di Davide Cassia
1.
L’ispettore Luca Marchi della Omicidi di Marina era seduto in poltrona davanti al televisore, in mutande e canottiera, piedi appoggiati al tavolino di fronte allo schermo fluorescente e un boccale pieno per metà nella mano destra.
In TV stavano trasmettendo per la duecentesima volta Una poltrona per due con Dan Aykroyd e Eddie Murphy e lui lo stava seguendo forse per la sesta.
Sorseggiava dal boccale un liquido giallastro che non assomigliava per niente a birra ed era in realtà un frullato di banana e pompelmo. Marchi sembrava gradirlo molto mentre sorrideva all’ennesima scenetta divertente con i baffi gialli e lo sguardo un po’ vitreo della dura giornata di lavoro appena affrontata.
Quando il film giunse a un momento storico con Jamie Lee Curtis che si toglieva il vestito e mostrava due bocce perfette, il cellulare sul tavolino iniziò a vibrare, quasi roteando su se stesso. Marchi lo fissò con sguardo inebetito e con gocce di frullato che gli pendevano dai lati della bocca. La tentazione di non rispondere fu forte, ma poi il senso del dovere prese il sopravvento.
«Marchi.»
«Ispettore, un cadavere, al centro commerciale Miseria, deve venire assolutamente.»
«Non c’è nessun altro?»
«Porello e Martini sono impegnati con un altro caso.»
«Arrivo.»
2.
La notte era gelida, buia. Il cielo era coperto da uno strato di nubi che solo le luci della città erano in grado di illuminare a tratti.
Marchi stava guidando a velocità sostenuta in mezzo allo scarso traffico; non aveva nemmeno tirato fuori la sirena con ventosa da applicare al tettuccio della macchina. Non se la sentiva di vedere un altro cadavere, non quella sera, non sotto le feste di Natale. Qualcuno non aveva detto che sotto le feste natalizie ci si doveva sforzare di essere più buoni? Invece c’era qualcuno che odiava, odiava e uccideva.
Le luci blu intermittenti lo raggiunsero ben prima del centro commerciale. Lasciò la macchina vicino ai carrelli della spesa diligentemente disposti in tre file e raggiunse i colleghi sul posto.
«Marchi?»
A chiamarlo era Pesenti, l’ispettore con cui faceva coppia dopo il fattaccio che aveva coinvolto il suo partner precedente.
«Cosa abbiamo?»
«Devi vederlo.»
Si avvicinarono al retro dell’edificio. C’erano cassonetti colmi di plastica, cartone, carta e altri oggetti che Marchi non riuscì a definire. Alcuni poliziotti presidiavano un preciso punto vicino a un ammasso informe di scatole e cartoni.
Quando gli agenti si fecero da parte, Marchi finalmente scorse il cadavere.
«Ma è vestito da babbo natale…»
«Sì, lavorava qui, non l’abbiamo ancora identificato, ma non ci vorrà molto, credo sia uno di quelli stagionali.»
Marchi si avvicinò al cadavere. C’era una gran puzza di pesce marcio e un altro più nascosto, pungente. La vittima aveva indosso il tipico costume rosso e bianco, quello sponsorizzato dalla coca cola, una barba finta e una striscia che quasi si confondeva nel colore del vestito: indubbiamente sangue. Gli era stata recisa di netto la carotide, che aveva spillato sangue, poco evidente sul vestito rosso. Poi Marchi spostò lo sguardo sulla faccia e inorridì.
L’assassino aveva spinto a forza nella cavità oculari due palle di natale color argento, quelle che di solito sono adibite ad addobbare l’Albero.
«Gesù,» mormorò.
«Qui Gesù non c’entra. Cazzo, ma chi può aver fatto una cosa del genere?»
«Qualcuno che non ama molto le feste natalizie, a quanto pare.”
«Non è tutto,» aggiunse Pesenti. «Guarda la fronte.»
Sopra gli occhi era stata incisa una scritta, non con il sangue ma direttamente nella carne, molto probabilmente con l’arma stessa del delitto: Bad Xmas.
«Andiamo bene…»
Il cellulare di Marchi vibrò di nuovo in modo silenzioso nel taschino della giacca.
«Ispettore, abbiamo un altro babbo natale ucciso. In un vicolo, non poco lontano dal Megastore Balestra.»
3.
Il secondo babbo era stato ucciso nello stesso modo. Carotide recisa e palle di natale argentate al posto degli occhi. Quello che più inquietava Marchi erano proprio le palle di natale. Com’era possibile fisicamente infilarle nelle cavità oculari senza spaccarle e soprattutto devastando buona parte del viso? Ci voleva una forza sovrumana.
Ancora il telefono. Un altro babbo ucciso. Pesenti e Marchi corsero alla SuperGiocattoleria Marcado.
Cadavere uguale. Qualcuno in giro quella notte si stava divertendo un mondo. Quanti altri babbi avrebbero trovato morti in mezzo ai rifiuti di un grande centro commerciale?
Marchi ebbe un intuizione. Prese il telefono e chiamò la centrale, dando ordini di svegliare tutti gli agenti disponibili per presidiare tutti i centri commerciali della città non ancora colpiti dal killer dei Santa Claus.
«E noi che facciamo?» domandò Pesenti.
«Che domande, presidiamo anche noi.»
4.
Stavano recandosi al centro commerciale Sarchiatore quando Marchi intravide lungo la strada un vestito di babbo natale deambulante. Pestò il piede sul freno e per poco non andarono a sbattere contro una delle rara cabine telefoniche ancora presenti sul territorio. Marchi guardò nello specchietto retrovisore e vide che il babbo barcollava per via di un’ubriacatura molesta e in effetti nella mano destra gli pendeva una bottiglia. A Marchi ricordò Dan Aykroyd in un'altra scena del film.
«Che cazzo?» protestò Pesenti, ma Marchi fece finta di non sentirlo, fece una retro spericolata proprio nel momento in cui il babbo si infilava in un vicolo.
«Ehi, tu, babbo natale!» urlò Marchi scaraventandosi fuori dall’abitacolo. Pesenti non era ancora riuscito a liberarsi dalla cintura di sicurezza.
«Ehi!”
Corse verso il vicolo, temendo per il peggio. Gli giunsero alle orecchie rumori sordi di colluttazione, poi qualcosa di pesante che cadeva a terra. Entrò nella via male illuminata, scorse degli stivali neri, qualcosa di rosso e bianco a terra e qualcosa di altrettanto rosso e bianco in piedi.
«Fermo!» intimò, estrasse la pistola, ma quello in piedi era già sparito. Si affrettò verso il babbo a terra. Carotide recisa, occhi pallati, scritta Bad Xmas.
Poi lontano, dapprima impercettibile, poi sempre più chiaro, il tintinnio di campanelline e chiaro, distinto, un verso animale.
Marchi alzò gli occhi, vide qualcosa nel cielo, ma non volle crederci.