Anno: 2001
Pag: 222
Editore: Meridiano Zero
Tokio, 2076. Anche se sei un pilota di robot di fama internazionale, la routine lavorativa alla lunga pesa. E Actarus, dopo anni che deve battersi contro i mostri di Vega anche tre quattro volte a settimana, di certe cose comincia un po’ a stufarsi. In Istituto, i colleghi ormai passano più tempo in chat che a preoccuparsi della guerra intergalattica. Il Dottore non perde occasione per sparargli le sue interminabili tirate sul futuro della razza umana, con la sua costante espressione di grande dignità. E sempre con quella noiosa sigla in sottofondo[...]
La prima volta che vidi Goldrake (Atlas Ufo Robot) era il 1980 e io e mio fratello eravamo esaltatissimi. Ho seguito tutta la saga dalla prima all'ultima puntata e, con l'ingenuità della fanciullezza, ai tempi l'avevo trovata fantastica e avvincente.
Pag: 222
Editore: Meridiano Zero
Tokio, 2076. Anche se sei un pilota di robot di fama internazionale, la routine lavorativa alla lunga pesa. E Actarus, dopo anni che deve battersi contro i mostri di Vega anche tre quattro volte a settimana, di certe cose comincia un po’ a stufarsi. In Istituto, i colleghi ormai passano più tempo in chat che a preoccuparsi della guerra intergalattica. Il Dottore non perde occasione per sparargli le sue interminabili tirate sul futuro della razza umana, con la sua costante espressione di grande dignità. E sempre con quella noiosa sigla in sottofondo[...]
La prima volta che vidi Goldrake (Atlas Ufo Robot) era il 1980 e io e mio fratello eravamo esaltatissimi. Ho seguito tutta la saga dalla prima all'ultima puntata e, con l'ingenuità della fanciullezza, ai tempi l'avevo trovata fantastica e avvincente.
Rivendendola in età adulta (!), a parte la nostalgia sognante di quel periodo, ho compreso che l'entusiamo era soprattutto legato alla tenera età e alla novita di robotoni che si massacravano, astronavi volanti, esplosioni ecc, ecc.
Il plot di ogni puntata era sempre lo stesso, a parte qualche piccola variazione, per non parlare della sospensione dell'incredulità e della coerenza di un solo robot contro un'intera flotta planetaria, sempre vincente, e solo a difendere il Giappone. È vero che era pensato per un pubblico di bambini, e noi, fanciulli degli anni '80 di certo non avevamo la malizia dei giovani d'oggi.
Tutto questo viene sottolineato dall'autore in questo libro, con sarcasmo tagliente, tessendo una storia divertente, amara e godibilissima. Lo stile unico, psichedelico e visionario, rende la storia, sì poco lineare, ma comunque rende l'idea della crisi di mezz'età di un pilota di robot, che si ammazza di Peroni e si illude che la vita è un cartoon dove ci si trasforma in un razzo missile, si combatte per la difendere la terra ogni volta dalla distruzione e nei momenti di libertà si lavora alla Fattoria.
Morici riesce a cogliere a pieno quelle che sono le incogruenze e le falle di una storia che trasportata nel reale diventa grottesca.
Bisogna leggerlo comunque con attenzione, perché non è solo un divertissment dell'autore, al suo interno si possono anche trovare spunti di riflessione sul nostro sociale e soprattutto perché il flusso di coscienza di Actarus, quando non annebbiato dalla Peroni, è molto articolato e riflette anche sull'esistenza e sui massimi sistemi (l'ho scritto veramente?).
Adesso diro un'eresia: in alcuni momenti mi ha ricordato Palanhiuk. Solo a tratti, eh, nei momenti più intesi di flussi di coscienza dove il protagonista medita e dove la narrazione passa dal flusso stesso al PoV esterno del narratore come se fosse una telecamera mobile.
Ok, fine eresia.
Preso come una pausa fra un romanzo e l'altro (Koontz e ora Il Passaggio di Cronin), invece è risultato un romanzo vero, di quelli coi controcazzi, scritto da un italiano che vive in Messico e che come lavoro scrive per webcartoon (così cita la biografia in quarta).
Tanto di cappello.
Giudizio: 3,5 su 5
Tanto di cappello.
Giudizio: 3,5 su 5
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