Dexter
Ho incominciato a guardarlo su consiglio del fratellone e mi ha preso decisamente. Per chi non conoscesse la serie, Dexter è un serial killer giustiziere che lavora nella omicidi di Miami. Le sue vittime sono criminali che meritano, secondo la sua personale visione del mondo, di essere eliminati.
Dexter è un involucro senza emozioni che finge una vita normale indossando la maschera della quotidianità sulla sua vera essenza di mostro. Un mostro con regole ben precise, inculcategli dal padre adottivo, anche egli agente della omicidi.
Come diverse serie che giungono da oltreoceano è veramente ben curata e coinvolgente. Nella prima serie di 12 puntate la narrazione si sviluppa delineando molto bene la vita e il passato del protagonista, gravitando anche intorno ai colleghi della Omicidi, e alla sua seconda vita di assassino. 12 puntate dense di pathos, azione e colpi di scena, con un prepotente filo conduttore che porta al finale shockante.
Ci lascia trascinare nella storia, si viene coinvolti proprio a livello emotivo, il protagonista è credibile, anche se a volte irritante in alcuni atteggiamenti troppo al limite. Alcune piccole sbavature in qualche puntata, con delle forzature nella sceneggiatura, qualche espediente narrativo di troppo, ma nel contesto generale quasi insignificante.
Insomma, ormai questo genere sta riempiendo i palinsesti quasi alla nausea, ma Dexter vale la pena di essere visto, anche per il punto di vista del tutto personale del protagonista. Non è la solita serie di investigazione e Scientifica; certo, c'è anche quello, ma ci sono anche le storie degli altri, la loro vita, e c'è anche il sangue, la violenza, il mistero.
Tutti ingredienti che fanno di questa serie una delle migliori che io abbia mai visto.
Dexter è un involucro senza emozioni che finge una vita normale indossando la maschera della quotidianità sulla sua vera essenza di mostro. Un mostro con regole ben precise, inculcategli dal padre adottivo, anche egli agente della omicidi.
Come diverse serie che giungono da oltreoceano è veramente ben curata e coinvolgente. Nella prima serie di 12 puntate la narrazione si sviluppa delineando molto bene la vita e il passato del protagonista, gravitando anche intorno ai colleghi della Omicidi, e alla sua seconda vita di assassino. 12 puntate dense di pathos, azione e colpi di scena, con un prepotente filo conduttore che porta al finale shockante.
Ci lascia trascinare nella storia, si viene coinvolti proprio a livello emotivo, il protagonista è credibile, anche se a volte irritante in alcuni atteggiamenti troppo al limite. Alcune piccole sbavature in qualche puntata, con delle forzature nella sceneggiatura, qualche espediente narrativo di troppo, ma nel contesto generale quasi insignificante.
Insomma, ormai questo genere sta riempiendo i palinsesti quasi alla nausea, ma Dexter vale la pena di essere visto, anche per il punto di vista del tutto personale del protagonista. Non è la solita serie di investigazione e Scientifica; certo, c'è anche quello, ma ci sono anche le storie degli altri, la loro vita, e c'è anche il sangue, la violenza, il mistero.
Tutti ingredienti che fanno di questa serie una delle migliori che io abbia mai visto.
Io sono Leggenda
Sono entrato al cinema con curiosità e aspettandomi qualcosa di completamente diverso rispetto al libro di Richard Matheson.
Così è, nel senso che dal libro è stata estrapolata l'idea legata al virus, ma non la storia. La trama del romanzo è molto diversa e per alcuni aspetti meno spettacolare.
Logico attendersi da Hollywood una spettacolarizzazione di un argomento che offre parecchi spunti. In effetti il film piace perché tocca quella morbosa curiosità di ogni uomo riguardo all'estinzione di massa e alla solitudine derivante da essa.
Vedere Will Smith aggirarsi in una New York deserta dove la natura sta rimpossessandosi di ciò che le era stato sottratto è veramente suggestivo.
Il tessuto narrativo è ben costruito, l'azione adrenalinica, e il protagonista credibile.
Sapientemente illustrata la vita prima e dopo l'epidemia, molto ben strutturata la computer grafica, anche se in alcuni passaggi si notava la differenza dal reale, soprattutto con la fauna che popolava le strade. Un film che amalgama sapientemente diverse emozioni, dal pathos alla suspense fino alla compassione e un poco di tristezza.
Allora quali sono gli aspetti negativi? Nessuno, se non forse proprio per via dell'interpretazione che è stata fatta dell'ottimo romanzo di Matheson. Il significato intrinseco del libro era ben altro, lo si notava soprattutto nel finale. Era qualcosa di completamente diverso, ben lontano dal messaggio che si è voluto dare con il finale di questo film.
I puristi del genere storceranno sicuramente il naso. Forse non era il caso di dare lo stesso titolo del libro, forse sarebbe stato più appropriato non calcare troppo la mano su quel Io sono Leggenda.
Al fine però rimane comunque un film gradevole, spettacolare, da vedere. A me è piaciuto, perché, al di là delle critiche che si possono muovere all'interpretazione del romanzo, è una pellicola che fa il suo dovere, cioè divertire, emozionare, tenere incollato alla sedia lo spettatore e raccontare una storia piacevole.
Secondo me, vale il prezzo del biglietto.
Così è, nel senso che dal libro è stata estrapolata l'idea legata al virus, ma non la storia. La trama del romanzo è molto diversa e per alcuni aspetti meno spettacolare.
Logico attendersi da Hollywood una spettacolarizzazione di un argomento che offre parecchi spunti. In effetti il film piace perché tocca quella morbosa curiosità di ogni uomo riguardo all'estinzione di massa e alla solitudine derivante da essa.
Vedere Will Smith aggirarsi in una New York deserta dove la natura sta rimpossessandosi di ciò che le era stato sottratto è veramente suggestivo.
Il tessuto narrativo è ben costruito, l'azione adrenalinica, e il protagonista credibile.
Sapientemente illustrata la vita prima e dopo l'epidemia, molto ben strutturata la computer grafica, anche se in alcuni passaggi si notava la differenza dal reale, soprattutto con la fauna che popolava le strade. Un film che amalgama sapientemente diverse emozioni, dal pathos alla suspense fino alla compassione e un poco di tristezza.
Allora quali sono gli aspetti negativi? Nessuno, se non forse proprio per via dell'interpretazione che è stata fatta dell'ottimo romanzo di Matheson. Il significato intrinseco del libro era ben altro, lo si notava soprattutto nel finale. Era qualcosa di completamente diverso, ben lontano dal messaggio che si è voluto dare con il finale di questo film.
I puristi del genere storceranno sicuramente il naso. Forse non era il caso di dare lo stesso titolo del libro, forse sarebbe stato più appropriato non calcare troppo la mano su quel Io sono Leggenda.
Al fine però rimane comunque un film gradevole, spettacolare, da vedere. A me è piaciuto, perché, al di là delle critiche che si possono muovere all'interpretazione del romanzo, è una pellicola che fa il suo dovere, cioè divertire, emozionare, tenere incollato alla sedia lo spettatore e raccontare una storia piacevole.
Secondo me, vale il prezzo del biglietto.
Articolo sulla presentazione di 2027 - L'Anno della Talpa su La Provincia di Lecco
Sul quotidiano La Provincia di Lecco di sabato 26 gennaio 2008 è stato pubblicato un articolo che parla ampiamente della serata 2027 - L'Anno della Talpa, libro nato dal corso di XII di scrittura creativa per ragazzi "Scriviamo una Storia?", e che è stato presentato sabato 26 gennaio a Galbiate (LC) presso l'Auditorium Cesare Golfari.
Il titolo dell'articolo è "Con "2027 - L'Anno della Talpa" piccoli scrittori fantasticano e crescono".
Leggi l'articolo a questo link.
Il titolo dell'articolo è "Con "2027 - L'Anno della Talpa" piccoli scrittori fantasticano e crescono".
Leggi l'articolo a questo link.
Nokoss recensisce l'antologia "Corti"
Il portale Nokoss dedica una corposa e - lasciatemelo dire - assai appagante recensione di "Corti", l'antologia di racconti curata dal funambolico Francesco Lanza e a cui ha partecipato anche il Vostro umile narratore.
Menzione speciale per un certo Daniele Bonfanti e tale Massimo Vassallo.
Leggetela a questo indirizzo.
Menzione speciale per un certo Daniele Bonfanti e tale Massimo Vassallo.
Leggetela a questo indirizzo.
2027 - L'Anno della Talpa
Il 26 Gennaio alle 20.30 XII, nella persona di Daniele Bonfanti, sarà a Galbiate (LC), presso l'Auditorium Cesare Golfari, per la presentazione di 2027 - L'Anno della Talpa, il libro nato dal corso di XII di scrittura creativa per ragazzi "Scriviamo una Storia?", che Daniele ha tenuto recentemente ai ragazzi delle scuole medie di Galbiate (appunto). Vi aspetta la lettura scenica del racconto - voci di Luigi Acerbi e di Daniele - e ci saranno altri ospiti dodicini.
Vi aspettiamo.
Vi aspettiamo.
p.s.: io non so ancora se ci sarò.
Thriller Café intervista Davide Cassia
A quanto pare sto diventando un VIP, perché anche Thriller Café, fantastico blog letterario di Giuseppe Pastore, mi ha intervistato. Va da se che alcune domande e risposte siano simili all'intervista precedente, ma anche questa mi par venuta bene.
Leggete e stupite, subcreature.
Leggete e stupite, subcreature.
La Tela Nera intervista Davide Cassia
La Tela Nera ha avuto l'ardire di intervistare il sottoscritto ponendogli delle domande scabrose e impertinenti sulla sua vita (abbondante) di scrittore.
Leggetela! Ne rimarete stupiti e vagamente nauseati.
Leggetela! Ne rimarete stupiti e vagamente nauseati.
Harry Potter e i Doni della Morte
Attendevo con trepidazione e curiosità quest'ultimo capitolo della saga del maghetto. Come ho già ribadito forse in qualche altro intervento, io mi sono accostato al fenomeno con sospetto e scetticismo, come spesso mi capita con successi commerciali planetari. Mia madre, molti amici, mio fratello mi hanno convinto a leggere il primo, e ho letto i primi quattro in meno di due mesi.
Ci sono espedienti narrativi della Rowling che non mi piacciono, troppo facile appellarsi sempre alla magia, soprattutto con soluzioni finali troppo forzate, come nel prigioniero di Azkaban con il temposcopio (mi pare si chiamasse così) di Hermione.
Anche nei Doni della Morte a volte ci sono passaggi che non mi convincono, più che di espedienti, di tessuto narrativo, soprattutto nella parte centrale, con i tre moschettieri alla ricerca degli Horcrux. Ma di più non posso dire per non rovinare la lettura a chi ancora non l'ha fatto.
A volte HP è irritante e ancor di più Hermione, Ron rimane un mito con le sue battute divertenti, ma il mio preferito rimane Severus Piton. Anche qui non posso dire di più. Dico solo che avevo intuito molte cose che poi si sono rivelate fondate, ma questo forse è dovuto al mio mestiere di narratore.
A parte l'impazienza provata in alcuni capitoli, il resto è coinvolgente, divertente, a tratti sorprendente. È sempre stata una lettura piacevole e i libri del maghetto sono quelli che ho divorato sempre in pochi giorni, quest'ultimo credo in poco più di una settimana, e questo la dice lunga sul coinvolgimento e la passione.
J.K. ha saputo disegnare un universo di certo non originale, ma interessante, divertente, appassionante. Ha creato un fenomeno che credo non si spegnerà tanto presto. In quest'ultimo viene rivelato tutto, ma proprio tutto, e la maggior parte dei fili si riannodano e i nodi vengono al pettine. Il suo punto forte sono i personaggi, caratterizzati molto bene, a volte anche troppo, perché, come già detto, alcuni tratti dei protagonisti a volte risultano irritanti.
Mi sono emozionato, e, non mi vergogno a dirlo, alla fine ho quasi pianto. E tutto passa in secondo piano, sia la narrazione a volte troppo semplificata dall'uso della magia, i capitoli noiosi e le caratterizzazioni troppo spinte.
Perché finalmente tutto viene svelato.
Harry Potter si deve amare, altrimenti è inutile leggerlo, ma per chi come me, fin da quando ha preso in mano il primo libro, ama immergersi nelle storie e diventarne parte, questa saga può dare molto. Ovviamente dovete trastullare il fanciullino che è dentro di voi, che in me non si è mai addormentato.
Insomma, avrete capito, al di là dei piccoli difetti della narrazione, che mi è piaciuto. Molto.
Ci sono espedienti narrativi della Rowling che non mi piacciono, troppo facile appellarsi sempre alla magia, soprattutto con soluzioni finali troppo forzate, come nel prigioniero di Azkaban con il temposcopio (mi pare si chiamasse così) di Hermione.
Anche nei Doni della Morte a volte ci sono passaggi che non mi convincono, più che di espedienti, di tessuto narrativo, soprattutto nella parte centrale, con i tre moschettieri alla ricerca degli Horcrux. Ma di più non posso dire per non rovinare la lettura a chi ancora non l'ha fatto.
A volte HP è irritante e ancor di più Hermione, Ron rimane un mito con le sue battute divertenti, ma il mio preferito rimane Severus Piton. Anche qui non posso dire di più. Dico solo che avevo intuito molte cose che poi si sono rivelate fondate, ma questo forse è dovuto al mio mestiere di narratore.
A parte l'impazienza provata in alcuni capitoli, il resto è coinvolgente, divertente, a tratti sorprendente. È sempre stata una lettura piacevole e i libri del maghetto sono quelli che ho divorato sempre in pochi giorni, quest'ultimo credo in poco più di una settimana, e questo la dice lunga sul coinvolgimento e la passione.
J.K. ha saputo disegnare un universo di certo non originale, ma interessante, divertente, appassionante. Ha creato un fenomeno che credo non si spegnerà tanto presto. In quest'ultimo viene rivelato tutto, ma proprio tutto, e la maggior parte dei fili si riannodano e i nodi vengono al pettine. Il suo punto forte sono i personaggi, caratterizzati molto bene, a volte anche troppo, perché, come già detto, alcuni tratti dei protagonisti a volte risultano irritanti.
Mi sono emozionato, e, non mi vergogno a dirlo, alla fine ho quasi pianto. E tutto passa in secondo piano, sia la narrazione a volte troppo semplificata dall'uso della magia, i capitoli noiosi e le caratterizzazioni troppo spinte.
Perché finalmente tutto viene svelato.
Harry Potter si deve amare, altrimenti è inutile leggerlo, ma per chi come me, fin da quando ha preso in mano il primo libro, ama immergersi nelle storie e diventarne parte, questa saga può dare molto. Ovviamente dovete trastullare il fanciullino che è dentro di voi, che in me non si è mai addormentato.
Insomma, avrete capito, al di là dei piccoli difetti della narrazione, che mi è piaciuto. Molto.
La Corporazione dei Maghi - Trudi Canavan
Il fenomeno fantasy in Italia è sempre stato visto con un certo distacco, bollato spesso erroneamente come genere per ragazzi, o poco serio perché non propriamente di denuncia sociale.
Nel nostro bel paese, purtroppo, siamo ancora ancorati al retaggio di una letteratura scolastica, di autori dei primi del '900, soprattutto del verismo e del realismo, e, spesso, tutto quello che evade da questa visione viene declassato a genere di serie B.
È ora di scrollarsi di dosso questi cliché, ma il problema è sempre lo stesso. In Italia, più che in altri paesi, forse perché paese della Moda con la M maiuscola, siamo schiavi delle mode. C'è stato il periodo dei Templari dopo Il Codice da Vinci, moda che non si è ancora esaurita, ma che, grazie a dio, si è attenuata, e poi, dopo Il Signore degli Anelli al cinema, la moda del fantasy.
Da questa tendenza è arrivata dalla Australia anche questa trilogia di Trudi Canavan - il primo libro si intitola La Corporazione dei Maghi.
È un romanzo senza infamia nè gloria, un prodotto che probabilmente non sarebbe mai giunto a noi se non ci fosse stato Tolkien al cinema o Harry Potter.
Cito HP perché di magia si parla in questo libro, cercando di dargli un tono più serioso, meno vago rispetto ai libri della Rowling, dove pare che sia possibile usarla all'infinito senza stancarsi mai. Qui la disciplina è più netta, delineata e i maghi sono potenti signori, tutti sotto la stessa Corporazione.
La storia narra di Sonea, ragazza povera dei bassifondi che scopre di avere il dono della magia. Lo scopre in modo tragico, durante una sommossa e ferisce un mago. La Corporazione la cercherà praticamente per metà libro e dove lei verrà aiutata dai suoi amici e dai Ladri, altra corporazione segreta dei bassifondi, a sfuggire dai maghi. In effetti questa è la parte più noiosa della trama, dove Sonea cerca di controllare goffamente i suoi poteri senza riuscirci e dove i maghi vengono ostacolati nella ricerca dai Ladri e dagli amici della ragazza.
Nella seconda parte la lettura diventa più piacevole, più scorrevole, con alcuni colpi di scena abbastanza scontati ma comunque avvincente. La narrazione si arricchisce è sembra quasi un altro libro. Non posso rivelarvi di più per non diventare spoilerante.
Un libro di 400 pagine che poteva essere condensato forse in 200. Questa è un'altra moda irritante che è sbarcata dagli USA, dove non viene considerato un romanzo che non superi le 300 pagine. È ora di finirla di annacquare e badare al sodo.
In fin della fiera, un romanzo gradevole, a tratti piacevole, ma che di certo farà storcere il naso agli appassionati del genere.
Nel nostro bel paese, purtroppo, siamo ancora ancorati al retaggio di una letteratura scolastica, di autori dei primi del '900, soprattutto del verismo e del realismo, e, spesso, tutto quello che evade da questa visione viene declassato a genere di serie B.
È ora di scrollarsi di dosso questi cliché, ma il problema è sempre lo stesso. In Italia, più che in altri paesi, forse perché paese della Moda con la M maiuscola, siamo schiavi delle mode. C'è stato il periodo dei Templari dopo Il Codice da Vinci, moda che non si è ancora esaurita, ma che, grazie a dio, si è attenuata, e poi, dopo Il Signore degli Anelli al cinema, la moda del fantasy.
Da questa tendenza è arrivata dalla Australia anche questa trilogia di Trudi Canavan - il primo libro si intitola La Corporazione dei Maghi.
È un romanzo senza infamia nè gloria, un prodotto che probabilmente non sarebbe mai giunto a noi se non ci fosse stato Tolkien al cinema o Harry Potter.
Cito HP perché di magia si parla in questo libro, cercando di dargli un tono più serioso, meno vago rispetto ai libri della Rowling, dove pare che sia possibile usarla all'infinito senza stancarsi mai. Qui la disciplina è più netta, delineata e i maghi sono potenti signori, tutti sotto la stessa Corporazione.
La storia narra di Sonea, ragazza povera dei bassifondi che scopre di avere il dono della magia. Lo scopre in modo tragico, durante una sommossa e ferisce un mago. La Corporazione la cercherà praticamente per metà libro e dove lei verrà aiutata dai suoi amici e dai Ladri, altra corporazione segreta dei bassifondi, a sfuggire dai maghi. In effetti questa è la parte più noiosa della trama, dove Sonea cerca di controllare goffamente i suoi poteri senza riuscirci e dove i maghi vengono ostacolati nella ricerca dai Ladri e dagli amici della ragazza.
Nella seconda parte la lettura diventa più piacevole, più scorrevole, con alcuni colpi di scena abbastanza scontati ma comunque avvincente. La narrazione si arricchisce è sembra quasi un altro libro. Non posso rivelarvi di più per non diventare spoilerante.
Un libro di 400 pagine che poteva essere condensato forse in 200. Questa è un'altra moda irritante che è sbarcata dagli USA, dove non viene considerato un romanzo che non superi le 300 pagine. È ora di finirla di annacquare e badare al sodo.
In fin della fiera, un romanzo gradevole, a tratti piacevole, ma che di certo farà storcere il naso agli appassionati del genere.
Bee Movie
Bee Movie è divertente, si passano delle ore gradevoli, e, tutto sommato, vale il prezzo del biglietto. Però in effetti sa di già visto. Realizzato benissimo, ormai la computer grafica fa miracoli, il personaggio Ape Barry è simpatico, brillante, a volte anche troppo.
A partire da Toy Story (mitico) siamo stati - via via che passavano gli anni - letteralmente invasi da centinaia di film di animazione con andamenti di successo altalenanti. Ormai abbiamo visto qualsiasi cosa e ora pare che la vena di originalità si stia un po' esaurendo.
Sì, perché al di là della perfetta risoluzione grafica dietro ci deve stare anche una trama. Non dico che in Bee Movie non ci sia, anzi, ha qualche tocco di genialità, però, ribadisco, il filone insetti è già stato sfruttato alla grande. Inoltre a tratti la struttura narrativa sembra tirata per i capelli, alcune battute troppo scontate e l'esasperante simpatia dell'ape Barry lo rendono un pelo stucchevole e a volte noioso.
Mi aspettavo di più, lo ammetto. Non un film solo per bambini, mentre in realtà credo sia più adatto a quella fascia di età. Ho sempre questa sensazione che i ragazzi della Dreamworks ne devono mangiare ancora di patate prima di raggiungere i livelli della Pixar, ma questa, ovviamente, è una mia opinione.
Se avete dei bambini e non avete niente di meglio da fare, questo è un film piacevole, ma non chiedetegli di più.
A partire da Toy Story (mitico) siamo stati - via via che passavano gli anni - letteralmente invasi da centinaia di film di animazione con andamenti di successo altalenanti. Ormai abbiamo visto qualsiasi cosa e ora pare che la vena di originalità si stia un po' esaurendo.
Sì, perché al di là della perfetta risoluzione grafica dietro ci deve stare anche una trama. Non dico che in Bee Movie non ci sia, anzi, ha qualche tocco di genialità, però, ribadisco, il filone insetti è già stato sfruttato alla grande. Inoltre a tratti la struttura narrativa sembra tirata per i capelli, alcune battute troppo scontate e l'esasperante simpatia dell'ape Barry lo rendono un pelo stucchevole e a volte noioso.
Mi aspettavo di più, lo ammetto. Non un film solo per bambini, mentre in realtà credo sia più adatto a quella fascia di età. Ho sempre questa sensazione che i ragazzi della Dreamworks ne devono mangiare ancora di patate prima di raggiungere i livelli della Pixar, ma questa, ovviamente, è una mia opinione.
Se avete dei bambini e non avete niente di meglio da fare, questo è un film piacevole, ma non chiedetegli di più.
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