Matthew Pearl cerca sempre di essere originale e stiloso, ma a volte diventa troppo verboso. L'idea è intrigante: indagare sulla morte di Edgar Allan Poe, deceduto a Baltimora in circostanze misteriose, e sepolto in modo sbrigativo. L'atmosfera degli Stati Uniti colonici della east coast di metà ottocento è ben strutturata e ti immerge nella nebbia di Baltimora fin sopra i capelli, così da respirarne i fumi e gli effluvi dell'epoca.
Pearl è maestro in questo, anche nel ricercare parole raffinate, che in questa storia alla lunga stufano, e si arriva alla noia. La storia in molti punta arranca, soffre di periodi troppo lunghi, di infinite descrizioni e vaneggiamenti del protagonista che inducono il lettore allo sbadiglio.
Peccato perché le premesse per un ottimo romanzo ci sono tutte, alcuni personaggi sono carismatici, e molto dialoghi tra il protagonista e Dupin sono veramente stimolanti e, a volte, divertenti.
Si potrebbe definire questo libro appartenente a un'altra epoca, forse era proprio questo l'intento dell'autore, ma qui, nel 2013, non funziona, o perlomeno non funziona nel mio cervello.
Di gran lunga il peggiore tra quelli letti di Pearl.
Leggetelo solo se siete fan dell'autore, siete fan di Poe e avete una sana dose di pazienza. A mio parere anche il buon Edgar dopo un po' si annoierebbe a leggerlo.
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