I tre giorni all'inferno di Enrico Bonetti cronista padano di Valter Binaghi

Anno 2007
pagg 416
Editore Sironi
(collana Questo e altri mondi)
Enrico Bonetti, cronista di nera in un giornale di provincia, si trova suo malgrado coinvolto in una catena di delitti terribili che aprono scenari insospettabili. Con l'aiuto di un maresciallo dei carabinieri e di un frate davvero fuori dal comune (esorcista e pirata informatico) proverà a combattere il disegno criminale. Sorretto da una trama tanto complessa quanto ben congegnata e sospinto da una potente forza narrativa, questo romanzo inquietante e politicamente scorretto conduce il lettore nel cuore dello scontro eterno tra Bene e Male.
Dal ritorno dalle vacanze ho deciso di semplificare le mie recensioni (chiamiamole impressioni, va), scrivendo esplicitamente cosa mi è piaciuto e cosa no. Non che prima fosse diverso, per carità, ma ora sarà ben distinto, e, a mio avviso, più leggibile. Non mi sono mai atteggiato a critico, ne mai lo farò, perché io per primo sono un autore e capisco bene cosa comporti creare l'oggetto libro.
Dunque iniziamo.

Cosa mi è piaciuto: la storia, sicuramente, ben articolata, ben scritta, complessa. Trama fitta di eventi e di personaggi. Tematiche scottanti e attualissime, che incendiano ogni giorno la nostra bell'Italia.
La caratterizzazione dei personaggi, soprattutto del protagonista, tratteggiato benissimo e credibile. L'umanità e i profili psicologici ben delineati. I dialoghi, brillanti, divertenti, tragici, che fanno riflettere e colpiscono l'immaginario.
L'ambientazione del nord d'Italia, in cui mi ci sono ritrovato, soprattutto perché conosco le zone e quell'abilità di descrivere gli usi e i costumi di una regione, con le sue difficoltà di interagire con il diverso, ma, che suo malgrado, sta cambiando, mutando in una società multietnica.

Cosa NON mi è piaciuto: il titolo, non so, non mi piace, io l'avrei scelto più corto. La copertina, con quell'immagine del diavolo con corna, barbetta, orecchie a punta, sfumata, giallo e rossa, inguardabile. Le lezioncine di filosofia che l'autore ci propina ogni tanto, forse per staccare dal narrato, ma che sono un po' noiose e abbastanza inutili nel contesto, anche se trattano di ciò che accade nel tessuto narrativo. Non so, rallentano, appesantiscono e arricchiscono ben poco il lettore.
Alcuni colpi di scena, inverosimili, o perlomeno alquanto improbabili, soprattutto nel finale. Ecco, il finale. Uno spiegone interminabile da parte dell'antagonista, che parte in un filippica che manco Nostro Signore. Snellire quella parte sarebbe stato molto meglio.
La scelta dell'autore di usare a volte alcuni vocaboli dialettici e/o colloquiali, non nel parlato, ma nel narrato, che, a mio avviso, stonano.
Certe prese di posizione politica e sociale del protagonista le ho trovate irritanti, non perché non sia d'accordo, ma a volte mi sono sembrate un po' buttate lì e affrontate in modo superficiale.
Tutto questa carne al fuoco porta a un'eccessiva lunghezza. Sfoltito dei vari pippolotti filosofici e di alcune riflessioni dei personaggi a volte un po' troppo prolisse, il romanzo guadagnerebbe in snellezza, diventando più leggibile.

Giudizio Finale: 3 su 5.

Nessun commento:

Posta un commento

Vuoi vedere anche...

Related Posts with Thumbnails