazza come un pesce baleno e le situazioni che descrive sono quasi sempre all'altezza. Dico quasi perché a volte si fa fatica a continuare, si arranca in alcuni punti: è la sua voglia maniacale di raccontare, descrivere, a volte in modo pignolo e pedante alcuni passaggi.
In altri però ci si commuove, si ride e, personalmente, si ammira la capacità di giostrare le parole e la narrazione, che, a tratti è geniale, e di esempio per tutti (lo è, almeno per me).
Ne scappa fuori un altro romanzo godibile nella lunga lista di quelli che ha sfornato. Non un capolavoro, non a livello di altri che stanno in cima alla mia classifica personale, ma molto meglio di altri, tipo The Cell o Buick 8.
Chi è affezionato lettore non può lasciarselo sfuggire, ma anche chi si accosta per la prima volta al Re non può restare che affascinato dalla sua prosa.
Aveva dichiarato che dopo l'incidente avrebbe scritto di meno o smesso del tutto. Io spero che non lo faccia e che continui a tirar fuori dal suo cilindro altri mirabili romanzi, giusto per far godere i suoi milioni di fan.

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